Maria armoniosa sintesi tra fede e vita
Meditazione di Mons. Ignazio Zambito del 1 febbraio 2004
DIOCESI DI PATTI



“Non c’è differenza maggiore tra il Vangelo scritto e la vita dei santi, di quanto non ci sia tra una musica scritta e una cantata”.  Così S. Teresa d’Avila.


In uno spartito musicale c’è tutto. Tutto e niente.
Tutto per chi sa leggere: tempo, ritmo, tonalità, melodia, armonia, sfumature.


Niente, per i moltissimi che non sono in grado di entrare nell’universo dei suoni; niente per chi, magari capace di leggiucchiare i segni con cui convenzionalmente la musica si fissa sulla carta, non è poi capace o stenta, in ogni caso, a ‘tradurre’ i segni in melodia.

 

    Il Vangelo è libretto materialmente insignificante: poche pagine che, non obbedendo ad esigenze proselitistiche, editoriali o commerciali, riportano le cose più sconvolgenti con tono dimesso, piano e privo d’aggettivazione. Esso, dopo avere indugiato nel racconto della passione, morte e sepoltura di Gesù, alla sua risurrezione dedica scarne righe: “Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!". Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.  Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv 20, 2-8).


Eppure è sulla risurrezione di Gesù che si fonda la fede. Questa, senza la risurrezione, è vana, insegna Paolo.
La fede è l’anima della vita cristiana: senza di essa non si può piacere a Dio, ne basta quanto un granello per spostare le montagne.
Le montagne della sensualità, della pretesa di salvare la realtà curando le apparenze, della volontà di potere in tutte le sue espressioni.


Gesù si chiede, in una pagina tra le più drammatiche del Vangelo, se quando tornerà come giudice troverà la fede sulla terra.


La fede che proietta nella prospettiva del Regno, consegna nelle mani di Dio, Padre Amore Onnipotente, apre al prossimo e fiorisce in opere di fraternità.


Fede in Gesù Risorto che nasce dall’incontro con lui nel Vangelo; vita cristiana dalla fede nel Risorto. Cammino lineare ma non semplice perché non tutti sanno ‘leggere’ il Vangelo come non tutti sanno leggere uno spartito musicale.


Cammino che diventa molto più semplice se lo spartito è scritto coi giorni e le opere dei santi. 
La SS. Madre del Signore, innanzi tutto.


Lei tutta santa per grazia del Padre, in vista del servizio da rendere all’umanità da elevare alla familiarità con Dio.
Lei tutta santa perché è quello che tutti gli uomini, ed ogni uomo, siamo chiamati a divenire.


Lei tutta santa perché aderisce pienamente a Gesù nella povertà di Betlemme, nel nascondimento di Nazaret, nella radicalità del calvario.

 

 Dopo la Vergine, ogni santo è esecuzione della musica divina scritta nel Vangelo. I santi più conosciuti, quelli di cui portiamo il nome, quelli vissuti nell’umiltà e che magari hanno calcato le strade che noi calchiamo. I santi dei secoli andati e quelli che sono fioriti nella nostra epoca. Penso a Giovanni XXIII, Massimiliano Kolbe, Gianna Beretta Molla, P. Pio da Pietrelcina, Annibale Maria di Francia; penso a quelli vissuti a lungo su questa terra e a quelli che hanno racchiuso in pochi giorni la pienezza della maturità cristiana, passati, come boccioli, non pervenuti a maturità.


Penso alla “moltitudine immensa, che nessuno può contare, d’ogni nazione, razza, popolo e lingua, in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, con le palme nelle mani e che gridano: ‘La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello’. Essi sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello. Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio, giorno e notte, nel suo santuario. Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro” (Cfr Ap 7, 9, 15).
Non ci sono e non ci possono essere santi che non siano vangelo vissuto, tradotto, cioè, in esempio di vita.  E si sa bene che, faticoso e impraticabile se indicato a parole, il cammino risulta agevole se fatto in compagnia di guide che non si limitino ad indicarlo. 
Il dono divino del vangelo recepito e vissuto dalla Vergine e dai santi è novità anzi ‘la’ novità, lievito del mondo, germe della civiltà dell’amore nella quale tutti, secondo l’esortazione di Paolo ‘offrono se stessi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; sapendo che è questo il culto spirituale, evitano la mentalità di questo secolo e si trasformano rinnovando la loro mente, per conoscere e fare la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto’ (Cfr Rm 12, 1-2). 
Il capolavoro di Dio, i santi, l’edificio che Gesù ha fondato ponendo se stesso come pietra angolare, il suo sangue come malta, la luce della sua Parola come guida, la Trinità SS. come progetto, è incompleto finché manca un qualsiasi battezzato, dunque io che scrivo, il lettore che ha davanti questa pagina.
All’opera, dunque, perché non ci siano lacune nella divina armonia dei cieli nuovi e della nuova terra.
Con la mia benedizione.






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