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  Svolta antropologica e Mariologia 
MariologiaDalle lezioni di F. Bosin presso la Pontificia Facoltà Teologica Marianum di Roma. Anno Accademico 1999/2000

Le varie antropologie

Il termine “antropologos”fu adoperato già da Aristotele per designare colui che parla dell’uomo, ma solo dal XVIII secolo il termine “antropologia” viene usato come nome di un settore della scienza che studia “la storia naturale dell’uomo”. In realtà questa restrizione non è giustificata, in quanto per comprendere l’uomo hanno anche una sempre maggiore importanza la psicologia, la sociologia, l’etnologia e la storia.
La molteplicità di informazioni parziali sull’uomo, esige una visione d’insieme che, secondo Kant, è compito essenziale della filosofia. L’antropologia “filosofica” è una disciplina filosofica specifica e relativamente autonoma e descrive l’uomo da vari punti di vista (rapporto con l’assoluto – confronto con il mondo animale – capacità di autoprogettarsi ecc.) e con diverse presupposizioni sistematiche (materialismo – positivismo – esistenzialismo – spiritualismo ecc.).
Inoltre l’antropologia ha anche rapporto con la storia delle religioni perché non soltanto le scienze o la filosofia, ma anche le religioni hanno una loro visione dell’uomo. Le religioni, concepiscono la figura dell’uomo come essere intermedio tra il mondo animale e la sfera della divinità, responsabile per il suo divenire, bisognoso di aiuti trascendenti, che possono essere meglio ottenuti in una sfera cultuale. Certo non tutte le religioni hanno una specifica antropologia: il Buddismo, ad esempio, non ha proposto alcuna dottrina sull’uomo e il suo insegnamento è stato sviluppato teoricamente nel senso di una antropologia dualistica sia individuale (l’uomo è un’anima che passa per vari corpi), sia cosmica (l’uomo è incorporazione dell’anima universale), sia come negazione della persona (esistono solo i fenomeni mutevoli e la liberazione consiste nella loro cessazione). Tuttavia tutte le religioni hanno una loro antropologia, in quanto almeno alcuni aspetti del fenomeno umano sono in esse maggiormente considerati e accentuati per specificare il rapporto dell’uomo con l’Assoluto.

L’Antropologia in Teologia

Le indicazioni fornite dalla rivelazione sulla struttura dell’uomo, sul suo destino, sulle norme del suo agire, si possono chiamare “antropologia nella teologia”, in quanto si procede partendo dalla Parola di Dio per mettere in evidenza quello che Dio ha detto sull’uomo. Le prime antropologie cristiane, furono composte con l’occhio rivolto a quelle precristiane. L’impostazione, ad esempio, del tratto sull’anima” o sulla natura umana” di Tertulliano o di Nemesio di Emesa, sono tributari di una tradizione letteraria ellenistica. L’antropologia di Agostino ha rapporti inconfondibili con il platonismo e quella di Tommaso con l’aristotelismo
Nei padri dell’antropologia cattolica, riscontriamo due forme di antropologia:
a) un’antropologia statica e sincronica che descrive l’uomo quale appare nella sua costituzione essenziale nel momento della creazione. Tipico esempio è qui la “Somma” di Alessandro di Hales in cui la trattazione sull’uomo è divisa in tre parti: sull’anima, sul corpo e sul composto umano. Molto simile è anche il “De nomine” di Alberto Magno;
b) un’antropologia al contrario dinamica e diacronica che, nel racconto della storia della salvezza, spiega i vari aspetti del fenomeno umano come risultato di una sequenza di avvenimenti. L’uomo è qui rappresentato volentieri come immagine di Dio, creato, deturpato e restituito alla sua primigenia dignità dall’unica vera immagine di Dio che è Gesù Cristo. Questa prospettiva è frequente nei Padri ed è stata ripresa dal Vaticano II.
Non tutte le Chiese cristiane hanno l’identica antropologia:
- I protestanti accentuano la tensione tra le esigenze di Dio nei riguardi dell’uomo e l’incapacità di questi nel seguirne le chiamate;
- Gli Ortodossi sottolineano invece l’ineffabile presenza dello Spirito concessa all’umanità per deificarla, presenza che non è negata e sottratta nemmeno al peccatore, perché il Verbo Incarnato è una luce che illumina ogni uomo e lo Spirito aleggia anche sopra l’umanità peccatrice.
- I Cattolici, tra il pessimismo protestante e l’ottimismo ortodosso, affermano nel peccatore la perdita, almeno parziale, dei doni soprannaturali e la permanenza della natura, anche se ferita dal peccato. E cioè mentre i primi lo dicono solo peccatore e gli altri portatore di Spirito poiché nessun uomo è completamente abbandonato da Lui, i cattolici affermano che nel peccatore rimane la natura buona però privata dei doni soprannaturali. Ortodossi e protestanti guardano in pratica all’uomo concreto (peccatore – tempio dello spirito), i cattolici all’uomo astratto (natura) prescindendo dal suo consenso reale alla concupiscenza (protestanti) e dalla sua parziale fedeltà agli impulsi dello Spirito (ortodossi).

La svolta antropologica nella teologia

Fin dall’800 i termini “antropologia teologica” o “antropologia soprannaturale” stettero ad indicare l’insieme sistematico delle affermazioni teologiche riguardanti l’uomo. Oggi invece essi indicano la dimensione stessa della teologia, l’aspetto più importante della scienza della fede il cui discorso è centrato e parte dall’uomo. Cioè mentre prima l’uomo veniva considerato una parte non significante nel contesto delle esposizioni della verità rivelata, oggi la teologia parte dall’uomo per comprendere la rivelazione stessa.
Quali furono le cause di questa sostanziale svolta? Sono diverse:
- il ritorno alle fonti per cui la teologia, liberandosi dalle sovrastrutture astratte, cerca di prendere quella prospettiva che è propria della Rivelazione: il discorso che Dio rivolge all’uomo è rivelazione del suo disegno per salvare l’uomo e nella Rivelazione non si tratta direttamente di Dio in se stesso, ma in quanto egli rivolge il suo volto verso l’uomo, donandosi a lui. La Bibbia manifesta dunque la visione che Dio ha dell’uomo, non è la teologia dell’uomo, ma l’antropologia di Dio che si occupa dell’uomo. Soltanto l’antropocentrismo in teologia, fa comprendere il geocentrismo, anzi il cristocentrismo del fenomeno umano. Non si può comprendere, infatti, e aderire a Cristo se non si parte dalla comprensione che l’uomo è creato ad immagine di Dio, che è stato spogliato di questa immagine dal peccato e che soltanto in Cristo, Immagine perfetta dell’uomo e del Padre, viene reintegrato il dialogo Dio – uomo, senza il quale l’uomo non può realizzare la sua unità esistenziale.
- La constatazione che la verità, in se stessa “astorica”, non può essere comunicata e conosciuta dagli uomini che in modo “storico”. La parola di Dio non giunge a noi in forma pura o in modo del tutto adeguato, perché sono sempre gli uomini che ascoltano e trasmettono il messaggio, anche se il messaggio stesso supera ogni formulazione umana. Di conseguenza la cognizione dell’orizzonte umano è quindi essenziale per comprendere la parola di Dio, ma anche per no confonderla con le sue incarnazioni storiche e per estrapolare il messaggio autentico dai condizionamenti del linguaggio umano.
- La necessità che la teologia presenti il messaggio cristiano in modo accettabile all’uomo che vive in un determinato contesto socioculturale. Questo significa che l’interpretazione umana del messaggio rivelato deve mettere in evidenza non solo in che senso esso non contraddice ai canoni legittimamente accettati da una civiltà, ma anche come si inserisce positivamente nella visione del mondo di coloro a cui è indirizzato, rinforzando i principi giusti da loro ammessi e appoggiandosi a volte su questi principi. La nostra situazione culturale è segnata dalla stima della persona umana e dalla crisi di identità di questa stessa persona, che non si ritrova più nei quadri della civiltà attuale. La predicazione del Vangelo deve dimostrare che non è inutile all’uomo una religione cattolica la quale, nella sua forma più cosciente ed efficace, si dichiara proprio in favore e al servizio dell’uomo.

Svolta antropologica e Mariologia

E’ soprattutto dal 1930 di fronte alle rivendicazioni laiciste, all’accusa al carattere anti – umano del cristianesimo e al progredire del pensiero esistenzialista, che la teologia si vide costretta a questa svolta antropologica e cioè a ridefinire la posizione e la centralità dell’uomo nel discorso teologico. Congar constata l’abisso esistente tra mondo laico che crede esclusivamente nell’uomo e poco in Dio e il mondo cristiano che crede in Dio, ma mette in un angolo l’uomo. La svolta antropologica fu il momento in cui l’uomo rivisto nella sua dimensione temporale, sociale e cosmica non fu più un tema teologico accanto a tanti altri, ma il punto di partenza per comprendere quello che Dio aveva detto all’uomo sull’uomo. Questo rinnovato interesse per l’uomo, non mancò di influenzare anche la mariologia. Nella presentazione di Maria si cominciò soprattutto a sottolineare la sua dimensione esistenziale e il suo valore antropologico. Anche la Mariologia finiva di essere, nella svolta antropologia, una scienza astratta su Maria, ma cominciava a guardare a Lei, donna concreta, vissuto esistenziale attivo e vitale all’interno della storia della salvezza centrata sull’uomo.
Molti fattori determinarono questo cambiamento:
- Movimento biblico: mentre la mariologia post-tridentina aveva insistito sulle “glorie di Maria”, sulla sua grandezza, sui suoi privilegi e sulla sua vita glorificata, estraendo quasi Maria dalla condizione umana, il contatto con la Bibbia portò a sottolineare la reale situazione vissuta da Maria di Nazareth nella sua vicenda terrena. Vengono quindi sottolineate la condizione terrena di Maria, la sua unione con Cristo nel rispetto della trascendenza messianica di lui e la dimensione tipologica di Maria, Figlia di Sion, nei confronti della Chiesa.
- Ritorno ai Padri: La rivalutazione dei Padri portò a riscoprire quello che essi avevano affermato di Maria, a leggere il suo mistero secondo il messaggio della Chiesa primitiva nella sua ricchezza dottrinale e spirituale e a ritrovare l’esperienza religiosa della comunità cristiana espressa anche attraverso le loro testimonianze personali.
- Teologia kerigmatica e Storia della Salvezza: Essa fa capo a Jungmann e H. Rahner. Al posto di una teologa astratta e avulsa dalla realtà dell’uomo, essa si propose di essere non un’elaborazione sistematica delle verità di fede, ma l’annuncio della salvezza, secondo il significato della parola “kerigma” dei Padri greci. Essa attingerà alla catechesi apostolica e patristica per annunciare quelle verità di fede che Dio nella sua composizione del disegno di salvezza nella storia del mondo ha posto in primo pano e cioè: il Padre, principio fontale e beato fine; Cristo, il grande Mediatore; la Chiesa suo corpo, che insieme col Capo ritorna al Padre. L’apporto dato alla mariologia è stato quello di aver sottolineato l’urgenza di incastonare il tema mariano nel quadro kerigmatico e cioè l’inserimento di Maria nel piano complessivo della salvezza. Questo impedisce di sottolineare i suoi privilegi, quasi fosse un’entità autonoma, e spinge invece a rispettare il cristocentrismo del kerigma, evitand di trasferire su Maria il carattere di mediatore e di archetipo proprio di Cristo. L’economia salvifica invita a vedere Maria assieme alla Chiesa, come prima creatura redenta dell’umanità affrancata, quasi a formare con essa un unico mistero.
- Movimento liturgico: Esso tese a valorizzare la liturgia come preghiera della Chiesa e fonte di autentica vita cristiana. Anche questo movimento presenta Maria sempre in un contesto storico – salvifico e nel quadro dell’unico culto cristiano. La Liturgia, infatti, propone la Vergine in intima connessione e dipendenza dal mistero di Cristo e della redenzione in Cristo, quale appare principalmente nella celebrazione eucaristica e nelle diverse fasi dell’anno liturgico e che rimane sempre la visuale centrale e informatrice di tutta la Liturgia. Nello stesso tempo essa vede Maria nel suo carattere tipologico di figura ed espressione massima della Chiesa nella sua perfezione. Tutte le espressioni, anche validissime della pietà popolare, devono essere armonizzate dalla Liturgia e coordinate ad essa.
- Ecumenismo: anche il movimento ecumenico ha contribuito a riscrivere una mariologia coerente con la S. Scrittura e i Padri e a mettere in questione quella mariologia lontana dalla realtà storico – salvifica della figura della Vergine. Maria è diventata oggi non più colei che divide le Chiese, ma il punto d’incontro sulla base della Bibbia e della Tradizione viva delle Chiese in vista della ricomposizione dell’unità.

Inserito Giovedi 17 Settembre 2009, alle ore 9:13:12 da latheotokos
 
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