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  Anche nelle Moschee si venera Maria 
Islam

dal libro di Luigi Bressan, Maria nella devozione e nella pittura dell'Islam, Jaca Book, Milano 2011, pp.35-36.



Il punto che certamente è più osservato da tutti i fedeli musulmani che si recano nelle moschee è il mihräb (maharib), ossia la nicchia concava che indica la direzione (qibla) Lella Mecca verso cui sono invitati a dirigere la spropria preghiera. Nella storia e nell'architettura le forme cambiano, ma numerosi sono i casi nei quali tali maharib portano anche delle scritte e in genere esse sono i due versetti del Corano o, più spesso, uno dei due testi che provengono dalla sura III «La famiglia di 'Imran». Il versetto 37 afferma: «Ogni volta che Zaccaria entrava da lei nel tempio (mihräb) trovava presso di lei il cibo necessario». È chiaro che il pronome personale «lei» usato due volte si riferisce a Maria. Il versetto 39 invece afferma: «Mentre egli predava in piedi nel tempio (mihräb) gli angeli gli proclamarono: Dio ti annuncia la buona notizia della nascita di Giovanni».
Ora la scelta dei due testi appare motivata dal fatto che si usa la parola mihräb (tempio, luogo santo) per la nicchia che ricorda la Ka'ba della Mecca, verso la quale deve essere rivolta la preghiera e nello stesso tempo evoca la dimensione religiosa dell'azione che si sta per compiere. Vi si può vedere anche un segno e un augurio della benedizione di Dio che non fa mai mancare quanto è necessario materialmente a coloro che, come Maria, si dedicano pienamente al suo servizio (cfr. versetto 37).
Ma a noi interessa vedere come molti musulmani usino il pronome di Maria cosi tante volte, senza forse nemmeno rendersene conto. Anche il tempio di cui parla il testo coranico evoca quello di Maria. Ora una calligrafia con il versetto 37 compare ad esempio nell'antica moschea di Damasco, edificata tra il 708 e il 715 al posto di una chiesa (sorta sui resti di un santuario pagano), dove i cristiani veneravano e venerano san Giovanni Battista, e ora luogo in cui i musulmani guardano alla Mecca e, rendendo onore a Zaccaria, rendono omaggio anche a Maria.
Da uno studio compiuto sulle principali moschee di Istanbul1, risulta poi che quella del sultano Ahmed, ossia la celebre Moschea Blu, costruita nel 1616 ha entrambi i versetti; tre moschee hanno soltanto il trentanovesimo, ma una buona decina ha il versetto 37 e tra essi si deve contare quella del Suleimano costruita nel 1522 e la stessa Aghia Sophia, che come è noto era chiesa cattedrale, poi trasformata in moschea ed ora resa museo, pur conservando elementi del culto precedente, tra cui il mihräb con la sua scritta.
Le altre moschee di quella città levantina con scritte che ricordano Zaccaria e, sia pure sempre con il solo pronome, anche Maryam sono, in ordine cronologico di costruzione: quella di Sehzade Camii del 1548, dove il versetto è preceduto dalla frase: «Dio altissimo ha detto»; quella di Sokollu Mehmed Paºa Camü del 1551 e quella di Sinan Paºa a Baºiktaº del 1556. Lo stesso testo compare nella moschea di Kilic Ali Paº (Tophane) del 1580, anno in cui fu edificata anche la moschea di Rüstem Paºa Camii, dove il versetto coranico è preceduto dalla frase: «Gloria a lui, Dio altissimo». La moschea di Yeni Camii del 1597 ha pure una frase che precede il versetto «il Dio grandissimo ha detto». Restano ancora la moschea conosciuta come Kalender Camii (i «Kalender» erano un gruppo informale di dervisci nomadi) e quella di Nuruosmaniye del 1755.
Non si tratta dunque di incontrare una pittura della vergine madre Maria nelle moschee attualmente in uso, ma nell'ornata calligrafia, nell'arte sia pure aniconica, in cui il suo nome compare. Del resto, come ricordava il Concilio Vaticano II, anche i musulmani «onorano la madre vergine di Gesù e talvolta la invocano con devozione» (cfr. Nostra Aetate, n. 3).
A Costantinopoli i musulmani trovarono un culto molto diffuso a Maria e ancora oggi i mosaici preservati ce lo testimoniano. Quelli, ad esempio, della Basilica del Salvatore in Chora non soltanto ci parlano dela vita di Maria, ma vi aggiungono eventi che non sono nei Vangeli canonici, ma provengono dal Vangelo apocrifo di Giacomo. Per esempio, in uno di questi mosaici, si vede Maria, assisa nel Tempio, miracolosamente nutrita da un angelo che le porta un pezzo di pane. Certamente era già avvenuto uno scambio culturale interreligioso in Arabia nel VII secolo, che si rinnovò pur in mezzo a distruzioni anche a Costantinopoli e successivamente sulle altre sponde del Mediterraneo.

NOTA
1 J.M. Mérigoux, Les mosaïques de Saint Sauveur in Chora, in «Présence» (rivista della Chiesa Cattolica in Turchia), 23/10 (dicembre 2008), pp. 6-7.


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Inserito Sabato 18 Febbraio 2012, alle ore 10:24:10 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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