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  Maria e l'incarnazione del Verbo 
Bibbia

Un articolo di Cirino Versaci, in La Madonna del Tindari, LXII (2018) n. 1-3 gennaio - giugno, pp. 5-9.



Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per esser data? E perché tormentarsi quando è così semplice obbedire? La sapiente osservazione, di gusto evangelico, riportata nella celebre opera L'annunzio a Maria, del poeta e drammaturgo francese P. Claudel (1868-1955)1, coglie lo snodo cruciale dell'incomparabile narrazione lucana sul messaggio recato alla Vergine di Nazareth in 1,26-38. Desideriamo meditare sul testo evangelico che dischiude il mistero della chiamata di Maria e che ha il potere di disporre anche la nostra vita agli imprevisti di Dio.

1. La dimensione formale del testo

Il racconto dell'annunciazione a Maria appartiene esclusivamente a Luca. Degli esordi terreni di Gesù è il secondo pannello, preceduto dall'annuncio a Zaccaria in 1,5-25.
Se crediamo a quanto dichiara il prologo (1,1-4) ove si menzionano le fonti dello scritto, dobbiamo ritenere che fra i testimoni oculari, fin dal principio, il narratore si riferisce a Maria. Dietro il brano è legittimo ipotizzare che ci sia la sua testimonianza. Ma la testimonianza di Maria, come afferma Lc 2,19 e 2,51, altro non è che il risultato del serbare nel cuore. Quindi, nel testo non troviamo i dettagli di una cronaca ma il frutto della riflessione che Maria ha condotto durante la sua vita, alla luce degli eventi del Figlio. Il testo si presenta, così, profondamente intessuto dalla pura testimonianza "mariale", di genere contemplativo.
Inoltre, la pericope rispecchia il genere letterario delle annunciazioni di nascite prodigiose: Ismaele (Gen 16,11-12), Isacco (Gen 18,1-15), Sansone (Gdc 13,1-25), Samuele (1Sam 1,9-18), il Messia (2Sam 7,14; Is 7,14-17), il Battista (Lc 1,5-25). Tuttavia, il racconto biblico che meglio si approssima al nostro è il racconto della vocazione di Gedeone in Gdc 6,11-24. L'episodio inizia con il saluto del messaggero, che si rivolge al chiamato con un titolo onorifico; Gedeone non comprende il saluto e ne mette in dubbio il contenuto. L'angelo allora comunica un primo messaggio che consiste nell'attribuzione di un incarico: salvare Israele da Madian.
Gedeone, però, ha coscienza della propria debolezza e pone una domanda: come salverò Israele? L'angelo risponde con un secondo messaggio in cui Dio garantisce la propria presenza. Gedeone, poi, chiede ed ottiene un segno ed esprime il proprio consenso costruendo un altare. Ora, il medesimo schema si trova adoperato, con alcune divergenze, in Lc 1,26-38 e permette all'autore di raccontare la vocazione di Maria come la chiamata per una grande impresa di liberazione, decisiva per la salvezza. Fra le caratteristiche proprie del brano di Luca, emerge anzitutto il nome dell'angelo: Gabriele; si tratta di un messaggero presentato in Dn 8,16-19; 9,20-23 per comunicare l'intervento salvifico di Dio; costui chiama Daniele «uomo dei desideri», cioè desiderato, prediletto, scelto in particolare. La presenza di Gabriele rivela al profeta la fine dei tempi e conferisce anche al racconto lucano una sfumatura escatologica.
Un secondo aspetto del testo è segnato dallo schema dell'alleanza. Come nell'Antico Testamento, anche per Maria la proposta di Dio è comunicata attraverso un mediatore che si rivolge ad un interpellato; questi accoglie la proposta e promette di obbedire. Così, infatti, avvenne al Sinai ove il popolo rispose alla lettura mosaica della legge: Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e Io eseguiremo (Es 24,7).
Inoltre, il centro d'interesse nel racconto lucano è cristologico: s'intende spiegare chi è il bambino che sta per nascere; quindi, importantissima è sia la risposta del soggetto coinvolto che la fede per l'accoglienza del messaggio. Maria è chiamata a collaborare ad una impresa grandiosa: l'instaurazione di un regno eterno. Ella è presentata come modello del discepolo, che crede ed accoglie la chiamata di Dio. Infine, l'annunciazione a Maria è anche teofania, che avviene "su" e "in" Maria, come al tempo di Mosè avveniva "sopra" e "dentro" la tenda dell'alleanza. La priorità è assegnata alla Parola, essa è l'evento primaziale; la sua energia è apportatrice di vita, come afferma Gen 1 o Is 55,10-11: così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata.

2. Il messaggio teologico

A partire dalla principalità della Parola divina in questo brano, è consentito al lettore di cogliere i cardini della narrazione che permettono di concentrarsi sui punti fondamentali. Infatti, se è la Parola divina a presiedere il racconto, essa entra nel testo anzitutto con il saluto di Gabriele al v. 28: Rallegrati, piena clí grazia: il Signore è con te; si tratta del saluto usato dai greci antichi e presente anche in Mc 15,18; At 15,23; 23,26, anche se rallegrati rende meglio il senso perché più che di saluto, si tratta di un annuncio di gioia, come quella annunciata ai pastori in Lc 2,10.
Al medesimo v. 28 il saluto è rafforzato dall'espressione Piena di grazia, che andrebbe resa con piena del favore di Dio, della sua benedizione. Il termine ha un significato difficile da rendere con una sola parola. Potremmo tradurlo come tu che sei stata e sei perennemente in stato di grazia. Secondo il linguaggio di corte, è la benevolenza manifestata dal re verso un servitore. Favore regale, però, e amore, talvolta, diventano sinonimi (cf. Est 2,17; 5,8; 7,3; 8,5). Maria è salutata come colei che gode del favore del Re, l'amata, l'eletta in modo unico e duraturo. Come Abramo in Gen 17,5: Non ti chiamerai più Abramo ma Abraham perché sarai padre di una moltitudine di popoli (cf. anche Gen 32,38), così Maria riceve un nome del tutto nuovo che la colloca definitivamente nel disegno di Dio.
Da qui scaturisce il senso conclusivo del saluto: il Signore è con te. È una promessa di assistenza da parte di Dio; si trova nei racconti di vocazione come in Gen 26,3-24; Es 3,12; Gs 1,5; Gdc 6,12; Ger 1,8-19, ed è una promessa rivolta quando Dio affida una missione importante. Indica il motivo della gioia messianica: Maria diviene il segno della presenza salvifica di Dio in mezzo al Suo Popolo. Dio è con Lei, che sarà la Madre del "Dio con noi".
L'aspetto sorprendente di questa salutazione risalta se comparata ai citati racconti veterotestamentari. Nelle "chiamate" della storia biblica tale saluto è un'assicurazione offerta dopo l'obiezione del chiamato. Mosè, Geremia, Gedeone esprimono le loro difficoltà. Per questo Dio afferma: lo sono/sarò con te. Invece per Maria questo è detto prima di ogni possibile obiezione. Non è un'assicurazione per un'anima impaurita, ma l'attestazione gratuita della presenza traboccante di Dio su questa creatura. È proclamazione di un dato di fatto anteriore ad ogni risposta e descrittivo di una situazione stabilita, da sempre attiva, non meritata. Questo genere di saluto, mai udito nella letteratura biblica, indica l'ingresso di una nuova modalità divina nella storia, che ha inizio nello sguardo colmo di amore e benedizione rivolto su questa ragazza di Galilea. Con questo saluto Maria entra nella storia sacra con una nota di assoluta distinzione e messa a parte: ci troviamo davanti ad un unicum.
Tale singolarità emerge anche per il fatto che a tutti i chiamati Dio chiede la disponibilità del sì, che equivale ad un atto di fede dell'interpellato. Solo dopo Dio specifica il tipo di missione. Prima chiede un atto di fede che deve avvenire in maniera illimitata nei confronti di tutta la verità di Dio, sia che il chiamato la comprenda o no sia che gli sia gradita o spiacevole. In seguito, all'obiezione del chiamato Dio risponde con la promessa dell'assistenza. Unica eccezione a questa strategia divina è soltanto Maria, alla quale viene presentato un partorirai, viene mostrata in anticipo la sua precisa funzione nel piano della salvezza, prima che lei esprima il suo consenso. Questa eccezione è una prova che Dio in lei, al contrario di tutti i peccatori che vogliono porre sempre condizioni, può contare su di un sì dato a priori, a tutto ciò che è immaginabile e inimmaginabile2. Qui ci troviamo al cuore della pura predilezione divina, che rende Maria piena di ogni favore.
Il motivo di questa scelta non è, però, in Maria ma in Dio. Egli è primo ad essere menzionato al v. 26: manda Gabriele. A lui si deve attribuire il moto iniziale della grazia che riempie Maria. Se volessimo domandare le ragioni di tale atto preveniente di grazia, troveremmo una risposta in Is 43,4: Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo... Per questo, la scelta di Dio è tutta la vita di Maria, la predilezione inattesa di Dio su di lei è l'orizzonte totale della sua vita. Se il Precursore è tutto voce, Maria è tutta chiamata, tutta voluta, tutta piena di favore?3. In tal modo, a partire da quanto Dio realizza in Maria, appare che vocazione è la parola che dovremmo amare di più, perché è il segno di quanto una creatura è importante agli occhi di Dio. È l'indice di gradimento presso di Lui, della nostra fragile vita. Perché se ci chiama vuol dire che ci ama. Gli stiamo a cuore. In una turba sterminata di gente, risuona un nome: il mio. A me non aveva pensato nessuno. Lui sì! Ha scritto Ti amo sulla roccia, non sulla sabbia, e non si vergogna di me.4 Per questo Dante nella Vita nova (42,4) chiama Dio sire de la cortesia; Dio è Signore di ogni delicata bontà.
Dopo il saluto emerge il turbamento. Differentemente da Zaccaria, il turbamento di Maria al v. 29 non è prodotto dalla visione in sé, bensì dalle grandiose parole udite, stimate sproporzionate alla destinataria. È il turbamento dello spirito che è umile ed ha coscienza della propria bassezza (Lc 1,48). Non si tratta, quindi, della paura per la visione, perché dinnanzi ad essa si afferma che Maria andava ragionando in sé (v. 29). Maria non discute il messaggio né, come Zaccaria, chiede un segno, ma prende a considerare la sua situazione. È immersa nella storia, ma non dimentica di chiedersene il senso. Si accorge che sta accadendo qualcosa di nuovo nella sua persona e vuole capire. Chi l'aiuterà in questo? È la luce della Scrittura, che in Gv 1,19-28 aveva fornito al Battista gli estremi per definire la propria identità, che offre a Maria la luce per chiarire il progetto di Dio su di lei. Il lettore impara, così, a capire che ogni connotazione di storia personale dischiude il suo senso pieno alla luce della scrutazione della Parola sacra. Maria intende che quanto le sta capitando è comprensibile grazie alla meditazione delle Scritture.
È a questo livello che la domanda di Maria assume gli estremi di un dramma. Maria è nella delicata situazione della vergine, ormai impegnata, secondo il costume ebraico, che vive ancora in casa sua, ma in prospettiva delle nozze. Ella conosce le Scritture; confrontate alle parole di Gabriele, sente di esporsi ad una situazione umana fra le più difficili, sanzionata da Dt 22,23-27 con la morte. La domanda di Maria non sorge, quindi, da dubbio o da inadeguatezza. Essa procede dal chiaro presentimento che quel messaggio la sta gettando in una situazione drammatica. Non siamo lontani dalla permanenza di Gesù nel Getsemani, ove lo stesso Luca presenta Gesù consolato da un Angelo (Lc 22,39-46). La Madre prima e il Figlio in seguito avvertono in pienezza il peso delle responsabilità richieste e sentono di esserne schiacciati: Maria chiede, il Figlio sanguina. Se non si tiene presente questo contesto alla luce delle Scritture e dell'agonia di Gesù, non si può capire la straordinaria grandezza di questa Figlia di Sion, che rischia la morte ma acconsente a Dio.
Infatti, al v. 38 ella si apre alla disponibilità totale, immediata e definitiva e dichiara: sono la schiava del Signore. Un'affermazione che riecheggia le misteriose espressioni del servo di Is 50,5: Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza. La Vergine dimostra di aver profeticamente intuito che la sua sorte personale sarà indissolubilmente legata a quella del Figlio. È a Cristo crocifisso che sceglie di unirsi inseparabilmente, seppur in modo profetico, dopo aver intuito a cosa la destinano le parole misteriose di Gabriele.
D'ora in poi quanto avviene in Maria si riverbera anche e incessantemente nella situazione di ogni credente. Di fatti, prospettato il disegno divino ed ottenutone il consenso, il percorso personale di Maria e la storia dell'intera umanità assumono una direzione di fondo ben precisa: la piena accoglienza della volontà del Padre e l'amorosa decisione di metterla in pratica con intemerata fedeltà.
In un tempo e in un contesto in cui sale sempre più il fascino di ciò che invece merita di essere disprezzato, mi sembra pertinente concludere queste considerazioni sulla chiamata di Maria e la sua umile spoliazione di sé per essere solo di Dio, con un'ardita citazione di S. Giovanni della Croce, che descrive la condizione esistenziale, la méta di ogni battezzato: Per arrivare a gustare tutto non vogliate prender gusto di nulla. Per arrivare a possedere tutto, non vogliate possedere nessuna cosa. Per arrivare ad essere tutto, non vogliate essere nessuna cosa. Per arrivare a sapere tutto, non vogliate sapere nulla di nulla. Vocazione è la parola che dovremmo amare dl più, perché è il segno di quanto una creatura è importante agli occhi di Dio.

NOTE
1. P. CLAUDEL, L'annunzio a Maria, Logos, Roma 2015, 57.
2 Cf. H. URS VON BALTHASAR, Vocazione, Roma 2008, 28.
3 Significative a tal riguardo le espressioni di F. MAURIAC, Ce que je crois, Paris 1962, 35: Tu esisti, dacché Io ti amo. Credere è amare.
4 T. BELLO - G. MARTIRANI, Fotografie del futuro. Le Beatitudini come stile di vita, Milano 22005, 18.


 

Inserito Martedi 1 Ottobre 2019, alle ore 12:16:58 da latheotokos
 
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