Motivazioni teologiche della presenza della Theotokos nella Liturgia Bizantina
Nel suo calendario liturgico,
la Chiesa Bizantina ha inserito un ciclo di feste mariane, collocate in date fisse del Santorale (Menea) che ha inizio il primo settembre e si conclude il 31 agosto, altre sono invece inserite nel Temporale che è organizzato attorno alla festa di Pasqua. Esse celebrano i momenti più importanti della sua vita terrena, il ruolo che le appartenne nell’Economia della salvezza, per i suoi interventi miracolosi e per le sue icone.
Certo, non tutte le feste mariane detengono la stessa importanza, abbiamo infatti cinque che fanno parte del “Dodecaorton” con la propria importanza messa in rilievo dalla presenza di giorni di Vigilia (Proeorton) e di Dopofesta (Meteortia), ma tutte, comunque, hanno ufficiatura propria, con composizione di versetti salici, letture bibliche, notizie storiche e un’abbondante innografia che risale principalmente ai “Melodi”del IV-X secolo; molte hanno il giorno di conclusione ha il nome di “Apodosis”; altre presentano un carattere minore, ma sono comuni all’insieme delle Chiese autocefale; infine ne troviamo altre che presentano un carattere locale e sono proprie delle Chiese particolari.
Fondamenti e antiche origini della venerazione della Theotokos
Per gli ortodossi, tutto quello che riguarda
la Vergine è stato definito dagli antichi simboli di fede e dai primi sette Concili, per cui in essi si trova tutto ciò che è necessario per la fede e la devozione marina. Il culto della Beata Vergine Maria ha quindi origini antichissime, troviamo accenni già nei Vangeli, con testimonianze indirette di esso anche in alcuni testi del Nuovo Testamento, dove si esprime una certa lode e venerazione nei confronti della Madre del Signore. Come confermano alcune formule antiche del simbolo battesimale e della preghiera eucaristica, Maria fu anche presente nel culto liturgico della Chiesa primitiva. Attraverso l’inserimento di Maria nella Liturgia della Chiesa, i cristiani vedevano nell’espressione orante della comunità un prolungamento della fede di Lei, presente inoltre nei riti del battesimo e dell’eucaristia, dove continua, nel mistero della Chiesa stessa, la perenne celebrazione e attualizzazione dei misteri della salvezza.
Il nucleo primitivo delle feste mariane ha origine gerosolimitana e palestinese; alcune sono anteriori al concilio di Efeso (431), un esempio è quella di “Ipapante”(2 febbraio) e quella delle “Congratulazioni alla Madre di Dio” o della “Maternità divina (26 dicembre) intimamente legata al Natale. Tutte le altre sono successive ad Efeso; bisogna sottolineare che tutte, o quasi tutte, sono state adottate da tutte le Chiese orientali e dalla stessa Chiesa latina.
Se osserviamo già le antiche formulazioni del culto mariano in Oriente ed anche in Occidente, esse mostra due elementi fondamentali comuni:
- l’omaggio reso all’eccezionale dignità e santità di Maria, Madre di Dio;
- l’appello incessante e fiducioso alla sua potentissima intercessione presso Gesù Cristo unico mediatore e suo figlio secondo la carne.
- l’invito all’imitazione delle virtù e detta santità di Maria
Ad esempio, il Sub tuum praesidium, la più antica preghiera mariana, rinvenuta su un papiro egiziano e, quindi, di origine orientale, chiama Maria Madre di Dio, Vergine sempre gloriosa e benedetta e invoca il suo aiuto nelle varie necessità e la liberazione da ogni pericolo. Essa è un misto di preghiera privata e preghiera comunitaria, ufficiale e liturgica, a causa dei verbi inseriti e alla solennità della formulazione. Le antiche catacombe, presentano
la Madre di Dio in posa regale con in braccio il Salvatore e indicata come colei che fa risplendere la stella di Giacobbe, non, quindi, elemento ornamentale, ma come oggetto di venerazione.
Le attestazioni di culto verso
la Vergine Maria andranno sempre più aumentando fino a che, con il Concilio di Efeso si giungerà ad una diffusione grandiosa, con l’edificazioni di basiliche dedicate a Maria, con le sue immagini sempre più frequenti, con il canto liturgico e con le manifestazioni della pietà personale.
La Theotokos , genitrice dell’Uomo-Dio Gesù Cristo
Nel IV e V secolo la discussione dogmatica presentava come punto principale la compatibilità in Gesù Cristo delle due nature: divina e umana; la risoluzione di ciò era anche subordinata al modo di chiamare e venerare
la Madre del Signore.
Al concilio di Nicea venne condannata l’eresia dell’inferiorità del Verbo rispetto al Padre, con la consustanzialità; al Concilio di Costantinopoli si precisa che l’Unigenito di Dio si è incarnato per opera dello Spirito Santo, nato da Maria Vergine e si è fatto uomo.
All’inizio del V secolo il patriarca di Costantinopoli, Nestorio, affermò che non è il Verbo di Dio la persona nata da Maria, quindi lei è soltanto Madre di Cristo ma non può essere chiamata Madre di Dio, dal momento che una creatura umana non può generare il Verbo. Ecco sorge così l’esigenza di convocare un nuovo concilio, il Concilio di Efeso per combattere e condannare l’eresia da Nestorio. La disputa si circoscrisse sui tre titoli attribuibili a Maria, i quali esprimevano la complessità del problema:
- Maria è Anthropotokos, genera l’uomo in Gesù;
- Maria è Cristotokos, genera in Cristo;
- Maria è Theotokos, genera in Dio come uomo.
Fu la terza ed unica possibilità che il Concilio definì solennemente: Maria, in virtù dell’unione delle nature nell’unica Persona di suo Figlio, che è
la Seconda Persona della SS. Trinità, e cioè il Verbo eterno, deve essere riconosciuta e venerata come Madre di Dio, come vera e reale Theotokos. Inoltre si precisa che la fede è definita a Nicea e a Costantinopoli e si ripropone l’insegnamento esplicito dei Padri in relazione con il mistero dell’unione ipostatica. La definizione del Concilio di Efeso anticipa il contenuto di Calcedonia che chiaramente proclama: “Il Figlio di Dio prima dei secoli è generato dal Padre secondo la divinità; negli ultimi giorni per noi e per la nostra salvezza (è generato) da Maria Vergine. Madre di Dio, secondo l’umanità” .
Proprio perché Madre di Dio, quindi intimamente e indissolubilmente legata al Figlio di Dio, suo Figlio secondo la carne, Maria deve essere venerata, celebrata, imitata ed essere un punto preciso di riferimento nella vita, anche liturgica, della Chiesa.. Dal Concilio di Efeso si avrà una conferma e un impulso del culto mariano in ogni aspetto della vita: la liturgia, l’arte, l’architettura E dal Concilio di Efeso arriva e rimane perenne il monito di non separare
la Madre dal Figlio, perché perderebbe il suo significato. Ecco perché le icone bizantine che illustrano
la Divina Liturgia , rappresentano
la Madre di Dio con il Figlio, volendo esprime questa inscindibile unità dalla Madre con il Figlio.
Cfr. A. PALIERA, Il dibattito su Maria Theotokos, prima e durante il Concilio di Efeso, Ist. Sup. di Scienze Religiose, Torino 1992, pp. 18-20, Il termine “Theotokos” deriva dalla parola greca Θεοτόκος, in latino Deipara o Dei genetrix, letteralmente significa “colei che genera Dio, Madre di Dio”.
La Chiesa Orientale sottolineando il legame della Madre con la nascita del Figlio di Dio.
Cfr. H. RAHNER, Maria e
la Chiesa , Jaca Book, Morcelliana, Brescia 1977., pp. 67-89.
La più antica immagine conosciuta è quella della catacombe di Priscilla a Roma, risalente alla metà del III secolo: essa ritrae
la Vergine seduta che tiene in braccio il Bambino Gesù. Questo motivo iconografico detto della Theotokos, o madre di Dio, di concezione strettamente teologica, era spesso presente nei mosaici absidali delle prime chiese cristiane e si diffuse largamente in Oriente divenendo un cardine del complesso decorativo gerarchico delle chiese bizantine, accanto all’altro tipo iconografico della Madonna Orante o della Madonna Odigitria (in piedi con il Bambino in braccio). Quest’ultimo tipo di Madonna è frequentissimo nelle icone russe a mezzo busto e si è diffuso in Occidente nei secc. XII e XIII e anche successivamente.
Cfr. V. LOSSKY, La teologia mistica della Chiesa d’Oriente, EBD, Bologna 1990, pp.34-55.