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  Maria e la coscienza morale 
Società

Di Sabatino Majorano, in AA. VV., Il mistero di Maria e la morale cristiana, Centro di Cultura Mariana "Madre della Chiesa", Roma 1992, pp. 142-156.


 



l. La coscienza morale: di nuovo «quaestio disputata»

All'inizio degli anni Ottanta, Giannino Piana, presentando la riedizione italiana del saggio di Gabriel Madinier, La coscienza morale1 , scriveva: «Il tema della coscienza occupa, ai nostri giorni, un ruolo primario nel campo della ricerca etica. Il ricupero della soggettività, che costituisce un dato irrinunciabile della cultura moderna - almeno a partire dalla svolta kantiana -, ha spinto la riflessione morale a concentrare le sue attenzioni sulla dimensione soggettiva dell'agire umano. Gli atti umani vengono sempre più studiati nel rapporto che li lega al mistero della persona e della storia. La vita morale appare così come un tutto innoggettivabile, il cui significato diventa comprensibile soltanto nel quadro complessivo del progetto di autorealizzazione personale. La coscienza in quanto centro profondo dell'io personale, dal quale si dipartono gli atteggiamenti fondamentali che connotano di sé l'esperienza quotidiana, è dunque considerata come la sorgente ultima delle scelte umane, ciò a partire da cui prende senso e consistenza l'attività dell'uomo»2. A distanza di tempo, questi rilievi conservano tutta la loro validità. La coscienza morale ci appare sempre più come elemento risolutivo a livello non solo personale ma anche sociale. Sono legate strettamente ad essa la ricerca e la realizzazione di quella nuova qualità della vita che avvertiamo tutti come fondamentale per la stessa sopravvivenza dell'umanità. Abbiamo infatti sperimentato, in maniera spesso drammatica, che le modifiche strutturali - pure indispensabili - si svelano inadeguate dinanzi alla gravità e alla complessità dei problemi che l'umanità oggi deve affrontare. Di qui l'appello alle coscienze, la preoccupazione per la loro maturazione, gli sforzi per la loro mobilitazione. A livello pastorale, il richiamo alla coscienza si va intensificando. Significativo ciò che i nostri vescovi hanno affermato nei riguardi della questione meridionale: «Non rientra nelle nostre competenze e nelle nostre intenzioni compiere analisi storiche e sociologiche della "questione meridionale" ... Nemmeno intendiamo proporre soluzioni tecniche. Miriamo piuttosto a generare una presa di coscienza collettiva dei problemi che ancora gravano sul Mezzogiorno nel contesto di tutto il paese, e a stimolare così un impegno di sviluppo autonomo e integrale delle regioni meridionali»3.  Negli orientamenti di base, gli stessi nostri vescovi richiamano la necessità che il «vangelo della carità» diventi effettivamente «principio ispiratore di una nuova coscienza morale nell'impegno sociale e politico»: «I grandi valori morali e antropologici che scaturiscono dalla fede cristiana devono essere vissuti anzitutto nella propria coscienza e nel comportamento personale, ma anche espressi nella cultura e, attraverso la libera formazione del consenso, nelle strutture, leggi e istituzioni. Intorno ad essi non può quindi non realizzarsi la convergenza e l'unità di impegno dei cristiani»4. È nel cuore stesso dell'impegno pastorale della comunità cristiana la promozione di coscienze morali, umanamente e cristianamente mature, capaci di operare il corretto discernimento evangelico a tutti i livelli. È del resto la sola strada per incarnare efficacemente il vangelo nella nostra storia, facendo in modo che essa sia sempre più storia di salvezza. Tutto questo potrebbe far pensare che nei riguardi della coscienza morale non esistano nella comunità cristiana problemi particolarmente acuti. Se però guardiamo con maggiore attenzione la maniera in cui viene elaborata e proposta la verità morale, appaiono subito sfumature, divergenze, dibattiti appassionati sulla visione della coscienza e sulla sua competenza nei riguardi della verità6. Non mancano infatti coloro che ritengono che la coscienza da sola possa bastare alla corretta decisione: sarebbe capace di discernere il bene, senza alcun bisogno di criteri di lettura oggettivi e senza il confronto con gli altri. Ma tale ripiegamento e tale chiusura della coscienza in se stessa, non possono non portare a un'arbitrarietà, negatrice di verità e di solidarietà. Per questo, sotto la spinta della gravità stessa dei problemi etici che oggi ci troviamo a dover affrontare e della solidarietà esigita per la loro soluzione, altri spingono in direzione opposta, insistendo soprattutto sulla precisazione delle norme oggettive e relegando in secondo piano la coscienza. Tale posizione è resa più acuta dalla consapevolezza di quanto ormai sia profonda la manipolazione della stessa coscienza, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Non deve perciò far meraviglia se in alcune proposte di teologia morale fondamentale, la trattazione della coscienza viene omessa, perché ritenuta di competenza della psicologia7. La coscienza torna così ad essere una «quaestio disputata». Soprattutto ritorna di attualità la tensione tra coscienza e norma, tra soggettività e oggettività, tra individualità e socialità in tutto il processo del discernimento morale. Le diverse posizioni sono cariche di conseguenza per tutta la prassi pastorale.

2. La complessità e il mistero della coscienza

Per orientarci è bene assumere un punto di riferimento sicuro: le indicazioni del Vaticano II. L'approfondimento della visione della coscienza infatti è tra i dati più significativi del concilio: ne sottolinea la complessa unità e la dignità, ne evidenzia la profondità misterica, ne ribadisce il ruolo insostituibile in tutto il processo del discernimento morale, perché sia sintesi di libertà e di verità8. Il vangelo - sintetizza Gaudium et spes n. 41 -, «annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato, onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, non si stanca di ammonire a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e a bene degli uomini, tutti quanti, infine, raccomandando alla carità di tutti». Occorre leggere però le affermazioni del Vaticano II alla luce del profondo travaglio che ha contrassegnato l'elaborazione dei testi, particolarmente quelli di Gaudium et spes e di Dignitatis humanae, i due documenti nei quali il riferimento alla coscienza appare più sviluppato. Il documento preparatorio De ordine morali christiano10, fedele alla visione più comune nella teologia morale casistica, parlava della coscienza in riferimento all'ordine morale oggettivo, sottolineandone il ruolo strumentale nel momento della decisione. L'ordine morale «dirige e conduce» i credenti «nei giudizi pratici sull'onestà delle proprie azioni attraverso la coscienza dei singoli». La coscienza appare così come «l'ultimo giudizio pratico sulla moralità, cioè sulla bontà o malizia del nostro agire ... la conclusione di un sillogismo, la cui maggiore è costituita dalla sinderesi o, più ampiamente, dalla norma oggettiva di moralità; la minore dall'atto da compiersi, considerato nel suo aspetto morale. Il giudizio finale del sillogismo in tanto diventa obbligante, in quanto riporta fedelmente  la norma oggettiva, cioè la legge di Dio, nelle sue varie manifestazioni»12. Il testo di Gaudium et spes n. 16, soprattutto se letto nell'insieme del capitolo, dedicato alla dignità della persona umana, esige di non limitare al semplice giudizio pratico la coscienza morale. Essa è il «nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, nel quale l'uomo si trova solo con Dio la cui voce risuona nel suo intimo». È quella interiorità per la quale nel paragrafo 14 si afferma che l'uomo «trascende l'universo. A questa interiorità egli torna quando si volge al cuore, là dove sotto lo sguardo di Dio egli decide del suo destino». È nella coscienza che l'uomo sperimenta l'imperatività morale: «Nel più profondo della coscienza - recita il paragrafo 16 - l'uomo scopre una legge, che non è lui a darsi, ma alla quale deve ubbidire; la voce di questa legge, che lo chiama sempre ad amare e fare il bene e ad evitare il male, quando occorre, fa risuonare agli orecchi del cuore: fa' questo, evita quello». La coscienza quindi non pone arbitrariamente l'obbligatorietà morale, la scopre, la riconosce, la fa sua. Le riconosce anche un duplice livello: quello fondamentale o costante («lo chiama sempre») e quello della imperatività concreta su ciò che ora e qui occorre fare («quando occorre»). Il credente sa bene che tutto questo va interpretato come voce di Dio: «L'uomo ha iscritta da Dio nel cuore una legge - continua lo stesso n. 16 - : ubbidirvi è la stessa sua dignità e secondo essa sarà giudicato». Il rimando che il testo fa a Rm 2, 14-16 evidenzia che si tratta di un dato universale, valido per ogni uomo. La coscienza esige però un impegno costante di ricerca sincera della verità. Al riguardo Dignitatis humanae è particolarmente decisa: «Tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ordine a Dio e alla sua Chiesa e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono e a renderle omaggio»; ma questi doveri «attingono e vincolano la coscienza degli uomini», perché «la verità non si impone che in virtù della stessa verità, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore» (n. 1). In realtà «gli imperativi della legge divina l'uomo li coglie e li riconosce attraverso la sua coscienza che egli è tenuto a seguire fedelmente in ogni sua attività, per arrivare a Dio, suo fine. Non lo si deve costringere ad agire contro la sua coscienza. Ma non si deve neppure impedirgli di operare in conformità ad essa soprattutto in campo religioso» (n. 3). Gaudium et spes n. 16 sottolinea ancora che deve trattarsi di una ricerca della verità condotta in rapporto costante con gli altri: «Nella fedeltà alla coscienza, i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale. Quanto più, dunque, prevale la coscienza retta, tanto più le persone e i gruppi sociali si allontanano dal cieco arbitrio e si sforzano di conformarsi alle norme oggettive della moralità». Questa visione della coscienza, che si richiama alla complessa unità della persona e ne evidenzia la profondità misterica (in quanto immagine e in quanto figlio in Cristo) riceve ulteriore luce dalla figura di Maria. Il racconto di Luca sottolinea tre fondamentali atteggiamenti: ascoltare, conservare, servire. Sono tre atteggiamenti da cui la coscienza cristiana non può mai prescindere.

3. Ascoltare

La ricerca della verità è essenziale alla coscienza morale: essa perderebbe la sua dignità trasformandosi in puro arbitrio se non coltivasse con cura questa tensione sincera di ricerca. Ma la coscienza è anch'essa essenziale alla verità: senza il suo riconoscimento, la verità non potrebbe entrare come verità nella nostra vita; ci troveremmo di fronte a una imposizione o a una forzatura. Ricercare la verità e aderire ad essa man mano che la coscienza la riconosce, costituiscono la base di tutta la vita morale. La comunità cristiana dovrà perciò impegnarsi per una proposta morale che sia capace di stimolare e favorire tale ricerca e tale riconoscimento. Nel nostro contesto questo chiede un'insistenza più chiara sui valori e sul significato delle norme. La nostra crisi morale è più profonda di quella che riguarda alcuni singoli comportamenti; è una crisi di significato, dì valori, di senso. Ugualmente importante è l'impegno perché il diritto alla informazione sia reale per tutti. Evidentemente le singole informazioni da sole non ci danno la verità; occorre imparare a leggerle, interpretarle, metterle in rapporto tra di loro. Ma è indispensabile far di tutto perché l'informare non diventi un privilegio o un potere di pochi. Soprattutto è necessario impegnarsi perché le coscienze rifiutino le tante barriere, che vorrebbero limitare la ricerca della verità, riducendola ad orizzonti più confacenti ad interessi di parte o di mercato. Se alcune barriere ideologiche sono in parte cadute, ne sorgono altre, diversamente motivate. Occorre ricordare con coerenza che «la natura intellettuale della persona umana raggiunge la perfezione, com'è suo dovere, mediante la sapienza, la quale attrae con soavità la mente dell'uomo a cercare e ad amare il vero e il bene, e, quando l'uomo ne è ripieno, lo conduce attraverso il visibile all'invisibile»13. Ricerca della verità diventa allora cammino fiducioso, ascolto attento, vigile prontezza ad aderire. È quanto Luca sottolinea di Maria. Ella è in attesa pronta ad aprirsi a nuovi orizzonti, prima insospettati. «Come è possibile? Non conosco uomo!» (Le l, 34). Maria non rifiuta ciò che le è proposto perché inconciliabile con i progetti di vita già fatti o perché la porrebbe in una situazione sociale di difficoltà. Ascolta, si lascia interpellare, si lascia mettere in cammino verso mete nuove: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc l, 38). Perché ascolti la coscienza deve essere contrassegnata da profonda libertà: lontana dagli idoli che in diversa maniera incatenano e chiudono, ricca di un'intenzionalità profonda e sincera, convinta che ciò che finora si è scoperto è sì verità ma mai tutta la verità. A questa fondamentale libertà, senza della quale la ricerca della verità sarebbe impossibile, Maria non si stanca di richiamare la Chiesa e ogni battezzato. Oggi i pregiudizi restano tanti. È necessario non lasciar cadere mai la vigilanza e la critica. Di particolare attualità è la contestazione di tutti quei pregiudizi che fanno della verità il privilegio esclusivo dei forti, dei ricchi, dei potenti. No, in coerenza con la Vergine del Magnificat faremo di tutto perché i piccoli, i poveri, gli esclusi abbiano voce; li ascolteremo, convinti che la logica della storia della salvezza parte sempre da loro. E questo non solo a livello interpersonale, ma anche a quello sociale, dato che il disegno di salvezza in Cristo riguarda tutta l'umanità e tutta la storia. L'ascolto della coscienza cristiana dovrà però sempre privilegiare la parola di Dio. Essa è fondamentale per tutto il processo di maturazione e di discernimento della coscienza. Occorrerà imparare a integrare le varie forme dell'ascolto: quello personale, quello comunitario (soprattutto liturgico e magisteriale), quello reso possibile dalle scienze bibliche. È una circolarità che non va mai interrotta. «Essendo tenuti a seguire la propria coscienza nella ricerca della verità - ha scritto Giovanni Paolo II -, i discepoli di Gesù Cristo sanno che non ci si deve affidare soltanto alla propria capacità di discernimento morale. La rivelazione illumina la loro coscienza e fa loro conoscere il grande dono di Dio all'uomo: la libertà. Dio non ha soltanto inscritto la legge naturale nel cuore di ciascuno, in quel "nucleo più segreto e sacrario dell'uomo dove egli si trova solo con Dio", ma ha rivelato la sua propria legge nella Scrittura. In questa si trova l'invito, o meglio, l'imperativo di amare Dio e di osservare tale sua legge»14. Ascolto della parola non è passività, ma dialogo per comprendere. Come Maria con Gabriele: «Come è possibile? Non conosco uomo» (Lc l, 34). Non si tratta di razionalizzare, tanto meno di ridurre alla misura dei nostri interessi il progetto di Dio, ma di comprenderlo più profondamente per farlo fruttificare in tutta la sua potenzialità. Resterà sempre decisivo il sì della fede a ciò che Dio chiede, ma si tratterà di un sì deciso per amore: di un sì di cui sapremo rendere ragione a tutti coloro che ce lo chiedono nella prospettiva della speranza dell'umanità (cf. 1Pt 3,15). Ne deriverà anche l'uso attento e saggio di tutti gli strumenti e di tutti i criteri che possono aiutare nella ricerca della verità. Il loro rifiuto sarebbe segno dì non lealtà nella ricerca della verità. Evidentemente un criterio o uno strumento non dovrà sostituirsi alla coscienza; ma è altrettanto vero che la coscienza che rifiuta aprioristicamente di servirsi dei criteri e degli strumenti non può dirsi ricercatrice della verità: non è più coscienza.

4. Conservare

Luca termina il racconto della natività con questa osservazione: «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose (parole e eventi) meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Alla fine del capitolo 2, dopo la risposta dura del Cristo nel tempio: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?», l'evangelista annota ancora una volta: «Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2, 49-51). È un conservare che tende a una comprensione crescente. Non sempre il senso più profondo degli avvenimenti appare subito. Il più delle volte occorre fermarsi e ritornare su di essi, riflettere, meditare. È una delle dimensioni essenziali alla coscienza morale che spesso oggi appare più difficile. Il ritmo della vita scorre con una tale rapidità da non lasciare tempo a una riflessione più attenta. Il rischio è quello di restare prigionieri delle logiche e delle dinamiche di moda o gestite abilmente dai più forti. L'approfondimento nel cuore degli avvenimenti deve portare il credente a ritrovare in essi la presenza misteriosa ma reale del Cristo che mediante lo Spirito porta la storia alla sua pienezza. La dimensione spirituale è essenziale a tutta la vita cristiana. La coscienza diventa allora sì fiducioso allo Spirito che non solo testimonia la verità personale più profonda, ma si fa anche legge di vita, colmando la stessa amara esperienza di debolezza e di inadeguatezza (cf. Rm 8). La decisione sarà sempre uno scommettere sulla grazia: uno scommettere sul fatto che niente è impossibile a Dio. Il riportare le decisioni alla coscienza permetterà di dare una unità sempre più chiara a tutta la nostra persona. Il contesto sociale nel quale viviamo si fa sempre più costringente, imponendoci stili e scelte; ci sentiamo manipolati negli stessi bisogni al punto tale da non poterci più affidare nemmeno all'immediatezza dell'esperienza. A volte ci sembra quasi impossibile resistere alla frammentazione della nostra vita. Malgrado tutto ciò sentiamo che non possiamo arrenderci: sarebbe la fine non solo della nostra personale dignità e libertà, ma la rinunzia a una qualità di vita autenticamente umana per il futuro. Sono anzi più che mai indispensabili coscienze che sappiano arrivare al significato più profondo degli avvenimenti e decidere partendo dalla propria scelta di senso. Già il sinodo del 1980 ricordava ai genitori come prima meta educativa il favorire nei ragazzi la formazione di tale capacità critica15.  La coscienza cristiana sottolinea il senso della vita come vocazione: è parola di amore con la quale Dio ci ha chiamati all'esistenza; è responsabilità che egli stesso ci affida perché fruttifichi in pienezza; è dono che fa personalmente ad ognuno ma per il bene di tutti. Ne deriva un senso di fiducia verso la vita che permette di dar significato anche a quegli aspetti e a quei momenti per sé assurdi. Indispensabile per questa maturità di coscienza appare sempre più la cura della nostra memoria. Quando il nostro ricordare non è corretto (ad esempio quando è sovraccarico di dati negativi o mortificanti la dignità della persona) diventa difficile arrivare a discernere il bene. Occorre una memoria liberata e riconciliata. Soprattutto occorre sviluppare una memoria che rimediti continuamente l'amore di Dio che è alla radice della nostra vita, riportando tutto al mistero della croce e risurrezione: una memoria che come Maria conserva e approfondisce le meraviglie dell'amore di Dio per noi.

5. Servire

L'angelo saluta Maria «piena di grazia», le ricorda che ha trovato «grazia presso Dio», le annunzia la maternità del «Figlio dell'Altissimo». Maria risponde semplicemente: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» e concretizza la sua dignità di madre nell'intraprendere il viaggio verso la casa di Elisabetta (cf. Lc 1, 26-38). Elisabetta la proclama «benedetta fra le donne»,  madre del suo Signore, beata perché ha creduto. Maria risponde magnificando il Signore «perché ha guardato l'umiltà della sua serva» (cf. Lc 1, 39-56). Veramente Maria sente la sua dignità non come privilegio da conservare gelosamente, ma come umile servire. Evidenzia così un altro tratto essenziale della coscienza cristiana: il sentire se stessi nella prospettiva del servizio fraterno, sincero e generoso. La dignità regale, sacerdotale e profetica propria di ogni credente è ministero da svolgere con semplicità. La fede stessa ci è stata data non perché la conservassimo per noi, ma perché la annunziamo ai fratelli. Il richiamo della Redemptoris missio è stimolante: le nostre comunità devono ritrovare il senso autentico della missione, guardando gli orizzonti del mondo intero16. Nella coscienza cristiana vengono così costantemente messe in rapporto tra di loro verità, libertà e carità: la prima fonda la seconda, ma entrambe non possono ritrovare l'autentica realizzazione senza la carità. «Tutto è lecito! - scriveva Paolo ai Corinti -. Ma non tutto è utile! Tutto è lecito! Ma non tutto edifica. Nessuno cerchi l'utile proprio, ma quello altrui» (1Cor 10, 23-24). Nella lettera ai Galati era altrettanto deciso. Dopo aver ricordato che «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi a non lasciarvi imporre di nuovo il giogo della schiavitù», sottolinea l'indispensabile nesso con la carità e il servizio: «Siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri» (Gal 5,1.13). Il contesto sociale odierno ci chiede una testimonianza più trasparente della libertà come sincero servizio reciproco. Gli occhi autentici della libertà cristiana sono quelli di Maria a Cana che si lasciano prontamente interpellare dal bisogno che è venuto a crearsi (cf. Gv 2, 3-5). Sono quelli del samaritano: a differenza del sacerdote e del levita, che videro l'uomo ferito sulla strada e passarono oltre, il samaritano «passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi caricatolo sopra il suo giumento lo portò a una locanda e si prese cura di lui» (Lc 10,30-35). In un contesto tanto contrassegnato da spinte egoistiche o di parte, la coscienza cristiana deve testimoniare con franchezza che la solidarietà è l'unica strada che permette di costruire il futuro. Essa non potrà mai accettare che il bisognoso e il povero vengano trasformati in nuovi nemici da cui difenderci con tutti i mezzi. I loro bisogni invece vanno letti alla luce della logica della salvezza cantata da Maria nel Magnificat: sono il punto di partenza del dispiegarsi della misericordia sanante e santificante di Dio. Allo stesso modo la coscienza cristiana rifiuterà una visione di autorealizzazione chiusa disperatamente in se stessa e dimentica degli altri. Solo insieme è possibile costruire il futuro: la qualità autenticamente umana della vita non è solo quella che ha come punto di riferimento l'intera persona, ma quella che è realmente condivisa con gli altri. E questo deve concretizzarsi nella quotidianità di tutti i giorni. La coscienza cristiana perciò non strumentalizza la personale competenza professionale o il posto di lavoro mirando al solo tornaconto individuale. Sviluppa invece un senso di vera ministerialità tesa a costruire prima di tutto il bene comune. È una mentalità da maturare con urgenza, senza dar adito a giustificazioni che pretendono di mettere sotto accusa solo il comportamento, certamente condannabile, di chi è più in alto di noi. Diventano allora possibili la presenza e la testimonianza nei diversi settori professionali, anche in quelli più complessi e più densi di responsabilità. La coscienza riuscirà infatti a unire il rispetto della legittima autonomia dei diversi campi con un senso corretto dei valori, la competenza professionale con l'ascolto rispettoso delle esigenze etiche, la ricerca delle soluzioni, portata avanti insieme a tutti coloro che mirano a promuovere l'uomo, con la fedeltà coraggiosa alla Parola di Dio e l'ascolto attento del magistero17. Non dovrà trattarsi però del servire triste e forzato proprio degli schiavi, ma del servire gioioso e fiducioso dei figli. Il servire che fa esplodere di gioia ammirata e di ringraziamento Maria: «Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente ... ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati...» (Lc 1, 46-55). Forte del suo sostegno, la comunità cristiana potrà continuare nella storia il mistero salvifico della sua maternità.

6. Conclusione

Riflettendo sulla coscienza morale alla luce del mistero di Maria, emerge con forza la sua profondità misterica, radicata nella dignità di immagine e di figlio di Dio in Cristo, che è propria di ogni essere umano. Emerge però anche che essa costituisce la responsabilità fondamentale di ognuno di noi e di tutti noi insieme, perché sia veramente coscienza, attraverso la ricerca e l'ascolto della verità, l'approfondimento attento degli avvenimenti, la prontezza sincera a rispondere ai bisogni dei fratelli. In questo la comunità cristiana si sente solidale con tutti coloro che hanno a cuore l'uomo, la sua dignità, il suo futuro. Solo promuovendo insieme, a tutti i livelli, coscienze mature lealmente impegnate nella ricerca comune della verità e coraggiosamente coerenti nel tradurla in pratica, potremo costruire autentica qualità di vita e speranza per il domani.

NOTE
1 La conscience morale, Parigi 1954 L'edizione a cui qui si fa riferimento è della Elle Di Ci, Leumann (To) 1982.
2 lvi, 5.
3 Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, n. 4.
4 Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 40-41.
5 Cf. le affermazioni di Giovanni Paolo II nei riguardi della dottrina sociale in Sollicitudo rei socialis, n. 41.
6 Cf. D. CAPONE, La teologia della coscienza morale nel Concilio e dopo il Concilio, in Studia Moralia 24 (1986) p. 221-249; E. KACZYNSKI, La coscienza morale nella teologia contemporanea, in Angelicum 68 (1991) p. 65-94; S. PRlVITERA, La coscienza, Bologna 1986; A. VALSECCHI-S. PRIVITERA, Coscienza, in Nuovo Dizionario di Teologia Morale, Milano 1990, p. 183-203.
7. Significativo quanto F. Bockle notava nella prefazione della sua Morale Fondamentale (Brescia 1979): «Il lettore noterà forse l'assenza di un capitolo apposito sulla coscienza morale; (Gewissen). Sono costretto a lasciare a persone più competenti una psicologia della coscienza;. ma questa opera tutt'intera in ogni sua parte è al servizio della fondazione del giudizio morale» (p. 6).
8 Cf. S. MAJORANO, Coscienza e verità morale nel Vaticano II, in M. NALEPA- T. KENNEDY (a cura), La coscienza morale oggi, Roma 1987, p. 259-278.
9 Cf. i criteri proposti nella relatio finalis del Sinodo straordinario del 1985 per una corretta interpretazione teologica della dottrina conciliare, n. 1,5.
10 Acta synodalia Sacrosancti Concilii Oecumenici Vaticani II, vol. I, pars IV, Città del Vaticano 1971, p. 695-791.
11 Cf. lvi, cap. II, n. 7-11.
12 Sintetizzava così tale visione della coscienza il card. Felici su L'Osservatore romano, 19/10/1968, p. 3.
13 Gaudium et spes, n. 15. 149 le
14 Messaggio per la giornata mondiale per la pace 1991, n. 8. 
15 Nel messaggio finale si legge: «Guardando al nostro mondo, riteniamo che ci siano per voi dei compiti educativi di grande importanza. È vostro compito educare uomini liberi che abbiano un forte senso morale e una coscienza capace di discernimento nelle diverse circostanze, insieme con la percezione del proprio compito e del dovere di lavorare per una migliore condizione di vita degli uomini e per la santificazione del mondo» (n. 12).
16 «La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale» (n. 2).
17 Cf. Gaudium et spes, n. 43.

 

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