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  La vocazione singolare di Maria 
Mariologia

Di Giancarlo Bruni, in AA. VV., Maria e la Parola di Dio, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 2009, pp. 27-33.



1. MARIA ICONA DELLO SGUARDO DI DIO

Di chi parliamo? Di una donna sulla cui venuta al mondo e sul cui transito tacciono le Scritture canoniche. Storicamente non ne sappiamo nulla. Di una donna di cui, secondo gli evangeli dell’infanzia, sappiamo il nome, il luogo di provenienza, il nome dello sposo e il suo essere, giovanissima, la madre di Gesù: «nato da donna, nato sotto la legge» dirà Paolo (Gal 4,4)). E ancora parliamo di una donna la cui consapevolezza di sé, sempre secondo i medesimi vangeli dell’infanzia, sta nell’autodefinirsi «serva del Signore». Questo è quanto sappiamo di Maria, una donna ebrea verosimilmente collocabile nella carovana non istituzionalizzata dei «poveri di JHWH» che attendevano nel Messia la liberazione di Dio, donna che al pari di ogni donna ebrea forse sognava di divenire madre. Ecco di chi parliamo, di una giovane ragazza ai margini del mondo e marginale al mondo, lo riconoscerà lei stessa che si definirà straniera a ciò che il mondo riconosce come suo e apprezza: la rilevanza culturale, politica ed economica (Lc 1,51-53). Maria appartiene al genere degli umili, una categoria riconosciuta e apprezzata da Dio: «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,48), e sua singolarità è di essere divenuta per Israele, per le Chiese e per il mondo icona di questo singolare modo di agire di Dio a più riprese attestato nelle Scritture (Dt 7,7; 8,17; 1 Sam 16,11- 13; 1 Cor 1,26-29; Gc 2,5 ...) a cui sono riassunti questi versetti: «Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola» (Is 66,2), «perché io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore» (1 Sam 16,7). Maria dunque uguale a icona nella quale è dato venire iniziati a una elementare e ineffabile conoscenza, lo sguardo di Dio è attratto dagli umili, i quali per lui non sono numeri ignoti, o concetti ma nomi e volti riconosciuti nella loro assoluta alterità e rispettati nella loro inviolabile singolarità, in una apertura di alleanza al contempo libera e amante. È con i senza cronaca e copertina, è con l’anonimo e informe scantinato del palazzo umano che Dio fa storia: «Grandi cose ha fatto in me» (Lc 1,49). Maria lo ricorda nella sua qualità di umile guardata da Dio e visitata da un Dio che nel suo messaggero entra, accolto, nel suo spazio geografico e nel suo orizzonte di vita. In Lei il lontano si fa vicino e il silenzio si fa parola: «Entrando da lei, disse» (Lc 1,28).

2. MARIA ICONA DI GIOIA

La prima parola che Dio nel suo messaggero dice a Maria è «rallegrati, gioisci, esulta», come già alla vergine «figlia di Sion» (Sof 3,14-17; Gl 2,21s.; Zc 9,9-10; Is 61,10). Un essere nella gioia perché il «Signore è con te» come già con Isacco (Gen 26,24), con Giacobbe (Gen 28,15), con Mosè (Es 7,7.10-12; 4,10-12), con Gedeone (Gdc 6,11-12.14-16), con Geremia (Ger 1,4-8) e come un giorno Gesù il Risorto con i suoi (Mt 28,20). Un Signore con Maria a cui l’angelo annuncia: «hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30), hai trovato cioè favore da parte di un Dio che con libera decisione si china su di te con estrema benevolenza. In questa prospettiva la vocazione singolare di Maria sta nell’essere l’icona riassuntiva del come Dio sta davanti a Israele, alle Chiese e all’umanità, come compagnia benevola generando gioia incontenibile, quella che Maria canta nel Magnificat costituita icona di gioia a motivo della visita e del favore di un Dio compagno di viaggio. Gioia poi strettamente legata a colui che Maria partorirà, di cui ella stessa gioisce pazzamente, il Dio con noi – per noi – a noi identificati con i pastori, allegrezza per la sua stessa nascita (Lc 2,10-11); a noi identificati con gli smarriti, gioia per l’essere da lui ritrovati (Lc 15, 7.10.32; 19,6); a noi identificati con gli apostoli, gioia per la sua risurrezione-ascensione (Lc 24,41.52), e a noi identificati con lo stesso Gesù, esultanza per la sua rivelazione ai piccoli (Lc 10,21). Una gioia frutto dello Spirito (Gal 5,22; 1 Ts 1,6; Rm 14,17) «malgrado tutto» (Mt 5,12; Fil 3,1; 4,4; Gc 1,2; 1 Pt 1,8-9; 4,13; Ap 12,12; 19,7) a segno che essa fa parte del costitutivo dell’essere ecclesiale esemplificato in Maria essa stessa, motivo di esultanza per averci generato la gioia di Dio di nome Gesù. Questi aspetti meritano attenzione nel loro attestare che lo sguardo di Dio, la sua premurosa e affettuosa compagnia e il suo dono che è il Cristo non possono non fare esplodere l’inno della gioia nella buona e nella cattiva sorte. La vocazione singolare della donna del «Rallegrati» e del «Magnificat» è di conservarne di generazione in generazione viva la memoria. Anche per questo «beata» (Lc 1,48).

3. MARIA ICONA DEL PERCHÉ ESSERCI: GENERARE

Gli approcci alla vocazione singolare di Maria possono essere molteplici, noi abbiamo scelto quello della iconicità esemplare in rapporto a Israele, alle Chiese e all’umanità. Iconicità non imposta dall’esterno ma sottesa e inerente al racconto di Luca 1,26-38 e non solo, una parola ispirata e rivelata da incastonarsi nell’insieme dei racconti biblici di vocazione, degli annunci profetici di salvezza alla figlia di Sion, del peregrinare dell’arca dell’alleanza e della salmodia di Anna e dei poveri di JHWH. Così la chiamata singolarissima e personalissima di Maria alla gioia in ragione di uno sguardo, di una visita, di un saluto e di uno svelamento, il Signore presso cui ha trovato grazia è con lei, diventa icona, typus et exemplar, di ogni chiamata prima e dopo di lei. Questo aspetto, il suo essere frammento rappresentativo di un tutto, è di decisiva importanza al fine di una corretta comprensione della singolare vocazione di Maria, e in lei di ogni creatura umana chiamata nel suo piccolo a riflettere a nome di tutti e a vantaggio di tutti l’allegrezza che erompe dalla visita dell’angelo di Dio. Una chiamata alla gioia a motivo, per Maria, e una nuova finestra si apre, di una ineffabile, cioè inimmaginabile e inesprimibile vocazione, quella di divenire la madre di un uomo di nome Gesù nel quale Dio si fa vicino e parla all’uomo non per interposta persona, i profeti e i sapienti, ma di persona, il Figlio. Così la fede della Chiesa. La parola rivelata a Maria (Lc 1,31.35), e attuata in Maria dalla potenza creatrice dello Spirito non disattesa dalla libera e responsabile risposta della fede (Lc 1,35.38), la colloca tra le vocazioni a un livello assolutamente unico e singolare, essere lei la «predestinata già prima della creazione del mondo» (Ef 1,4-5) a divenire il luogo umano in cui «il mistero della volontà di Dio» (Ef 1,9) «nascosto nei secoli» (Ef 3,9) è stato rivelato «ultimamente, in questi giorni» (Eb 1,1-2), quelli della «manifestazione del predestinato già prima della fondazione del mondo» (1 Pt 1,20). Il «nato da donna, nato sotto la legge nella pienezza del tempo» (Gal 4,4). Parliamo del sole Gesù sorto dall’aurora Maria, del cielo Gesù generato dalla terra Maria e del Verbo Gesù che nella stanza nuziale di nome Maria sposa la natura umana senza assorbirla e assume la forma umana fragile e mortale (Gv 1,14) dello schiavo (Fil 2,5-8) e del povero (2Cor 8,9), per condividere in tutto la condizione umana dell’alienato apportando all’interno del suo male l’abbondanza del perdono di Dio, all’interno della sua ignoranza e della sua ottusità l’abbondanza della sapienza di Dio, all’interno dei suoi disamori l’abbondanza dell’amore di Dio e all’interno del suo dolore, della sua morte e della sua disperazione l’abbondanza della vita e della vita eterna di Dio. Maria di questo dono perfetto di Dio all’uomo è la porta, la Janua coeli, è la madre che lo concepisce, lo genera, lo cura, lo istruisce (Lc 2,51), lo conduce a Elisabetta e Giovanni, lo porge ai pastori, a Simeone e ai magi, lo indica a Cana e cerca di capire il mistero di quel Figlio che ella contempla crocifisso. Questa singolare vocazione di Maria a cui Maria è stata iniziata dalla Parola, la tradizione orante, credente e pensosa della Chiesa l’ha condensata nel titolo Theotokos, «madre di Dio» o madre di un uomo di nome Gesù che è «Signore e Dio» (Gv 20,28); una singolarità ancora una volta non disgiunta dalla nota della esemplarità rappresentativa. Nella pre-destinazione di Maria a divenire dimora terrena della Parola vi sono incluse quelle dell’intera umanità e di ciascuno in lei ricapitolate; nel grembo vergine di Maria che nello Spirito genera la Parola al mondo sono riassunti il grembo dell’intera umanità e dell’intera creazione che in lei danno volto alla Parola più vera, più buona e più bella del mondo; e nel sì di Maria sono concentrati quelli di Israele, delle Chiese, dell’umanità e dei mondi in attesa di quella Parola che davvero rendesse pieno il tempo dato a vivere aprendolo a un senso inedito, quello della relazione con Dio nella filialità, della relazione con l’uomo nella fraternità-sororità, della relazione con la natura nella custodia e della relazione con la vita in termini di eternità. La singolare vocazione di Maria lo è dunque sempre e comunque nella iconicità, icona dell’umanità e di ciascuno in rapporto alla nascita di Cristo al mondo, ricordando nel qui e ora della storia che la vocazione delle Chiese e di ciascuno è di essere e divenire sempre più il luogo della apparizione del Signore Gesù al mondo in volti che lo riflettono, in parole che lo annunciano e in gesti che lo raccontano. È questo il nostro modo di divenire Theotokos, un titolo in cui è iscritta la nostra singolare vocazione.

4. MARIA ICONA DELLE ORIGINI E DELLE CONSUMAZIONI

Vorrei chiarire ulteriormente il taglio di questo discorso. La parola rivelata, registrata nella Scrittura neotestamentaria e resa fonte di ispirazione nel cammino storico delle Chiese, ci pone dinanzi a una donna ebrea di nome Maria, fidanzatasposa a un uomo ebreo di nome Giuseppe e madre di un bambino ebreo di nome Gesù. Questo il fatto che diventa fenomeno ricco di interpretazioni mai concluse a cominciare dal Nuovo Testamento, e ciò a partire dal momento in cui occhi pasquali-pentecostali hanno visto in quel nato da Maria il Signore. Una conoscenza nello stupore e nella adorazione che ha permesso una singolare rivisitazione del suo prima: dalla pentecoste alla tomba vuota, dalla tomba vuota alla croce, dalla croce alla sua vita pubblica e dalla sua vita pubblica alla sua nascita, ai vangeli dell’infanzia che sono racconti pasquali-pentecostali. Questo non significa lettura forzata e sovraimposta dall’esterno ma acquisizione nello Spirito pasquale dell’origine e del senso profondo di eventi a cui è spiegazione la parola dell’angelo dell’annunciazione, dei pastori, di Simeone e Anna, dei magi e dei sogni di Giuseppe. È questa la dinamica propria allo statuto della fede: il fatto, il suo significato alla luce della parola rivelata e il suo senso per i destinatari interpellati alla risposta. In questa ottica tutto ciò che è accaduto a Maria e in Maria, e di cui abbiamo riferito, nasce dalla decisione singolarmente unica di Dio ed è evento singolarmente unico dello Spirito non contristato dall’eccomi singolarmente unico della Vergine. Questo rivela a Maria e notifica a noi la parola rivelata a Maria e di cui ella è modello di ascolto nel porgerle l’orecchio, nel custodirla nel cuore, nel pensarla e nell’interrogarla, nell’accettarne la luce e l’oscurità, nel cantarla e nel praticarla. Parola che ci ha dischiusi a leggere la vocazione singolare di Maria anche in termini di iconicità, la Theotokos icona singolare e rappresentativa della singolare vocazione umana lo è anche nel suo essere contemplata come Tuttasanta e come Dormiente-assunta. Il Dio che l’ha visitata è il medesimo che l’ha resa «piena di grazia» (Lc 1,28), immagine alta e pura della creazione umano-cosmica ricondotta alla sua bellezza fontale in vista del divenire dimora del più bello tra i figli dell’uomo per dare origine a una nuova figura umana, quella dei nati da Spirito, i somiglianti a Cristo il nato da Spirito e da una donna non contaminata dall’idolo il cui nome è ipseità, l’amor sui che decentra da Dio, nega l’uomo e si impedisce alla custodia del creato. Le ragioni di una gioia non mancano e ci inducono a leggere Maria alla stregua dell’Angelo del Signore nel quale Dio ci visita con una parola, Maria stessa, che è un seme: nella sua è dato cogliere, ciascuno a proprio modo, la propria singolare vocazione di pre-destinati a divenire dimora del Sole, riflesso del Sole, parto del Sole, resi luminosi dal Sole e ospitati per sempre dal Sole. Nel nostro limite. Colei che ha detto sì al farsi terra del Cielo è la dormiente-assunta per sempre presso di sé dal Cielo, icona escatologica della vocazione alla resurrezione nel mondo di Dio dell’umanità e dell’intera creazione. Beati se, come lei beata, diamo spazio in noi a questa parola.

 

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Inserito Giovedi 13 Ottobre 2016, alle ore 11:34:05 da latheotokos
 
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