Lectio Divina di Mat 2
Data: Venerdi 3 Gennaio 2014, alle ore 11:33:28
Argomento: Bibbia


Di Alessandro Barban, in Theotokos Anno IV - 1996/1 "Il Bambino e sua Madre", pp. 119-130.



Premessa

Questa Lectio divina di Mt 2 si propone - nel suo primo momento di lettura  - di offrire alcune piste interpretative collocando il testo nell'unità letteraria dei primi due capitoli matteani. La meditazione va ad evidenziare alcuni temi nascosti in Mt 1-2: la presenza delle donne nella genealogia, che trova il suo apice nella figura di Maria; il travaglio umano e di fede di Giuseppe ad accogliere la novità di Dio nella sua promessa sposa; l'uso matteano della Scrittura alla cui scuola bisogna imparare a riconoscere le vie di Dio; le tappe spirituali del cammino dei Magi e infine la ricchezza della simbologia messianica rappresentata dalla stella. Questi elementi tematici si intrecciano nel punto più alto del testo stesso: l'adorazione dei Magi. Essa è silente, totale, piena di luce e di lode interiore, che indica a noi come dovrebbe essere la preghiera e la contemplazione del mistero kenotico del Figlio di Dio. Lo scopo che ci guida nella nostra meditazione è quello di permettere all'evangelo di poter leggere la nostra esistenza e di elevarla al dono di grazia della vita divina. Daremo, dunque, inizio a questa Lectio divina su Mt 2 facendo riferimento ad alcuni elementi presenti nel capitolo precedente. Sappiamo, infatti, che i due capitoli costituiscono un'unità letteraria che viene spesso denominata Vangelo dell'infanzia, ma che sarebbe meglio definire "prologo" al Vangelo stesso di Matteo. Ci soffermeremo, pertanto, sulla genealogia e sul racconto di come Giuseppe, attraverso un sogno, assuma la paternità di Gesù. In questa Lectio la genealogia riveste particolare importanza, non solo quale chiarimento sulla concreta origine storica di Gesù (figlio Davide e di Abramo), ma soprattutto per comprendere che all'interno di un'autentica discendenza umana, strettamente connessa alla storia di un popolo, Gesù è stato in realtà generato da Dio. Frutto d'intervento divino, dunque, ma all'interno di una storia generativa umana.

1. Le donne della genealogia

Uno dei dati più interessanti della genealogia - tra i quali la strutturazione in tre periodi o l'imponente collezione di figure maschili che ci presenta - consiste nel quasi inavvertito soffermarsi di Matteo su cinque donne, che a tratti vengono ad interrompere la successione maschile. Si tratta di Tamar (Mt 1,3), Racab e Rut (Mt 1,5), Betsabea (Mt 1,6) e al termine, dopo aver menzionato Giuseppe, ultimo discendente storico-genealogico di Abramo e Davide, irrompe la figura di Maria (Mt 1,16). Sono donne del tutto speciali, che presentano talvolta situazioni umane particolari o irregolari, e con la loro comparsa vengono a produrre dei mutamenti nella regolarità della generazione maschile. E' possibile, dunque, una prima lettura teologica e spirituale: Dio realizza la storia mediante grandi uomini, ma quando tale divenire, ripiegandosi su se stesso, trova ostacolo a causa della chiusura o del peccato, allora Egli torna ad alimentare in modo silenzioso ed alternativo la sua storia tramite un originale intervento femminile. Cosi come l'improvvisa irruzione delle prime quattro donne aveva prodotto profondi mutamenti, ora con Maria Dio pone inizio ad una storia nuova. Quel passato caratterizzato da ingiustizie ed infedeltà diviene in Maria una storia totalmente inedita, storia che Giuseppe deve riconoscere ed accogliere nella fede. In tal modo, attraverso di loro, Dio può manifestare la sua salvezza: il nome di Gesù, infatti, significa Dio salva. Pertanto, mediante l'accoglienza della volontà del Signore, da parte di Maria e Giuseppe, trova compimento l'angosciante attesa della storia d'Israele, e nello stesso tempo questa può essere rilanciata in termini nuovi ed inauditi per tutta l'umanità. Nella seconda parte del primo capitolo si evidenzia l'autentico significato della generazione descritta storicamente nella prima sezione. Vi si narra che «Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si ritrovò incinta per opera dello Spirito santo» (Mt 1,18). Possiamo dire che già a questo punto quella storia umana che era stata precedentemente descritta in modo genealogico, e che si era sviluppata attraverso una successione di uomini grandi, ma allo stesso tempo peccatori, nonché nella memoria della creatività femminile, ora può trovare senso solo a partire da un'origine divina; ritrovando il proprio inizio in Dio può continuare a creare una genealogia storica.

2. Maria, la novità di Dio

Ecco dunque che Maria, con la presenza dello Spirito santo, realizza la vera irruzione di Dio nella storia. Se le altre donne ricordate nella genealogia hanno reso possibile un rinnovamento all'interno delle relazionalità umane e nella progressività della storia ebraica, ora Maria non rappresenta più una semplice novità umana, ma come donna e come sposa diviene, poiché incinta ad opera dello Spirito santo, autentica novità di Dio. E' qui che il dramma si esplica nella sua interezza: la storia ebraica e la storia umana, sintetizzate in Giuseppe, sono chiamate a riconoscere Maria come sposa degna e come luogo santo, poiché già colmata dallo Spirito. Ma il primo pensiero di Giuseppe è quello di «rimandarla in segreto». Egli non vorrebbe creare una situazione imbarazzante e pericolosa per Maria. Poiché un pubblico ripudio poteva comportare il rischio di una lapidazione, tenta di trovare una soluzione privata. Cosi, mentre sta riflettendo su tali cose e si trova sommerso da pensieri angoscianti, con il rifiuto di Maria e del suo Bambino rischia di rifiutare la novità di Dio ed impedire la generazione divina. Le nozze, la promessa, tutto sembra rapidamente sconvolto nei piani di vita di Giuseppe, per concludersi in una fine insospettata e dolorosa. Ma proprio quando il pensiero si fa più drammatico ecco apparirgli l'angelo del Signore. Il passaggio di Dio nella nostra vita avviene spesso attraverso una nostra esperienza di morte o tramite una disarticolazione della nostra esistenza e dei nostri programmi esistenziali. Tuttavia, l'iniziativa di Dio è sempre un annuncio di vita: nascita di bambini (si pensi all'annuncio della nascita di Isacco in Gen 17,1-22, di Sansone in Gdc 13,2-5, di Giovanni Battista in Lc 1,5-25), o ri-nascita di senso in una vita ritenuta infelice o già conclusa (vedi le vicende di Giacobbe, di Mosè o di Geremia).

3. Giuseppe assume la paternità di Gesù
 
Matteo segue uno schema letterario che si articola in diversi momenti. Il primo è rappresentato dall'apparizione dell'angelo del Signore, ovvero di Dio stesso che si rende presente in una situazione di chiusura umana. Il secondo è l'istintiva reazione di timore del destinatario. Il terzo, infine, è rappresentato dal messaggio divino. In altri termini Dio si mobilita, viene incontro all'uomo e ne vince la paura attraverso l'invito a non temere; subito dopo reca l'annuncio di un concepimento, di una nascita, comunica il nome del nascituro e la missione che lo attende. Segue poi la presentazione di un segno rappresentato, nel nostro caso, dalla stessa Maria: è lei, quale sposa incinta per virtù dello Spirito, il segno da riconoscere ed accogliere. Giuseppe non muove obiezioni poiché sin dall'inizio viene presentato come uomo giusto: un ebreo di grande fede che ha lungamente meditato la Torah e dunque non può non accogliere la volontà di Dio. L'angelo si rivolge a lui chiamandolo figlio di Davide: gli manifesta la sua stessa identità e il suo congiungimento con la storia genealogica del popolo d'Israele; gli rivela che la promessa, un tempo fatta ad Abramo e poi a Davide, si realizzerà tramite Maria, ma anche tramite Giuseppe, proprio nel suo momento esistenziale più travagliato. Il monito di Dio, attraverso il non temere, si amplia nell'invito a uscire da uno stato di sfiducia e di paura, per tornare a confidare in Maria ed accoglierla come sposa. Ella partorirà un figlio che si chiamerà Gesù perché, come viene spiegato, «salverà il suo popolo dai peccati» (Mt 1,21). Ci troviamo cosi ad un punto particolarmente importante: la Scrittura si compie confermando la memoria storica rappresentata dalla genealogia e richiamata da quel breve «Giuseppe, figlio di Davide», autentico ricordo di un passato non immiserito ma ancora vivo e vitale: «Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta...» (Mt 1,22).  Si evidenzia in tal modo che per comprendere correttamente la portata dell'evento bisogna partire da molto lontano, da una ricchissima storia umana che, attraverso la problematica della gravidanza di Maria scoperta da Giuseppe, avrebbe potuto concludersi in una situazione di totale chiusura. Ma è esattamente a partire da questo rischio estremo che si realizza l'improvvisa irruzione di Dio; solo cosi potrà finalmente aprirsi un nuovo capitolo per la storia davidica, realizzato attraverso Maria in questo Bambino chiamato Gesù: Dio salva. Cosi Gesù rappresenta la salvezza non solo per la storia precedente, ma anche per l'avvenire. Gesù che è l'Emmanuele, Dio con noi, è con noi perché salva. Come vedremo anche in seguito, questa congiunzione di Dio con i suoi, è una presenza di salvezza che viene donata non solo al popolo d'Israele, alla storia davidica e abramitica, ma a tutti i popoli; questo sarà soprattutto evidenziato dalla presenza dei magi che vengono da Oriente. Si tratta, dunque, di una storia per certi aspetti paradossale: quando tutto sembra concludersi nel dramma personale di Giuseppe che deve riconoscere e saper accogliere la novità di Dio in Maria, proprio dalla possibilità di questa accoglienza si realizza non solo la personale salvezza di Giuseppe ma anche quella del suo popolo, anzi, di tutti i popoli. Abbiamo fin qui sottolineato alcuni elementi che ci sembrano particolarmente importanti. Il primo rappresenta l'andamento della storia umana attraverso le sue fasi alterne e talvolta oscure, che trova il suo decisivo trapasso in storia di Dio grazie a Giuseppe e Maria, nell'accoglienza di quella promessa fatta da Dio a Davide che ora si realizza in Gesù. Il secondo elemento è rappresentato da Gesù stesso, che sul piano genealogico viene presentato come figlio di questa passata realtà, ma nello stesso tempo quale Figlio di Dio, che allargherà la storia d'Israele a tutta l'umanità. Il terzo punto è rappresentato dalla Scrittura come strumento di comprensione per la storia del passato, per l' oggi e per il futuro.

4. Dinamicità della Scrittura

Matteo non riprendendo letteralmente né il testo masoretico, né la versione di Is 7,14 dei Settanta, può renderne una nuova interpretazione proprio perché non si tratta di una Scrittura morta bensì di una parola viva, all'interno della quale può intenderne il vero senso, come riporta in 1,23: «Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio». E Maria, quale donna, sposa e madre, viene chiamata vergine proprio perché elevata da Dio a luogo della realizzazione della promessa e dell'iniziativa salvifica. Ci troviamo, dunque, in presenza di una dimensione escatologica che apre un dialogo con il futuro, attraverso un Dio con noi che era già presente nella storia passata e nel presente, ma che sarà ancora più evidente nell'avvenire. Cosi la concezione verginale di Gesù è il riconoscere nel figlio di Maria la definitiva manifestazione salvifica di Dio. E questo aprire il suo nome alla dimensione dell'Emmanuele è riscontrabile anche alla fine del Vangelo di Matteo, in 28,20, dove Gesù promette ai suoi: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Dunque l'Emmanuele rappresenta realmente l'epifania di Gesù, cioè della salvezza di/in Dio, che continua fino alla fine del mondo in una presenza da riconoscere, da accogliere e alla quale aderire con la fede. Gli ultimi due versetti del primo capitolo mostrano come Giuseppe ottemperi al messaggio della rivelazione. Subito richiama la nostra attenzione il versetto 24: «Destatosi dal sonno Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore». Oggi in seguito alla psicanalisi junghiana, abbiamo una maggiore capacità nell'interpretare positivamente l'esperienza onirica. Sappiamo inoltre che la realtà nella Bibbia non viene intesa semplicemente secondo l'ordine empirico, ma anche simbolico, per cui la concretezza oggettiva deve necessariamente tendere ad un senso più profondo. Alla luce di questi fatti potremmo interpretare il sonno di Giuseppe come quella situazione mortale e depressiva provata nel momento in cui non aveva saputo accogliere la simbolicità del reale nella relazione con Maria. Ora finalmente il risveglio: Giuseppe si desta alla possibilità che Dio gli offre con la sua sposa. Cosi l'episodio onirico diviene rivelazione ed esperienza di una verità più profonda, intimamente sperimentata e proprio per questo immediatamente attuabile. E' interessante notare che Maria «partorì il Figlio ed egli lo chiamò Gesù». Pertanto Giuseppe non solo aderisce alla rivelazione con l'accettazione, ma si lascia coinvolgere attivamente in questa iniziativa di Dio, in questa nuova storia che si dilaterà a tutte le genti.

5. L'intervento dei Magi

Giungiamo così al secondo capitolo. Come il primo, esso è diviso in due sezioni: i primi dodici versetti narrano l'arrivo dei magi a Gerusalemme e il loro incontro con Gesù a Betlemme. La seconda parte (dal versetto tredici al ventitre) tratta dell'esilio di Gesù, Giuseppe e Maria in Egitto a causa della persecuzione di Erode. Il primo versetto inizia con una constatazione di fatto: «Essendo nato Gesù a Betlemme di Giudea al tempo del re Erode...» (Mt 2,1). L'evento di Betlemme di Giudea significa che ormai quell'estrema situazione di chiusura, nella quale la storia genealogica si era venuta a trovare, è stata capovolta da Dio con il dono di suo Figlio. Gesù risulta essere l'attualizzazione della promessa un tempo fatta a Davide e ancor prima ad Abramo, ma ora riconosciuta e accolta da Giuseppe: cosi l'iniziativa divina e la risposta umana prendono forma nella nascita di Gesù a Betlemme. Il richiamo al tempo del re Erode significa che questo profondo capovolgimento, che origina una nuova storia, non ha inizio fuori da una realtà umana fatta ancora di peccato e di rifiuto: il seme della novità di Dio è posto esattamente all'interno di questa esperienza storica. Cosi la storia di Dio si nasconde nella nostra stessa realtà che improvvisamente assume un colore nuovo, e questa nuova tonalità - nel nostro testo - la si può scorgere nell'arrivo dei Magi a Gerusalemme. Dunque, perché questi sapienti, questi ricercatori della verità che vengono dall'Oriente, giungono a Gerusalemme? Nel testo si afferma che essi hanno visto il sorgere di una stella. Si può dunque ipotizzare che questi Magi, pur avendo una formazione culturale di matrice pagana, siano animati da una forte tensione spirituale che sospinge i loro passi. Mediante l'osservazione del sorgere della stella hanno certamente registrato un importante evento celeste che li ha mossi, ma in realtà il loro spostamento potrebbe essere definito un cammino spirituale che attesta il loro accostamento alla fede ebraica, poiché mostrano di conoscere l'attesa del re messianico del popolo d'Israele, e partono per adorarlo. Solo nel versetto 11 si comprenderà pienamente in che cosa consista questa adorazione, per ora siamo ancora nell'ambito della ricerca. Si tratta di un movimento di venerazione di uomini sapienti, che religiosamente si sono orientati verso l'unico Dio e mediante la loro ricerca sono giunti a Gerusalemme. Come in una genealogia tutta al maschile l'irruzione delle donne aveva rappresentato la possibilità di una novità, e il ricominciare di una storia diversa; cosi l'arrivo dei Magi produce una dilatazione della storia ebraica a tutti i popoli. Ed è una realtà storica, quella che i Magi rappresentano, già ricca di un'antica sapienza e di un'esperienza di ordine religioso, che si evidenzia nella scoperta di un evento celeste (la stella) e nell'adorazione dell'unico vero Dio. Come Maria e Giuseppe sono chiamati ad accogliere l'iniziativa di Dio, cosi i Magi, venendo da lontano, saranno portati a riconoscere il grande evento divino. Nel Vangelo essi sono i primi a scontrarsi con quel mondo chiuso rappresentato da Erode e da Gerusalemme, con quella storia nella quale anche Giuseppe avrebbe potuto bloccarsi, se non si fosse aperto al dono di Dio. In questa rappresentazione Gerusalemme, città santa per eccellenza, appare totalmente incapace di accogliere la nuova iniziativa di Dio; in questa fase di ottundimento spirituale essa viene letteralmente presa in contropiede dai Magi, autentici ricercatori venuti da lontano, i soli che hanno la capacità di aprirsi ad un autentico ascolto della parola della Scrittura.

6. Imparare dalla Scrittura

In Matteo, la citazione scritturale non è una semplice conferma di quanto narrato, bensì introduce la dinamica di una storia vivente: leggere ed interpretare il libro sacro significa restituire spessore alla storia, per potervi cosi riconoscere l'azione di Dio. A questo punto gli scribi ed i sacerdoti rispondono ad Erode e alla città di Gerusalemme con la citazione di Mich 5,1 e di 2Sam S,2. Anche qui la redazione di Mt 2,6 differisce sia dal testo masoretico sia dalla traduzione dei Settanta. Il testo masoretico dice: «E tu Betlemme di Efrata, cosi piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà il dominatore in Israele». In questo modo il testo sembra guardare alla piccolezza di Betlemme confrontata con la grandezza del dominatore. Nella traduzione dei Settanta possiamo leggere: «Tu Betlemme casa di Efrata, tu sei la più piccola fra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà colui che deve dominare in Israele». Anche i Settanta sembrano focalizzare l'attenzione sulla contrapposizione tra la piccolezza di Betlemme e la grandiosità del liberatore, cioè del futuro Messia. In Matteo, invece, viene presentata una novità: «E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda». Qui Betlemme non appare più cosi piccola da un punto di vista topografico o geografico, perché: «da te uscirà un capo». Mi sembra che la citazione antico-testamentaria nel contesto di Matteo raffiguri Betlemme paradossalmente come più grande di Gerusalemme perché quest'ultima, pur se oggettivamente potente, è ripiegata su se stessa, sulla gloria passata, e non attendendo più nulla, non sa riconoscere il segno dell'arrivo dei Magi, non riesce più ad aprirsi all'annuncio stesso della parola di Dio. La grande Gerusalemme viene in realtà superata da Betlemme che è abitata da poveri, Giuseppe e Maria, e che saprà accogliere con stupore la venuta dei Magi e donare loro tutta la sua ricchezza: il Figlio di Dio. Il testo di Matteo prosegue narrando che Erode, avendo chiamato in segreto i Magi per farsi precisare il tempo di apparizione della stella, li inviò poi a Betlemme dicendo: «Andate ad informarvi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch' io venga ad adorarlo» (Mt 2,8). Ritorna, ancora una volta, questo importante verbo dell'adorazione (προσκυνεúν), che qui viene a porre in evidenza la contrapposizione tra l'autentica ricerca dei Magi, e la curiosità infastidita e tenebrosa di Erode. Subito dopo aver ascoltato le parole del re, i Magi sono pronti a riprendere il loro cammino, la loro ricerca che non si lascia scuotere dall'incredulità di Gerusalemme. Da un lato sono chiamati a recare un annuncio inaspettato, dall'altro anch' essi devono imparare dalla Scrittura, da quel testo che forse non conoscono ancora pienamente e dal quale devono saper leggere il disegno di Dio.

7. La simbologia messianica

Proseguendo si legge: «Ed ecco, la stella che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva. Alla vista della stella provarono una grande gioia» (Mt 2, 9-10). Perché questa grande commozione nel rivedere la stella? Non l'avevano sempre scorta durante la loro ricerca? Sembra che i Magi nel loro cammino, iniziato alla luce dell'astro, ad un certo punto lo avessero perduto, ma il viaggio aveva potuto proseguire ugualmente perché essi erano animati da un genuino anelito di ricerca di Dio. Dunque, la stella forse non li aveva accompagnati lungo tutto il loro peregrinare. Essa si era nascosta, si era sottratta alla loro vista, mettendo alla prova l'autenticità ed essenzialità della loro sapienza. La vera sapienza infatti non domanda dei segni straordinari, né persegue illusioni o fantasticherie. Il cammino della sapienza è arduo, deve attraversare il dubbio, proseguire verso la meta - che ancora non conosce — passando attraverso il senso di vuoto, lo scoraggiamento, le tentazioni di tornare indietro, gli ostacoli e le resistenze. Come nel caso del sogno per Giuseppe, anche questo particolare evento deve rivestire un significato che supera di gran lunga il dato fenomenico. La stella richiama sicuramente la simbologia messianica, la nascita del re; presenta inoltre vari connotati intrinseci: è luminosa come la sapienza e la verità, e come tale viene seguita dai Magi. Dunque dobbiamo chiederci perché questa verità ad un certo punto si sia nascosta, sottraendosi alla loro capacità di vedere. Probabilmente sono proprio l'accensione ed il nascondimento della stella-verità che spingono i Magi alla ricerca, ad intraprendere un lungo itinerario uscendo dalla propria terra, ad abbandonare la propria cultura e le antiche certezze. Per entrare nel mondo nuovo del Dio d'Israele, è necessario uscire dalla circolarità sempre uguale della propria vita e del proprio paese (iniziare un viaggio), bisogna scontrarsi con la storia umana chiusa alla novità di Dio (Erode), ascoltare la parola vitale della Scrittura e credere che Dio è fedele alla sua promessa. In tutto ciò consiste la gioia del ritrovare la stella. Nel cammino dei Magi si possono rintracciare tre tappe spirituali fondamentali: l'accensione della stella, che corrisponde alla decisione di mettersi in viaggio; la sosta a Gerusalemme, che equivale al mettersi alla scuola della Scrittura; ed il riapparire della luce che si identifica con il ritrovamento della grotta di Betlemme, ossia con il messaggio kenotico del Nuovo Testamento. Qui si svela che il segreto meraviglioso della stella è un bambino reale e concreto che viene offerto da una madre; e questa tenerezza, questa verità fatta carne, questa sapienza offerta e mediata da Maria conducono alla prostrazione adorante del Dio fatto uomo. Ora i Magi possono aprire i loro scrigni con i doni consistenti in oro, incenso e mirra che, come sappiamo, sono stati cosi interpretati: l'oro quale riconoscimento della regalità, l'incenso segno della sua divinità, la mirra come annuncio della sua passione. Quindi la coniugazione di una regalità divina, incarnata e sottoposta a passione e morte. Il mistero della kenosi del Figlio di Dio è racchiuso simbolicamente anche nei doni dei Magi. Come precedentemente era accaduto a Giuseppe, il quale attraverso l'esperienza di un sogno era pervenuto ad un risveglio di sé nell'accoglienza della sua sposa e del Bambino, così i Magi giungono alla loro meta grazie allo splendore della stella-verità che illumina il loro cammino. Anche qui l'esperienza vissuta porta ad un risveglio interiore, ad una nuova consapevolezza che permette l'incontro con Dio, ma che non si riduce ad un'intima conquista spirituale o intellettuale; porta piuttosto a conseguenze pratiche nella propria esistenza e nella propria storia.

8. L'altra strada

I Magi non ritornano a Gerusalemme da Erode, ma si dirigeranno verso il loro paese attraverso un'altra strada. Anche in questo caso, come per Giuseppe, l'accoglienza del Bambino diviene occasione per una nuova possibilità di realizzazione storica. Il cammino di ricerca sapienziale, che ha portato i Magi fino a Gerusalemme (che però risulta essere una non-meta), ma soprattutto fino alla umile grotta di Betlemme (la vera meta), provoca il risveglio di una personale consapevolezza storico-politica, attraverso la quale essi trovano la forza di non soccombere ad alcun potere e di ritornare nel loro paese d'origine come uomini nuovi. Hanno fatto un'esperienza concreta di Dio, che ora può diventare strada nuova, diversa. Anche per Giuseppe e Maria si porrà la necessità di trovare un'altra strada per la loro esistenza e per la vita del Bambino. Infatti, la seconda parte del secondo capitolo di Matteo, ai vv. 13-23, riporta nuovamente un sogno di Giuseppe, che come precedentemente indica una lettura più profonda della realtà. Dopo la partenza dei Magi, Giuseppe, Maria e il Bambino sono costretti all'esilio per sfuggire alla minaccia di Erode. Come l'antico Israele dovette andare in Egitto per non soccombere alla carestia e ad una morte certa, cosi il nuovo Israele, rappresentato dalla famiglia di Nazaret, deve abbandonare la Giudea e trovare rifugio in Egitto. Quella drammatica storia di peccato che era già iscritta negli uomini della genealogia di Gesù, e che attraverso la sua nascita viene redenta con l'apertura al dono di Dio, attraverso la decisione omicida di Erode si manifesta ancora avvolta dalle tenebre. Il nuovo Israele, dunque, dovrà trovare la salvezza attraverso una fuga notturna: Giuseppe si fa carico del dono di Dio e nella notte fugge portando in salvo la madre e il Bambino. Mentre continua la storia umana di sempre con i suoi orrori (la strage degli innocenti), Dio salvaguarda il suo Figlio nell'esilio. Lo fa crescere in una terra di schiavitù, e lo chiama poi nella Galilea delle genti. Cosi potremmo dire che fin dal suo inizio «il Regno dei cieli si trova in uno stato di esodo. L'uomo Gesù che assume tutta la realtà della storia umana perché è "Dio con noi", è mosso da un appello che viene dal Padre attraverso gli uomini; la sua vocazione prende corpo nei nomi che gli sono attribuiti: Gesù, Emmanuele, Figlio chiamato dall'Egitto, Nazareno... Questa è la realtà del Cristo, figlio dell'uomo e figlio di Dio» (J. Radermakers). Ed è sempre questa realtà di Cristo Gesù che bisogna cercare nel nostro cammino di fede per adorarlo quale mistero donato a noi da Dio.

 







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