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  La prima ''Ave Maria''  
Musica

Un articolo di Franco Careglio, in Maria Ausiliatrice, n. 4 del 2004.



Nella ricerca dei testi mariani nell’universo dell’opera lirica, si individuano due brani di elevata qualità musicale e spirituale. Questo secondo aggettivo non può essere ovviamente accolto nel suo senso consueto, perché le pagine musicali di questo genere non sono state pensate per l’aiuto e il progresso dell’anima, ma per il successo teatrale e in base all’evoluzione della cultura.

Il ritorno dell’elemento spirituale

L’elemento spirituale troverà enorme spazio nel Romanticismo, con i foschi e sovente potentissimi drammi di Goethe (1749-1832), Schiller (1759-1805), Scott (1771-1832), Coleridge (1772-1834), Byron (1788-1824), Hugo (1802-1885), fino ad approdare in Italia con il suo maggior pensatore: Manzoni.
Da tutti questi autori, nessuno escluso, i musicisti romantici attingono per la stesura dei loro capolavori e prestano alla cultura un servizio preziosissimo: consentono cioè alle masse di accostarsi ai grandi temi del Romanticismo, trasmettendo il messaggio dei grandi pensatori attraverso la bellezza avvincente del suono.
Giuseppe Verdi e i suoi predecessori immediati permettono la conservazione e la diffusione del culto del sentimento e delle passioni contro il razionalismo, e l’affermazione di una religiosità concreta e confessionale contro l’ateismo e il deismo. Questo pur senza rendersene conto, e magari, talvolta, senza vivere loro stessi quei valori: ma il contributo al riaccostamento al messaggio cristiano, soprattutto a livello popolare, è tutt’altro che indifferente.

Un confronto fra due opere

Prova ne sia un capolavoro come Nabucco (Teatro alla Scala, 9-3-1842), che, pur nella irrinunciabile teatralità della vicenda, trasmette un episodio biblico ed evidenzia l’intervento divino nelle vicende umane, oltre al ben noto messaggio patriottico. Il razionalismo che inizia dal XVII secolo e al quale la fede avrebbe pagato – e continua a pagare – un tributo molto pesante, guarda certo con sufficienza un’opera in cui un re, Nabucco, da pagano diviene credente; e altrettanto un’opera come I Lombardi alla prima crociata, in cui addirittura la protagonista osa rivolgersi alla Madonna con una preghiera colma di fiducia e di amore.
Il soggetto dei Lombardi fu tratto da un poema epico scritto nel 1826 da Tommaso Grossi (1790-1853), amico di Manzoni e scrittore tra i più ammirati del suo tempo. I suoi Lombardi, tipico prodotto del tempo, vorrebbero travestirsi da grande romanzo storico di taglio patriottico. Vi è anche l’elemento spirituale, cioè un malvagio che diventa santo, la storia è rispettata nel senso che non si cerca di attenuare le atrocità dei crociati in Antiochia e zone limitrofe o di nascondere i dissidi e le marachelle dei loro capi.
Come per Nabucco, La Scala affidò l’elaborazione del libretto a Temistocle Solera, che fece del suo meglio per ridurre i personaggi ed enucleare una vicenda troppo corposa per le esigenze melodrammatiche. Non ci riuscì appieno, e ne venne fuori un insieme sgangherato e aggrovigliato da far sorgere molte perplessità nel lettore.
Verdi, per l’unica volta nella carriera, tenta di replicare il successo di Nabucco, ripercorrendo la stessa impostazione musicale. D’altronde vi è uno sfondo patriottico e religioso, vi è un risvolto sentimentale, vi è un assassino che si redime, vi è un grandioso coro strutturato come il va’ pensiero: o Signore, dal tetto natìo, commovente preghiera dei lombardi disorientati e assetati. Ma il coro del Nabucco costituisce il vertice dell’opera, mentre qui non è altro che un particolare nella visione di una tela musicale vasta e assai complessa. Nabucco è un’opera d’estrema compattezza, è un’entità omogenea fonte di melodie purissime; i Lombardi è un agglomerato d’idee eterogenee, alcune di grande rilievo, altre ordinarie e perfin banali.

La più bella preghiera teatrale

L’opera si apre con un fosco preludio che introduce nella complessità della vicenda. Subito dopo il coro, riunito sulla piazza di Sant’Ambrogio in Milano, narra l’antefatto, cioè il delitto di uno dei due fratelli condottieri, il perdono dell’altro, la loro riconciliazione. Motivo della lite era l’amore della stessa donna. Ora che il colpevole si è pubblicamente pentito, tutto sembra andare bene e l’animo di ognuno è rivolto alla Terra Santa. Ma la moglie del fratello che ha troppo facilmente perdonato è oppressa da un’inquietudine che non sa spiegare, e, insieme alla figlia, pronuncia il voto solenne di recarsi a piedi scalzi a Gerusalemme in pellegrinaggio. La figlia, che per necessità diviene protagonista, si inginocchia ed eleva la prima e la più bella preghiera a Maria del primo Ottocento teatrale (i Lombardi andò in scena il 1° febbraio 1843):

Salve, Maria - di grazia il petto
t’empie il Signore - che in te si posa;
tuo divin frutto - sia benedetto,
o fra le donne - l’avventurosa!
Vergine santa - madre di Dio,
per noi tapini - leva preghiera
ond’Ei ci guardi - con occhio pio
quando ne aggravi - l’ultima sera.

È questa la prima Ave Maria operistica di tutto il patrimonio musicale europeo. Secondo la consuetudine del tempo, l’aria è preceduta da un “recitativo”, affidato non alla protagonista ma alla madre, sostenuto da una melodia di raccolta intensità. Non è improbabile che il giovane Verdi abbia seriamente pensato alla figura della Madre di Dio, non per soli motivi artistici, durante la composizione di questo brano. Nella sua maturità, quasi tutti i giorni lo si vedeva prostrato ai piedi della Vergine nella Basilica dell’Annunziata in Genova, durante i suoi inverni liguri.
Per la preghiera di Giselda (il nome della protagonista dell’opera), il Maestro prescrive otto violini, due viole, un contrabbasso, flauto e clarinetto soli, cioè un organico cameristico. Tanta accurata orchestrazione non la riserva, proporzionalmente, nemmeno per il grande coro dei lombardi tormentati dalla sete. Si avverte in questa Ave Maria (il Salve Maria venne inserito da Verdi stesso, timoroso che la censura austriaca potesse adombrarsi) una dolcezza inedita: la melodia è semplice, regolare, basata su di una tonalità che va sempre più elevandosi fino a raggiungere il vertice alle parole Vergine santa.
Nel considerare questo straordinario pezzo musicale, una delle più strane arie di sortita mai affidate ad un soprano, il pensiero va alle tante Ave Maria composte da altrettanto autorevoli musicisti. Questa può certo essere considerata una delle minori, ma costituisce un esempio eloquente della venerazione della Madre di Dio, regina d’ogni cultura e sede d’ogni sapienza.
I Lombardi non conobbe il medesimo successo del Nabucco, pur essendo accolta strepitosamente alla Scala e in tutta Europa. Fu inoltre la prima, tra le prime opere di Verdi, ad essere rappresentata negli Stati Uniti. Nel 1865 Arrigo Boito scriveva che “mentre Rigoletto rimaneva eternamente giovane, i Lombardi già mostravano i loro anni”. Circa 45 anni dopo, un’altra Ave Maria veniva elaborata dal genio verdiano, con l’aiuto proprio di Boito: più fedele al testo biblico, più intensa, più vera. Una preghiera accorata, elevata da un animo afflitto ma fiducioso, da un cuore sofferente e puro: l’Ave Maria di Otello.

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Inserito Giovedi 31 Gennaio 2019, alle ore 9:23:07 da latheotokos
 
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