Maria nella vita di San Carlo da Sezze
Data: Martedi 21 Agosto 2012, alle ore 10:05:28
Argomento: Santi


Un articolo di Ireneo M. Tenzon in  Missio Immaculate International, Anno 8, maggio - giugno 2012, pp.20-23.



L’inizio…

Giancarlo Melchiori (questo era nel secolo il nome del nostro santo) nacque a Sezze, una piccola località del Lazio, il 19 ottobre del 1613 da Ruggero Melchiori e Antonia Maccioni. Anche il nostro santo è un esempio di come le gemme più preziose che il Signore dona alla Sua Chiesa, Egli le fa ordinariamente sbocciare in seno alle famiglie buone e devote, quasi a premiarle delle loro virtù. Il padre infatti, che amava testimoniare con la vita la sua fede, pur essendo un contadino di modeste condizioni economiche, non pensò nemmeno per un istante di rifiutare i sette figli che Iddio gli aveva mandati. La madre poi, ugualmente buona, era piena di carità verso il prossimo, e pur di soccorrere ognuno, laddove vedeva di non poter arrivare, ricorreva alla generosità delle persone benestanti. Il piccolo Giancarlo cresceva educato alla scuola di tanti begli esempi di virtù, ma la pratica di queste la imparava dalla nonna che lo mandava nelle case dei poveri a portare con discrezione i necessari soccorsi, e accanto alla quale fece progressi nella preghiera e nella devozione alla Madonna. Sarà proprio questa devozione alla Mamma del Cielo a far sviluppare in lui i buoni semi di virtù in lui sparsi, e a farli fruttificare fino al cento per uno. All’età di sette anni, il piccolo Giancarlo incominciò la scuola, e dato il suo temperamento focoso, in lui fecero subito presa le storie di imprese eroiche e cavalleresche, le quali gli facevano volare la fantasia ed il cuore. A questo proposito fu provvidenziale l’incontro con un padre della “Compagnia di Gesù”, il quale intuendo il valore di quell’anima privilegiata, non esitò a prenderlo sotto la sua direzione, e ad arginare con delle energiche esortazioni quegli eccessi di sentimenti e di fantasia così tipici dell’età adolescenziale. Ma quel sacerdote non fu il solo ad accorgersi della singolare innocenza di questo contadinello; se ne accorse anche il demonio, il quale ottenne di turbarlo con una visione diabolica, nella quale il diavolo, sotto le apparenze del Redentore, gli apparve profondamente offeso, istillando nel fanciullo la convinzione di essere destinato alla dannazione eterna. Chiusosi nel silenzio, vi uscì solo grazie alle premure affettuose della mamma, la quale accortasi del turbamento del figlio, riuscì man mano a rasserenarne il cuore.

La vocazione…

Gli anni passavano e nel frattempo a Sezze sorsero diverse case religiose, tra le quali si trovava quella dei “Frati Minori Riformati”, che subito attirarono le simpatie del giovane. In breve, conquistato dalla vita di quei frati, e soprattutto dopo aver conosciuto la vita di due grandi santi francescani, san Salvatore da Horta e san Pasquale Baylon, non ebbe più dubbi: egli sarebbe entrato in questo ramo dell’Ordine francescano e avrebbe vissuto da umile frate. Quando prese questa risoluzione aveva solo quindici anni, e a quel tempo, le Costituzioni dei “Frati Minori Riformati” non permettevano ad un fratello laico di entrare prima dei vent’anni compiuti. Nell’attesa però il nostro piccolo santo non stava con le mani in mano ma pregava e si mortificava per vincere il suo temperamento spiccatamente sanguigno. Per fare un esempio, se mentre sorvegliava i buoi questi si imbizzarrivano, lui per non correre il rischio di arrabbiarsi oltre misura, ricorreva subito all’aiuto della Madonna e Le cantava dei bei inni religiosi. In questo suo fare non passava inosservato e per questo era chiamato “il piccolo cantore di Maria”. Nel tempo libero a volte si trovava con i suoi amici per parlare di Dio e pregare insieme, e il tutto si concludeva sempre con la recita delle litanie dei Santi e della Madonna, e sempre in onore e ricordo della Madonna, teneva abitualmente fra le mani la corona del Santo Rosario. Un giorno poi, volendo dare alla sua cara Mamma Celeste una prova tangibile del suo amore per Lei, Le fece voto di verginità per tutta la vita; ed era ancora ben lontano il giorno in cui sarebbe entrato in convento. Il demonio naturalmente si diede subito a triplicare il suo impegno per farlo cadere, ma con la preghiera, la protezione materna di Maria e la sicura guida spirituale del padre Gesuita, uscì sempre vittorioso dal combattimento. Per intercessione della Vergine Santa poi, poté anche vivere le sue prime esperienze mistiche. Raggiunti i vent’anni la Madonna si mostrò così sollecita del bene di questo suo figlio che voleva tutto per Sé, da anticipare l’ansia pur grande del giovane, facendogli sentire internamente quest’ammonimento: “Figliuol mio, se volete osservare quanto avete promesso, entrate quanto prima nella Religione”. Questa esortazione materna, avvertita mentre era in preghiera dinanzi ad un’ immagine di Lei, gli riempì il cuore di una grande gioia. Invero ci furono altre prove che cercarono di ostacolare l’entrata del nostro santo nell’Ordine del Serafico san Francesco, ma lui “costrinse” la Mamma Celeste a prendersi cura di quest’affare che di fatto, in quanto Regina e Avvocata dell’Ordine, le competeva. Fu così che per il fratello Giovanni Battista, ammalatosi gravemente, ottenne da Lei una guarigione miracolosa, senza la quale Giancarlo avrebbe dovuto rinunciare alla sua vocazione per aiutare la sua famiglia. Le traversie che dovette affrontare furono davvero tante; per capirlo ci basta notare come nonostante la sua brama ardente e l’aiuto diretto del Cielo, il santo giovane riuscì ad indossare l’abito del noviziato solamente il 18 maggio del 1635, ossia dopo un anno e sette mesi in più del necessario. L’anno di noviziato, durante il quale prese il nome di “fratel Cosimo”, procedette “naturalmente” bene, se non ché, tra le molte virtù del giovane, quella della preghiera contemplativa era così sviluppata da renderlo quasi incapace di prendere parte alla preghiera comunitaria, durante la quale si astraeva completamente da tutto e da tutti. Questo rappresentava un vero impedimento alla vita religiosa, in quanto la preghiera comune ne è il “cuore”. Ricorse quindi anche in questo frangente alla Vergine Madre di Dio, e grazie al Suo aiuto il 19 maggio del 1636 poté emettere i voti religiosi di obbedienza, povertà e castità. In quel medesimo giorno poi, per volontà di mamma Antonia, cambiò il suo nome in “Frà Carlo”. Anche nella vita del chiostro, al futuro santo non mancarono certo le prove, ma le dure battaglie che il demonio ingaggiava contro di lui venivano sempre compensate con estasi e rapimenti divini, nei quali molto spesso la Madonna lo colmava di ogni grazia. Ella sia faceva vicina e presente a lui con una tale frequenza, che si potrebbe parlare di una presenza costante della Madonna nella sua vita.

La santificazione…

San Carlo da Sezze, attraverso questa unione intima e costante con Maria Santissima, arrivò alle vette più alte della vita di unione con Dio, dal quale venne ricolmato di molti doni e carismi. Ricevette infatti la ferita sensibile al cuore ( la cosiddetta “trasverberazione del cuore”), prodotta da un raggio uscito dall’Ostia Santa durante l’elevazione della Santa Messa, con la quale gli veniva concesso di bruciare dell’amore di Dio stesso. I doni dello Spirito Santo rifulsero in lui nelle sue profezie e nelle guarigioni miracolose che otteneva, ma soprattutto quando per ordine del confessore e dei suoi superiori, si accingeva a scrivere dei veri e propri trattati di vita ascetica e contemplativa, nonché una sorta di autobiografia in cui lo si obbligò a descrivere le sue esperienze mistiche. Il tutto lo fece, nonostante la sua poca cultura, sempre e solo invocando l’aiuto di Maria, Vergine Sapiente, Madre e Maestra della vita spirituale di ogni cristiano. Presto la fama di santità di Frà Carlo si diffuse in lungo e in largo e la sua preghiera, accompagnata magari anche dalla sua presenza, era richiestissima, sia da chi era afflitto da malattie e angustie varie, sia da Vescovi e Cardinali, nonché dallo Stesso Sommo Pontefice Clemente IX. Fu proprio a quest’ultimo, ormai gravemente malato, che disse verso la fine del 1669, che si sarebbero rivisti la prossima Epifania. Il Papa però moriva pochi giorni dopo e da più parti si mormorò contro il santo, il quale invece non si mostrava per niente turbato. In prossimità del Santo Natale di quell’anno fu lui ad ammalarsi gravemente. Era il 6 gennaio del 1670, festa dell’Epifania, quando, vedendo in un’estasi che l’anima del Papa Clemente IX saliva gloriosa al Cielo dopo la purificazione del Purgatorio, anche la sua anima spiccava il volo. La profezia si era avverata. Da quel momento san Carlo gode della visione di quella Vergine Gloriosa che tanto lo aiutò qui in terra, e ne adora il Divin Figlio nella beatitudine senza fine del Paradiso.

 

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