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  La «Signum magnum» e la «Sollemnis professio fidei» di Paolo VI 
Magistero

Dal volume di Antonino Grasso, La Vergine Maria e la pace nel magistero di Paolo VI, PAMI, Città del Vaticano 2008, pp. 174-180



Negli anni successivi alla promulgazione del de Beata conciliare, seguendo le urgenze e le necessità della Chiesa, Paolo VI emanò diversi documenti di indole mariana, ai quali accenno brevemente, dato che saranno via via approfonditi nel corso del presente studio.

 L'esortazione apostolica «Signum magnum»

1 . Con l’esortazione apostolica Signum magnum del 13 maggio 1967, il Papa riaffermò la dottrina conciliare della maternità spirituale di Maria, il suo inscindibile nesso con i doveri che gli uomini redenti hanno verso di lei e il dovere indiscutibile della pietà ecclesiale, nonché la liceità e congruità dei pii esercizi mariani. In particolar modo il documento pontificio sottolineò il rapporto tra la santità di Maria e la sua maternità spirituale.[1] 
La Vergine, infatti, a causa della sua perfetta sottomissione e conformazione a Cristo, è modello esemplare di condotta cristiana (esemplarità), che costituisce un fattore generatore di vita nell’ordine della grazia (maternità). Il Pontefice, ritorna spesso, come vedremo, a riproporre Maria quale modello di vita che Cristo stesso ha voluto additare come tale e che la Chiesa indica alla venerazione dei fedeli, riconoscendo il valore universale della sua maternità presente e operante nel tempo storico della Chiesa, che si estende anche a tutta l’umanità. Da questo consegue per la Chiesa il dovere indiscutibile di rendere alla Vergine un culto singolare, fondato sulle sue peculiari prerogative tra cui eccelle il suo essere la Madre di Dio, cioè il suo essere stata pienamente e intimamente associata all’opera del Figlio Redentore, del quale non solo fu madre fisica, ma anche alma socia.[2]

La «Solemnnis Professio fidei»

2. In un momento di grande difficoltà per la Chiesa, con la Sollemnis professio fidei del 30 giugno 1968,
[3] pronunciata a nome di tutti i pastori e di tutti i fedeli, Paolo VI,[4] nel riaffermare i punti essenziali della fede messi in dubbio o contestati,[5] condensa anche e riafferma la dottrina mariana ecclesiale, a partire dal dogma efesino, a quello della verginità perpetua, ai dogmi più recenti dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione al cielo, fino alla dottrina comune della cooperazione di Maria alla salvezza, già riaffermata e chiarita dal Concilio Vaticano II, per finire all’intercessione della Vergine che, anche nella gloria celeste, non cessa di manifestare la sua sollecitudine verso la nostra debolezza.[6] Il Credo di Paolo VI non soltanto desume dal testo conciliare alcune precise puntualizzazioni dottrinali su Maria ma, nel proporle, si colloca all’interno dell’ottica conciliare per sottolineare alcuni aspetti, non del tutto nuovi, ma più rappresentativi per la nostra generazione, tra cui la cooperazione dell’uomo al progetto di Dio e la centralità del mistero della Chiesa.[7]  L’esposizione dottrinale mariologica vera e propria, viene contestualmente posta in due numeri distinti (14 e 15), immediatamente dopo la confessione trinitaria e prima di professare la fede nella Chiesa, sacramento e strumento di salvezza dell’uomo.[8] Questa inclusione mariologica appare molto significativa, quasi una cerniera tra il mistero trinitario e quello ecclesiale, perchè riconosce di fatto che il mistero di Maria è al crocevia delle verità cristiane, come espressamente il Concilio Vaticano II insegna, in consonanza con tutta la tradizione d’Oriente e d’Occidente. In questi due numeri viene praticamente sintetizzato quello che il magistero conciliare e pontificio ha insegnato, proposto e definito su Maria.[9] Le esplicitazioni dottrinali mariane della Sollemnis professio fidei sono sostanzialmente sei:

1. Madre del Signore
 Il Papa ripropone come primo articolo il dogma secondo cui «Maria è la madre del Verbo incarnato, Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo» (n. 14). La dottrina è quella sancita ad Efeso e insegnata a Calcedonia, con l’aggiunta del titolo “Salvatore” rispetto alla definizione calcedonense, per meglio evidenziare,  nell’ottica del Vaticano II, la finalità redentrice della stessa maternità divina.[10]

2. Semprevergine
«Noi crediamo che la beata Vergine Maria, che è rimasta sempre vergine[…]». In tale inciso il Papa riassume la fede universale della Chiesa dalle origini ad oggi, sulla perpetua verginità di Maria.[11]  Questa verità, proprio in quegli anni veniva sottoposta a edulcurazioni e negazioni per cui si giungeva ad accettandone il significato senza però affermare il fatto. Parve, quindi, doveroso al Pontefice rimarcare con chiarezza il fatto e il significato dell’evento della verginità feconda della Theotokos.[12]


3. Immacolata
Questo è il primo privilegio, il primo dono divino concesso a Maria, rapportato alla sua singolare elezione a Madre di Dio, realtà che non la esime certo dall’essere stata redenta come tutti i figli di Adamo per i meriti del Figlio, ma la colloca, dal primo istante del suo concepimento, in una dimensione di unicità, perché redenta in modo più sublime e con dono di grazia superiore a quello di tutte le altre creature.[13] Paolo VI, pur riproponendo la definizione dogmatica di Pio IX, sottolinea con il Vaticano II, soprattutto l’aspetto positivo della grazia con la quale Dio ha voluto preparare Maria al sommo ufficio della maternità divina, additando anche la sua singolare santità di Serva del Signore[14]


4. Socia del Redentore
Papa Montini riprende al n. 15 questo tema fondamentale del Vaticano II, che ha costituito una sorta di filo d’oro dell’esposizione dottrinale del cap. VIII della Lumen Gentium e che caratterizza il servizio soteriologico reso dalla Vergine dall’annunciazione al compimento escatologico. Maria, che collabora con il Figlio, non per necessità oggettiva ma per spontanea e continuata consacrazione all’opera della salvezza, «è unita con vincolo stretto e indissolubile al mistero dell’Incarnazione e della Redenzione».[15]


5. Assunta
Papa Montini ripropone in tutta la sua ampiezza il dogma definito da Pio XII nel 1950, con una formula molto incisiva e ampia che spiega la consistenza e la completezza del dogma. Con questo dono pasquale fatto dal Figlio risorto alla madre, viene mostrata la destinazione finale della creatura umana presso il Signore e perciò vengono messi in luce la dignità e la responsabilità della persona stessa, che liberamente accetta ed accoglie nella fede e nella vita il progetto misterioso e salvifico della Trinità.[16]


6. Cooperazione celeste
La verità dell’azione celeste di Maria verso la Chiesa e verso gli uomini e le donne fratelli e sorelle del Figlio suo, posti tra affanni e pericoli fino a quando non raggiungeranno la patria beata (LG 62),[17] è un punto nodale della fede ma ancora non pienamente accettato dalle altre confessioni cristiane. Per questo il Pontefice introduce questa verità con «e noi crediamo», quasi a ribadire che la dottrina esposta dal Vaticano II e qui sinteticamente riproposta, fa parte della fede cattolica. Papa Montini non usa, come non usò il Concilio, il termine mediazione per evitare equivoci e contestazioni, ma riafferma i contenuti della tradizione d’Oriente e d’Occidente come lo stesso Vaticano II aveva autorevolmente fatto; non chiarisce in qual modo si attua la cooperazione celeste, ma precisa che Maria collabora al nascere e al dilatarsi della vita divina nelle anime dei redenti.[18]


Circa i due moderni dogmi mariani – Immacolata Concezione e Assunzione al cielo -  c’è da precisare, infine, che il Papa li considera come soggetti salvifici dinamici. L’Immacolata è, infatti, una dotazione di grazia che è frutto anticipato dell’azione redentrice del Figlio e una forma di personalità e di santità orientata a ispirare la personalità e la santità di tutta la famiglia umana. L’Immacolata Concezione connota, in modo essenziale e definitivo, la persona di Maria che, madre messianica, si esprime in modo assolutamente dinamico, essendo chiamata ad operare una complessa e progressiva mediazione materna, nell’ambito di un definitivo progetto di salvezza che si radica nel tempo ma si immerge nell’eternità del progetto salvifico di Dio e mira ad una soglia escatologica rincorrendo una speranza, il cui vettore sorpassa i limiti della storia e la storia stessa.[19] L’Assunta esalta l’inizio di grazia e la conclusione di gloria del mistero di Maria e il Pontefice sottolinea il nexus mysteriorum dei due dogmi, che fa scoprire la profondità dell’agire di Dio che ci indica amorevolmente il futuro di gloria che riserva agli uomini creati, redenti e resi suoi figli.[20]
 


NOTE

[1] Cfr. Signum magnum, in EV, 2, nn. 1177–1193.
[2] Cfr. S.M. Perrella, La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, op. cit., 169-171.
[3] Cfr. Paolo VI, Sollemnis professio fidei del 30 giugno 1968, in EV, 3, nn. 537–566.
[4] Paolo VI diede anche una nota drammatica a questo suo atto, affermando che sul Papa incombe il dovere di adempiere il mandato affidato da Cristo a Pietro, che è quello di confermare nella fede i fratelli (Cfr. Lc 22, 32), anche se consapevole della propria personale e umana debolezza, ma carico di tutta la forza che un tale mandato dona al suo spirito. La Solenne professione di fede, ripropone nella sua sostanza la formula nicena, la formula, cioè, dell’immortale tradizione della Chiesa (Cfr. Paolo VI, Sollemnis professio fidei, in EV, 3, nn. 537–566).
[5] La Sollemnis professio fidei pur non essendo una definizione dogmatica, ha tuttavia un certo carattere dogmatico. Essa si presenta come un’esposizione dottrinale dei capisaldi della fede cattolica che viene svolta sulla filigrana della confessione trinitaria niceno – costantinopolitana, con qualche sviluppo richiesto dalle condizioni spirituali del tempo. Questa caratura dogmatica qualifica anche i riferimenti a Maria in essa compresi, il primo dei quali è la puntuale menzione della Madre Vergine nel momento e nel modo dell’incarnazione del Figlio di Dio (Cfr. M. G. Masciarelli, Sviluppo sulla dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria nel magistero: dal 1854 al nostro tempo, in AA.VV., Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria. Problemi attuali e tentativi di ricomprensione, Marianum, Roma 2004, 120–121).
[6] L’immediato postconcilio fu un tempo di grazia, ma anche di inquietudine, per cui Paolo VI sentì il dovere magisteriale di redigere questa Solenne Professione di fede o Credo del Popolo di Dio, che raccogliesse in modo organico i punti essenziali della fede, compresa la verità sulla Beata Vergine. L’inserimento di Maria all’interno del “Credo”, cioè in quella tipica espressione che sintetizza la professione di fede, attesta che la Vergine è essa stessa oggetto del “Credo”, che non può e non deve essere relegata all’ultimo posto, ma deve essere compresa come elemento centrale dell’annuncio dottrinale e della vita evangelica, cioè della dottrina e della vita di fede. Se Maria è centrale nel Cristianesimo, perché è stata vicina a Cristo e in nessun’altra creatura la grazia è stata più efficace, ella è anche centrale nella vita del cristiano tanto che essa, senza Maria, diventa fallace e rende impossibile la definizione stessa del Cristianesimo (Cfr. M. G. Masciarelli, Sviluppo sulla dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria nel magistero: dal 1854 al nostro tempo, op. cit., 117–119).
[7] Cfr. Ibidem, 123–124.
[8] Tra le immagini di maggiore forza evocativa del Concilio Vaticano II, vi è quella della Chiesa come sacramento, che sembrò introdurre una nuova comprensione della sua natura misterica e la possibilità di costruire una ecclesiologia sistematica. Tale immagine, talvolta interpretata in modo ambiguo, urta contro la sensibilità protestante che destina l’espressione “sacramento” a Cristo, sacramento di Dio, ponendo inoltre il problema del rapporto tra la sacramentalità di Cristo e quella della Chiesa, tra la Chiesa e i singoli sacramenti. (Cfr. G. Canobbio, La Chiesa sacramento di salvezza. Una categoria dimenticata, in Rassegna di Teologia 46 [2005], 663-694).  Merita di essere anche segnalata l’altra e meno problematica immagine della Chiesa - Popolo di Dio e Chiesa – Comunità. Su questo cfr. G. Calabrese, Questiones disputatae: Chiesa come “Popolo di Dio” o Chiesa come “Comunione”?, ibidem, 665–717.
[9] Cfr. E. M. Toniolo, Maria nel credo del popolo di Dio ieri e oggi, in AA.VV., Il posto di Maria nella nuova evangelizzazione, Centro di Cultura Mariana “Madre della Chiesa”, Roma 1992, 133–138.
[10] Cfr. Paolo VI, Sollemnis professio fidei, in EV, 3, n. 550. Sia il Vaticano II che lo stesso Paolo VI hanno approfondito la tematica della maternità divina non solo nell’ottica cristologica ma anche soteriologica ed ecclesiale, come mostra nel suo studio S. Meo, La maternità salvifica di Maria: sviluppo e precisazioni dottrinali nei Concili Ecumenici, in AA.VV. , Il Salvatore e la Vergine –Madre. La maternità salvifica di Maria e le cristologie contemporanee, Marianum, Roma 1981, 179-226.
[11] Cfr. Paolo VI, Sollemnis professio fidei, in EV, 3,  n. 550.  Paolo VI è stato un convinto assertore della verginità perpetua di Maria specificamente in un tempo in cui tale verità veniva contestata o rifiutata perché ritenuta un mitologumeno, verità fittizia, non suffragata da basi bibliche certe e rigorose (Cfr. S. M. Perrella, Maria Vergine e Madre. La verginità feconda di Maria tra fede, storia e teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2003, 237-260).
[12] Cfr. S. M. Perrella, Maria vergine e madre, op. cit., 237-260.
[13] Cfr. AA.VV., Signum magnum apparuit in caelo. L’Immacolata segno della bellezza e dell’amore di Dio, PAMI, Città del Vaticano 2005.
[14]
Cfr. Paolo VI, Sollemnis professio fidei, in EV, 3, n.550.
[15] Cfr. Idem, Sollemnis professio fidei, in EV, 3, n. 551. La questione riguardante il munus maternum salvifico di Maria, che prima del Concilio veniva denominato “corredenzione” e “mediazione”, è stato ed è uno dei centri d’interesse del magistero e della teologia cattolica contemporanea, divenendo nel contempo uno dei punti di grande controversia tra le chiese cristiane, specie per quelle venute dalla riforma protestante (Cfr. S. M. Perrella, La Madre di Gesù nella coscienza ecclesiale contemporanea, op. cit., 407–463).
[16] Cfr. Paolo VI,  Sollemnis professio fidei, in EV, 3, n. 551. Su questo tema che ha avuto sviluppi soprattutto sotto il pontificato di Giovanni Paolo II cfr. AA.VV., L’Assunzione di Maria Madre di Dio. Significato storico – salvifico a 50 anni dalla definizione dogmatica, PAMI, Città del Vaticano 2001.
[17] Cfr. Lumen Gentium, in EV, 1, n. 436.
[18] Cfr. Paolo VISollemnis professio fidei, in EV, 3, n. 551; E. M. Toniolo, Maria nel credo del popolo di Dio ieri e oggi, op. cit., 138–142.
[19] Cfr. M. G. Masciarelli, Sviluppo sulla dottrina dell’Immacolata Concezione di Maria nel magistero: dal 1854 al nostro tempo, op. cit., 124–125.
[20] Cfr. J. C. R. Garcìa Paredes, Maria nella comunità del regno. Sintesi di Mariologia, LEV, Città del Vaticano 1997, 257-286.

 

Inserito Lunedi 4 Gennaio 2010, alle ore 9:41:33 da latheotokos
 
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