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  La dottrina mariana di Ildefonso di Toledo (†667) 
Autori

dal libro di Luigi Gambero, Maria nel pensiero dei teologi latini medievali, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, pp.19-25



1. Ildefonso di Toledo

La cristianità spagnola del VII secolo, nonostante le dure prove che dovette subire a causa dell'invasione musulmana, conobbe momenti di particolare affermazione e un confortante incremento della fede nei suoi membri. Nell'orizzonte storico di quel periodo si lasciano facilmente individuare alcuni risultati positivi di notevole portata. Ci riferiamo in particolare alla vittoria contro le minacce dell'arianesimo, che era stato precedentemente portato in Spagna dai vandali e che i visigoti, dopo la loro conversione alla religione cristiana ortodossa, riuscirono a bandire dal regno che essi fondarono in terra spagnola. Si possono inoltre registrare stimoli efficaci sul piano pastorale e missionario, impressi soprattutto dai concili regionali celebrati nella città di Toledo e che per lungo tempo ebbero una frequenza quasi annuale. Si deve inoltre prendere atto di una dinamica e influente attività teologica ad opera di prestigiose personalità della Chiesa, come i fratelli Leandro e Isidoro di Siviglia e Ildefonso di Toledo. Per quanto concerne la dottrina mariana, quest'ultimo ne è indubbiamente il più rilevante testimone e il maestro che ha recato il contributo più ricco e importante.
Nato a Toledo verso il 617, Ildefonso si fece monaco benedettino e divenne abate del monastero di Agalia, situato nelle vicinanze della sua città. Nel 657 fu nominato vescovo metropolita di Toledo e ivi morì nel 667. La sua riflessione teologica si snoda nell'alveo della grande tradizione dei Padri della Chiesa latina, specialmente di Girolamo, Agostino e Gregorio Magno. Tra le opere da lui scritte, appare di notevole interesse per la dottrina mariana un trattato sulla verginità di Maria: Libellus de virginitate perpetua sanctae Mariae contra tres infideles. Il trattato esercitò un influsso enorme su tutta la successiva letteratura mariana in terra spagnola e valse a Ildefonso l'appellativo di "cappellano della Vergine", attribuitogli molti secoli dopo dal grande poeta e drammaturgo spagnolo Lope de Vega, che su di lui compose una commedia che porta precisamente questo titolo. Dei tre infedeli contro i quali Ildefonso indirizza le sue confutazioni, due erano gli eretici Gioviniano ed Elvidio, vissuti nel IV secolo e già bersaglio delle energiche e impietose contestazioni di san Girolamo. Il terzo viene identificato con un anonimo giudeo, nel quale Ildefonso vede la personificazione della folta colonia ebraica presente nella Spagna di quel tempo. Allora, infatti, gli ebrei continuavano ad osteggiare e a dileggiare le verità della fede cristiana, prendendo di mira in modo più diretto il dogma della verginità della Madre del Signore. È specialmente contro di loro che Ildefonso rivolge la sua polemica, in un impegno di appassionata difesa del dogma mariano.1

2. Invocazione alla Vergine

Ildefonso inizia i dodici capitoli di cui si compone il suo trattato con un'ardente preghiera rivolta direttamente a Maria, nella quale esprime tutta la sua appassionata ammirazione di fronte ai misteri della vocazione mirabile e della pienezza di grazia di cui è stata fatta oggetto questa creatura tanto prediletta da Dio; ne invoca l'intercessione per ottenere il dono dello Spirito Santo; vede nell'evento dell'Annunciazione il momento centrale di tutta la sua divina avventura. L'autore rimane in estatica contemplazione di fronte alla vicenda unica di questa creatura, depositaria di così mirabili prodigi divini e « promossa alla gloria di una novità inaudita ».2

3. Maternità divina

Il motivo e fondamento della condizione privilegiata di Maria è il dono della divina maternità, che fa di lei una personalità unica, senza uguali, certamente inserita nel contesto umano ma distinta da tutti per le grazie eccezionali di cui Dio l'ha adornata. Scrive il nostro autore:
«Tu sei beata tra le donne, integra tra le puerpere, signora tra le ancelle, regina tra le sorelle. E veramente tutti i popoli ti dicono beata; le potenze celesti ti riconoscono beata; tutti i profeti ti predicano beata; tutte le nazioni ti celebrano beata».3
Un entusiasmo quasi incontrollabile spinge Ildefonso a delle affermazioni alquanto audaci, che giungono a considerare Maria, da un certo punto di vista, perfino superiore al Figlio e che si possono comprendere unicamente come esternazioni di quell'impulso di devozione e di amore che egli nutriva nelle profondità del suo essere per la Madre di Dio. Eccone un esempio:
«Accogliendolo nel tuo seno come Dio, tu sei inferiore al Figlio, che è Dio. Ma generando colui che è ugualmente Dio e uomo, tu sei al di sopra del Figlio in quanto egli è uomo. Quando infatti tu lo accogli, Dio diventa soltanto tuo ospite; ma quando lo concepisci, egli è uomo e Dio insieme, che abita dentro di te».4

4. Creatura sempre vergine

Anche la verginità, accanto alla maternità divina, ha svolto un ruolo importante nella determinazione della sorte gloriosa della Madre del Signore. Il vescovo di Toledo lo sottolinea, quasi per valorizzare una condizione tipicamente femminile che gli ebrei tendevano a squalificare quando la vedevano identificata con la sterilità:
«Una grande gloria ti proviene dal Figlio; altrettanto te ne deriva dal fatto di aver ignorato il rapporto con qualsiasi uomo».5
Conseguentemente Ildefonso mette in guardia i negatori della verginità di Maria con una severa precisazione: attentare alla gloria della Vergine Madre equivale ad una grave mancanza di rispetto nei confronti del Figlio suo. È quanto egli rimprovera a Gioviniano:
«Tu vai dichiarando che egli, nascendo, giunse a deturpare quella Vergine che pure aveva creato privilegiata. Inaridisca allora, me lo auguro, il cuore di chi va meditando simili pensieri».6
Prendendo possesso del seno di Maria nel mistero dell''Incarnazione, il Signore ne ha miracolosamente preservato la condizione verginale anche dopo la sua nascita, giacché egli è l'Onnipotente e può disporre di tale bene a suo piacimento:
«Egli solo ne è uscito ed è il custode di questa porta dalla quale egli soltanto volle uscire. Nessuno entrò insieme a lui e nessuno uscì insieme a lui (cfr. Ez 44,2-3). Nell'introdursi in quella dimora stessa, non la privò delle spoglie del pudore, mentre nell'uscire l'arricchì del privilegio dell'integrità».7
Se Maria fu vergine nel concepire e nel partorire il Figlio di Dio, tale rimase durante tutta la sua esistenza terrena; cosicché la gloria della sua verginità è superiore perfino alla nobiltà degli angeli. Ciò spiega perché il vescovo di Toledo non esiti a fare dichiarazioni superlative sulla grandezza di una creatura nella quale il Creatore ha riversato i suoi doni di grazia più straordinari. Non è raro leggere nel suo trattato affermazioni come la seguente:
«È certo che la sua verginità è rimasta sempre incorrotta, integra, illesa, inviolata. Questa donna è un vaso di santità; è perennità di condizione verginale, Madre di Dio, sacrario dello Spirito Santo e tempio unico del suo creatore».8

5. La Vergine santa e la salvezza dell'umanità

Ildefonso considera il miracolo stesso della maternità verginale non solo un privilegio strettamente legato alla persona di Maria, ma anche un evento che Dio ha ordinato alla salvezza di tutti gli esseri umani:
«Grazie a questa Vergine, tutti gli uomini hanno visto la salvezza di Dio (cfr. Is 52,10; Lc 3,6). Tutte le regioni della terra, grazie a questa Vergine, si sono ravvedute e convertite al Signore. Tutti indirizzano al Signore e al Figlio suo il nuovo cantico della redenzione che viene da lui, giacché egli, nascendo da questa Vergine, ha compiuto cose meravigliose. Il Signore, per mezzo di questa vergine, "ha reso nota la sua salvezza"(Sal 97,2)».9
Egli inoltre precisa che la Vergine stessa deve la sua eccezionale vocazione alla decisione che Dio ha preso di venire sulla terra e di farsi uomo egli stesso per salvare l'umanità intera:
«Per farsi mio redentore è divenuto tuo Figlio. Per diventare prezzo del mio riscatto, la sua incarnazione è divenuta frutto della tua carne; e in essa egli risanò le mie piaghe».10

6. Consacrazione alla Vergine santa

Nell'ultimo capitolo del suo trattato, il vescovo di Toledo rinnova la propria fede nel mistero della maternità divina e verginale di Maria con un testo in cui le ripetute lodi alla Madre di Dio si coniugano con accenti di umile e confidente preghiera. Invoca l'intercessione di questa Madre per ottenere la purificazione dai propri peccati, la grazia dell'amore verso di lei, la rivelazione della dolcezza del suo Figlio divino, la forza di parlare in difesa della verità e di testimoniare la fede in Cristo. A conferma dell'autenticità dei suoi sentimenti Ildefonso pronuncia un vero e proprio atto di donazione o di consacrazione alla Vergine santa, nel quale collega strettamente l'adesione a Dio con quella a Maria; il servizio di lui con quello della Madre; l'obbedienza a Dio con l'obbedienza a Maria. Egli la chiama cooperatrice della sua propria redenzione.11 Ripetutamente conferma la sua volontà di diventare servitore della Vergine santa; di vivere ai suoi ordini e sotto la sua dipendenza, allo scopo di meglio servire il Figlio suo. E assolutamente convinto che «ridonda sul Figlio ciò che viene offerto alla Madre».12 In un'antica biografia di Ildefonso di Toledo, scritta un secolo circa dopo la sua morte, viene riportato il racconto di un'apparizione della Vergine al santo. In segno di gratitudine per quanto questi aveva fatto per diffondere la devozione verso di lei, Maria gli avrebbe regalato una pianeta che il santo avrebbe dovuto indossare nella celebrazione delle feste a lei dedicate.13 Anche se si tratta di una leggenda, il racconto esprime significativamente il rapporto di amorosa devozione stabilitosi tra il servitore fedele e la sua celeste Signora.

NOTE

1 De virginitate perpetua sanctae Mariae è stato pubblicato nell'originale latino da Migne. PL 96, 53-110. 'Ira le altre edizioni rimandiamo a quella curata da J. Campos Ruiz nella  «Biblioteca de Autores Cristiano», Madrid 1971 (con traduzione spagnola). Una traduzione italiana è stata preparata da L. Fatica per la collana «Attesti Patristici» (84), Roma. Città Nuova, 1990. Dei numerosi studi sulla dottrina mariana di lldefonso ricordiamo J. M. Cascante Davila, Doctrina Mariana de S Ildefonso de Toledo, Barcelona 1958; id., La devoción y el culto a Maria en los escritos de S. Ildefonso de Toledo, in CongrZag, voll. III, pp. 223-248; J. M. Canal, Fuentes del «De virginitate sanctae Mariae» de San lldefonso de 'Toledo, in Clar 6 (1966), 115 130; id., San lldefonso de Toledo. Historia y legenda, in EphMar 17 (1967), 437-462; H. M. Koster, lldefons von Toledo als Theologe der Marienverehrung, in CongrZag, vol. III, pp. 197-222; J. Ballesteros Mateos, 'Tratado .. De virginitate Sanctae Mariae» de San lldefonso de Toledo. Estudio teologico de San lldefonso, 1985; TMPM 111, 647-688.
2 1, PL 96, 58 AB.
3 Ibid. 58 D - 59 A.
4 Ibid. 59 A.
5 Ibid.
6 Ibid. 59 D - 60 A.
7 2,61 BC.
8 10, 95 C.
9 4, 67 C.
10 12,105 C.
11 12,105 A.
12 12,108 A.
13 PL 96, 11 C-12 A.

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Inserito Giovedi 20 Ottobre 2011, alle ore 11:00:07 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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