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  La Parola: luogo privilegiato dell'esperienza mariana di Dio 
Bibbia Un articolo di Di Girolamo Luca in Santa Maria "Regina martyrum", Anno XII, n. 2 (30), 2009, L'incontro con la Parola in Maria si fa carne, pp.25-31.

La Parola, progetto di Dio (Rivelazione) e sua fissazione su carta (Scrittura), mostra la distanza fra il Mistero di Dio e la piccolezza dell'uomo; in Cristo lo illumina, diviene spazio e tempo (luogo) di salvezza; con Maria anticipa la gloria futura di tutti i giusti.

In molti modi ed in diverse epoche lungo la storia e la tradizione della Chiesa è stato affrontato ed illustrato il tema dei rapporti tra la Parola di Dio e la Vergine Maria. Potremmo dire che gran parte della produzione teologica ha giustamente guardato ad esso sulla base dell'evento dell'Incarnazione.Tuttavia non è il solo punto di vista anche se appare il più immediato e, in certo senso, alla base di successivi sviluppi in ordine all'esemplarità comportamentale di Maria. Nelle pagine che seguono cercheremo di vedere la Parola del Signore come luogo, ambito entro il quale si viene a situare l'esistenza della Vergine Santa. Distingueremo tra Parola e Scrittura, quindi considereremo la Parola come luogo per poi descrivere l'esperienza mariana di Dio all'interno di questa Parola.

I. Parola di Dio e S. Scrittura

Uno degli strumenti più utilizzati in filosofia come in teologia è quello dell'analogia, ossia la congiunzione tra due concetti o campi del sapere molto diversi tra loro, volendo con ciò sottolineare la differenza e la somiglianza che intercorre tra i due elementi. Strumento privilegiato, di cui noi ci serviamo senza quasi più accorgercene, è quello della PAROLA. Questo termine, proprio perché lega due entità diverse, viene detto analogico, cioè che possiede in sé una vicinanza ed una differenza con ciò che si vuol esprimere, sulla cosa da dire: la parola è quella che si scambiano gli uomini e la Parola è quella che Dio rivolge all'uomo. Parola di Dio quindi detta e Parola di Dio fatta persona. Tutto questo non è un'invenzione: la lettera agli Ebrei proprio all'inizio ci parla di un'attività di Dio che ha parlato nei tempi antichi per mezzo dei profet ed ora parla attraverso Cristo (cf. Eh 1,1-3). All'interno di questa attività ecco che il termine "Parola" tiene uniti il progetto di Dio (la Rivelazione) e la sua fissazione su carta, quella che è la Scrittura. Ma la differenza resta: la Scrittura è Parola di Dio, ma questa Parola di Dio non si esaurisce nella Scrittura: la Parola di Dio eccede, supera il libro e raggiunge l'uomo per strade a lui ignote ma conosciute da Dio e, per questo, il suo disegno si mostra davvero grande. Con questo disegno, che è vera e propria Rivelazione, ci viene illustrata la distanza tra il Mistero di Dio ed il mistero dell'uomo che possiede un linguaggio limitato nel voler fare un discorso su di Lui. Soltanto se Dio gli si rivela, I'uomo può dire qualcosa su di Lui. Parola quindi onnipotente (cf. Gv 1,3), efficace (cf. Eb 4,12-13), eterna (cf. Is 4,8), creatrice (cf. Gen 1,3ss), Parola Assoluta che si fa discorso umano in Cristo che, a sua volta, illumina l'uomo e gli fa conoscere qualcosa del Padre (cf. Gv 1,18) nei termini dell'amore e del dono. Ma Cristo, Parola massima di Rivelazione e di Redenzione comprensibile perché umana, non è il solo ad operare: Egli è sempre colmo di quello Spirito del Padre che può, a sua volta, donare. È significativo, in merito, il quadro descritto in Lc 4,16ss dove il Figlio di Dio, guidato dallo Spirito e dopo la permanenza nel deserto, si pone quale commentatore autorevole di Is 61: la presenza dello Spirito sul Servo capace di ricomposizione si compie nello stesso Gesù. In Lui, come nell'antico profeta e nello scritto isaiano, lo Spirito agisce, ossia l'amore di Dio che sempre feconda, realizza ed accresce l'opera dell'uomo dispiegandosi nell'universo (è lo Spirito di Dio che aleggia all'inizio dei tempi sul mondo, come ricorda Gen 1,2). Abbiamo perciò una Rivelazione, una Parola che in tanti modi si dispiega e che si rivolge come progetto globale e salvifico a quell'uomo che, come recita il Sal 8, Dio ha collocato al vertice della creazione, a sua immagine/somiglianza e capace di accostarsi al mistero che lo ha formato. Entrano qui in gioco due elementi: la presenza di Dio nell'uomo e, in forza di essa, la capacità che l'uomo ha di poter rispondere e legarsi ancor più a Dio. Sta all'uomo progredire in questo sentiero: può conservare o offuscare questo legame. In ogni caso la responsabilità resta la sua (sia in positivo sia in negativo), ma tutto l'insieme dei comportamenti non sfugge al benefico dominio di Dio. Dominio da non confondere, che non sfocia mai in una condanna: Egli offre all'uomo un tempo per riflettere e cambiare strada oppure per perfezionarsi sempre più. In sostanza per diffondere in parole ed opere quanto ha ricevuto. Il tempo quindi diviene luogo entro il quale Dio si manifesta: viviamo il tempo di Cristo, momento favorevole della nostra salvezza e in questo tempo vediamo il formarsi degli scritti del NT dove, in molti modi, passando e beneficando, Gesù sottolinea la vicinanza di Dio all'uomo. Attraverso le sue parabole - in particolare quelle dette della misericordia di Lc 15 - l'amore di Dio colma la distanza fra Creatore e creatura, soprattutto in quei momenti in cui la fragilità, l'errore ed il peccato tendono a prevalere. Si tratta essenzialmente di un evento dove parola ed azione sono congiunti e manifestano la bontà di Dio. La Parola di Dio nella sua pi il vasta accezione di Rivelazione, tale da superare la Parola scritta, si viene a costituire come luogo nel quale l'uomo ed il mondo sono inseriti e trovano la loro ragion d'essere e il loro significato ultimo. Scrive S. Agostino (430) nella sua opera La Città di Dio alludendo a Cristo: «Dio non cerca per se un uomo come se non sappia dove si trova, ma parla da uomo mediante un uomo perché ci cerca così parlando!175».1 Già S. Paolo, tuttavia, in alcune sue lettere ci aiuta a comprendere meglio questo collegamento. In esse egli usa spesso due espressioni: noi in Cristo (cf. II Cor 5,17) e Cristo in noi (cf. Col 1,27). Nel loro insieme tali formule ci indicano un'appartenenza dell'uomo a Cristo e la sua collocazione in uno spazio specifico costituito dalla realtà misteriosa del piano di Dio. Ma la Parola possiede una duplice finalità: quella diretta costituita dalla salvezza e quella indiretta che è il graduale perfezionamento dell'uomo. Al termine del n. 11, la costituzione conciliare sulla Rivelazione Dei Verbum ci aiuta a vedere la differenza e la vicinanza che sostanziano il rapporto Parola di Dio e Scrittura: «i libri della Scrittura insegnano con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, per la nostra salvezza, volle fosse consegnata nelle sacre Scritture. Pertanto "ogni Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per correggere, per educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia perfetto, addestrato ad ogni opera buona" (2 Tim 3,16-17)»2. Nel loro insieme, salvezza e perfezionamento rappresentano la realizzazione dell'uomo, realizzazione vera che attinge cioè a quella Verità che è propria di Dio e che Egli pone a disposizione dell'uomo non solo come un quid, ma come luogo dove si possono trovare risposte significative per la vita.

II. La Parola di Dio come Luogo

La Parola di Dio considerata nella sua totalità evidenzia un doppio aspetto: il primo è di natura comunicativa, ossia è una parola che dice; il secondo è di natura attiva, indice di una parola che opera e crea. Una Parola, insomma che nel momento in cui è presente si crea uno spazio ed un tempo per potersi affermare tanto come donatrice di senso quanto come apportatrice di un mutamento. Ciò lo vediamo in particolare nella Creazione di Gen 1-2 e nell'incarnazione di Lc 1,26-38: agli inizi abbiamo un Dio Creatore di un cosmo e di un uomo che vuole portare alla piena comunione con Lui, successivamente troviamo l'ingresso di Colui che è compimento di quest'opera: Gesù nella sua divino-umanità. Abbiamo perciò una forte corrispondenza tra Creazione ed Incarnazione e Cristo ne rappresenta il luogo di raccordo tanto come Nuovo Adamo (cf. Rom 5) quanto come Alfa e Omega della Creazione (cf. Ap 1,8.17-18). Il discorso tuttavia si precisa ancor più riprendendo in considerazione quella pienezza dei tempi di cui ci parla S. Paolo (cf. Gal 4,4); un'espressione - pienezza - che ritroviamo anche in Giovanni (Gv 1,16): «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» e che supera, nel suo significato, una dimensione solo cronologica (nel rispetto dei tempi Dio manda il Figlio liberatore dalla Legge: cf. Gal 4,4). Pienezza è in ordine ad una salvezza che da sempre Dio vuole per l'uomo e che è stata prefigurata ed anticipata in eventi/persone nell'AT. Parola piena di Rivelazione è quella che Cristo rappresenta attraverso tre coordinate:
a) un evento salvifico che muta l'umanità ed il cosmo;
b) un messaggio di amore che provoca l'umanità ed il cosmo;
c) uno spazio vitale che include l'umanità ed il cosmo.
È interessante in proposito rileggere quanto scrive H. U. von Balthasar (1988) secondo il quale: «la rivelazione di Cristo doveva però, al di là di ogni attesa e speranza delle creature, ricapitolare tutto il cielo e la terra in un capo divino-umano e dare quindi loro un coronamento di grazia il cui splendore di gloria, appartenente al Signore del mondo doveva irraggiare su tutta la creazione. Così la stessa forma del mondo, che era già in quanto tale rivelazione della doxa divina, diventa in Cristo e nello Spirito Santo effuso da lui, un tempio che in se e al di sopra di se contiene il kabôd di Dio, come il tabernacolo e l'edificio di Salomone»3. Tempio di Dio quindi appare il mondo e l'uomo stesso, che ne rappresenta la sintesi, è anch'egli tempio animato dallo Spirito (cf. I Cor 3,16; 16,17; II Cor 6,16; Ef 2,21). In tale contesto si colloca la Madre del Signore, nella sua presenza iniziale e nel suo essere inserita nel tempo a confronto con gli accadimenti relativi alla vita del Figlio.

III. Esperienza mariana di Dio

Parafrasando il grande filosofo M. Heiddeger (1976), Maria si trova ad essere 'gettata', inserita in modo decisivo in uno spazio e in un tempo definiti dalla presenza del Figlio e vive un cammino di continua conquista di autenticità. In altre parole: vive la sua identità, costruendola sull'ascolto e sulla sequela di Gesù e la realizza in forza di un'azione trinitaria: decisione eterna del Padre di dare a Cristo una Madre - e il Concilio ci parla di Maria come compagna generosa 4- nonché creatura plasmata e resa Tempio di Dio dallo Spirito Santo. Maria, in sostanza, vive alla confluenza delle due coordinate antropologiche descritte da S. Paolo: rivestita del Cristo (cf. Rom 13,14; Gal 3,27) e, perciò, creatura nuova (cf. Ef 2,24) e, al contempo, tempio di Dio (cf. I Cor 3,16; 16,17). Per questo motivo Lei è, in modo speciale, in Cristo e, a sua volta Cristo è in Lei per cui l'ascolto si fa celebrazione concreta nel Magnificat. Il «Beata colei che ha creduto», espressione dell'anziana parente Elisabetta (Lc 1,45) e così ripetuta da Giovanni Paolo II (2005) nella sua enciclica Redemptoris mater (1987), oltre a sottolineare la dimensione obbedienziale propria dell'atto di fede (fiducia data a Dio), mostra un trovarsi inserita in uno spazio dominato e forgiato dal mistero del Dio Creatore e Redentore. Leggiamo in merito la conclusione del n. 14 dell'enciclica: «Maria, che per l'eterna volontà dell'Altissimo si è trovata, si può dire, al centro stesso di quelle "inaccessibili vie" e di quegli "imperscrutabili giudizi" di Dio, vi si conforma nella penombra della fede, accettando pienamente e con cuore aperto tutto ciò che è disposto nel disegno divino»5. Questo si snoda attraverso i tre grandi eventi caratteristici e fondativi della nostra fede: l'incarnazione, l'espropriazione della Croce, la Glorificazione. Nel primo evento Maria dopo l'annunzio inizia ad avvertire la presenza, inizia l'itinerario, l'esperienza. Anche per Lei, come per ogni essere umano, si tratta di un'esperienza 'seconda', successiva ad un evento di fondo: Maria viene avvertita dal Bambino, è già parte integrante di tutto un disegno di libertà divina che si colloca a fondamento di quella umana: Dio non costringe, anzi si espone al rifiuto dell'uomo nel momento in cui si dona. In sostanza, Dio si dona ponendo nell'uomo questa medesima capacità di offrirsi. È qui condensata la legge fondamentale dell'antropologia cristiana: l'essere umano, la persona si realizza veramente uscendo da sé, in una logica di dono. In tal senso si può facilmente comprendere quanto la Congregazione per l'Educazione Cattolica afferma in un suo documento a carattere mariano: «per i discepoli del Signore la Vergine è il grande simbolo dell'uomo che raggiunge le più intime aspirazioni della sua intelligenza, della sua volontà e del suo cuore, aprendosi per Cristo e nello Spirito alla trascendenza di Dio in filiale dedizione di amore e radicandosi nella storia in operoso servizio ai fratelli»6. Presso la Croce, Maria vive nella sofferenza l'espropriazione del Figlio all'insegna di un'estrema generosità che non conosce alcun spirito di rivalsa o gelosia. Basterebbe rileggersi l'inizio di uno degli Inni della Natività di S. Efrem Siro (373) che ci mostra, in forma poetica, tutta una serie di riflessioni che la Vergine fa al momento dell'incarnazione che mostrano tutta la carica di offerta: «Non voglio tormentarmi, o Figlio, se sarai con me o con gli altri. Sii il Dio di colui che ti riconosce; sii il Signore di colui che ti serve; sii fratello di chi ti ama, affinché possa salvare tutti»7. Infine la Glorificazione intesa come partecipazione completa alla resurrezione di Cristo e condizione anticipata del credente alla comunione trasfigurante con Dio. Riprendendo la dimensione protologica ed unendola a quella escatologica, la Professione di fede di Paolo VI (datata 30 giugno 1968) interpreta l'evento dell'Assunzione di Maria (luogo/evento massimo di glorificazione) nei seguenti termini: «Associata ai Misteri della Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile, la Vergine Santissima, immacolata, al termine della sua vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste e configurata a suo Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti»8.

Conclusione

Un buon esegeta dei nostri giorni commentando il testo di Col 3,16-17 («La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre») considera come Paolo vede nella Parola di Cristo «non tanto delle esigenze alle quali occorre sottomettersi, o un messaggio da capire e da studiare, ma il luogo dell'incontro tra Cristo stesso e il credente»9. Parlando di luogo è chiara l'importanza dell'inabitazione, cioè dell'occupare uno spazio costituito dal dono che Dio fa di se stesso. Questa Parola è pertanto luogo ed è interessante in merito andarsi a rileggere quanta profondità ed attualità sono presenti in un breve brano di S. Maria Maddalena de' Pazzi (1607); la grande santa fiorentina, cosciente ed attenta alla differenza esistente tra Parola (Rivelazione), parole (i detti) provenienti dal Verbo e S. Scrittura (libro), ci offre un orizzonte ecclesiologico e sacramentale non privo di risvolti mariani facilmente individuabili. Difatti nella costruzione dell'edificio spirituale (fabbrica), cioè nella costruzione della personale santità deve trovarsi una stanza nuziale costituita dalla Scrittura, dove l'anima-sposa e il Cristo-Sposo trovano riposo e si intrattengono in colloquio: «Perché l'edificio spirituale sia perfetto è necessario trovarvi una stanza segreta dove ci sia un letto per il riposo della sposa con lo Sposo e questa stanza sarà la Scrittura nella quale la sposa si riposa e dialoga dolcemente con lo Sposo, mantenendo un sonno di somma vigilanza e gustando l'abbraccio dello Sposo»10. Il testo della santa carmelitana, riecheggiando motivi presenti nel Cantico dei Cantici, pone a confronto Cristo e la Chiesa, ma tutto questo può essere visto anche attraverso una dimensione mariana, pensiamo agli eventi dell'infanzia di Cristo nei quali anche fisicamente - Madre e Figlio sono congiunti. Davvero in Maria - che conserva e medita le cose relative al Figlio nel suo cuore (cf. Lc 2,19.51b) - si realizza quella somma vigilanza che S. Maria Maddalena menziona in merito alla Chiesa-Sposa e, in altri luoghi della sua opera, riprendendo motivi risalenti ad Origene (253), all'anima-sposa. Una vigilanza che non è ozio, ma attività portata avanti nell'ottica e all'interno del "non ancora" futuro che affonda le sue radici in un "già" salvifico ormai acquisito grazie a Cristo. Riconsiderando attentamente il legame e la comunione esistenti tra Maria e Dio, che nel loro insieme appaiono come parte integrante dell'evento rivelativo, è possibile percorrere un itinerario di ascolto/attuazione della Parola all'interno di una Chiesa che da essa si origina ed è costantemente modellata dallo Spirito. Nello Spirito e nella Parola ci viene offerta la possibilità di accogliere l'intero mistero della vita che si attualizza in ogni singola esistenza, scandita da eventi ora gioiosi, ora tristi. Croce e Resurrezione, Morte e Vita restano le costanti dell'umanità, talvolta ribelle ai comandi del Signore, ma pur sempre oggetto della sua predilezione e destinata a quella gloria che non marcisce né si corrompe (cf. I Pt 1,4). Di tale gloria Maria è già partecipe avendo accolto quella Parola-Spada che provoca e divide l'uomo per una superiore e duratura unità.

NOTE
1. AGOSTTNO, La Città di Dio, 1. XVII,6,2, in ID, Opera omnia, Città Nuova, Roma 1988, vol. V, p. 592.
2. CONCILIO VATICANO II, Dei Verbum, in Enchiridion Vaticanum (=EV), EDB, Bologna 1981,1/890.
3. H U. VON BALTHASAR, Gloria, Jaca Book, Milano 1975, vol. 1, pp. 399-400.
4. Cf. CONCILIO VATICANO II, Lumen Gentium, n. 61, in EV 1/435.
5. GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris mater, n. 14, in EV 10/1308.
6. CONGREGAZIONE PER L'EDUCAZIONE CATTOLICA, La Vergine Maria nella formazione intellettuale e spirituale, n. 21, in EV 11/306.
7. EFREM SIRO, Inni sulla Natività, XVI, in CSCO 186, 83.
8. PAOLO VI, Sollemnis Professio Fidei 15, in Insegnamenti, LEV, Città del Vaticano 1969, vol. VI, 304-05.
9. G. ROSSÉ, Lettera ai Colossesi, Lettera agli Efesini, Ed, Città Nuova, Roma 2001, p. 56.
10. S. MARTA MADDALENA DE PAZZI, I Colloqui 2, in ID., Le Opere, Firenze 1963, vol. III, 46. La traduzione ill lingua corrente è nostra.


 

Inserito Sabato 26 Marzo 2011, alle ore 12:54:25 da latheotokos
 
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