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FINE DELL'IMPERO BIZANTINO


1. La caduta di Costantinopoli
a)
La caduta di Costantinopoli segnava la fine dell'ultra millenario Impero bizantino. Questo tragico evento ha suscitato una profonda impressione e reazioni molteplici in tutto il mondo di allora. Fa ricordare la presa e il saccheggio di Roma nel 410 ad opera dei visigoti di Alarico e la successiva caduta dell'Impero romano d'Occidente, ma con conseguenze ben diverse. Mentre in Occidente la fine dell'Impero romano ha avuto un esito in certo qual modo positivo, perche da esso sono nate nuove formazioni socio politiche quali furono i regni romano-barbarici nei quali la civiltà e la cultura classica, nonché la stessa religione cristiana, si sono amalgamate con la cultura dei nuovi popoli, dando luogo alla cultura medievale, in Oriente il cambiamento e stato radicale e totale: all'Impero bizantino si è semplicemente sostituita la nuova realtà del sultanato turco-ottomano. La Chiesa bizantina, chiusa in se stessa, ha dovuto affrontare come poteva una dipendenza rassegnata, timorosa, a volte anche vessatoria e persecutoria, da parte dei nuovi dominatori musulmani Ai cristiani rimase solo la loro fede e la vita evangelica, che in certe occasioni ha toccato vertici di vero e proprio eroismo.
b) La caduta della capitale del mondo bizantino è avvenuta all'alba del 29 maggio 1453, un martedì, sotto la pressione di un esercito numerosissimo e agguerrito; al comando del sultano Maometto II, che gli storici turchi esaltavano per la sua genialità, determinazione e capacità di governo, mentre il mondo cristiano lo ha stigmatizzato come un vero e proprio anticristo, sprezzante verso i cristiani, crudele e spietato verso i suoi nemici. Molte sono le informazioni e i commenti rilasciati da storici, cronisti o altri personaggi intorno ai fatti che accompagnarono la caduta della metropoli bizantina. Agostino Pertusi ha raccolto gran parte di questi scritti in una pubblicazione di estremo interesse, in cui riporta i testi in lingua originale affiancati dalla traduzione italiana. Gli episodi legati a questo tragico evento sono narrati con dovizia di dettagli che a volte si completano a vicenda e a volte si contraddicono. Le narrazioni storiche vogliono Suscitare ammirazione o commiserazione per i vinti, esecrazione per i crudeli e fanatici vincitori. In una circostanza del genere è accaduto di tutto, come c'era da aspettarsi: distruzioni, saccheggi, stragi non solo di gente armata ma anche di donne, vecchi e bambini, stupri di donne e di persone consacrate nella vita monastica, migliaia di prigionieri ridotti in schiavitù.

2. I fatti maggiormente rilevanti
a) Tra le prime vittime illustri, dopo l'irruzione dei turchi nella città, ci fu lo stesso imperatore Costantino XII Paleologo che era stato sollecitato con insistenza dal suo entourage di mettersi in salvo insieme all'imperatrice e ai figli; ma egli, con un gesto puramente simbolico, volle lanciarsi coraggiosamente nella battaglia, per una difesa senza speranza. Colpito a morte, venne decapitato e la sua testa fu portata come trofeo di guerra al sultano, che la fece riconoscere dai prigionieri ammassati nella cattedrale di Santa Sofia. Altro dettaglio messo in luce e stata l'inutilità dei soccorsi portati dalle flotte veneziana e genovese, troppo insufficienti per l'arduo compito che le attendeva. C'era anche una consistente flotta veneziana che avrebbe potuto cambiare la tragica sorte della battaglia, ma si trovava troppo distante per poter intervenire in tempo opportuno.
b) L'episodib centrale, sottolineato da molti autori, è stata la scena svoltasi nella cattedrale di Santa Sofia, nella quale si era ammassata un'immensa folla di bizantini appena dopo la caduta della città, nel vano tentátivo di trovare una qualche protezione. Come arrivarono i guerrieri turchi, successe di tutto. Lo stesso Maometto II vi fece il suo ingresso superbamente e sacrilegamente assiso sul suo cavallo e qualche autore informa che avrebbe profanato perfino l'altare violentando sopra di esso due bellissimi giovani, fratello e sorella, per di più costretti ad adagiarsi sopra un Crocifisso. Questa fu la fine di Santa Sofia, come chiesa cristiana, la «grande chiesa», che era stata la gloria dell''imperatore Giustiniano quando, nel VI secolo, aveva disposto la costruzione di una nuova basilica sulle fondamenta di quella più antica, affidandone il progetto a due famosi architetti del tempo, Isidoro di Mileto e Antemio di Trailes. Era famosa in tutto il mondo e gli stessi musulmani non nascondevano la loro ammirazione per un così eccelso capolavoro di architettura, di arte e di fede. La splendida basilica non solo è stata saccheggiata e profanata; di lì a poco venne pure trasformata in moschea. In qualcuna delle cronache contemporanee si legge che lo stesso Maometto II, quando fece il suo primo ingresso in Santa Sofia, avrebbe rivolto a Dio una pubblica preghiera coranica di ringraziamento per l'aiuto ricevuto nella conquista di Costantinopoli, per aver potuto prevalere sull'«eresia cristiana» e proclamare la fede musulmana nell'unico Allah
c) Di fronte ad un simile sconvolgente disastro, una di dichiarazione ritorna ripetutamente in questi scritti, quasi come un responsorio: la caduta di Costantinopoli e dell'impero è stato un castigo di Dio per i gravi peccati commessi dai cristiani. Non è difficile credere alla sincerità di questa confessione, dal momento che certi «pubblici» peccati erano sotto gli occhi di tutti a Costantinopoli: intrighi, corruzione, immoralità, atti di crudeltà, ingiustizie sociali. In queste aberrazioni erano coinvolti anche i settori pin elevati della vita pubblica: la corte imperiale, la burocrazia statale e qualche settore della stessa Chiesa bizantina.

3. Ricorso alla Vergine nella sventura
Dai cristiani bizantini la Madre di Dio era considerata ed invocata come speciale patrona e sicura difesa di Costantinopoli. In circostanze particolarmente critiche il suo intervento in loro favore è sempre stato ritenuto decisivo per la loro salvezza. Neppure la disastrosa caduta di Costantinopoli in mano ai turchi veniva riguardata come una specie di voltafaccia da parte di lei, ma piuttosto come una disgrazia nella quale Maria purtroppo non è potuta intervenire a causa dell'ostacolo posto dalla gravita dei peccati commessi e riconosciuti dai suoi protetti. Lo fa notare esplicitamente Nestore Iskinder in un'apostrofe rivolta alla città personificata: «Il Signore non smise mai di ammaestrarti, di richiamarti alla salvezza, di rallegrarti con ogni genere di ornamento, di renderti bella in ogni modo; ed anche la purissima Madre di Cristo, nostro Dio, ti ha similmente colmato di irripetibili benefici e di innumerevoli doni e ti ha preservato in ogni momento. Tu, come folle, hai rifiutato la bontà divina e la sua generosità nei tuoi riguardi e ti sei rivolta alle malvagità e alle illegalità Ed ora si è riversata su di te l'ira divina ed essa ti consegna nelle mani dei tuoi nemici». Anche in quel momento di estrema calamità gli abitanti di Costantinopoli si rivolgevano pentiti al Signore e alla Madre sua per invocare perdono e protezione. Leggiamo nel Giornale dell'assedio di Costantinopoli, redatto da Nicolò Barbaro, un veneziano che si trovava in città nel 1453: «Tuta la zitade si se messe in gran spavento e tuti dun gran pianto pregava Dio e santa Maria che ne dovesse scampar da questa furia de pagani». Aggiunge più avanti lo stesso autore: «Nui tuti cristiani che nel prexente se atrovemo a esser in questa dojoxa zitade, se metemo in le man del nostro misericordioxo misser Jesus Cristo e de la sua madre Madona san ta Maria, che lor ne abia misericordia de le nostre aneme». L'imperatore Costantino XII, prima di cadere colpito a morte, esorta i suoi soldati a combattere fino all'ultimo per la loro fede, e nella motivazione unisce alla gloria di Dio anche quella della Vergine Maria. A ricordare questo particolare è Nestore Iskinder che sembra fosse un cristiano fatto prigioniero dai turchi quando era ancora giovane e che si sarebbe convertito all'Islam. La sua nuova fede non gli impedisce di avere un riguardo per la Madre di Gesù; al contrario dimostra la venerazione che i musulmani nutrono per lei. Particolare rilievo è riservato al racconto della profanazione delle sacre icone. Tra esse spiccavano quelle che raffiguravano la Madre di Dio, ricamate sui paramenti liturgici usati in Santa Sofia. Un'informazione interessante viene dallo storico bizantino Michele Ducas. Tra le devastazioni compiute dai giannizzeri turchi (fanti), ci fu quella del monastero di Chora, dove allora si onorava l'icona dell'intemerata Madre di Dio, l'Odigitria, cioè colei che indica la via, ossia il Figlio, ché ella tiene sul braccio. Il mondo cristiano di allora, profondamente ferito da questo evento tragico ed inatteso, foriero di minacce per il futuro della cristianità stessa, si volge con la preghiera a Dio e alla Madre sua affinché si assumano la protezione della chiesa in Oriente come in Occidente. In una Esortazione alla cristianità contro i turchi, un anonimo e modesto poeta alsaziano così scrive: «Ci aiuti la Regina dei cieli, Maria, madre della santa cristianità, il cui cuore è stato trafitto dal dolore quando suo Figlio, nelle pene della morte, ferito e inchiodato sulla croce, le disse: "Io ti affido a questo mio discepolo" (cfr. Gv 19,26). Così tutta la cristianità sia affidata a te e tu intercedi per essa in tutti i momenti gravi».

Bibliografia
GANBERO L., Fede e devozione mariana nell'impero bizantino. Dal periodo post-patristico alla caduta dell'impero, San Paolo, Cinisello Balsamo 2012, pp. 447-455; AA. VV., La caduta di Costantinopoli, 2 voll., Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori Editore, Milano 1976.






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