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  Mariologia ecumenica? 
EcumenismoPrefazione di Giancarlo Bruni nel libro di Salvatore M. Perrella, Non temere di prendere con te Maria (Matteo1,20). Maria e l'ecumenismo nel post moderno, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004, pp. 5-18.

 

1. Maria nel solco dei dialoghi ecumenici

«Il frazionamento dei cristiani, scrive il teologo greco ortodosso Christos Yannaras, «in una moltitudine di Chiese e confessioni non è un disaccordo teoretico, ma un peccato reale, un fallimento esistenziale: il decadere dall'autenticità della vita - dall'unitarietà (henoedídeia) del tropos o modo di esistenza rivelato da Cristo... La divisione dei cristiani e le modalità errate per ricercare l'unità rappresentano la comune "umiltà della nostra natura", rappresentano la croce della Chiesa - scandalo per la coscienza religiosa e follia per il pensiero razionale (cfr. lCor 1,23). La croce, poi non viene cancellata dalla dialettica, è rimossa soltanto dalla resurrezione... In tale visione (paradossale e indeterminata, ma anche cosi reale e concreta quanto la testimonianza del deserto che ha plasmato l'ethos della Chiesa indivisa), la crisi contemporanea del movimento ecumenico non si limita soltanto all'impossibilità o al ritardo nella realizzazione dell'unità dei cristiani. Si tratta piuttosto di una krísis nel senso biblico del termine: è un giudizio, cioè manifesta e rivela il nostro avvicinarci o il nostro distanziarci dalla verità della salvezza e della nostra rinascita esistenziale "in Cristo". E tale giudizio-manifestazione è forse la potenzialità più significativa rappresentata oggi dal movimento ecumenico»1.
Anche sul tema Maria le Chiese hanno conosciuto e conoscono ancora non un disaccordo teoretico ma un peccato reale, che va ecumenicamente rimosso ed emendato proprio grazie all'incontro da tutti condiviso con la Madre di Gesù. Per cui, scrive bene Renzo Bertalot, «fare ecumenismo con Maria vuoi dire imparare dalla sua libertà, che nasce dall'incontro con la Parola (fiat), vuoi dire servizio ("sono la serva"), vuoi dire tradurre e trasferire nel concreto della propria vita ogni "amen" che spunta sulle nostre labbra, vuol dire conoscere la gioia ed esprimerla in lode quotidiana, per essere presenti accanto al Dio liberatore e realizzatore della promessa di Abramo. Vuol dire saper custodire la parola di Dio nel proprio cuore. Riflettere anche solo su questi pochi richiami biblici significa tornare a condividere il significato della cooperazione umana alla grazia come riconoscenza e servizio. È un invito a prendere atto del primato dell'incondizionata grazia divina che il Signore gestisce attraverso la storia dell'umanità. Ci troviamo così nel contesto adatto per riprendere in considerazione quegli elementi che nei secoli ci hanno visti arroccati su posizioni alternative e contrapposte. Partendo da questo terreno comune occorre imparare a vivere nel rispetto delle "diversità", delle "gerarchie della verità" e della "riforma perenne" per dare espressione al dono della fede»2.
Tenendo conto di quanto sapientemente è stato scritto dai due teologi impegnati nella causa ecumenica, è sufficiente la presentazione dell'indice a suggerire la bontà dell'approccio al tema da parte di Salvatore M. Perrella: Maria e la mariologia come discorso su Maria vanno contestualizzate nell'ambito culturale ed esistenziale proprio della contemporaneità, nel grande segno del tempo che è l'ecumenismo e nel filone specifico che è la mariologia ecumenica di cui è esempio eloquente il documento Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi del Gruppo di Dombes. Testo che costituisce l'ossatura di questo denso e ponderato saggio di Salvatore M. Perrella che in tutta onestà vuole innanzitutto esprimere, e non può essere diversamente, «un punto di vista cattolico».
Ciò che mi preme sottolineare in questa prefazione è il recupero alla teologia ecumenica del dato mariologico. Sfogliando le pagine di un mio testo di prossima pubblicazione dal titolo Ecumenismo. Verso una nuova figura di Chiesa e di uomo (Cittadella Editrice, Assisi 2005) annotavo l'assenza del riferimento mariologico tra le "cose" in cui le Chiese e le confessioni cristiane possono già sentirsi unite. Trascrivo:
«1. Le Chiese, unite nell'identità ecclesiale cristiana, volendolo possono già ritrovarsi unite nella verità dell'intelligenza della natura della Chiesa come mistero. Chiesa del Padre istituita in Gesù Cristo, il fondamento, e costituita nello Spirito, nel quale il fondamento diventa costruzione ordinata in cammino verso l'Alfa che l'ha generata.
2. Le Chiese volendolo possono già ritrovarsi unite nella verità della raffigurazione della Chiesa una come unità distinta modellata sulla Trinità e storicamente determinata dalla cristiformità.
3. Le Chiese volendolo possono già ritrovarsi unite nella verità del riconoscimento condiviso degli elementi basilari che costituiscono il suo visibile vincolo di unità: il Simbolo niceno-costantinopolitano, la Scrittura e la Cena del Signore a partire dal comune Battesimo d'acqua e di Spirito. Da leggersi come luoghi dell'accadere dell'evento e del suo essere manifestato.
4. Le Chiese volendolo possono già ritrovarsi unite nella verità di una lettura comune dei ministeri come servizio alla parola e al sacramento attraverso cui l'Altro, rettamente confessato nel simbolo, si fa comunicazione di saggezza e di salvezza. Un già verso il suo non ancora, nel senso che il valore attribuito alla ministerialità ordinata di tipo episcopale non coincide pienamente tra il versante protestante e quello cattolico-ortodosso del cristianesimo. Un non ancora che necessita di ulteriori approfondimenti come suggerisce il documento di Lima di Fede e Costituzione al paragrafo VI dal titolo Verso il reciproco riconoscimento dei ministeri ordinati.
5. Le Chiese volendolo possono già ritrovarsi unite nella verità della sottoscrizione e dell'uso delle istituzioni al servizio della comunione interecclesiale nella storia, la messa in atto in comune di sinodi e concili su questioni di urgenza dottrinale e storica. Un già possibile, questo della sinodalità e della conciliarità, che è un non ancora a proposito del servizio di comunione del ministero petrino. Il problema è verificare se Ortodossia e Protestantesimo possono e vogliono fargli spazio nel proprio orizzonte ecclesiale, il problema è verificare se davvero il Cattolicesimo è disposto a una rivisitazione non formale di tale ministero di unità al contempo geloso della riconciliazione e della diversificazione».
Questo non accenno a Maria è dovuto al fatto che essa è entrata tardivamente come presenza e come "problema" nell'alveo del movimento ecumenico, al di là di rari passaggi a conservarne viva una memoria che sarebbe divenuta evento sempre più diffuso con l'ingresso del cattolicesimo nel movimento ecumenico stesso3. Questo  esodo da un silenzio a dire il vero mai totale al parlarne è registrato nella storia dei dialoghi ufficiali internazionali, ufficiali nazionali e teologici non ufficiali4.
Relativamente ai dialoghi ufficiali internazionali, che hanno visto e che vedono impegnata la Chiesa Cattolica romana con le Chiese e comunità nate dalla Riforma e con la Comunione anglicana5, non si può non sottolineare un crescendo che va dall'ammissione che Maria costituisce una questione ecumenica6 all'esigenza di comparare le proprie posizioni mariologiche7, fino a una mariologia maggiormente articolata e ancorata a un elenco di "siamo d'accordo" di importanza decisiva. Concretamente la centralità di Cristo, la collocazione della mariologia nella cristologia e nella ecclesiologia, la peculiarità di Maria come Theotokos che le assegna un posto d'onore singolare nella Comunione dei santi, il suo carattere esemplare di chiave di lettura della grazia e di modello di fede e il fatto che «essa è stata preparata dalla grazia divina a essere la Madre del Redentore, dal quale essa stessa fu redenta e introdotta nella gloria». Mentre continuano a suscitare problema i dogmi dell'Immacolata Concezione e dell'Assunzione8 per la loro insufficiente fondazione biblica e per come sono stati definiti9. Di qui la esplicita domanda: «Gli anglicani desiderano chiedere se, in una eventuale unione fra le due Chiese, sarà ad essi richiesto di sottoscrivere tali definizioni dogmatiche», dogmi di cui «dubitano che sia giustificato o anche possibile definirli come essenziali alla fede dei credenti»10.
Domanda a cui ha offerto una sua risposta, a conferma di una mariologia ecumenica in fieri, il documento ufficiale nazionale cattolico-luterano degli Stati Uniti dal titolo L'unico Mediatore, i santi e Maria. Dichiarazione comune e riflessioni11. Giungendo a conclusioni di alto profilo provocatorio, nel senso che né l'intercessione di Maria, né l'invocazione a Maria, né la mediazione di Maria e neppure i dogmi mariani del 1854 e del 1950 possono in sé e per sé essere considerati motivo di conservazione di ulteriore separazione tra le due Chiese. A tanto conducono i dialoghi il cui vero problema è la loro debole recezione nei diversi tessuti ecclesiali, un difetto di divulgazione e di conoscenza che si estende altresì all'accordo raggiunto tra Chiesa cattolica romana e Chiesa assira d'Oriente a proposito dei titoli Christokos-Theotokos e alla lettura di Cristo e conseguentemente di Maria ad essi sottesa12. E come non ricordare il documento Madre di Dio tra Ortodossia e Vecchiocattolici13? Semplici indicazioni a volo d'uccello a voler dire che sicuramente Maria è diventata una questione ecumenica, tale da coinvolgere l'ufficialità delle stesse Chiese in dialogo unitamente alla mai venuta meno riflessione teologica con i suoi saggi e i suoi incontri a macchia di leopardo testimoniati da un'ampia bibliografia14. Un quadro d'insieme già in grado di definire l'orizzonte in cui dare forma al progetto di una mariologia ecumenica.

2. I capitoli di una mariologia ecumenica e il Documento di Dombes

La mariologia ecumenica è e sarà:
- Sapienziale, ancorata cioè all'assidua invocazione dello Spirito per «distinguere sempre meglio» (Fil 1,9-10) la «v.Volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12,2) ai fini dell'unità ecclesiale.
- Situata nel "movimento ecumenico", suo ambito naturale. Nella "propria Chiesa" in fedeltà ai propri approcci confessionali consegnati all'incontro interconfessionale, nello scambio e nella critica. Nella "tradizione" indivisa e divisa alla cui luce reimparare ad apprendere anche in ambito mariologico l'unitas in necessariis,  la libertas in dubiis, l'in omnibus caritas. E infine situata nella "contemporaneità", come parola eloquente nell'oggi.
- Collocata nella storia della salvezza, specificamente nella cristologia con i suoi addentellati e nella ecclesiologia con i suoi legami15.
- Illustrativa e rappresentativa, nel senso che in Maria si condensano praticamente tutte le ragioni dottrinali e cultuali della divisione tra i cristiani, venendo così a essere l'illustrazione rappresentativa espressa dal motto mater divisionis. Ma anche nel senso che Maria rappresentante di Israele, della Chiesa e dell'umanità nel suo Fiat-Magnificat, il "tutto nel frammento"16 è, altresì assunta come typus et exemplar ecumenici della grazia, della fede e della libertà e responsabilità nella stessa fede, per cui risolvere il suo problema è sciogliere i nodi della separazione. Ciò è espresso dal motto mater unitatis17.
- Metodologicamente attenta in primo luogo a tutto ciò che unisce, ad esempio, la mariologia della Scrittura; la mariologia del condiviso riconoscimento della Madre di Gesù il Signore come vergine Theotokos degna di onore, e la mariologia della esemplarità, icona del come Dio sta davanti all'uomo e di come l'uomo sta davanti a Dio. Metodologicamente attenta in secondo luogo a valorizzare tutto ciò che differenzia, l'unità mariologica non sta nella creazione di una nuova figura dalle precedenti, ma nel riconoscere in ciascuna Chiesa cristiana ciò che ciascuna Chiesa cristiana ritiene indispensabile su Maria18. Attenta in terzo luogo a cogliere e a porre in risalto il principio o i principi da cui ogni confessione cristiana di fatto si muove soprattutto al momento di ricerca di soluzione dei punti controversi, pensiamo alla "giustificazione per grazia" della Riforma protestante e alla "gerarchia delle verità" del Cattolicesimo, o ancora al "principio liturgico" dell'ortodossia. Mariologia infine attenta alla necessaria catarsi del linguaggio e della devozione, e altresì alla cultura moderna dei piccoli racconti che sembrano reclamare una "mariologia in rete"19.
Proiettata con coraggio verso l'oltre, sia riguardo al dogma che al culto, come è il caso del Documento cattolico-luterano USA del 1990, L'unico Mediatore, i santi e Maria20.
A questo punto non posso non soffermarmi, seppur per brevi accenni, sul Documento mariano del Gruppo di Dombes, acme dello sforzo ecumenico di quaranta teologi, protestanti e cattolici, sul riflettere, sul dire e sul proporre ecumenicamente Maria, la Madre del Signore. Le ragioni che hanno prodotto la pubblicazione, in due tempi fra il 1997 e il 1998, di Marie dans le dessein de Dieu et la communion des saints, sono già contenute nell'intuizione di Paul Couturier (1953), convinto sostenitore della bontà e fecondità di un ecumenismo spirituale capace di porre fine alla storia di divisioni fra le Chiese di Cristo21 e fondatore del Gruppo di Dombes. L'ecumenismo, egli sosteneva, come ricerca di unità, è evento dello Spirito, questi è la sua sorgente; è evento nello Spirito, questi la sua guida. Spirito di intelligenza che risveglia all'interno di ogni confessione cristiana la coscienza di uomini e di donne al «doloroso stato delle separazioni tra cristiani... con una conoscenza intima»22, e alla consapevolezza della propria incapacità e impossibilità a ricomporre la scissione23. Spirito di discernimento che suggerisce alle coscienze il sentiero da intraprendere per pervenire alla meta dell'unità: la preghiera, la conversione del cuore e il desiderio dell'altro24. Con il Couturier, scrivevo qualche tempo addietro, «siamo in presenza di un capitolo basilare della teologia ecumenica come evento sapienziale. Lo Spirito ci rende avvertiti che non è giustificabile l'inadempienza del mandato del Signore sull'unità e che non è possibile intraprendere qualsiasi cammino verso l'unità della fede se non nella concordia e nella inscindibilità preghiera-riflessione. La lectio theologica è prosecuzione pensata con la rigorosità metodologica della lectio divina. Questo è il DNA teologico del Gruppo di Dombes sotteso a tutti i suoi documenti. Sin dal principio»25.
Il Documento su Maria del Gruppo di Dombes va inserito in questo ormai ampio e variegato retroterra di un ecumenismo mariologico, lo riassume e lo arricchisce di un proprio contributo metodologico e di contenuto. Il Documento, definito trascrizione di un pensiero orante che interpella alla conversione le Chiese26, è consapevole che Maria nel qui e ora ecclesiale continua ad essere una nota disarmonica, un dato che ancora divide i cristiani, i quali si trovano «di fronte a questa sorta di lacerazione nelle nostre Chiese e nei nostri cuori che ha per oggetto Maria, Madre del Signore e serva di Dio»27. Ciò è una situazione intollerabile che deve essere emendata e cambiata. Nello stile del Gruppo di Dombes si tratta di una confessione di peccato che si dischiude alla domanda di perdono, dando avvio al tempo nuovo della speranza. Tempo di audacia nell'affrontare un simile tema28, tempo di dissodamento29 e tempo di riscrittura a due mani di una storia30 al fine di chiarire31, di alleggerire i malintesi avvicinando i punti di vista32 e di provocare altri lavori simili in un atteggiamento pacificato33. E ciò nella ferma «speranza che Maria non sia più una pietra di inciampo»34 fra i credenti in Cristo, superato il plurisecolare contenzioso tuttora esistente35. Le ragioni di un documento sono poste, le chiavi di lettura sono date: da Maria simbolo immaginario delle divisioni tra cattolici, ortodossi e protestanti, all'audacia di una rivisitazione-riscrittura pregna di attesa.
Nella storia del movimento ecumenico, il documento mariano del Gruppo di Dombes, malgrado alcuni inevitabili limiti e la mancanza di carattere ufficiale, costituisce una pietra miliare. Non sarà possibile non tenerne conto. Infatti, osserva Alfonso Langella, i «i teologi hanno unanimemente riconosciuto la notevole portata del documento. Gli autori cattolici l'hanno salutato generalmente in modo molto positivo, accogliendolo come "un avvenimento ecumenico" (Lanne), "un documento pioniere" (Fameree), "un documento esemplare e provocatorio" (Bruni), frutto di un"'audacia un po' incosciente" (Sesboué). Anche tra i non cattolici è stata espressa "una parola di riconoscenza per questo libro, che è comunque un'impresa coraggiosa e da ecumenismo maturo" (Scicolone), anche se i giudizi dei teologi della Riforma appaiono più contraddittori: qualcuno, pur dichiarando la propria ammirazione per il lavoro di Dombes e per la forza delle sue proposte ecumeniche, ha denunciato il "tono meno deciso e meno incisivo" del documento rispetto ai testi precedenti del Gruppo, definendolo "prolisso" e "piuttosto carente in alcune questioni di fondo"»36. Al di là dei rilievi su singole questioni e della critica di qualche non cattolico permane il grande apprezzamento per i risultati a cui è giunto il volume Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi.
Ma qui il mio dire si arresta e la parola è lasciata a Salvatore Maria Perrella, il cui presente saggio - e riprendo quanto scrivevo all'inizio - è espressivo di vere istanze ecumeniche: la contestualizzazione del discorso mariologico nella modernità-postmodernità, nel grande segno del tempo che è l'ecumenismo e nella fedeltà al proprio collocamento ecclesiale, come precisa quel suo: «Un punto dl vista cattolico. Un punto di vista come contributo allo stesso tempo documentato, rigoroso e aperto, perché - sono parole dell'autore di questo volume- «l'impegno ecumenico diviene sempre più un imperativo della coscienza e della prassi cristiana». Un imperativo che da un punto di vista ecumenico dovrà tener conto della proposta di ripensare l'unità a partire dalla «ragione escatologica quale articolo primo da cui tutto emana e a cui tutto rimanda», l'esperienza nello Spirito dell'amore del Padre che nel Figlio fa grazia senza misura e senza eccezioni. Si tratta di rifondare il discorso sull'Una a partire dalla Sancta, e conseguentemente il racconto di Maria a partire dalla nota della sua santità.
Un discorso inoltre che a proposito della valutazione e del consenso dottrinali ancora deve recepire fino in fondo la portata del principio della "gerarchia delle verità" (cfr. Unitatis redintegratio 11 ) con la distinzione tra verità fondamentali, verità derivate o seconde o consequienziali, e teologumeni o opinioni teologiche di alto-altissimo profilo. Una tematica ben presente a Salvatore M. Perrella e di cui il Documento di Dombes è illustrazione evidentissima.
La prefazione volge al termine. Lo Spirito che ha iniziato l'opera del movimento ecumenico è il medesimo che la porterà a compimento, è lo stesso che nel qui e ora indica alle Chiese il da farsi. L'avventura ecumenica è essere sospinti dal soffio dello Spirito nella compagnia interconfessionale, e non solo ovviamente. E in questa compagnia della fede non può mancare Maria, la Madre di Gesù, come mostra Salvatore M. Perrella nel suo volume di mariologia ecumenica, scritto sull'ordito e sull'insegnamento tracciati da quel bel documento che è la costituzione sulla Chiesa Lumen gentium, frutto di quel grande evento pentecostale che è stato il Concilio ecumenico Vaticano II, di cui facciamo memoria nel quarantesimo della sua promulgazione ( 1964-2004).

NOTE

1 Cfr. Yannaras, Verità e unità della Chiesa. Servitium-lnterlogos. Sotto il Monte - Schio. s.d., pp. 172-174.
2 Cfr. R. Bertalot, Ecco la Serva del Signore. Una voce protestante, Marianum, Roma 2002, p. 98.
3 Nell'originale tedesco del 1997, una spia in tal senso la offre il buon saggio di Peter Neuner ove solo tangenzialmente l'autore si sofferma su Maria nel paragrafo «Il problema della venerazione dei Santi» (P. Neuner, Teologia ecumenica. La ricerca dell'unità tra le chiese cristiane, Queriniana, Brescia 2000, pp. 272-276); in esso, a proposito della plurisecolare incomprensione e critica dei protestanti alla dottrina e alla prassi della pietà cattolica, in una nota esplicativa si scrive: «Qui, comunque, fanno eccezione i dogmi mariani cattolici del 1854 sull'Immacolata Concezione e del 1950 sull'Assunzione corporale di Maria in cielo, perché portarono a controversie che non possono essere facilmente considerate come superate. Tuttavia, la mariologia cattolica ne mostra possibilità di interpretazioni che i cristiani evangelici possono certamente ritenere accettabili, anche se essi non li vogliono assumere per sé» (ibidem, p. 272, nota 538).
4 Si veda in tal senso il contributo di A. Maffeis, Il dialogo ecumenico, Queriniana. Brescia 2000.
5 Per i testi in lingua originale e per un commento teologico, cfr. G. Bruni, Mariologia ecumenica? Indicazioni dal dialogo ecumenico ufficiale internazionale tra la Chiesa cattolica romana e le Chiese nate dalla Riforma, in Marianum 59 (l997) pp. 601-650.
6 Si vedano i documenti comuni: Commissione di studio Evangelica luterana - Cattolica romana, Tutti sono uno stesso Cristo. Dichiarazione comune sulla Confessione Augustana (1980), in Enchiridion Oecumenicum (= EO). EDB, Bologna 1986, vol. I, n. 1428, p. 700; Idem, L'unità davanti a noi, in EO, vol. 1, n. 1615, p. 786. Commissione mista Chiesa cattolica - Consiglio Metodista mondiale, Rapporto di Denver (1967-1970), in EO. vol. 1, n. 1934, pp. 923-924; n. 1973, p. 937; Idem, Rapporto di Nairobi (l982-1985), in EO, vol. 3, n. 1653, p. 737; Idem, La Parole de vie. Declaration sur la révélation et la foi. in Service d'Information 92 (1996) pp. 11 -120. Commissione mista di studio Cattolica romana - Riformata, Verso una comprensione comune della Chiesa. Dialogo 1984-2000. Rapporto finale. in EO, vol. 3, n. 2293, p. 971. Conversazioni promosse dalla Commissione per la dottrina Battista e la cooperazione interecclesiali dell'Alleanza mondiale Battista e dal Segretariato vaticano per l'Unione dei Cristiani, Appello a testimoniare Cristo nel mondo oggi. Rapporto delle conversazioni internazionali battisti-cattolici romani 1984-1998, in EO. vol. 3, nn. 581-582, p. 269, specificamente i nn. 56-57 dedicati a Il posto di Maria nella fede e nel culto.
7 Ctr. Segretariato per l'Unione dei Cristiani della Chiesa Cattolica romana - Alcuni membri di Chiese Pentecostali, Rapporto del secondo quinquennio 1977 -1982, del 9 maggio 1984, in EO, vol. 3, nn. 2113-2131, pp. 915-920 specificamente i paragrafi: « Prospettive su Maria; La maternità di Maria; La venerazione di Maria; L'intercessione di Maria; La dottrina cattolica sui doni di grazia fatti a Maria; La verginità di Maria; L'immacolata concezione di Maria; L'assunzione di Maria» (possiamo considerarla una vera e propria summula mariologica compilata dalle due realtà ecclesiali). Teologi e missiologi cattolici (scelti dal Segretariato per l'Unione dei Cristiani) ed Evangelicali, La missione. Rapporto 1977-1984, in EO, vol. 3, in modo particolare l'aggiunta alla sezione III: Appendice: il ruolo di Maria nella salvezza nn. 1132- 1133, pp. 510-515.
8 Problematicità messa in rilievo con chiarezza e buona documentazione dallo stesso S. M. Perrella, Quanta est nobis via? Maria Madre di Gesù e la ricerca dell'unità perduta. Per una lettura del Documento «des Dombes», in Marianum 64 (2002) pp. 163-250, specialmente alle pp. 212-228.
9 Si vedano: Commissione internazionale Anglicana - Cattolica Romana (Arcic I), Dichiarazione concordata sull'autorità nella Chiesa. la sua natura, il suo esercizio e le sue conseguenze, I, Venezia 1976, in EO, vol. I, n. 91, p. 56. Arcic II, Dichiarazione concordata sull'autorità della Chiesa, II, Windsor 1981, in EO, vol. 1, nn. 132-133, pp. 82-83.
10 Arcic II, Dichiarazione concordata sull'autorità nella Chiesa, II, cit, in EO, vol. 1, n. 132, p. 83.
11 Cfr. Gruppo di dialogo fra Cattolici e Luterani USA, L'unico Mediatore, i santi e Maria. Dichiarazione comune, in EO, vol. 4, nn. 3083-3360, pp. 1111 1263. Si veda il commento teologico al testo comune redatto da J. Reumann, A Perspective on the Luteran roman Catholic Dialogue in the United States 19651993, in One Christ 34 (1998) pp. 277-289.
12 Cfr. Chiesa cattolica - Chiesa assira dell'Oriente, Dichiarazione cristologica, 11 novembre 1994, in EO, vol. 3, nn. 758-762, pp. 345-348; il documento è firmato da Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma e da Mar Dinka IV, Catholicos-Patriarca della Chiesa assira dell'Oriente, una volta considerata nestoriana per aver respinto la dottrina sancita dal Concilio ecumenico di Efeso del 431 (cfr. G. O' Collins - E. G. Farrugia, Chiesa apostolica assiriana d'Oriente, in Idem Dizionario Sintetico di Teologia, LEV, Città del Vaticano 1995, pp. 51 -52).
13 Cfr. Commissione teologica mista Orrodossa-Vecchiocattolica, La Madre di Dio. Dichiarazione comune, Chambésy 30 agosto 1977, in EO, vol. 1, 2587-2591, pp. 1224-1227: il testo esprime esplicitamente la dottrina mariana delle due Chiese.
14 Diamo solo alcune indicazioni che possiedono anche congrua bibliografia sull'argomento: D. Fernández, Diálogos ecuménicos en los congresos mariológicos, in Ephemerides Manologicae 44 (1994) pp. 541 -552; A. M. Calzolaro, La Madre di Dio nel dialogo ecumenico: convergenze e divergenze, in Miles Immaculatae 35 (1999) pp. 391 - 461; S. M. Perrella, La recezione del Documento di Dombes su Maria. Ricognizione bibliografica. in Marianum 62 (2000) pp. 347-355; J. Wicks, The Virgin Mary in recent ecumenical dialogues, in Gregorianum 81 (2000) pp. 25-57.
15  Cfr. M. Giampiccolo, Gesù Cristo, Signore della Chiesa nella riflessione del movimento ecumenico, in Ecclesia Mater 41 (2003) pp. 24-31.
16 Maria, scrive von Balthasar autore della nota espressione sopra riportata, «non è un'allegoria, è il simbolo reale della Chiesa, corporale e spirituale insieme, conformata alla Parola. Anche la parola di Cristo, secondo la quale tutti coloro che obbediscono a lui nella fede sono per lui fratelli, sorelle e madri, non è allegoria, ma espressione letterale della più profonda verità» (H. Urs von Balrhasar, Il tutto nel frammento, Jaca Book, Milano 1970, p. 242).
17 A tal proposito rinviamo volentieri alla colta e intelligente postfazione del presente volume ad opera di Ignacio M. Calabuig. che ha sostato in serena considerazione dei due titoli, diametralmente opposti e di origine assolutamente diversa, Mater divisionis e Mater unitatis, posti provocatoriamente da Salvatore M. Perrella come sottotitolo del suo libro.
18 Si veda 1'ancor valida riflessione proposta dal teologo francese appartenente al Groupe des Dombes: B. Sesboüé, Pour une théologie aecuménique. Église et sacrements - Eucharistie et ministères - La Vierge Marie, Cerf, Paris 1990, specialmente le pp. 375-404.
19 La "mariologia in rete", che vuole designare la mariologia quale disciplina di raccordo e di sintesi, è così descritta e proposta dall'autore: «Io direi, se mi si consente di esprimermi in linguagggio informatico, che la mariologia è una riflessione teologico-sapienziale che si compie attraverso gli "iperlinks": il tutto nella parte e la parte nel tutto. Una teologia di "iperlinks" richiede una nuova configurazione dei trattati teologici. Attualmente la sistemazione deve essere attenta ad altri parametri e trovare forme di linguaggio differenti da quelle del passato. Una riflessione teologica inclusiva porterebbe persino a superare le barriere che vi sono tra i trattati» (J. C. R. Garcia Paredes, Marologia in cammino: prospettive mariologiche all'inizio del secolo XXI, in Marianum 63 [2001], pp. 285-286; cfr. l'intero assunto teoiogico-prospettico circa la mariologia del presente e... del futuro, cioè contemporanea, alle pp. 273-296).
20 Cfr. G. Bruni, Maria e mariologia: questioni ecumeniche, in Aa. Vv, Prospettive attuali di rnariologia. a cura di Alfonso Langella, Monfortane, Roma 2001, pp. 67-83.
21 Cfr. E. Lanne, Storia ed ecumenismo, in Aa.Vv., Storia e teologia all'incrocio. Orizzonti e percorsi di una disciplina, Lipa, Roma 2002, pp. 182-214; ove, fra l'altro, ci si rifà a Paolo per cogliere il senso vero e pieno della "cattolicità" della Chiesa di Cristo, che «pare tanto più importante ai nostri giorni in cui l'amento della cosiddetta "mondializzazione" suscita in controparte un rincrudimento di sensibilità per le identità particolari. A questa delicata situazione non esiste altra risposta per il cristiano se non quella di Paolo. Egli si è fatto giudeo con i giudei, senza legge con i senza legge (1Cor 9,20-21), ma dichiara anche nello stesso tempo che non c'è più né giudeo né greco, "poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Gal 3,28; cfr. Col 3,11). Questo non significava per lui confusione, appiattimento delle differenze... Non confusione, ma distinzione, e anche superamento nell'unità in Cristo. La storia propria di ciascuna comunità rimane, la propria identità con i suoi carismi, ma tale storia e tale identità deve contribuire alla cattolicità dell'unica Chiesa di Cristo e non per giustificare le divisioni plurisecolari» (ibidem, pp. 213-214).
22 P. Coururier, Ecumenismo spirituale, Edizioni Paoline, Alba 1965, p. 236.
23 Cfr. ibidem, p. 70.
24 Per una sintesi del pensiero dell'abbé Paul Coururier, cfr. E. M. Sironi, Lo Spirito prega per noi: la preghiera per l'unità che noi non sappiamo fare, in Studi Ecumenici 3 (1997) pp. 330-339.
25 G. Bruni, Chiavi di lettura del documento su Maria del Gruppo di Dombes, in Marianum 62 (2000) p. 292.
26 Cfr. Gruppo di Dombes, Per la conversione delle Chiese, EDB, Bologna 1991, n. 7, pp. 20-21.
27 Gruppo di Dombes, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, Qiqajon, Magnano 1998, p. 13.
28 Cfr. ibidem, n. 1, p. 23.
29 «Abbiamo coscienza del fatto che, essendo tra i primi a intraprendere un dialogo interconfessionale approfondito sul tema di Maria il nostro lavoro non potrà che essere una sorta di dissodamento» (ibidem, n. 7, p. 24^).
30 Cfr. ibidem, p. 9.
31 Cfr. ibidem, p. 8.
32 «... Sussistono tra di noi punti di disaccordo e li abbiamo studiati troppo in queste pagine per dimenticarli al momento della conclusione. Tuttavia, li abbiamo trattati con la preoccupazione di alleggerirli dei diversi "Malintesi" che ancora oggi li aggravano e di ridurne il peso, sempre cercando di avvicinarci il più possibile alla compatibilità dei punti di vista. Ci siamo interrogati a lungo per sapere se e in quale misura essi fossero sufficientemente seri per toccare il "fondamento" della nostra fede" (ibidem, n. 334, p.166).
33 Infatti, scrive il Gruppo lionese, il «nostro scopo è di suscitare altri lavori e di partecipare a un'evoluzione delle nostre Chiese verso un atteggiamento pacificato» (ibidem, n. 7, p. 24).
34 Ibidem, n.5, p.24.
35 Cfr. ibidem, p. 8.
36 A. Langella, La recezione critica del Documento di Dombes. Valori e limiti, in Marianum 62 (2000) pp. 321-322.

Inserito Sabato 13 Novembre 2010, alle ore 17:03:41 da latheotokos
 
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IDEATO E REALIZZATO DA ANTONINO GRASSO
DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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