Maria e la rivoluzione al femminile
Data: Sabato 23 Gennaio 2010, alle ore 16:40:25
Argomento: Donna


Un articolo di Giuseppe Daminelli su Madre di Dio n. 10 - novembre 2009

Ritorniamo su un tema di grande attualità legato ai cambiamenti introdotti dal Vaticano II.

Le rapide trasformazioni culturali di questi ultimi decenni, l’ampia apertura dei cattolici ai maestri della critica e del sospetto, nonché a tutte le scienze umane, hanno introdotto una quantità di dubbi e di sconvolgimenti anche nella riflessione mariologica. E ciò è accaduto tanto più in quanto il movimento mariano della Controriforma aveva dei lati particolaristici e si vantava di dire sempre più cose su Maria: «De Maria numquam satis!».
Ma a partire da ciò è lentamente emerso un disagio sempre più evidente verso una riflessione mariologica più fondata sul sentimento che sul dato teologico e biblico, al punto che si è giunti al «De Maria, nunc est satis», che traduceva ironicamente il cardinal Seper al Congresso mariologico di Zagabria (1971).
Fino alla vigilia del Concilio, la pietà popolare moltiplicava le feste e i titoli. Dopo si è fatto ogni sforzo per ridurli drasticamente anche con la riforma liturgica post-conciliare. Prima si sacralizzava ogni cosa, poi ha avuto inizio l’opera di desacralizzazione.
Prima si attribuiva ai privilegi di Maria un senso ontologico; poi vengono interpretati in maniera esistenziale o addirittura simbolica e fittizia. Queste trasformazioni molto rapide sono spesso passate dall’eccesso al difetto...
La Controriforma era stata attraversata da un movimento mariano di grande ampiezza durato dal 1600 al 1958. Il secolo appena concluso ha visto nascere movimenti compensatori della Controriforma. Abbiamo riscoperto intensamente quello che le ristrettezze e le polemiche anti-protestanti avevano trascurato o messo ai margini. Il movimento mariano ha subìto un contraccolpo, qualche volta a proprio svantaggio, ma spesso anche a beneficio di una rivalutazione più forte e veritiera della Vergine Maria.
In questo clima di rinnovamento trovano spazio argomenti e riflessioni mai prima affrontati, come quello sul rapporto tra Maria e il ruolo della donna, sul quale soffermeremo la nostra attenzione.

Libera e creativa

I movimenti femministi – nati nell’humus della contestazione del ’68 – hanno subito denunciato in Maria un’immagine oppressiva e pericolosa, ma le femministe più avvertite hanno capito che si trattava di un’immagine deformata e che la Sacra Scrittura (soprattutto i Vangeli di Luca e Giovanni) dà di Maria l’immagine di una donna libera e liberatrice, creativa, impegnata.
L’immagine biblica della Madre del Cristo non è affatto in opposizione alle altre donne. Anzi, al contrario, Giovanni e Luca la presentano come una delle donne grazie alle quali la rivoluzione femminile del Cristo, il suo nuovo sguardo sulle donne e sugli uomini, ha cambiato i valori di una civiltà a prevalenza maschile. Ma questa novità del Vangelo rimane misconosciuta. Si ripete ancora che il cristianesimo esalta Maria per meglio abbassare le altre donne.

Ma la Parola...

Per i Vangeli non è così. In Luca, Maria non è la prima a profetare, ma è Elisabetta (1,42-45), seguita del resto dalla profetessa Anna (2,36-38); in questo contesto Maria ritrova un ruolo di continuatrice di una tradizione profetica propria di un mondo femminile (Lc 2,35 e 48-51). Così nel Vangelo di Giovanni, Maria viene annoverata in un gruppo di donne, tra cui la Samaritana, prima evangelizzatrice del suo popolo.
La contestazione femminista ha stimolato la scoperta di veri valori, trascurati o disprezzati. Anzi, il femminismo russo, molto diverso dal movimento occidentale, perché intende liberarsi non dallo sciovinismo maschilista, bensì da un’ideologia che corrompe uomini e donne, ha trovato in Maria madre di Cristo un modello di riferimento, al punto che il movimento più significativo ha preso il nome di "Maria, in lei le donne hanno trovato il modello liberatore".
Inoltre il rinnovamento antropologico della teologia invita a valorizzare il ruolo di Maria come donna nell’ordine della salvezza. Questo ruolo troppo spesso è stato considerato in maniera caricaturale, sia nell’esaltazione che nella critica. Il luogo per eccellenza della Scrittura per questo argomento è il Vangelo di Giovanni, nel quale le donne svolgono un ruolo strutturale. Se ammettiamo la divisione di questo Vangelo in tre libri di diversa lunghezza: Libro dei Segni, Libro della Passione, Libro della Resurrezione, ciascuno dei tre si apre con due episodi nei quali delle donne hanno un ruolo dinamico di anticipazione.
All’inizio del Libro dei Segni, Maria suggerisce il primo miracolo, che fonda la fede dei discepoli (2,1-12); e la Samaritana introduce analogamente la fede tra il suo popolo (Gv 4,39-42).
Anche il Libro della Passione è inaugurato da due episodi femminili: le sorelle di Lazzaro "provocano" il Cristo a risuscitare il loro fratello, segno anticipatore della sua resurrezione (Gv 11,20-32), e Maria, sorella di Lazzaro, compie simbolicamente, nella propria casa, l’unzione profetica della sepoltura (12,7).
Infine, il Libro della Resurrezione inizia con il duplice episodio di Maria Maddalena. Essa va per prima alla tomba e chiama i discepoli (Gv 20,1-10): «Apostolo degli apostoli, evangelista degli evangelisti» definirà Maria san Pietro Crisologo nel V secolo; poi è presente alla prima apparizione di Gesù risorto e annuncia la buona notizia ai discepoli (Gv 20,18).

Una donna vera


Il movimento di riscoperta della povertà, che ebbe ampio spazio nella riflessione del Vaticano II, ha ritrovato l’importanza di Maria che ha definito se stessa nel Magnificat prototipo dei poveri che Dio esalta e riempie di beni (Lc 1,52).
La corrente che tende a restaurare la simbolica ha spesso sviluppato delle teorie molto critiche nei confronti di Maria: «Il Cristo è storico, Maria è simbolica», diceva W. Pannenberg, e dopo di lui, il teologo cattolico R.E. Brown, il quale riduce quasi a nulla la storicità dei Vangeli dove parlano di Maria.
È normale che la cultura del nostro tempo scopra l’importanza del "simbolico", in certo modo anteriore al razionale, nello sviluppo delle culture, delle religioni e di ciascun uomo che ogni notte viene riimmerso nel mondo dei simboli dai suoi sogni. Questa corrente deve portare a valutare quella che è stata la simbolica molto importante di Maria attraverso i secoli. Ma questa simbolica perderebbe ogni valore e ogni impatto se venisse dissociata dalla realtà storica.
Altre correnti post-conciliari, polarizzate dalla festa, dalla religione popolare, dall’estetica teologica, hanno anch’esse rivalutato il ruolo di Maria. «Non dimenticate la via pulchritudinis» (la via della bellezza), diceva Paolo VI ai mariologi del Congresso di Roma (1975), per invitarli a guardare al di là delle loro astrazioni.

Perché?

Da tutto ciò bisogna trarre delle lezioni: nonostante le apparenze, le correnti più varie guardano tutte più o meno alla Vergine Maria, e mettono in luce in modi diversi e convergenti il suo ruolo nella Chiesa. Perché? La risposta a questo interrogativo appare abbastanza chiara: perché Maria appartiene profondamente alle radici stesse della salvezza.
Nel momento culminante dell’ondata critica, alcuni si sono chiesti se essa non fosse in procinto di sparire. L’ipotesi manca di fondamento, perché Maria appartiene all’integrità del cristianesimo, allo strato fondatore dell’incarnazione, la cui attualità non tramonta. È uno degli aspetti del senso poetico dell’antifona carolingia: Cunctas haereses sola interemisti (Da sola hai vinto tutte le eresie). La fede mediante cui Maria ha introdotto il Cristo nel mondo impegna la vittoria di Dio. Ma ciò significa anche che la percezione del giusto posto nel dogma è nella vita della Chiesa e inoltre è un antidoto agli errori e alle deviazioni.

«Segno ineluttabile»

Maria, madre del Cristo, ha, nella vita e nella fede della Chiesa, un posto e un senso che superano ampiamente i punti particolari del dogma nei quali essa è implicata. Il posto di questa donna non è senza importanza per l’equilibrio antropologico essenziale alla teologia, che per oggetto non ha Dio in sé stesso, bensì Dio salvatore degli uomini (Eb 11,6). L’antropologia cristiana mancherebbe di equilibrio se fosse esclusivamente maschile. Ma non se ne esce con delle speculazioni confuse sulla femminilità di Dio. Il posto primordiale di Maria, all’origine stessa del Cristo, è un segno ineluttabile all’origine del cristianesimo.
Esso manifesta il ruolo anticipatore, inaugurale e dinamico che il Cristo e il Vangelo (Luca e Giovanni) hanno attribuito alle donne, dall’incarnazione alla resurrezione. Si tratta di una delle chiavi per capire la tipologia femminile della Chiesa. Maria e le donne del Vangelo non sono tipi di sottomissione e di passività, bensì di libertà, di iniziativa, di anticipazione.
 







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