Marialis cultus [1] - Introduzione-1
Esortazione Apostolica del 2 febbraio 1974
Introduzione
1. Il culto della B. Vergine Maria nella Liturgia



Introduzione

Fin da quando fummo assunti alla cattedra di Pietro, ci siamo costantemente adoperati per dar incremento al culto mariano, non soltanto nell’intento di interpretare il sentire della chiesa e il nostro personale impulso, ma anche perché esso, come è noto, rientra quale parte nobilissima nel contesto di quel culto sacro, nel quale vengono a confluire il culmine della sapienza e il vertice della religione e che pertanto è compito primario del popolo di Dio.

Proprio in vista di tale compito noi sempre assecondammo e incoraggiammo la grande opera della riforma liturgica, promossa dal concilio ecumenico Vaticano II, e avvenne certo non senza un particolare disegno della Provvidenza divina se il primo documento conciliare, che insieme con i venerabili padri approvammo e sottoscrivemmo "nello Spirito santo", fu la costituzione Sacrosanctum concilium, la quale si proponeva appunto di restaurare e di incrementare la liturgia, rendendo più proficua la partecipazione dei fedeli ai sacri misteri. Da allora, molti atti del nostro pontificato hanno avuto come fine il miglioramento del culto divino, come dimostra il fatto di aver promulgato, in questi anni, numerosi libri del rito romano, restaurati secondo i principi e le norme del medesimo concilio. Di ciò ringraziamo vivamente il Signore, datore di ogni bene, e siamo riconoscenti alle conferenze episcopali e ai singoli vescovi, che in vari modi hanno collaborato con noi alla preparazione di tali libri.

Mentre consideriamo, però, con animo lieto e grato il lavoro compiuto e i primi positivi risultati del rinnovamento liturgico, destinati a moltiplicarsi via via che la riforma sarà meglio compresa nelle sue motivazioni di fondo e rettamente applicata, la nostra vigile sollecitudine non cessa di rivolgersi a quanto può dare ordinato compimento alla restaurazione del culto, con cui la chiesa in spirito e verità (cf. Gv 4,24) adora il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, "venera con particolare amore Maria santissima, madre di Dio" e onora con religioso ossequio la memoria dei martiri e degli altri santi.

Lo sviluppo, da noi auspicato, della devozione verso la vergine Maria, inserita (come sopra abbiamo accennato) nell’alveo dell’unico culto che a buon diritto è chiamato cristiano - perché da Cristo trae origine ed efficacia, in Cristo trova compiuta espressione e per mezzo di Cristo, nello Spirito, conduce al Padre - è elemento qualificante della genuina pietà della chiesa. Per intima necessità, infatti, essa rispecchia nella prassi cultuale il piano redentivo di Dio, per cui al posto singolare, che in esso ha avuto Maria, corrisponde un culto singolare per lei; come pure, ad ogni sviluppo autentico del culto cristiano consegue necessariamente un corretto incremento della venerazione alla madre del Signore. Del resto, la storia della pietà dimostra come " le varie forme di devozione verso la madre di Dio, che la chiesa ha approvato entro i limiti della sana e ortodossa dottrina ", si sviluppino in armonica subordinazione al culto che si presta a Cristo e intorno ad esso gravitino come a loro naturale e necessario punto di riferimento. Anche nella nostra epoca avviene così. La riflessione della chiesa contemporanea sul mistero del Cristo e sulla sua propria natura l’ha condotta a trovare, alla radice del primo e a coronamento della seconda, la stessa figura di donna: la vergine Maria, madre appunto di Cristo e madre della chiesa. E l’accresciuta conoscenza della missione di Maria si è tramutata in gioiosa venerazione verso di lei e in adorante rispetto per il sapiente disegno di Dio, il quale ha collocato nella sua famiglia - la chiesa -, come in ogni focolare domestico, la figura di donna, che nascostamente e in spirito di servizio veglia per essa "e benignamente ne protegge il cammino verso la patria, finché giunga il giorno glorioso del Signore".

Nel nostro tempo, i mutamenti prodottisi nel costume sociale, nella sensibilità dei popoli, nei modi di espressione della letteratura e delle arti, nelle forme di comunicazione sociale, hanno influito anche sulle manifestazioni del sentimento religioso. Certe pratiche cultuali, che in un tempo non lontano apparivano atte ad esprimere il sentimento religioso dei singoli e delle comunità cristiane, sembrano oggi insufficienti o inadatte, perché legate a schemi socio-culturali del passato, mentre da più parti si cercano nuove forme espressive dell’immutabile rapporto delle creature con il loro Creatore, dei figli con il loro Padre. Ciò può produrre in alcuni un momentaneo disorientamento; ma chi, con animo fiducioso in Dio, riflette su tali fenomeni, scopre che molte tendenze della pietà contemporanea - la interiorizzazione del sentimento religioso, per esempio - sono chiamate a concorrere allo sviluppo della pietà cristiana, in generale, e della pietà verso la Vergine, in particolare. Così la nostra epoca, nel fedele ascolto della tradizione e nell’attenta considerazione dei progressi della teologia e delle scienze, offrirà il suo contributo di lode a colei che, secondo le sue stesse profetiche parole, "tutte le generazioni chiameranno beata" (cf. Lc 1,48).

Giudichiamo, quindi, conforme al nostro servizio apostolico trattare, quasi dialogando con voi, venerabili fratelli, alcuni temi relativi al posto che la beata Vergine occupa nel culto della chiesa, già in parte toccati dal concilio Vaticano II e dai noi stessi, ma sui quali non è inutile ritornare, per dissipare dubbi e, soprattutto, per favorire lo sviluppo di quella devozione alla Vergine che, nella chiesa, trae le sue motivazioni dalla parola di Dio e si esercita nello Spirito di Cristo.

Vorremmo, pertanto, soffermarci su alcune questioni che riguardano i rapporti tra la sacra liturgia e il culto della Vergine (I); proporre considerazioni e direttive atte a favorire il legittimo sviluppo di questo culto (II); suggerire, infine, alcune riflessioni per una ripresa vigorosa e più consapevole della recita del santo rosario, la cui pratica è stata insistentemente raccomandata dai nostri predecessori ed è tanto diffusa tra il popolo cristiano (III).


1. IL culto della B. Vergine Maria nella Liturgia

1, Accingendoci a trattare del posto che la vergine Maria occupa nel culto cristiano, dobbiamo in primo luogo rivolgere la nostra attenzione alla sacra liturgia; essa, infatti, oltre un ricco contenuto dottrinale, possiede un’incomparabile efficacia pastorale e ha un riconosciuto valore esemplare per le altre forme di culto. Avremmo voluto considerare le varie liturgie dell’oriente e dell’occidente, ma, in ordine allo scopo di questo documento, guarderemo quasi esclusivamente ai libri del rito romano: esso solo è stato oggetto, in seguito alle norme pratiche impartite dal concilio Vaticano II, di un profondo rinnovamento anche per quanto attiene alle espressioni di venerazione a Maria e richiede, pertanto, di essere attentamente considerato e valutato.

A. La Vergine nella restaurata liturgia romana

2. La riforma della liturgia romana presupponeva un accurato restauro del suo Calendario generale. Esso, ordinato a disporre con il dovuto rilievo, in determinati giorni, la celebrazione dell’opera della salvezza distribuendo lungo il corso dell’anno l’intero mistero del Cristo, dall’incarnazione fino all’attesa del suo glorioso ritorno, ha permesso di inserire in modo più organico e con un legame più stretto la memoria della Madre nel ciclo annuale dei misteri del Figlio.

3. Così, nel tempo di avvento, la liturgia, oltre che in occasione della solennità dell’8 dicembre - celebrazione congiunta della concezione immacolata di Maria, della preparazione radicale (cf. Is 11,1,10) alla venuta del Salvatore, e del felice esordio della chiesa senza macchia e senza ruga -, ricorda frequentemente la beata Vergine soprattutto nelle ferie dal 17 al 24 dicembre e, segnatamente, nella domenica che precede il natale, nella quale fa risuonare antiche voci profetiche sulla vergine Maria e sul Messia e legge episodi evangelici relativi alla nascita imminente del Cristo e del suo precursore.

4. In tal modo i fedeli, che vivono con la liturgia lo spirito dell’avvento, considerando l’ineffabile amore con cui la vergine Madre attese il Figlio, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, " vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode ". Vogliamo, inoltre, osservare come la liturgia dell’avvento, congiungendo l’attesa messianica e quella del glorioso ritorno di Cristo con l’ammirata memoria della Madre, presenti un felice equilibrio cultuale, che può essere assunto quale norma per impedire ogni tendenza a distaccare - come è accaduto talora in alcune forme di pietà popolare - il culto della Vergine dal suo necessario punto di riferimento, che è Cristo; e faccia sì che questo periodo - come hanno osservato i cultori della liturgia - debba esser considerato un tempo particolarmente adatto per il culto alla madre del Signore: tale orientamento noi confermiamo, auspicando di vederlo dappertutto accolto e seguito.

5. Il tempo di natale costituisce una prolungata memoria della maternità divina, verginale, salvifica, di colei la cui "illibata verginità diede al mondo il Salvatore": infatti, nella solennità del natale del Signore, la chiesa, mentre adora il Salvatore, ne venera la Madre gloriosa; nella epifania del Signore, mentre celebra la vocazione universale alla salvezza, contempla la Vergine come vera sede della Sapienza e vera Madre del Re, la quale presenta all’adorazione dei magi il Redentore di tutte le genti (cf. Mt 2,11); e nella festa della santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (domenica fra l’ottava di natale) riguarda con profonda riverenza la santa vita che conducono nella casa di Nazaret Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, Maria, sua madre, e Giuseppe, uomo giusto (cf. Mt 1,19).

Nel ricomposto ordinamento del periodo natalizio ci sembra che la comune attenzione debba essere rivolta alla ripristinata solennità di Maria ss. madre di Dio; essa, collocata secondo l’antico suggerimento della liturgia dell’urbe al primo giorno di gennaio, è destinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad esaltare la singolare dignità che ne deriva per la "Madre santa... per mezzo della quale abbiamo ricevuto... l’Autore della vita"; ed è, altresì, un’occasione propizia per rinnovare l’adorazione al neonato Principe della pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico (cf. Lc 2,14), per implorare da Dio, mediatrice la Regina della pace, il dono supremo della pace. Per questo, nella felice coincidenza dell’ottava di natale con il giorno augurale del primo gennaio, abbiamo istituito la Giornata mondiale della pace, che raccoglie crescenti adesioni e matura già nel cuore di molti uomini frutti di pace.

6. Alle due solennità già ricordate, della concezione immacolata e della maternità divina, sono da aggiungere le antiche e venerande celebrazioni del 25 marzo e del 15 agosto. Per la solennità dell’incarnazione del Verbo, nel Calendario romano, con motivata risoluzione. è stata ripristinata l’antica denominazione di "Annunciazione del Signore", ma la celebrazione era ed è festa congiunta di Cristo e della Vergine: del Verbo che si fa "figlio di Maria" (Mc 6,3), e della Vergine che diviene madre di Dio. Relativamente a Cristo l’oriente e l’occidente, nelle inesauribili ricchezze delle loro liturgie, celebrano tale solennità come memoria del fiat salvifico del Verbo incarnato, che entrando nel mondo disse "Ecco, io vengo (...) per fare, o Dio, la tua volontà" (cf. Eb 10,7 Sal 39 8 9); come commemorazione dell’inizio della redenzione e dell’indissolubile e sponsale unione della natura divina con la natura umana nell’unica Persona del Verbo. Relativamente a Maria, come festa della nuova Eva, vergine obbediente e fedele, che con il suo fiat generoso (cf. Lc 1,38) divenne, per opera dello Spirito, madre di Dio, ma anche vera madre dei viventi e, accogliendo nel suo grembo l’unico Mediatore (cf. 1Tm 2,5), vera arca dell’alleanza e vero tempio di Dio; come memoria di un momento culminante del dialogo di salvezza tra Dio e l’uomo, e commemorazione del libero consenso della Vergine e del suo concorso al piano della redenzione.

La solennità del 15 agosto celebra la gloriosa assunzione di Maria al cielo; è, questa, la festa del suo destino di pienezza e di beatitudine, della glorificazione della sua anima immacolata e del suo corpo verginale, della sua perfetta configurazione a Cristo risorto; una festa che propone alla chiesa e all’umanità l’immagine e il consolante documento dell’avverarsi della speranza finale: ché tale piena glorificazione è il destino di quanti Cristo ha fatto fratelli, avendo con loro "in comune il sangue e la carne" (Eb 2,14; cf. Gal 4,4). La solennità dell’Assunzione ha un prolungamento festoso nella celebrazione della beata Maria vergine regina, che ricorre otto giorni dopo, nella quale si contempla colei che, assisa accanto al Re dei secoli, splende come regina e intercede come madre. Quattro solennità, dunque, che puntualizzano con il massimo grado liturgico le principali verità dogmatiche concernenti l’umile ancella del Signore.

7. Dopo queste solennità si devono considerare, soprattutto, quelle celebrazioni che commemorano eventi salvifici, in cui la Vergine fu strettamente associata al Figlio, quali le feste della natività di Maria (8 sett.), " speranza e aurora di salvezza al mondo intero "; della Visitazione (31 maggio), in cui la liturgia ricorda " la beata vergine Maria (...), che porta in grembo il Figlio ", e che si reca da Elisabetta per porgerle l’aiuto della sua carità e proclamare la misericordia di Dio Salvatore; oppure la memoria della Vergine addolorata (15 sett.), occasione propizia per rivivere un momento decisivo della storia della salvezza e per venerare la Madre "associata alla passione del Figlio" e vicina a lui innalzato sulla croce.

Anche la festa del 2 febbraio, a cui è stata restituita la denominazione di "presentazione del Signore", deve essere considerata, perché sia pienamente colta tutta l’ampiezza del suo contenuto, come memoria congiunta del Figlio e della Madre, cioè celebrazione di un mistero di salvezza operato da Cristo, a cui la Vergine fu intimamente unita quale madre del servo sofferente di Iahvè, quale esecutrice di una missione spettante all’antico Israele e quale modello del nuovo popolo di Dio, costantemente provato nella fede e nella speranza da sofferenze e persecuzioni (cf. Lc 2,21-35).

8. Se il restaurato Calendario romano mette in risalto soprattutto le celebrazioni sopra ricordate, esso tuttavia annovera altri tipi di memoria o di feste, legate a ragioni di culto locale e che hanno acquistato un più vasto ambito e un interesse più vivo (11 febb.: b. v. Maria di Lourdes; 5 agosto: dedicazione della basilica di s. Maria maggiore); altre, celebrate originariamente da particolari famiglie religiose, ma che oggi, per la diffusione raggiunta, possono dirsi veramente ecclesiali (16 luglio: b. v. Maria del monte Carmelo; 7 ott. b. v. Maria del rosario); altre ancora che, al di là del dato apocrifo, propongono contenuti di alto valore esemplare e continuano venerabili tradizioni, radicate soprattutto in oriente (21 nov. presentazione della b. v. Maria), o esprimono orientamenti emersi nella pietà contemporanea (sabato dopo la solennità del s. Cuore di Gesù: Cuore immacolato della b. v. Maria).

9. Né si deve dimenticare che il Calendario romano non registra tutte le celebrazioni di contenuto mariano: ché ai calendari particolari spetta accogliere, con fedeltà alle norme liturgiche, ma anche con cordiale adesione, le feste mariane proprie delle varie chiese locali. E resta da accennare alla possibilità di una frequente commemorazione liturgica della Vergine con il ricorso alla memoria di santa Maria in sabato: memoria antica e discreta, che la flessibilità dell’attuale calendario e la molteplicità di formulari del messale rendono sommamente agevole e varia.

10. Non intendiamo in questa esortazione apostolica considerare tutto il contenuto del nuovo messale romano, ma nel quadro della valutazione che ci siamo prefissi di compiere circa i libri restaurati del rito romano, desideriamo illustrarne alcuni aspetti e temi. E amiamo, anzitutto, rilevare come le preci eucaristiche del messale - in ammirabile convergenza con le liturgie orientali - contengono una significativa memoria della b. v. Maria. Così il vetusto canone romano, che commemora la Madre del Signore in termini densi di dottrina e di afflato cultuale: " in comunione con tutta la chiesa, ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre vergine Maria, madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo "; così la recente prece eucaristica III, che esprime con intensa supplica il desiderio degli oranti di condividere con la Madre l’eredità di figli: " Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te (Padre) gradito, perché possiamo ottenere il regno promesso insieme con i tuoi eletti: con la beata Maria vergine e madre di Dio ". Tale memoria quotidiana, per la sua collocazione nel cuore del divin sacrificio, deve essere ritenuta forma particolarmente espressiva del culto che la chiesa rende alla " Benedetta dall’Altissimo " (cf. Lc 1,28).

11. Percorrendo poi i testi del messale restaurato, vediamo come i grandi temi mariani dell’eucologia romana - il tema della concezione immacolata e della pienezza di grazia, della maternità divina, della verginità integerrima e feconda, del tempio dello Spirito santo, della cooperazione all’opera del Figlio, della santità esemplare, dell’intercessione misericordiosa, dell’assunzione al cielo, della regalità materna e altri ancora - siano stati accolti in perfetta continuità dottrinale con il passato, e come altri temi, nuovi in un certo senso, siano stati introdotti con altrettanta perfetta aderenza agli sviluppi teologici del nostro tempo. Così, ad esempio, il tema Maria-chiesa è stato introdotto nei testi del messale con varietà di aspetti, come vari e molteplici sono i rapporti che intercorrono tra la madre di Cristo e la chiesa. Tali testi, infatti, nella concezione immacolata della Vergine ravvisano l’esordio della chiesa, sposa senza macchia di Cristo; nell’assunzione riconoscono l’inizio già compiuto e l’immagine di ciò che, per la chiesa tutta quanta, deve compiersi ancora; nel mistero della maternità la confessano madre del Capo e delle membra: santa madre di Dio, dunque, e provvida madre della chiesa.

Quando poi la liturgia rivolge il suo sguardo sia alla chiesa primitiva che a quella contemporanea, ritrova puntualmente Maria: là, come presenza orante insieme con gli apostoli; qui come presenza operante insieme con la quale la chiesa vuol vivere il mistero di Cristo: "...fa’ che la tua santa chiesa, associata con lei (Maria) alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione"; e come voce di lode insieme con la quale vuole glorificare Dio: "...per magnificare con lei (Maria) il tuo santo nome"; e, poiché la liturgia è culto che richiede una condotta coerente di vita, essa supplica di tradurre il culto alla Vergine in concreto e sofferto amore per la chiesa, come mirabilmente propone l’orazione dopo la comunione del 15 settembre: "...perché, nella memoria della beata Vergine addolorata, completiamo in noi, per la santa chiesa, ciò che manca alla passione di Cristo".

12. Il Lezionario della messa è uno dei libri del rito romano che ha molto beneficiato della riforma post-conciliare, sia per il numero dei testi aggiunti sia per il loro valore intrinseco: si tratta, infatti, di testi contenenti la parola di Dio, sempre "viva ed efficace" (cf. Eb 4,12). Questa grande abbondanza di letture bibliche ha consentito di esporre in un ordinato ciclo triennale l’intera storia della salvezza e di pro porre con maggiore completezza il mistero del Cristo. Ne è risultato, come logica conseguenza, che il Lezionario contiene un numero maggiore di letture vetero e neo-testamentarie riguardanti la beata Vergine; aumento numerico non disgiunto, tuttavia, da una critica serena, poiché sono state accolte unicamente quelle letture che, o per l’evidenza del loro contesto o per le indicazioni di una attenta esegesi, confortata dagli insegnamenti del magistero o da una solida tradizione, possono ritenersi, sia pure in modo e in grado diverso, di carattere mariano. Conviene osservare, inoltre, che queste letture non solo ricorrono in occasione delle feste della Vergine, ma vengono proclamate in molte altre circostanze: in alcune domeniche dell’anno liturgico, nella celebrazione di riti che toccano profondamente la vita sacramentale del cristiano e le sue scelte, nonché nelle circostanze liete o penose della sua esistenza.

13. Anche il restaurato libro dell’ufficio di lode, cioè la Liturgia delle ore, contiene eccellenti testimonianze di pietà verso la Madre del Signore: nelle composizioni innodiche, tra cui non mancano alcuni capolavori della letteratura universale, quale la sublime preghiera di Dante Alighieri alla Vergine; nelle antifone che suggellano l’ufficiatura quotidiana, implorazioni liriche, cui è stato aggiunto il celebre tropario In te sola troviamo rifugio, venerando per antichità, mirabile per contenuto; nelle intercessioni delle lodi e del vespro, in cui non è infrequente il fiducioso ricorso alla Madre della misericordia; nella vastissima selezione di pagine mariane, dovute ad autori vissuti nei primi secoli del cristianesimo, nel medioevo e nell’età moderna.

14. Se nel messale, nel lezionario e nella liturgia delle ore, cardini della preghiera liturgica romana, la memoria della Vergine ritorna con ritmo frequente, anche negli altri libri liturgici restaurati non mancano espressioni di amore e di supplice venerazione verso la Madre di Dio: così la chiesa invoca lei, Madre della grazia, prima di immergere i candidati nelle acque salutari del battesimo; implora la sua intercessione per le madri che, riconoscenti per il dono della maternità, si recano liete al tempio; lei addita come esempio ai suoi membri che abbracciano la sequela di Cristo nella vita religiosa, o ricevono la consacrazione verginale, e per essi chiede il suo soccorso materno; a lei rivolge istante supplica per i figli che sono giunti all’ora del transito; richiede il suo intervento per coloro che, chiusi gli occhi alla luce temporale, sono comparsi dinanzi a Cristo, luce eterna, ed invoca conforto, per la sua intercessione, su coloro che, immersi nel dolore, piangono con fede la dipartita dei propri cari.

15. L’esame compiuto sui libri liturgici restaurati porta, dunque, ad una confortante constatazione: la riforma postconciliare, come già era nei voti del movimento liturgico, ha considerato con adeguata prospettiva la Vergine nel mistero di Cristo e, in armonia con la tradizione, le ha riconosciuto il posto singolare che le compete nel culto cristiano, quale santa Madre di Dio e alma cooperatrice del Redentore.

Né poteva essere altrimenti. Ripercorrendo, infatti, la storia del culto cristiano, si nota che sia in oriente, sia in occidente le espressioni più alte e più limpide della pietà verso la beata Vergine sono fiorite nell’ambito della liturgia o in essa sono state incorporate. Desideriamo sottolinearlo: il culto che oggi la chiesa universale rende alla santa Madre di Dio è derivazione, prolungamento e accrescimento incessante del culto che la chiesa di ogni tempo le ha tributato con scrupoloso studio della verità e con sempre vigile nobiltà di forme. Dalla tradizione perenne, viva per la presenza ininterrotta dello Spirito e per l’ascolto continuo della parola, la chiesa del nostro tempo trae motivazioni, argomenti e stimolo per il culto che essa rende alla beata Vergine. E di tale viva tradizione la liturgia, che dal magistero riceve conferma e forza, è espressione altissima e probante documento.

B. La Vergine modello della chiesa nell’esercizio del culto

16. Vogliamo ora, seguendo alcune indicazioni della dottrina conciliare su Maria e la chiesa, approfondire un aspetto particolare dei rapporti intercorrenti tra Maria e la liturgia, vale a dire: Maria quale modello dell’atteggiamento spirituale con cui la chiesa celebra e vive i divini misteri. L’esemplarità della beata Vergine in questo campo deriva dal fatto che ella è riconosciuta eccellentissimo modello della chiesa nell’ordine della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo, cioè di quella disposizione interiore con cui la chiesa, sposa amatissima, strettamente associata al suo Signore, lo invoca e, per mezzo di lui, rende il culto all’eterno Padre.

17. Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la parola di Dio con fede; e questa fu per lei premessa e via alla maternità divina, poiché, come intuì s. Agostino, "la beata Maria colui (Gesù) che partorì credendo, credendo concepì". Infatti, ricevuta dall’angelo la risposta al suo dubbio (cf. Lc 1,34-37), "essa piena di fede e concependo il Cristo prima nella sua mente che nel suo grembo, ‘Ecco - disse - la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1,38)"; fede, che fu per lei causa di beatitudine e certezza circa l’adempimento della promessa: "E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45); fede con la quale ella, protagonista e testimone singolare della incarnazione, ritornava sugli avvenimenti dell’infanzia di Cristo, raffrontandoli tra loro nell’intimo del suo cuore (cf. Lc 2,19.51). Questa, accoglie, proclama, venera la parola di Dio, la dispensa ai fedeli come pane di vita e alla sua luce scruta i segni dei tempi, interpreta e vive gli eventi della storia.

18, Maria è, altresì, la Vergine in preghiera. Così essa appare nella visita alla madre del precursore, in cui effonde il suo spirito in espressioni di glorificazione a Dio, di umiltà, di fede, di speranza: tale è il cantico L’anima mia magnifica il Signore (cf. Lc 1,46-55), la preghiera per eccellenza di Maria, il canto dei tempi messianici nel quale confluiscono l’esultanza dell’antico e del nuovo Israele, poiché - come sembra suggerire s. Ireneo - nel cantico di Maria confluì il tripudio di Abramo che presentiva il Messia (cf. Gv 8,56) e risuonò, profeticamente anticipata, la voce della chiesa: "Nella sua esultanza Maria proclamava profeticamente a nome della chiesa: "L’anima mia magnifica il Signore"". Infatti, il cantico della Vergine, dilatandosi, è divenuto preghiera di tutta la chiesa in tutti i tempi.

Vergine in preghiera appare Maria a Cana dove, manifestando al Figlio con delicata implorazione una necessità temporale, ottiene anche un effetto di grazia: che Gesù, compiendo il primo dei suoi "segni", confermi i discepoli nella fede in lui (cf. Gv 2,1-12). Anche l’ultimo tratto biografico su Maria ce la presenta Vergine orante. Infatti gli apostoli "erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù, e con i fratelli di lui" (At 1,14): presenza orante di Maria nella chiesa nascente e nella chiesa di ogni tempo, poiché ella, assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza. Vergine in preghiera è anche la chiesa, che ogni giorno presenta al Padre le necessità dei suoi figli, "loda il Signore incessantemente e intercede per la salvezza del mondo".

19. Maria è, ancora, la Vergine madre, cioè colei che " per la sua fede e obbedienza generò sulla terra lo stesso Figlio del Padre, senza contatto con uomo, ma adombrata dallo Spirito santo ": prodigiosa maternità, costituita da Dio quale tipo e modello della fecondità della vergine-chiesa, la quale " diventa anche essa madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito santo e nati da Dio ". Giustamente gli antichi padri insegnavano che la chiesa prolunga nel sacramento del battesimo la maternità verginale di Maria. Tra le loro testimonianze ci piace ricordare quella del nostro illustre predecessore s. Leone Magno, il quale in una omelia natalizia afferma: " L’origine che (Cristo) ha preso nel grembo della Vergine, l’ha posta nel fonte battesimale; ha dato all’acqua quel che aveva dato alla Madre; difatti, la virtù dell’Altissimo e l’adombramento dello Spirito santo (cf. Lc 1,35), che fece sì che Maria desse alla luce il Salvatore, fa anche sì che l’acqua rigeneri il credente ". Volendo attingere alle fonti liturgiche, potremmo citare la bella Conclusione della liturgia ispanica: " Quella (Maria) portò la Vita nel grembo, questa (la chiesa) la porta nell’onda battesimale. Nelle membra di lei fu plasmato il Cristo, nelle acque di costei fu rivestito il Cristo ".

20. Maria è, infine, la Vergine offerente Nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio (cf. Lc 2,22-35), la chiesa, guidata dallo Spirito, ha scorto, al di là dell’adempimento delle leggi riguardanti l’oblazione del primogenito (cf. Es 13,11-16) e la purificazione della madre (cf. Lv 12,6-8), un mistero salvifico, relativo appunto alla storia della salvezza: ha rilevato, cioè, la continuità dell’offerta fondamentale che il Verbo incarnato fece al Padre, entrando nel mondo (cf. Eb 10,5-7); ha visto proclamata l’universalità della salvezza poiché Simeone, salutando nel bambino la luce per illuminare le genti e la gloria di Israele (cf. Lc 2,32), riconosceva in lui il Messia, il Salvatore di tutti; ha inteso il riferimento profetico alla passione di Cristo: ché le parole di Simeone, le quali congiungevano in un unico vaticinio il Figlio "segno di contraddizione" (Lc 2,34) e la Madre, a cui la spada avrebbe trafitto l’anima (cf. Lc 2,35), si avverarono sul Calvario. Mistero di salvezza, dunque, che nei suoi vari aspetti orienta l’episodio della presentazione al tempio verso l’evento salvifico della croce. Ma la chiesa stessa, soprattutto a partire dai secoli del medioevo, ha intuito nel cuore della Vergine, che porta il Figlio a Gerusalemme per presentarlo al Signore (cf. Lc 2,22), una volontà oblativa, che superava il senso ordinario del rito. Di tale intuizione abbiamo testimonianza nell’affettuosa apostrofe di s. Bernardo: " Offri il tuo Figlio, o Vergine santa, e presenta al Signore il frutto benedetto del tuo seno. Offri per la riconciliazione di noi tutti la vittima santa, a Dio gradita ".

Questa unione della Madre con il Figlio nell’opera della redenzione raggiunge il culmine sul Calvario, dove Cristo "offrì se stesso quale vittima immacolata a Dio" (Eb 9,14) e dove Maria stette presso la croce (cf. Gv 19,25), "soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, armoniosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata" e offrendola anch’ella all’eterno Padre. Per perpetuare nei secoli il sacrificio della croce il divin Salvatore istituì il sacrificio eucaristico, memoriale della sua morte e risurrezione, e lo affidò alla chiesa, sua sposa, la quale, soprattutto alla domenica, convoca i fedeli per celebrare la pasqua del Signore, finché egli ritorni: il che la chiesa compie in comunione con i santi del cielo e, prima di tutto, con la beata Vergine, della quale imita la carità ardente e la fede incrollabile.

21. Modello di tutta la chiesa nell’esercizio del culto divino, Maria è anche, evidentemente, maestra di vita spirituale per i singoli cristiani. Ben presto i fedeli cominciarono a guardare a Maria per fare, come lei, della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita. Già nel IV secolo, s. Ambrogio, parlando ai fedeli, auspicava che in ognuno di essi fosse l’anima di Maria per glorificare Dio: "Dev’essere in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore, dev’essere in ciascuno il suo spirito per esultare in Dio". Maria, però, è soprattutto modello di quel culto che consiste nel fare della propria vita un’offerta a Dio: dottrina antica, perenne, che ognuno può riascoltare, ponendo mente all’insegnamento della chiesa, ma anche porgendo l’orecchio alla voce stessa della Vergine, allorché essa, anticipando in sé la stupenda domanda della preghiera del Signore: " Sia fatta la tua volontà " (Mt 6,10), rispose al messaggero di Dio: "Ecco la serva del Signore: sia fatto di me secondo la tua parola" (Lc 1,38). E il "sì" di Maria è per tutti i cristiani lezione ed esempio per fare dell’obbedienza alla volontà del Padre la via e il mezzo della propria santificazione.

22. È importante, d’altra parte, osservare come la chiesa traduca i molteplici rapporti che la uniscono a Maria in vari ed efficaci atteggiamenti cultuali: in venerazione profonda, quando riflette sulla singolare dignità della Vergine, divenuta, per opera dello Spirito, madre del Verbo incarnato; in amore ardente, quando considera la maternità spirituale di Maria verso tutte le membra del corpo mistico; in fiduciosa invocazione, quando esperimenta l’intercessione della sua avvocata e ausiliatrice; in servizio di amore, quando scorge nell’umile ancella del Signore la regina di misericordia e la madre di grazia; in operosa imitazione, quando contempla la santità e le virtù della " piena di grazia " (Lc 1,28); in commosso stupore, quando vede in lei, "come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere"; in attento studio, quando ravvisa nella cooperatrice del Redentore, ormai pienamente partecipe dei frutti del mistero pasquale, il compimento profetico del suo stesso avvenire, fino al giorno in cui, purificata da ogni ruga e da ogni macchia (cf. Ef 5,27), diverrà come una sposa ornata per lo sposo, Gesù Cristo (cf. Ap 21,2).

23. Considerando, dunque, fratelli carissimi, la venerazione che la tradizione liturgica della chiesa universale e il rinnovato rito romano esprimono verso la santa Madre di Dio; ricordando che la liturgia, per il suo preminente valore cultuale, costituisce una regola d’oro per la pietà cristiana; osservando, infine, come la chiesa, quando celebra i sacri misteri, assuma un atteggiamento di fede e di amore simili a quello della Vergine, comprendiamo quanto sia giusta l’esortazione del concilio Vaticano II a tutti i figli della chiesa, " perché promuovano generosamente il culto, specialmente liturgico, della beata Vergine ": esortazione, che vorremmo vedere dappertutto accolta senza riserve e tradotta in pratica con zelo.






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