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Ecce Mater tua
Lettera pastorale di Mons. Germano Zaccheo del 13 ottobre 2003



DIOCESI DI CASALE MONFERRATO

Nel ricordo del messaggio di Fatima


 Introduzione

Sono parole latine, ma molto facili da capire da parte di tutti. Specialmente se siamo capaci di ricordare il racconto evangelico da cui sono tratte. È la pagina suprema del Vangelo di Giovanni: eccola. Stavano presso la croce di Gesù, sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre «Donna, ecco tuo figlio» poi disse al discepolo «Ecco tua madre». E da quell’ora il discepolo la prese con sé. (Gv. 19, 25-27). Quella parola di Gesù, prima alla madre (“ Mulier, ecce filius tuus!”) e poi al discepolo (“Ecce Mater Tua!”) è, si può ben dire, il testamento di Gesù prima che, reclinato il capo, ci donasse lo Spirito (Cfr. Gv, 19,30). È a quel supremo gesto d’amore, reso assoluto e incontrovertibile dal dono totale di sé, appunto, compiuto per amore, che ha voluto far riferimento il Papa nel suo coraggioso ultimo messaggio ai giovani, in occasione della “Giornata Mondiale della Gioventù” 2003, appena trascorsa. C’è in giro una specie di strano pudore quando si parla ai giovani. Sembra che parlare di Maria, la Madre, sia piuttosto argomento per adulti, o, forse addirittura, per devote vecchiette. No. Il Papa non ha paura di parlare ai giovani con coraggio e linguaggio diretto. Dice loro: Per la XVIII Giornata Mondiale della Gioventù che celebrerete nelle diverse diocesi del mondo, ho scelto un tema in relazione con l'Anno del Rosario: "Ecco la tua madre!" (Gv 19,27). Prima di morire, Gesù offre all'apostolo Giovanni quanto ha di più prezioso: sua Madre, Maria. Sono le ultime parole del Redentore, che assumono perciò un carattere solenne e costituiscono come il suo testamento spirituale. Il Vangelo dice poi che «da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,27). Questa espressione, tanto commentata fin dalle origini della Chiesa, non designa soltanto il luogo in cui abitava Giovanni. Più che l'aspetto materiale, essa evoca la dimensione spirituale di tale accoglienza, del nuovo legame che si instaura fra Maria e Giovanni. Voi, cari giovani, avete più o meno la stessa età di Giovanni e lo stesso desiderio di stare con Gesù. Oggi è a voi che Cristo chiede espressamente di prendere Maria "nella vostra casa", di accoglierla "tra i vostri beni" per imparare da Lei, che «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19), la disposizione interiore all'ascolto e l'atteggiamento di umiltà e di generosità che la contraddistinsero come prima collaboratrice di Dio nell'opera della salvezza. E' Lei che, svolgendo il suo ministero materno, vi educa e vi modella fino a che Cristo non sia formato in voi pienamente (cfr Rosarium Virginis Mariae, 15). (Testo tratto dal messaggio di Giovanni Paolo II alla G.M.G 2003 ) E per non lasciare equivoci, aggiunge perfino: “Consegno oggi, idealmente anche a voi, cari giovani, la corona del Rosario”. (ivi n.5). Ho preso anch’io coraggio: l’esempio del Papa è trascinante. Ho preso coraggio e ho titolato questa lettera pastorale con le parole latine che alludono al grande testamento di Gesù “Ecce Mater Tua”.

Perchè?

Qualcuno potrà domandarsi: perché? Quale rapporto può avere con il nostro itinerario pastorale questo riferimento mariano? E perché proprio ora? Curiosità legittima a cui non mi voglio sottrarre. Ora, perché stiamo concludendo l’Anno Evasiano che ci ha occupati in questo 2003, sesto centenario del ritorno in cattedrale del nostro Patrono, Evasio. Mentre il Papa indiceva l’Anno del Rosario, noi eravamo occupati, per così dire, con l’Anno Evasiano. Ma l’invito del Papa non l’abbiamo trascurato. Dal 13 maggio al 13 ottobre di quest’anno vi ho invitato a solennizzare con il Rosario le date dell’apparizione di Maria ai pastorelli di Fatima, ai quali fu rivelato questo nome: “Madonna del Rosario”. Così ci siamo prepararti a distanza, perché concludendo l’Anno Evasiano con le solenni celebrazioni del novembre 2003, fossimo pronti a vivere intensamente il nuovo Anno Liturgico (Avvento 2003- Pentecoste 2004) in un contesto attento al Rosario di Maria e in un atteggiamento mariano capace di ispirare tutto il nostro programma pastorale. Ecco il perché di questa scelta, non solo e non tanto del titolo (Ecce Mater Tua), ma di un progetto che, assumendo pienamente le sollecitazioni del Santo Padre, si traducesse nei nostri impegni di attività pastorale. La consegna che il Papa ha fatto ai giovani nella scorsa primavera diventa per loro, ma anche per noi tutti un impegno programmatico: accogliere, come Giovanni, Maria, la Madre, nella “nostra casa”.

Il semestre mariano

Così, vedrete nella linee programmatiche che colloco come parte pratica ed operativa nella seconda parte della Lettera Pastorale, come potremo illuminare la nostra vita di parrocchia, di gruppo, di associazione, con la dolce, materna, memoria di Maria. Alla quale, per altro, la nostra Chiesa diocesana è particolarmente devota. Fin dai tempi antichissimi. È suggestiva la tradizione che vuole addirittura il Santo vescovo Eusebio all’inizio della devozione mariana nel Monferrato, grazie all’Icona antica collocata sul Monte di Crea: quel monte su cui nel Medioevo, certamente, si venerava Maria e che sarebbe divenuto nei secoli il “Sacro Monte” dei misteri mariani, meta dell’ininterrotto pellegrinaggio dei nostri padri e delle nostre madri, Rosario alle mani e tante speranze nei cuori. Ma c’è anche di più. Nel 1616 (e il fatto straordinario è attestato storicamente con l’approvazione del Vescovo di Pavia) un fragile soldato spagnolo viene tratto dal pozzo in cui è stato gettato da un’anonima violenza nemica, proprio per un miracoloso intervento di Maria, che noi continuiamo a chiamare “la Madonna del Pozzo”, coscienti come siamo che quella mano celestiale è pur sempre pronta a sollevare tribolati e sconfitti, traendoli dai pozzi delle loro disperazioni. Con gli anni, tra questi due Santuari, la nostra terra benedetta ha visto crescere tanti segni di devozione a Maria: le grandi e belle chiese parrocchiali dedicate tanto spesso all’Assunta, le splendide “Madonne” del Moncalvo o del Guala; i piccoli e suggestivi santuarietti sparsi come perle sulle nostre colline. Ma soprattutto questa nostra terra è stata benedetta da Maria con il miracolo Ganora, avvenuto a Lourdes nel 1950 e di cui ogni anno- il 2 giugno- non manchiamo di celebrare, in molti, la memoria, salendo alla Grotta che sovrasta la città e sembra tornare a benedirla. Siamo una comunità cristiana che deve molto a Maria. 3 Ci è facile perciò ripetere a tutti: “Ecce Mater Tua” come faceva, con la passione editoriale che lo caratterizzava, quell’originale e geniale “Prete della Missione” che per anni fu apostolo mariano fra noi: Padre Avidano. A lui si deve che Casale fosse in quegli anni una vera “capitale mariana”. Ed è proprio per ricordare il periodico che egli diffondeva con appassionato zelo, che ho voluto riprendere, letteralmente, questo titolo, anche se in latino “Ecce Mater Tua”.

Voglio parlarvi di Maria

Per tutte queste belle ragioni voglio soffermarmi in questa lettera Pastorale a parlarvi di Maria. Non ce ne sarebbe proprio bisogno, visto che di Maria parla, con infinito amore e competenza, un doppio millennio di letteratura, e non solo strettamente religiosa e cristiana. Ma vi voglio parlare ugualmente, per un bisogno dell’anima e soprattutto per dare motivazioni fondate al nostro programma pastorale che va dall’ Avvento 2003 alla Pentecoste 2004. E ve ne voglio parlare sulla falsariga di questa intenzione che abbiamo avviato nel Convegno Diocesano di questo settembre e che costituisce la base del nostro programma pastorale: rileggere l’intero Anno Liturgico alla luce dei Misteri del Rosario, i misteri della vita di Gesù e di Maria. E benché la cosa possa sembrare a prima vista niente di particolarmente significativo, anzi di un po’ ovvio, io credo che ne possa invece nascere una riflessione utile per la nostra devozione mariana, ma anche per la nostra corretta vita liturgica. Infatti sono grandi i quattro temi dei Misteri del Rosario, la vita, la luce, il dolore, la speranza. Sono grandi temi che attingono alle grandi profondità dell’animo umano. Giustamente dice il Papa: “La semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana”.È un’espressione densa di significati attuali. Giovanni Paolo II l’aveva pronunciata nel 1978, durante l’Angelus del 29 ottobre, in un contesto autobiografico assai suggestivo che egli ha rievocato nella recente lettera apostolica “Rosarium Mariae Virginis” (cfr n.2).

L'implicazione antropologica

Ed in verità questa bella intuizione si conferma con l’osservazione, ovvia per tutti noi credenti, che c’è, dentro i misteri di Cristo e di Maria, rivissuti nel Rosario e celebrati nell’Anno Liturgico, c’è una profonda “Implicazione antropologica” come la chiama il Papa. Un’implicazione più radicale di quanto non appaia a prima vista. Chi si pone in contemplazione di Cristo ripercorrendo le tappe della sua vita, non può non cogliere in Lui anche la verità sull'uomo. È la grande affermazione del Concilio Vaticano II, che fin dalla Lettera enciclica Redemptor hominis ho fatto tante volte oggetto del mio magistero: « In realtà, il mistero dell'uomo si illumina veramente soltanto nel mistero del Verbo incarnato ». Il Rosario aiuta ad aprirsi a questa luce. Seguendo il cammino di Cristo, nel quale il cammino dell'uomo è « ricapitolato», svelato e redento, il credente si pone davanti all'immagine dell'uomo vero. Contemplando la sua nascita impara la sacralità della vita, guardando alla casa di Nazareth apprende la verità originaria sulla famiglia secondo il disegno di Dio, ascoltando il Maestro nei misteri della vita pubblica attinge la luce per entrare nel Regno di Dio e, seguendolo sulla via del Calvario, impara il senso del dolore salvifico. Infine, contemplando Cristo e sua Madre nella gloria, vede il traguardo a cui ciascuno di noi è chiamato, se si lascia sanare e trasfigurare dallo Spirito Santo. Si può dire così che ciascun mistero del Rosario, ben meditato, getta luce sul mistero dell'uomo. Al tempo stesso, diventa naturale portare a questo incontro con la santa umanità del Redentore i tanti problemi, assilli, fatiche e progetti che segnano la nostra vita. « Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno » (Sal 55, 23). Meditare col Rosario significa consegnare i nostri affanni ai cuori misericordiosi di Cristo e della Madre sua. A distanza di venticinque anni, ripensando alle prove che non sono mancate nemmeno nell'esercizio del ministero petrino, mi sento di ribadire, quasi come un caldo invito rivolto a tutti perché ne facciano personale esperienza: sì, 4 davvero il Rosario « batte il ritmo della vita umana », per armonizzarla col ritmo della vita divina, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, destino e anelito della nostra esistenza. (Rosarium Mariae Virginis n. 25). Ho scelto questa lunga pagina per ispirare la mia riflessione mariana in questa lettera. Vi dicevo, infatti, che quattro sono i grandi temi del Rosario: la vita, la luce, il dolore e la speranza. E sono temi che attingono alla condizione umana, proprio grazie a quella “implicazione antropologica” così luminosamente espressa dalla citazione del Papa.

Maria, Madre della vita

Se è vero che i primi cinque misteri (che coincidono con il tempo dell’Avvento e di Natale) sono detti“gaudiosi”, è anche verissimo che essi ispirano tutto il tema della vita. Proprio perché essi ruotano tutti attorno al mistero dell’Incarnazione, bisogna dire che hanno come centro dinamico il “vangelo della vita”. Bisogna rifarsi a questa grande enciclica di Giovanni Paolo II “Evangelium vitae”. Là è come concentrata, ma anche mirabilmente sviluppata, la teologia della vita, imperniata proprio intorno al Mistero del Verbo Incarnato. Quei nove mesi benedetti tra la festa dell’Incarnazione (25 marzo) e la festa del Natale (25 dicembre) sono, ogni anno, la proclamazione liturgica del “Vangelo della vita”. Come potremo vivere quest’anno mariano senza fare riferimento costante, prima in Avvento e Natale e poi nella festa del 25 marzo, a questo grande, immenso tema della vita? Viviamo in tempi difficili a proposito del rispetto (almeno quello!) della vita umana. Uomini e donne sono falciati via dai più disparati gesti di violenza: guerre e guerriglie, terrorismi d’ogni colore e ideologia, sopraffazioni ed esplosioni di irrazionalità e di forza bruta. E mentre l’opinione pubblica è mobilitata attorno a qualche cane randagio abbandonato da proprietari incoscienti, quasi più nessuno si accorge che ogni giorno nel mondo (e in Italia ….e a Casale) milioni di esseri umani vengono trucidati nel grembo delle loro madri. A questa piaga dell’aborto non possiamo rassegnarci, se vogliamo essere onesti quando ci battiamo contro ogni guerra e violenza. Il tema della vita, grazie alla Vita che è cresciuta ogni giorno nel grembo virginale di Maria, provoca ogni giorno la nostra coscienza: ci provoca a non assuefarci alla mentalità indifferente del tempo; ci provoca a non accettare passivamente questa nuova e drammatica “strage degli innocenti” che, non a caso, accompagnò la nascita del Signore della vita. E Maria era là a piangere con tutte le madri. E Maria è qui, Madre della vita, a insegnarci il perenne “vangelo della vita”.

Maria, "creatura di luce"

Con grande intuizione culturale e pastorale, il Papa ha inserito tra i “gaudiosi” e i “dolorosi” i nuovi “misteri della luce”. E provvidenzialmente. Perché di luce (“Veritatis Splendor”) ha immensamente bisogno l’uomo di oggi, come l’uomo di ogni tempo. Camminare nella storia senza la luce e lo splendore della verità è come camminare nelle tenebre, a rischio di ogni devianza e di ogni infortunio. Al centro dei “misteri della luce”, c’è Gesù che, annunciando - con parole e segni- il Regno di Dio si è presentato come “luce del mondo” ed ha chiesto ai suoi discepoli e alla sua chiesa di essere “fiamma sul lucerniere”. Davvero il Vangelo pronunciato da Gesù, a cominciare dalle “Beatitudini” con cui si apre l’annuncio del Regno, resta un fascio di luce gettato sui sentieri della storia. E Maria è figlia della luce, salutata com’è da secoli come la “stella del mattino”. 5 Ripensando in gennaio alle Epifanie di Cristo (sono tre, come la liturgia sempre ricorda) noi rievochiamo la luminosa stella che guidava i Magi. Nella sua luce camminano le genti, ancora oggi. Manifestazione di Cristo che nel Battesimo del Giordano e nelle Nozze di Cana rivela in piena luce l’Inviato del Padre, il cui volto rifulge sul Tabor e si nasconde nell’umiltà del Pane Eucaristico. Questo tema della luce è pure, squisitamente mariano. Perfino nelle grandi apparizioni della storia cristiana, Maria si presenta sempre come una “creatura di luce”: a Lourdes come a Fatima, dove, per altro, il grande segno apocalittico del sole ha rivelato al “secolo breve”, in anticipo, i suoi drammi e i suoi esiti. Maria, “Creatura di luce” ci guidi dunque, come la stella dei Magi, alla ricerca della verità della cui luce abbiamo bisogno più che della luce del sole. E proprio perché siamo in un tempo di crisi quanto allo “splendore della verità”, siamo ancora tormentati dallo scettico interrogativo di Pilato: “quid est veritas?”. Ma in questo clima scettico di nichilismo, rimane ferma una stella polare: Maria, “stella della nuova evangelizzazione”. Sì, di fatto, senza verità, come senza luce, né si vive, né si cammina. E Cristo, luce del mondo, è ancora offerto a noi, come allora ai Magi cercatori di verità, da Maria.

Maria, "Donna dei dolori"

Inutile negarlo: il grande enigma dell’uomo di ogni tempo resta il dolore, specialmente il dolore innocente. Oggi, come sempre. E i “misteri dolorosi” di Cristo e di Maria gettano luce anche su questo abisso. Non con facili semplificazioni, né per scorciatoie fideistiche; ma attraverso il dolore vissuto e portato in prima persona da Cristo, l’innocente e da Maria, sua madre “Stabat Mater dolorosa, iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius” È l’inizio folgorante di quella antica sequenza medievale a cui grandi artisti – da Pergolesi a Rossini, dal semplice Gregoriano a Kodaly- hanno offerto l’abito musicale ricco di poesia e avvolgente nell’emozione artistica. “Stava la Madre in pianto”: quell’icona dell’Addolorata che tanti cuori ha confortato nei sentieri della storia cristiana, resta una “proposta” per il difficile enigma del dolore. Dai venerdì di Quaresima, quando la “Via Crucis”, con la sua semplice intuizione ritorna regina di pietà popolare, ai grandi riti della Settimana santa, la vita liturgica della Chiesa Cattolica attinge i vertici di una considerazione del dolore che va ben oltre i facili e ingenui ottimismi: affronta infatti di petto la questione del dolore innocente e, pur senza strafare ideologico, suggerisce nell’umile ascolto della fede, qualche sentiero per il percorso dell’uomo. Senza fede, infatti, più duro è il percorso nel tunnel della sofferenza, della malattia e della morte, realtà per altro intimamente connesse con la nostra realtà creaturale. La Vergine dolente, “donna dei dolori”, segna un percorso profondamente vero e umano: senza di lei, il cammino sarebbe più aspro. Propongo di andare tutti a rileggere, insieme con la sequenza dello “Stabat Mater” (magari riascoltandola in un’edizione musicale di alto livello), anche la bellissima poesia attribuita a Jacopone da Todi: “Donna del Paradiso”. Forse l’arte e la poesia più che i ragionamenti, saprebbero suscitarci nel cuore il senso del mistero: anche del mistero del dolore, illuminato da un amore di madre.

Maria,"Speranza nostra"

Il quarto gruppo di misteri che da sempre si chiamano “gloriosi” sono i misteri della speranza cristiana. E Dio sa quanto bisogno di speranza si coltiva nel cuore dell’uomo: quanta attesa di speranza per l’uomo contemporaneo. “Surrexit Christus, spes mea” canta la più bella sequenza cristiana: quella della Pasqua. E l’ascensione al cielo di Cristo, come l’assunzione di Maria, sono segni di una speranza che va oltre le barriere della carne, della ragione e dell’immaginazione. Da quel cielo ove Cristo è asceso e Maria è stata assunta, attendiamo con speranza la venuta gloriosa del Signore a concludere la storia nel segno trionfale della Croce. Ma di là, per il nostro provvisorio camminare terreno, già ci è stato donato lo Spirito. E lo Spirito e la Sposa dicono (anzi gridano) : Vieni Signore Gesù (Apoc.22,20). La speranza cristiana è come ipostatizzata in Maria Lei, che “ha creduto alla Parola”: infatti nell’antica e nobile preghiera della Salve Regina, essa è salutata come “speranza nostra” “Spes nostra salve!”. E giustamente Dante pone sulle labbra di San Bernardo (autore probabile della “Salve Regina” quanto meno attraverso l’influsso dei suoi monaci) la bellissima immortale preghiera: “Vergine Madre…. e giuso intra i mortali se’ di speranza fontana vivace”. In un mondo spesso votato alla disperazione, il nome di Maria risuona come il nome nuovo della speranza di cui nessuno può fare a meno.

Il "Ritmo della vita umana"

È dunque vero e forte il messaggio del Papa da cui abbiamo preso le mosse: “La semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vita umana”. I grandi temi della vita, della luce, del dolore e della speranza, si ritrovano intatti e nel “ritmo della vita umana” e nello scorrere dei misteri del Rosario. È l’Anno Liturgico, con il suo rincorrere il tempo sull’asse della storia, che ci offre ogni anno questo percorso della vita e della luce, del dolore e della speranza. Con Maria, con i suoi occhi vigili e il suo cuore materno. Per questo vogliamo vivere “un anno con Maria”. Preferisco quest’espressione a quella più consueta di “Anno Mariano”: sì, perché così mettiamo in evidenza che l’Anno Liturgico a cui, dall’Avvento 2003 alla Pentecoste 2004 ci accingiamo, può essere vissuto con gli occhi e con il cuore di Maria. Essa, come ci informa Luca, ribadendo nel suo vangelo questa espressione, “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. (Lc 2,19). Come lei, potremo fare anche noi, seguendo il suo esempio. Essa, infatti, come dice il Papa, è l’ “Icona della contemplazione cristiana”. È tutto il capitolo 1 della già citata “Lettera Apostolica” sul Rosario che potrebbe servirci come pista di riflessione. Proponendoci Maria come modello, il Papa parla dei suoi “ricordi” e del suo “sguardo” per “ricordarci”, “imparare”, “conformarci a Cristo”, “supplicarlo” e “annunciarlo”, insomma “contemplare Cristo con Maria”. Attraverso il Rosario e l’Anno Liturgico, cercheremo anche noi, nel nostro programma pastorale (di cui allego i dati essenziali) di compiere questo cammino spirituale: un cammino di popolo, con Maria, la Madre. “Ecce Mater Tua!”.


+ Germano, Vescovo


CASALE, 13 OTTOBRE 2003 nel ricordo del messaggio di Fatima.




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Autore: - Pubblicato il: 2009-09-11 (1050 letture)

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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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