Il dogma dell'Immacolata Concezione e il Dialogo Ecumenico
Data: Mercoledi 14 Ottobre 2009, alle ore 16:52:05
Argomento: Ecumenismo


Posizione delle Chiese della Riforma e degli Orotodossi e spunti per un vero dialogo ecumenico

La posizione dei Riformati e degli Ortodossi

Per i Riformati, il dogma dell’Immacolata Concezione rappresenta generalmente una grossa difficoltà, sia perchè promulgato senza il consenso di tutte le Chiese, sia perché non si armonizzerebbe con l’umanità di Cristo e con la condizione di peccato propria di tutto il genere umano, come afferma Von Allmen: «una simile dottrina non sarebbe venuta in mente agli autori del Nuovo Testamento, perché contraddice la vera umanità di Gesù e rovescia la buona novella della salvezza: infatti, se Maria si trova fuori dal “campo”in cui l’umanità è tenuta prigioniera dal Maligno, il Figlio che essa ha miracolosamente concepito nascerà anche lui fuori da questo campo: né lui né la sua opera raggiungeranno dunque gli uomini. Dio conseguenza è essenziale che Maria – che abbia o no, sul piano della “morale” commesso dei peccati – si trovi sotto la schiavitù “ giuridica” del peccato, perché Gesù non diventi un segno di salvezza, ma sia il Salvatore».[1]

Per quanto riguarda invece gli Ortodossi, anche se «in profondità, nella realtà della fede, c’è unità incontestabile tra l’Oriente e l’Occidente cristiani circa il loro atteggiamento davanti al mistero della Madre di Dio»,[2] trovano generalmente delle difficoltà ad accettare il dogma dell’Immacolata Concezione, almeno nella formulazione del 1854. Il più celebre e fondamentale intervento contro di esso è quello consegnato da S. Boulgakov nel libro Le buisson ardent, da lui scritto tra il 1912 e il 1924. Partendo dall’antropologia teologica ortodossa, egli lo bolla come «dogma imprudente e infelice», che «scuote le basi perfino della dogmatica cristiana», promulgato «in modo affrettato con un decreto dogmatico – amministrativo». Boulgakov ammette infatti che il solo porre la questione che Maria, Purissima e Tabernacolo divino, abbia peccato suscita orrore. Tuttavia l’inizio della Theotokos, cioè la sua concezione e nascita, avvenne nel peccato originale, per una triplice ragione:

- la prima è di ordine cristologico e intende salvaguardare l’unicità della santità di Cristo. Il Signore Gesù è l’unico senza peccato e nessuno può condividere con lui questa condizione, neppure Maria. Pertanto Gesù è il Salvatore dell’intera umanità, compresa sua Madre;

- la seconda ragione è mariologica e si basa sulla vicenda di Maria, che rivela le conseguenze del peccato originale: l’infermità e la morte. La Madre di Dio è deceduta di morte naturale, come insegna la festa della Dormizione. La morte corporale è segno del suo peccato originale.

- la ragione più radicale è quella antropologica, cui ricorre Boulgakov, per sfuggire alla contraddizione percepita tra l’assenza del peccato personale e la presenza del peccato originale in Maria. Ma come la grazia di Dio ha neutralizzato in misura più o meno ampia il male in tanti uomini giusti dell’Antico Testamento, (da Mosè a Giovanni Battista), cosi essa realizza attraverso la libertà personale di Maria, uno stato di “impeccabilità personale”che si avvicina alla giustizia originale. In lei, insomma, il peccato è ridotto ad una pura potenzialità. [3]

Elementi fondamentali per un autentico dialogo ecumenico

Parlando di un dialogo ecumenico circa il dogma dell’Immacolata Concezione, dobbiamo subito chiarire che, per la Chiesa Cattolica , una verità dogmatica realmente, giuridicamente, ecclesialmente definita dalla competente autorità conciliare o pontificia, non può essere né revocata, né disattesa nei suoi contenuti dottrinali. Proprio in relazione al dogma dell’Immacolata Giovanni Paolo II affermava che colui che non fa sua la verità annunciata dalla Ineffabilis Deus, «naufraga nella fede» e si «stacca dall’unità cattolica».[4] Questa posizione relativa ai dogmi è completamente opposta a quella degli Ortodossi che, dopo la stagione dei grandi Concili dell’antichità, non hanno più riconosciuto altri dogmi,[5] e quella del Protestantesimo che, secondo Mezger, rifiuta la “verità assoluta” e il “dogma eterno” che non riguardano Dio o Gesù Cristo, e considera gli altri dogmi solo relativi al perdurare di situazioni di dialogo o di conflitto.[6]

La quasi insanabile disparità di contenuto, di atteggiamento e di accoglienza del dogma nelle Chiese, ha portato recentemente il famoso Gruppo ecumenico di Dombes, a proposito della ricezione dei dogmi cattolici dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione, a ritenerli sanciti autonomamente da una “Chiesa parziale”. Nella prospettiva di una “Chiesa una”, il documento considera di conseguenza le altre Chiese non vincolate a recepirli, dato che essi riguarderebbero soltanto la Chiesa di Roma che li ha formulati.[7] Questa posizione indubbiamente provocatoria è legata alle difficoltà reali del cammino ecumenico e rimanda alla domanda che tutti si pongono: è possibile, dal punto di vista della Chiesa Cattolica, una riformulazione del dogma sancito da Pio IX nel 1854?[8] La risposta è negativa. La Commissione Teologica Internazionale nel suo documento “De interpretatione dogmatum” del 1989, afferma che i dogmi «non definiscono la verità in una maniera indeterminata, mutevole o approssimativa e, meno ancora, la trasformano o deformano»[9] e pertanto  «le formule dogmatiche sono vincolanti e irreformabili».[10]

Tuttavia «il senso originale del dogma deve essere di nuovo compreso nel contesto di un’altra cultura».[11] In altri termini non è escluso che un’epoca posteriore legga e veda nel dogma immutabile, punti di vista nuovi e nuove formulazioni. La definizione dogmatica, non è quindi, solo il termine di uno sviluppo, ma è sempre anche un nuovo inizio. Se una verità di fede è diventata dogma, si inserisce per sempre in un vitale processo di progressiva comprensione (paradosi). Alla definizione segue, quindi, la ricezione, cioè la sua piena appropriazione vitale nella vita comunitaria della Chiesa e la penetrazione sempre più profonda nella verità che attesta, dato che il dogma non è un vestigio dei tempi passati, ma deve produrre frutti sempre nuovi nella vita della Chiesa.[12]

Il dialogo ecumenico deve tenere conto di queste indicazioni che, se praticate con verace finalità ecumenica, potranno permettere, non solo di non contraddire, né deformare, né rifiutare pregiudizialmente gli asserti dogmatici, ma possono rivelarsi un valido itinerario di studio, di confronto, di servizio della Parola rivelata e della Comunità, quale valore permanente di verità. I dogmi mariani, infatti, non dicono immediatamente la creatura Maria, ma delineano, senza tergiversare, l’amore, l’opera, la potenza, la signoria del solo Dio Trinitario, che in Cristo si mostra per tutti e a tutti, salvezza, verità, escaton, bellezza. I dogmi sono, perciò, gloria di Dio e gloria e speranza per l’uomo redento che nella comunità dei salvati, adora e loda le sue grandi opere.[13]



[1] J.J. Von Allmen, Nomi propri (Maria), in Vocabolario biblico, AVE, Roma 1969, 323

[2] A. Scrima, Immaculée Conception (dans la théologie grecque orthodoxe moderne) in Catholicisme, t. V (1965), c. 1286. Cf anche J. Meyerdorff, L’eglise othodoxe hier et aujourd’ huì, Paris 1960, 170 ss.

[3] S. Boulgakov, Le buisson ardent. Aspects de la vénération orthodoxe, de la Mère de Dieu. Essai d’une interprétation dogmatique, Éditions L’âge d’homme, Lausanne 1987.

[4] Giovanni Paolo II, Catechesi mariana del 12 giugno 1996, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, 19/1, 1498.

[5] Cf. V. Peri, I Concili e le Chiese, Studium, Roma 1965.

[6] Cf. M. Mezger, Dogma, in Dizionario del pensiero protestante, Herder – Morcelliana, Roma – Brscia 1970, 154 – 156.

[7] Cf. Gruppo di Dombes, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, Qiqajon, Magnano 1998, n. 299.

[8] La stessa domanda e le stesse risposte valgono anche per il dogma dell’Assunzione al cielo, sancito da papa Pio XII il 1 novembre 1950 con la costituzione dogmatica Munificentissimus Deus.

[9] Commissio Teologica Internationalis, De interpretatione dogmatum, in EV, vol 11, n. 2748, 1732–1733.

[10] Ibidem, n. 2730, 1718–1719. 

[11] Ibidem. 

[12] Ibidem, n. 2789, 1764–1765.  

[13] Cf. S. M. Perrella, “Tota pulchra es Maria”. L’Immacolata: frutto, segno e riverbero della bellezza e dello splendore di Cristo redentore dell’uomo, in AA.VV., Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria,  op. cit., 589–596.







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