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  Nella gloria accanto al Figlio risorto 
DogmiUn articolo di Michele Masciarelli su Madre di Dio, n. 8/9 - agosto settembre 1997

La vicinanza di Maria al Figlio attraversa l’intera vicenda messianica. Come la Risurrezione di Gesù è la risposta del Padre alla sua ubbidienza fino alla croce, così la glorificazione di Maria è la risposta alla partecipazione di lei al mistero di passione e morte del Figlio.

La vita di Maria è la storia della salvezza in miniatura, perché vi è concentrato l’intero progetto di grazia che il Dio trinitario ha disegnato e realizzato per la famiglia umana. Nella sua esistenza si inverano, in modo essenziale e nuovo, i maggiori passaggi della storia salvifica: vi sfocia l’evento dei nostri primordi (è la nuova Eva); vi si concentra il mistero del primo Israele (è la Figlia di Sion); vi ha principio il mistero del secondo Israele (è la Chiesa nascente).
L’esistenza della Vergine-Madre è segno di tutti i misteri cristiani: del mistero trinitario (per essere figlia eletta del Padre, Madre santa del Figlio, Sposa amorosa dello Spirito); del mistero dell’incarnazione (per la sua maternità divina); del mistero pasquale-pentecostale (per il suo essere stata «socia del Salvatore» sotto la croce e compagna degli Apostoli nel Cenacolo); del mistero della Chiesa (per essere sua madre e modello); del mistero della fine (per essere già... assunta alla gloria trinitaria).
Maria è dentro questo progetto salvifico della Trinità, sia perché ha collaborato alla sua realizzazione, sia perché ne è già un risultato: essa è una primizia dell’umanità nuovo che Dio sta suscitando con i fermenti della Pasqua di Cristo. Qui si vuole porre l’accento sulla seconda grazia di cui Maria gode: la sua assunzione al fianco del Figlio Risorto. È una grazia che le permette una presenza efficace dentro la Chiesa, la comunità del risorto, della quale è Madre.

Dalla compassione alla compagnia nella gloria

La compagnia che Maria rende a Cristo dura per l’intera esistenza del Figlio e attraversa l’intera sua vicenda messianica; perciò, avendo accompagnato il Figlio Gesù dalla nascita alla croce, partecipa pure del fatto che la croce di Cristo è comprensiva della gloria per cui l’innalzato attira tutti a sé (Gv 12,32). Come la Risurrezione di Gesù è la risposta del Padre alla sua ubbidienza di croce, così la glorificazione di Maria è un gratuito e amoroso atto con il quale il Padre fa partecipare la Madre del Messia alla di lui gloria per la collaborazione da lei data alla realizzazione del mistero della croce.
La gloria di Maria è il primo frutto dell’Albero pasquale. Cristo è «il primogenito fra molti fratelli» (Mr 8,29), «il primogenito di coloro che risuscitano dai morti» (Col 1,18). Cristo non ci precede nella gloria solo temporalmente, ma anche causalmente: Cristo non è un trionfatore isolato; è, piuttosto, «"primizia" di coloro che sono morti» (1Cor 15,20). Gesù realizza così la sua promessa: sarebbe andato a preparare un posto, per poi tornare e prenderci con sé, perché fossimo dov’è lui (cfr Gv 14,2-3).
Questo l’ha compiuto anzitutto per la sua Madre il giorno dell’Assunzione. La Madre di Gesù, per singolare privilegio, appena conclusa la sua esistenza terrena, ha conseguito quella vittoria piena sulla more che è frutto della risurrezione di Gesù. Maria, pienamente glorificata, è l’espressione pienamente riuscita dell’opera messianica di Gesù: in essa sappiamo cosa voleva fare dell’uomo e dell’intera creazione. La potenza gloriosa del Risorto è il principio del rinnovamento di tutte le cose fino a che Dio sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28).

Maria glorificata nel presente della Chiesa

La tentazione della gnosi tocca anche l’esperienza mariana. In altri termini, come si può cadere nell’errore di considerare il cristianesimo prevalentemente come una religione di principi, di punti di vista e di valori, così potrebbe accadere di trasformare Maria in un’idea astratta, con la quale collaborare a costruire il nostro sistema storico-salvifico. Ma la risurrezione di Cristo e la glorificazione di Maria correggono tale possibile deviazione: Maria infatti continua ad essere presente dentro il mondo e nel seno della Chiesa con la presenza viva di un Vivente. Lei non è assente; è soltanto invisibile agli occhi corporali.
Maria è presente come la creatura in cui appare realizzato, nella sua totalità, il progetto che Dio ha di restaurare ogni cosa in Cristo (cfr Ef 1,9-10).
Ma una domanda si pone: Maria, sintesi della Chiesa nello stato di gloria, cos’è rispetto alla Chiesa nello stato peregrinante? La risposta è: Maria esprime lo stato futuro della Chiesa pellegrina e lo stato presente della Chiesa celeste. Esprimendo lo stato futuro della Chiesa, Maria si pone nei confronti di essa come prefigurazione e configurazione, supremazia e anticipazione: Maria è in anticipo la personificazione della Chiesa; ma è necessario sottolineare che si tratta di una anticipazione di pienezza, che si ripercuote nell’esistenza stessa della Chiesa, sia in quella storica, sia in quella gloriosa, perché anche allora Maria rimarrà come prototipo della Chiesa per l’eccezionalità della sua unione con il Cristo glorificato.
Maria è figura profetica della Chiesa futura non solo perché è alla fine del cammino ecclesiale, come prospettiva di ciò che la Chiesa deve diventare, ma anche perché ha collaborato con il Cristo ad inaugurare i tempi nuovi che la Chiesa vive. Maria è stata coinvolta da Dio nel passato di grazia che ha resto il presente capace di accogliere la gloria futura . La causa della nostra escatologia è un evento che storicamente ci precede e determina salvificamente il nostro futuro: il mistero pasquale.

Maria e il "Victory-Day" della storia della salvezza

Il cristianesimo è religione "agonica", di lotta: il Cristo, che ne è l’essenza personale, è un lottatore contro Satana. Il Padre infatti ha mandato il Figlio «per distruggere il potere di Satana» (Battesimo dei bambini, n. 56); la sua croce, perciò, è anche l’atto cruento di questo scontro mortale con il nemico di Dio e dell’uomo. Gesù ha lottato nella sua passione e «morendo distrusse la morte» (Prefazio della II Pregh. Euc.) ed ha ottenuto la vittoria, attraverso la quale l’uomo - reso figlio nel Figlio (cfr Gal 3,26) e dallo Spirito (cfr Gv 3,5) - è stato incamminato sulla strada che lo porta all’unico "luogo" escatologico, che è il Cielo.
Dunque, un fatto ormai del passato è la nostra escatologia, il nostro futuro di salvezza. Come questo sia possibile cerco di dirlo con un’espressione fatta da O. Cullmann nel suo celebre Cristo e il tempo (Zurigo 1946): «Nel corso di una guerra la battaglia decisiva può essere stata combattuta molto tempo prima della fine effettiva delle ostilità. Soltanto chi comprende l’importanza risolutiva di questa battaglia può essere sicuro che da quel momento la vittoria è certa. I più crederanno soltanto quando sarà proclamato il Victory-Day (giorno della vittoria - ndr). Così il Golgota e la Risurrezione, gli eventi decisivi della storia della salvezza, danno a colui che crede nel giorno del Signore la certezza della fine del futuro».
C’è una dimensione mariana della vittoria redentiva di Cristo ottenuta nell’evento passato della Pasqua, che determina l’intero futuro? E se c’è, dov’è? Maria, profetizzata come uno dei soggetti della vittoria contro Satana (cfr Gen 3,15) quale nuova Eva, partecipa a tale lotta con la sua presenza attiva sotto la croce. I rapporti Adamo-Eva e Cristo-Nuova Eva vanno compresi nel contesto dell’Ora pasquale: la croce è il nuovo albero della vita, sul quale Cristo e intorno al quale Maria ricomincia la storia della salvezza.
Maria, con il sì e la «mediazione materna», iniziata ad esercitare nell’incarnazione, ha partecipato all’opera di far entrare la storia nella fase ultima del suo corso, prima permettendo l’ingresso in essa del Salvatore, poi ha continuato la collaborazione all’opera messianica del Figlio, permanendo al fianco di lui fino all’apice della lotta, ossia fin nel cuore del mistero dell’Ora. La nostra fede escatologica è, dunque, anche mariana, perché riguarda un futuro, la cui causa è stato posta nel passato (incarnazione e Croce) nel quale Maria ha preso parte in modo attivo ed essenziale. Questo - non stupisca - esige che anche una teologia della storia deve connotarsi con una nota mariana.

Un chiamata a testimoniare la fede nel futuro di Dio

Maria è già perfettamente la Chiesa, ma la Chiesa non è ancora perfettamente Maria: la Glorificata è già la Chiesa realizzata, ma la Chiesa dell’Esodo e del "frattempo" non è ancora la Maria della gloria e della fine. La glorificazione, esaltazione della persona di Maria e di quanto connota esistenzialmente la sua persona (stile di vita, criteri comportamentali) ispira tre modi di presenza nella storia:
Vivere la storia in modo verginale (o nell’affidamento): è una presenza storica caratterizzata dalla fede che porta a concepire la storia anzitutto come un tempo di grazia e di provvidenza, come un intervento di salvezza guidato da Dio; essa privilegia la spiritualità della sobrietà intellettuale, della povertà dei mezzi, del distacco ascetico, della contemplatività, del deserto.
Vivere la storia in modo sponsale (o nella reciprocità): è una presenza storica che si esprime attraverso un approccio positivo alla realtà mondana e temporale, vista come il segno di una carità gratuita di Dio e come un grande luogo di comunione creaturale; essa si modula sulle virtù della convivialità, del dialogo, della creatività, della partecipazione.
Vivere la storia in modo materno (o della responsabilità): è una presenza storica, che accosta le opere e i giorni con amore partecipe e fattivo, con volontà di promuovere e allevare la vita in ogni forma, in ogni fase, in ogni condizione del suo esistere da manifestarsi; essa, mediante un esercizio virtuoso, prepara gli uomini all’accoglienza del dono della vita terna.
Maria assunta è stata elevata al Cielo, e si capisce allora che essa ci chiama a guardare in alto: là dove è Cristo, là dove è anche lei. Ma questo non implica un invito a disimpegnarci dell’animazione cristiana delle realtà terrestri; anzi, nella contemplazione di Maria glorificata discendono almeno tre conseguenze esistenziali e storiche:
- Vincere la febbre dell’attivismo
L’uomo di oggi si sente ansiosamente responsabile della vita propria e del mondo che lo circonda; trova inutile il silenzio, fastidioso il distacco dall’agire frenetico, superfluo e ingenuo l’esercizio della ricerca interiore, mentre proprio l’attività delle cose, non accompagnata dall’esperienza interiore, è pericolosa e fuorviante. Maria glorificata ci chiama a staccare lo sguardo dal basso dalle opere delle nostre mani, perché esse non diventino idoli.
- Superare il terrestrismo
L’uomo di oggi vive pressoché ingolfato nelle realtà terrestri, dimenticando che esse sono realtà penultime e provvisorie; egli le tratta come se fossero realtà ultime e definitive, mentre opera una specie di sacralizzazione della storia e del mondo. Per lui è l’ammonizione di Jacques Maritain (1882-1973): quella di non piegarsi mai a un sacrilego «inginocchiamento al mondo». Maria glorificata ci chiama a coltivare desideri che oltrepassino i recinti opachi dei cimiteri.
- Coltivare la cultura dell’uomo intero
L’uomo d’oggi coltiva spesso una concezione unilaterale dell’uomo; lo pensa per solito a una sola dimensione, che, poi, è quella corporea; da qui la cultura dell’effimero, l’edonismo, il vitalismo che sono ramificazioni di un’antropologia unilaterale e, potremmo dire, tanto spropositata da apparire anche mostruosa. Maria glorificata ci chiede di pensare a noi come a uomini interi, ossia come spiriti incarnati e come corpi spirituali.
-Maria glorificata interroga la tristezza dell’uomo di oggi.
C’è una vena di tristezza che connota la nostra ora storica, ed è così profonda da non poter essere nascosta dal frastuono del suo vitalismo. L’epoca contemporanea, malgrado tutto e nonostante tutto, è un’epoca triste. La sua è una tristezza che ne segna vistosamente il volto fino a contraddistinguerla.

Maria e il "Credo" nella vita futura

I figli del post-moderno, benché spesso "vitaioli", sono con altrettanta frequenza anche tristi: hanno perso, insieme, la forza degli ideali che eleva verso l’alto e quella della speranza che spinge verso il futuro. Contrariamente alla modernità, intesa come "età della ragione", il loro è il tempo dell’affievolimento delle pretese della ragione, divenuta o scopertasi incapace di ricondurre ad unità la realtà e di spiegarla nella sua totalità.
Un uomo che vive senza la speranza in un futuro ultimo e col convincimento conseguente di non dover rendere conto a nessuno alla sera della sua vita, cade nella fauci del cinismo. Oggi, negli orientamenti culturali, nelle scelte politiche, negli stili di vita delle società occidentali, diviene sempre più palese la crisi dei valori e delle fedi moderne, per l’offuscarsi dell’orizzonte di senso: è la nascita di un cinico mondo senza speranze, senza futuro e sembra portare in sé i germi della sua stessa fine.
Anche in territorio cristiano si nota un vistoso sintomo di crisi, lo smarrimento pratico-esistenziale della dimensione del futuro ultimo. Perciò un serio esame di coscienza al quale dobbiamo sottometterci per verificare l’autenticità del nostro essere cristiani, consiste nel chiederci se siamo ancora escatologici o se, invece, abbiamo sostituito la dimensione escatologica con l’eticismo e l’estetismo.


 

Inserito Martedi 5 Gennaio 2010, alle ore 11:51:16 da latheotokos
 
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