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  Maria sorella «donna tra le donne» 
Donna

dal libro di Cettina Militello, Donna in questione. Un itinerario ecclesiale di ricerca, Cittadella Editrice, Assisi 1992, pp.169-175.



La Scrittura non chiama Maria «sorella». Le due espressioni riferite a lei appellano o alla radicalità emblematica del suo esser «donna»80, o più spesso al suo essere la «madre di Gesù». La Scrittura lega però Maria alle donne, alle donne che seguivano Gesù, soprattutto nel compiersi della sua ora. Ai piedi della croce, pur nel variare delle redazioni, Maria e solidale al Figlio, come lo sono le donne che lo hanno seguito, meno pavide dei discepoli dispersi e lontani.
I vangeli attestano, e la ricerca in atto si spinge per verificare lo spessore e l'arcaicità di questa percezione81, una solidarietà inaudita di Gesù alle donne, una predilezione quasi nell'assumerlo quali motivo pressante e convincente di un gesto miracoloso, o misericordioso, o di un messaggio di rivelazione82.
Non sempre Maria è associata alle donne. Ad esempio di lei non si parla come fruitrice del Risorto. Ma la sua solidarietà alle donne discepole e ancor più correttamente il suo essere discepola emerge tra l'altro nella narrazione di At 1,14.
Ma se Maria viene associata alla donne, nella modalità della sequela, essa appare singolarmente solidale alle donne su quel piano quotidiano, di vita ordinaria, prezioso per l'intimità che ne viene e per i valori che comporta, che abbiamo chiamato «sororità», soprattutto se questo quotidiano e ordinario diventa manifesto dell'inaudito e dell'inesprimibile. È la pericope di Lc 1,39-56 a mostrarci Maria sollecita verso una donna, la cugina Elisabetta.
Verso di lei muove in «gran fretta»; accorre chiamata dalla solidarietà più cogente che possa darsi nell'universo femminile, la solidarietà verso il frutto delle proprie viscere, verso un bimbo non ancora nato, e verso colei che lo porta nel suo grembo.
Nessuna cultura mai, se non per aberrazione ideologica transitoria, potrà ridimensionare la solidarietà verso una donna gravida. E ammesso pure che lo facesse, alle donne ciò apparirà intollerabile in ogni caso. È il solo contesto in cui anche la conflittualità dei ruoli femminili cede spazio a reale solidarietà.
Maria donna, e donna gravida, accorre dunque presso la cugina, avanti negli anni e alle prese con la sua prima gravidanza. Né ignora lo spessore prodigioso di questo evento inatteso, a lei, Maria, additato come «segno» circa il mistero stesso che la coinvolge (cf. Lc 1,36).
Solidarietà quotidiana, solidarietà familiare, solidarietà di due madri alle prese con una gravidanza difficile. Proprio tutto ciò ci diventa paradigma di confessione e gioia messianica, di novità radicale, di compimento pieno dei disegno di Dio relativamente all'uomo sua creatura.
C'è una risonanza, un'eco gioiosa, un dinamismo di grazia messo in atto dal più semplice e umano dei gesti: il saluto. Luca non ci dice niente altro, se non di un saluto che Maria indirizza ad Elisabetta. Si trattasse del più ovvio e piano dei saluti, shalom, pace avremmo già indicata l'essenza stessa della solidarietà tra le donne, della sororità come della fraternità.
Ma la potenza di questo saluto allieta e santifica, nel tramite di Maria, Elisabetta e il bimbo che ella ha nel grembo. La potenza dello Spirito riempie ora Elisabetta; da voce al suo giubilo.
Ella corrisponde sin nelle fibre più profonde del suo essere al saluto di Maria e a sua volta la saluta: «benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo seno» (Lc 1,42).
Non è marginale che nella Scrittura il compiacimento, la gioia, il riconoscimento di Maria nel mistero che in lei si compie siano legate a una voce di donna, e che questa donna sia essa stessa il termine di una attenzione sollecita, della solidarietà di Maria.
«Benedetta tu tra le donne». Ci piace cogliere in questa benedizione non soltanto l'omaggio reso a Maria, a ciò che Ella è sul piano strutturale della redenzione, ma insieme alla donna, ad ogni donna, sulla quale non può non riversarsi per contagio la benedizione su Maria.
«Beata colei che ha creduto che si sarebbe avverato quanto le è stato detto da parte del Signore» (Lc 1,45). Se è impossibile non correlare a questo versetto, quell'altro ancora nel quale Gesù dice beati quanti ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (cf. Lc 8,21), e dunque individuare Maria come paradigma perfetto del discepolato, ci interessa qui riferire ad una donna, Elisabetta, questa che è la testimonianza più risolutiva in ordine alla statura della madre del Signore.
Ella pone in atto tutta la ricchezza possibile sul piano della reciprocità solidale. E poiché è femminile innanzitutto il termine di questa sua «compassione» è giusto anche sia femminile il prenderne atto.
Nella contestualità gioiosa di una grazia che traversa i protagonisti di un mistero riferito al mistero del Figlio che Maria ha nel suo grembo, Maria può sciogliere il suo magnificat e nella franchezza di linguaggio che caratterizza la profezia di ogni tempo, può, a dispetto del modello del silenzio, manifestare la sua esultanza per il ruolo che è chiamata a vivere nella storia salvifica, ma più ancora per la salvezza stessa definitivamente elargita.
È costante antropologica il legame donna-vita. La nostra pericope non fa eccezione. Solo che la vita è qui assai più di quello che non sia il mistero della generazione. La Vita cui è definitivamente connessa la Donna, Maria in quanto donna, è la Parola stessa di Dio, I'Unigenito del Padre, nel cui mistero mascolinità e femminilità egualmente attingono compiutezza (cf. Gal 3,28).
Che una donna, Elisabetta, attesti la connessione definitiva del femminile alla salvezza, dice non già un privilegio femminile, ma la normalità con la quale femminile e maschile si intrecciano nel progetto di Dio. Alla femminilità di Elisabetta corrisponde la mascolinità di Giovanni, alla femminilità di Maria corrisponde la mascolinità dell'uomo Gesù, certamente, ma essi sono segno, nel diverso interferire delle loro madri nella normalità o straordinarietà della vita umana, di una umanità santificata, riconciliata, capace di esprimere altra solidarietà, altra relazionalità solidale.

*

Non stupisce, dunque, che la tradizione dei Padri e più largamente la tradizione ecclesiale sino ai nostri giorni83, abbia invocato Maria come «sorella» cogliendo attraverso questa espressione dati fondamentali circa la comprensione di Maria e l'approccio al mariale.
L'espressione sorella, nell'interpretazione costante della tradizione ecclesiale, dice infatti innanzitutto l'appartenenza di lei alla famiglia umana, la sua solidarietà ad Adamo, non inficiata dal singolare privilegio di grazia a lei elargito in vista del Figlio84. Maria indige anch'essa redenzione; la contestualità esigita dalla sua maternità divina le dona di avvalersi sin dal suo inizio creaturale dei meriti del Figlio85.
Il termine sorella legge, inoltre, insieme la solidarietà di Maria a ciascun figlio d'uomo, e la solidarietà di lei al suo stesso Figlio, «fratello primogenito» (Rm 8,29) la cui opera redentrice esige condivisione piena della condizione umana. C'è ancora un aspetto prezioso di questa solidarietà ed è l'aver Maria compiuto tutta intera la «peregrinazione della fede» (cf. LG 58). Maria ci è modello nella fede, nell'accogliere la parola, nel custodirla. Il suo itinerario di fede conosce la prova, la sofferenza, il paradosso della croce...
Insieme alla fede ella sperimenta la speranza attiva, la carità premurosa e solidale. È tutto il dinamismo teologale che ella vive in modo esemplare. La chiesa, dunque, si specchia in lei per cogliere nel suo volto quella santità e bellezza che le convengono quale sposa del Signore, santità e bellezza in Maria pienamente compiute e realizzate (cf. LG 65).
In lei ciascun credente, uomo o donna che sia, vede compiuto ciò che crede, ciò in cui spera, ciò che ama... (cf. SC 103).
Se la reciprocità è il tratto proprio, strutturale dell'immagine, e se l'essere ad immagine va declinato riferendolo al Padre, al Figlio e allo Spirito, Maria è colei che mostra perfetta, adeguata, compiuta, la reciprocità e l'immagine. Ella è creatura che adeguatamente, pienamente si rapporta al suo Creatore, ella è creatura assolutamente e perfettamente solidale ad ogni creatura.
Ci è, dunque, sorella; lo è all'umanità tutta, alla chiesa, uomini e donne insieme; lo è alle donne, chiamate in causa dal suo esser donna.
Ci siamo riferiti all'inizio alla difficoltà che le donne hanno nel recepire Maria come modello. Non tanto, assai spesso, perché ne vogliano negare il singolare privilegio, quanto perché di esso non si riesce a cogliere la paradigmaticità.
Credo di poter indicare nella «sororità», nel suo dinamismo, nei suoi valori, il modello cui rifarsi per significare nell'oggi della chiesa e del mondo il dover essere della donna. È modello che traversa le donne a prescindere dalla fede, e per le donne credenti invoca una paradigmaticità esistenziale della fede che è quella vissuta da Maria.
Più volte abbiamo sfiorato i grandi problemi che si aprono alla donna oggi, e alla donna nella chiesa in particolare. Una cosa mi pare di dover sottolineare concludendo. La ricezione o meno della transitività Maria-donna obbedisce alla transitività donna-chiesa. Il problema è ecclesiologico - I'ho più volte affermato - ed è insieme della «cultura». Questo nostro attuale è un momento di transizione culturale, di crisi di modelli, e di elaborazione per ciò stesso, di modelli altri con difficoltà recepiti, anzi contestati, così come è proprio ad una fase liminare di cultura. Ma su questo orizzonte, femminile-chiesa-Maria stanno strettamente congiunti.
Una comunità che si riconosca come congregatio fidelium, popolo di Dio, sposa del Cristo riferirà Maria al corpo ecclesiale. Quale che sia la sua attitudine culturale nei confronti della donna, non sfuggirà ad una certa ricezione del femminile nel mistero vivo della chiesa.
Una comunità che si alieni dal mistero, che si colga sotto un tratto meramente societario, si farà disattenta ai valori del femminile, e paradossale che sia il suo ossequio a Maria, non solo le donne, ma Maria stessa separerà da concretezza ecclesiale.
Il Concilio ha restituito Maria alla chiesa. La rivoluzione da esso posta in atto non ha ancora restituito alla chiesa la donna. Ecco perché l'abbandono del massimalismo mariologico ha avuto anche esiti di minimalismo iconoclasta. Ed ecco perché parlare di Maria, tema emergente di questi anni '90, è anche parlare della donna.
La sororità è l'altro modo di declinare la fraternità. In gioco è dunque ancora una volta un modello di chiesa. La donna d'oggi lacerata da oggettualità reificante e soggettualità alienante, così appassionatamente alla ricerca del suo spazio di impegno, del suo spazio «umano», rivendica il suo diritto a sororità, a rispetto, udienza, accoglienza, dono.
La transitività del femminile nella storia della salvezza, la capacità di ricondurre al paradigma relazionale delle nozze ogni modalità del porsi dell'uomo di fronte a Dio, veramente è assunta dal termine sorella, dicibile ad un tempo della madre, come della figlia, della sposa come di ogni donna se al di là della peculiarità della maternità, della figliolanza, della coniugalità sta la percezione sincronica di una appartenenza e di una apertura ad un universo solidale, lo abbiamo ripetutamente detto.
La sororità di Maria è l'unica via attraverso la quale superare la non paradigmaticità del modello. Ella, vergine, sposa, madre ci apparirà tutte queste cose insieme certo, ma insieme le supererà se la sororità diventerà chiave interpretativa del suo esser vergine, sposa, madre.
È, dunque, per questa via che «donna tra le donne» Maria potrà essere acclamata, senza reticenze o sospetti «benedetta tra le donne» anche dalle stesse donne finalmente liberate insieme a Lei.
Occorre restituire Maria alle donne e le donne a Maria, ma questo vuoi dire accoglierle nel vissuto ecclesiale, nel rispetto di quella ovvietà storico-salvifica, che appartiene all'uomo tutto intero, maschio e femmina, nel disegno di Dio creatore.

NOTE

80 Cf. Gv 2,4; 19,26. Qui, come in Ap 12 emerge «il segno della donna» (cf. RM 47). È connessione evidentemente forte e definitiva al femminile: vogliamo tutt'altro che minimizzarla. La letteratura al riguardo è sconfinata: cf. ad es. A. Serra, Maria a Cana e sotto la croce, Roma 1985; id., Apocalisse cap. 12, Bibbia, NDM, pp. 292-301.
81 Ci risulta in corso una tesi dottorale sul trapasso dal Gesù della storia alla redazione lucana come indice già di minimizzazione del tema del femminile.
82 Si pensi alla attenzione compassionata di Gesù alle donne: la vedova di Naim (Lc 7,11-17), la donna cananea (Me 7,25-30), l'emorroissa (Le 8,43-48), l'adultera (Gv 8,1-11), la donna curva, la donna di Betania (Me 14,9), la Samaritana (Gv 4,5-30), Marta e Maria... atteggiarsi e sentire colto liricamente da Giovanni Paolo 11 nel cap. V della «Mulieris Dignitatem».
83 Cf. Le testimonianze raccolte nella voce sorella, già citata, del NDM. Il tema soprattutto patristico traversa la storia della comunità cristiana. È riprova della sua contemporaneità non soltanto l'uso dell'espressione in Paolo Vl, cui abbiamo già rinviato, ma anche la sua ricezione nel Decreto della S. Congregazione per il Culto Divino del 15 agosto 1986 che promulga la «Collectio Missarum de Beata Maria Virgine». Vi si dice che la chiesa sente Maria «compagna e sorella nel cammino della fede e nelle angosce della vita». La RM, da cui siamo partiti, non recepisce il termine; ma se, come è stato più volte sottolineato, è l'esemplarità di Maria nella fede la chiave ermeneutica o il tema principale dell'enciclica (cf. RM 2; 5-6; 12-24; 26-28...), bisogna convenire che questo ricondurre Maria a paradigma della peregrinatio fidei sviluppa appunto una delle valenze del suo esserci «sorella».
84 «Pur nella ricchezza delle mirabili prerogative di cui Dio l'ha onorata, per farla degna madre del Verbo incarnato, essa tuttavia è vicinissima a noi. Figlia di Adamo come noi, e perciò nostra sorella per vincoli di natura. Essa però è la creatura preservata dal peccato originale in vista dei meriti del Salvatore..» (Paolo VI, Discorso dell'8.11.1964, EV/I, 310*).
85 Cf. «Ineffabilis Deus», DS 2803.
 

Inserito Martedi 24 Maggio 2011, alle ore 19:27:27 da latheotokos
 
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