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  Chi è Maria? 
Mariologia

Dal libro di Giorgio Gozzelino, Ecco tua Madre! Breve saggio di mariologia sistematica, ElleDiCi, Leumann 1998, pp. 107-121.



1. PROSPETTIVA CRISTOTIPICA ED ECCLESIOTIPICA

La fisionomia di Maria è determinata dalla eccezionalità di un duplice rapporto specifico di ogni cristiano; ella è la donna definita da un rapporto superiore con Gesù e da un rapporto superiore con la Chiesa. Nell'essere legata ad entrambi, si accomuna ad ogni credente; nell'esserlo in modo superiore, si differenzia da tutti.

Rapporto a Gesù
Se si guarda al mistero di Maria dal punto di vista del rapporto con Gesù, si constata:
1. che ella è la creatura che più ha ricevuto e riceve da Gesù;
2. che ella è la creatura che più ha dato e più dà a Gesù;
3. che la seconda asserzione (l'attivo) dipende totalmente dalla prima (il passivo).
Maria è la creatura che più ha ricevuto e più riceve da Gesù, in quanto e perché è la più redenta tra tutte: e qui il pensiero corre immediatamente alla proprietà della concezione immacolata, ma deve allargarsi a tutte le altre qualità, sino alla assunzione e ai suoi effetti, perché tutte e ciascuna sono dovute alla forza (= Spirito Santo) del Signore. Maria è la creatura che più ha dato e più dà a Gesù, perché è sua madre. In lei l'eminenza del dare dipende dalla eminenza del previo ricevere, l'attivo è reso possibile dal passivo. Ella è la forma superiore di realizzazione e di manifestazione della vocazione di «nuova creatura», partecipe della struttura filiale trinitaria che Dio ha conferito agli uomini predestinandoli ad essere una cosa sola con Cristo: struttura che non può essere intesa se non si ricorda che il Figlio è colui che dà origine allo Spirito Santo in forza del suo essere Figlio, ossia del suo essere totale ricezione del Padre; che egli è infinitamente attivo grazie al suo essere infinitamente passivo.

Rapporto alla Chiesa
Se invece si considera il mistero di Maria in relazione alla Chiesa, si constata che ella è:
1. la creatura nella quale la Chiesa comunione realizza il massimo di se stessa;
2. la creatura che più ha dato e più dà alla Chiesa comunione.
La Santa Vergine è la donna in cui la Chiesa, sempre in quanto comunione, è più se stessa (piano dell'essere), perché ne costituisce l'anticipazione e il vertice. Lo attesta la verità del titolo "archetipo" (o "prototipo") della Chiesa. Ella è pure la donna che più ha dato e dà (piano dell'operare) alla Chiesa. Lo ricorda la verità del titolo di "madre della Chiesa". E va notata la congiunzione dell'essere (che è ricevere) all'operare, con la subordinazione del secondo al primo: chiara conferma della strutturazione filiale trinitaria propria della sua fisionomia di salvata.

Particolarità delle due prospettive
Prendiamo atto che entrambi gli approcci sono validi e necessari, ma che i loro rispettivi punti di vista risultano tanto differenti da originare delle impostazioni quasi inverse.
a) La considerazione preferenziale del mistero di Maria nell'ottica del rapporto al Cristo, correntemente chiamata prospettiva cristotipica, colloca Maria accanto a Cristo di fronte alla Chiesa; parla di lei all'interno della cristologia od in immediata connessione con essa; dà grande risalto al parallelismo riscontrabile tra le qualità di Maria e le proprietà di Gesù; mette in primo piano il titolo che meglio e più profondamente dà voce al rapporto speciale della Vergine al Cristo, quello di madre di Dio; e sottolinea la superiorità di Maria rispetto alla Chiesa, rimarcando la sua distanza da ogni suo altro membro.
b) La considerazione preferenziale del mistero di Maria nell'ottica del rapporto con la Chiesa, correntemente chiamata prospettiva ecclesiotipica, colloca Maria di fronte al Cristo dalla parte della Chiesa e quale sua punta104; parla di lei all'interno della ecclesiologia; privilegia il parallelismo delle qualità della Vergine con quelle della Chiesa; pone l'accento sul primato, inculcato dal Nuovo Testamento e dalla tradizione patristica, della maternità di fede di Maria sulla sua maternità fisica; mette in rilievo il titolo che meglio manifesta la esemplarità della Madonna e il suo rapporto alla comunità credente, quello di archetipo della Chiesa; e sottolinea la sua vicinanza a noi.

Le ragioni di una scelta
a) Quale delle due prospettive merita di essere preferita? Conviene privilegiare la prospettiva cristotipica, ricuperando al suo interno le istanze dell'altra, o è meglio operare il contrario105?
Premettiamo che non si tratta affatto di un problema sterilmente teoretico o speculativo nel senso deteriore del termine, o comunque di poco conto. Come in cristologia l'integra identità di Gesù nell'unità delle sue due dimensioni è raggiungibile solo a partire dal divino per concludere nell'umano (= cristologia dall'alto) o viceversa (= cristologia dal basso), e i due movimenti, per quanto legittimi e irrinunciabili, non riescono a risultare simultanei, per cui l'impostazione va giocata su uno dei due con l'obbligo di incorporare le istanze dell'altro; come nel trattato sulla Trinità avviene altrettanto per la doppia dimensione dell'unità o della distinzione, con la conseguente diversificazione dell'approccio che privilegia l'unità (= Trinitas in unitate, prevalente in Occidente) dal suo inverso (= Unitas in Trinitate, prevalente in Oriente), così il duplice rapporto al Cristo ed alla Chiesa che definisce Maria comporta, assieme alla validità e irrinunciabilità delle due corrispondenti prospettive, la necessità di una impostazione stabilita, con le stesse esigenze di complementarità, sulla scelta preferenziale dell'una o dell'altra. Si tratta quindi di una decisione obbligata, che non può essere aggirata né tentando di ridurla al rango di un falso problema, né optando per una via di presunta neutralità che semplicemente non esiste. Dà conferma alla inevitabilità della questione il suo riproporsi sul versante della preghiera e della devozione, sotto forma di una tensione dialettica tra chi è perennemente timoroso di dare troppo poco alla Madonna (= massimalismo del de Maria numquam satis)106 e chi ha costantemente paura di concederle troppo a scapito di Cristo o della Chiesa (= minimismo del de Maria nuch est satis)107. Va da sé che nessuna delle due impostazioni appare priva di vantaggi o immune da inconvenienti108. La prospettiva cristotipica mette al sicuro la singolarità di Maria; assicura alla qualità della maternità divina il posto eminente che le viene concesso dalla documentazione biblica e dalla tradizione della Chiesa; ed esorcizza in radice qualsiasi concezione a se stante (o slegata dal Cristo) del mistero di Maria. Tuttavia, presta il fianco ad una inaccettabile attenuazione della incomparabilità di Gesù; tende a scavare una distanza tra Maria e la Chiesa che ne mortifica la valenza esemplaristica tanto ribadita dal Nuovo Testamento; spiana la strada alla adozione di quel metodo deduttivo che spesso l'ha trasformata in un artificioso prodotto da laboratorio; ed incentiva il desiderio di moltiplicarne oltre misura i titoli. La prospettiva ecclesiotipica si pone al riparo da questi pericoli, ma corre il rischio di sottovalutare l'unicità del tipo di rapporto di Maria con il Cristo.
b) Considerando l'insieme, ci pare si possa concludere che i pericoli dell'approccio cristotipico, soprattutto il primo, risultano più gravi di quelli dell'approccio ecclesiotipico. Mettere Maria di fronte alla Chiesa al fianco di Cristo equivale a far torto sia a Gesù, sia a lei stessa, sia alla Chiesa109. A Gesù, perché tende ad abbassarlo al livello, infinitamente inferiore, della Madonna. A lei stessa, perché propende a farne una presenza alternativa a quella del Figlio, e a renderla pressoché inaccessibile ai credenti o perlomeno inimitabile. Alla Chiesa, perché distacca la comunità credente dalla sua realizzazione più alta. Sulla base di tale constatazione, ferma restando la viva coscienza sia della legittimità della opzione inversa sia dei rischi di quella prescelta, riteniamo preferibile la prospettiva ecclesiotipica.
« Non senza fruire del conforto delle scelte del Vaticano Il, a riguardo del quale constatiamo: «In conformità all'intento esplicitamente dichiarato di non "dirimere le questioni non ancora pienamente illustrate dal lavoro dei teologi" (LG 54), il capo VIII ha rispettato tutte e due le tendenze. Nella prima parte ha posto Maria dalla parte del Cristo, legando la sua funzione nella economia della salvezza alla specialità del suo rapporto con Gesù. Nella seconda ha dato ampio sviluppo al tema della relazione di Maria con la Chiesa. Così, ha impostato un orientamento che in seguito diverrà prevalente, quello appunto della composizione delle due posizioni in un insieme che trascende gli esclusivismi dell'una e dell'altra. Nel medesimo tempo, ha messo la trattazione riguardante Maria (e lo ha fatto con consapevolezza della portata della scelta) nella parte conclusiva della costituzione della Chiesa, compiendo con ciò stesso una opzione a favore di una sistematica ad impianto ecclesiologico, che incorpora le istanze del cristotipismo a partire da quelle dell'ecclesiotipismo. Dunque, l'unitarietà esiste, si organizza attorno al polo della ecclesiologia, e si apre a tutte le sollecitazioni della cristologia»110. « Ribadisce la validità della scelta ecclesiotipica J. Ratzinger, là dove annota: «G. Söll, nel suo imponente volume sulla storia dei dogmi, a conclusione della sua analisi storica ha difeso la correlazione della dottrina mariana e la soteriologia contro una impostazione ecclesiologica. Senza voler sminuire la straordinaria portata di quest'opera o il peso dei suoi risultati storici, ritengo tuttavia esatta la risoluzione diversamente architettata dei padri del Vaticano II, sia a partire da una prospettiva sistematica che da una prospettiva storica generale»111.

L'identità di Maria
Alla luce della logica sottesa all'opzione per la prospettiva ecclesiotipica, rispondiamo alla domanda chi è Maria? dicendo: è la creatura nella quale Dio ha realizzato la forma più alta della Chiesa quale caparra del Regno (= Chiesa comunione); è la figlia per eccellenza nel Figlio incarnato. Tutte le sue qualità si rapportano a questo nucleo e su di esso si chiariscono. A chi chiede: quale posto compete a Maria nella storia della salvezza?, diciamo: l'identico posto, in maniera eminente, che spetta alla Chiesa comunione. Alla questione: quale posto deve avere la Madonna nel pensiero e nella vita dei credenti?, rispondiamo: il posto, ma sempre in forma eminente, che compete alla Chiesa comunione.

Mariologia e senso della Chiesa
a) Siamo al motivo della profonda circolarità che lega la devozione alla Vergine con la dedizione alla Chiesa. Chi lascia in ombra il rapporto a Maria, pone più o meno consapevolmente al posto dell'ottica cattolica del rapporto comunitario noi e Voi (credenti e Dio Trinità) la prospettiva monca e a corto respiro del rapporto intimistico io e Tu, rovesciando la base specificamente trinitaria del cristianesimo e minando le fondamenta della Chiesa. Viceversa, chi vive di Maria, assimila la percezione che non si accede al Padre se non con e mediante i fratelli: giacché, altrimenti, quale bisogno ci sarebbe di lei? Il rilievo concesso alla Vergine alimenta la percezione che non esiste salvezza se non con la Chiesa e nella Chiesa. Vedendo la Chiesa in Maria e Maria nella Chiesa, si impara ad amarle e a comprenderle entrambe.
b) E ci si ritrova per ciò stesso maggiormente congiunti al Cristo, poiché tutto ciò che la Chiesa e Maria sono ed hanno è dovuto a Gesù, ed «un aut-aut tra Cristo e Maria è altrettanto impossibile e assurdo dell'aut-aut tra Cristo capo e la Chiesa suo corpo. Se Cristo venisse artificiosamente reciso da sua madre o dalla sua Chiesa, perderebbe nella pietà cristiana la sua afferrabilità storica, divenendo qualcosa di astratto, un aerolito caduto dal cielo per risalirvi subito senza mettere radici nella tradizione passata e futura degli uomini»112.


2. MARIA LUCE DEI VIVENTI


La prospettiva ecclesiotipica vede nella Madonna la manifestazione più alta dei valori definitivi della Chiesa e della umanità. Per ciò stesso, mette grandemente a frutto la fondamentale dimensione antropologica della mariologia, quella che, in sostanza, pennette di trovare in essa, una eminente ripresentazione in chiave esistenziale, e cioè nel vissuto di una persona che l'ha accolto in pienezza, del mistero della grazia di Cristo studiata dal rispettivo trattato teologico.

Le proprietà di Maria in noi
Le qualità distintive della Madonna sono dette privilegi: termine che è legittimo se intende designare non delle realtà che le appartengono in esclusiva, bensì delle proprietà che si avverano in lei più profondamente di quanto sia avvenuto, avvenga e possa avvenire, in qualsiasi altro soggetto della storia della salvezza. Per ciascuno dei privilegi di Maria si riscontra, infatti una parallela proprietà del cristiano che in tutto o in parte ne riproduce i contenuti, pur se a livello inferiore; e da esso trae sostanza. Per dirla in dettaglio: alla concezione immacolata corrisponde la destinazione previa (o predestinazione) di ogni creatura in Cristo; alla santità totale di Maria fa da parallelo la santità parziale, ma autentica, del credente; alla maternità divina si riconnette la generazione del Signore prodotta dalla fede; alla verginità quale oblazione di amore, si riporta la consegna di se di ogni vero credente; e quale speciale situazione di concentrazione su Dio, si assimila la condizione di vita consacrata; alla corredenzione rimanda l'apertura del singolo alla capacità ricapitolativa (o di «rappresentanza») della Vergine, nella pratica della «fede appropriazione»113, od esercizio del diritto di godere della «imputazione intrinseca dei meriti di Gesù e dei santi»; alla assunzione corrisponde la glorificazione consecutiva alla morte del credente, con la trasfigurazione del corpo attesa per la fine dei tempi; alla maternità spirituale universale si collega il sostegno prestato agli uomini in terra dai santi del cielo; all'essere archetipo della Chiesa fa da corrispettivo la capacità (dovere) di ogni credente di farsi specchio verace dell'essere cristiano e sostentamento del suo sviluppo; al culto di Maria si riportano il culto dei santi e la stima e venerazione delle persone più spirituali.

Una formula riassuntiva
In Maria, icona della Chiesa, diventa palese il principio della eminenza nella comunanza che costituisce il cuore della ecclesiologia di comunione proposta con forza dal concilio Vaticano II. Principio esprimibile nella sequenza in quattro stichi:
- nella Chiesa tutti hanno tutto;
- ma ciascuno a modo proprio;
- e per ogni valore esiste un vertice (gruppo o singolo) che lo invera in forma eminente;
- a beneficio di tutti114.
Nel caso in questione, va detto:
- nella Chiesa tutti hanno qualcosa delle proprietà distintive di Maria;
- ma ciascuno le possiede a modo proprio;
- ed esiste un vertice (precisamente lei stessa) che ne dispone in una modalità di pienezza;
- a vantaggio di tutti.
Ciò significa, e siamo alla formula che riassume le valenze antropologiche della mariologia, che: Maria è più di noi (istanza portante della prospettiva cristotipica), quello che noi siamo (istanza portante della prospettiva ecclesiotipica), a nostro beneficio. Per questo, «nel leggere ciò che riguarda la Madonna nella Bibbia, la Chiesa ha seguito, fin dal tempo dei Padri, un criterio che si può esprimere così: "Maria, vel Ecclesia, vel anima", Maria, ossia la Chiesa, ossia l'anima. Il senso è che quello che nella Scrittura si dice specialmente di Maria, va inteso universalmente della Chiesa e ciò che si dice universalmente della Chiesa va inteso singolarmente per ogni anima credente»115.


3. IL SEGRETO DI MARIA

Una domanda provocatoria
Un ultimo audace interrogativo, che conduce al cuore del mistero della Vergine Madre cercando di penetrare nell'intimo del disegno del Padre a suo e nostro riguardo, è il seguente: perché mai Dio ha voluto Maria vertice della Chiesa? Per quale motivo esiste, dopo tutto, un apice della Chiesa comunione? A quale logica risponde la superiorità della Madonna rispetto ad ogni altro? Ricordando che la vocazione di Maria è già iscritta nell'avvio della sua esistenza, potremmo dar voce alla stessa richiesta domandando provocatoriamente: per quale ragione ella è concezione immacolata e noi non lo siamo?

Rapporto cristologico e stampo trinitario
La risposta punta a cogliere il segreto di Maria, e quindi risulta tanto misteriosa quanto il disegno di Dio su di lei e sul mondo: ma non inaccessibile, come e perché, per grazia, tale non è quel disegno, che infatti è stato svelato in Cristo.
a) Una prima indicazione proviene dalla constatazione della capacità della proprietà della maternità divina a porsi come ragione (o principio primo di giustificazione e di interpretazione) di tutte le altre qualità di Maria. Se Dio fa tutto facendo fare tutto, se egli non agisce mai se non cooptando le sue creature trinitariamente (visto che egli si autocomunica agli uomini a tale livello e solo in esso, ossia solo nella maniera più profonda possibile)116, bisognava da una parte, che l'incarnazione (nella sua doppia e gerarchizzata dimensione di dono del Padre e di liberazione dal peccato) fosse anche opera dal basso, esito della azione umana; e dall'altra, che si compisse tramite una persona ricapitolativa dell'umanità che risultasse tra tutte la meno distante dalla infinita trascendenza divina. E questo è quanto Dio ha realizzato in Maria di Nazaret. Esiste un vertice della Chiesa comunione perché Dio salva gli uomini attraverso gli uomini, e perché il fatto che Cristo costituisca la chiave di volta e l'apice della azione salvifica divina richiede che l'anello che lo salda direttamente all'umanità sia il più prossimo alla sua trascendenza, e quindi il più alto tra tutti.
b) Assieme peraltro si impone una seconda indicazione, già emersa (stante l'indivisibilità del mistero del Cristo dal mistero della Trinità)117 dalla prima, ed ora da porre nel dovuto rilievo: a giudizio della quale, la chiave di interpretazione della singolarità di Maria va cercata ultimamente nel fatto rivelato della creazione dell'uomo ad immagine dell'unico vero Dio, Padre di Gesù nello Spirito (= Trinità), come condizione di realizzazione dell'esclusivo tipo di comunione (precisamente quello trinitario) che Dio ha scelto di stabilire con le sue creature. Come un guanto può essere calzato da una mano solo a condizione di avere la forma della mano, così la creatura può fare unità con il Padre di Gesù nello Spirito solo a patto di possederne la struttura, precisamente lo stampo trinitario dell'unità nella pluralità gerarchizzata. Tale struttura, od immagine, si riscontra in ogni singolo uomo e in tutta l'umanità, e si visibilizza esplicitamente nella santa Chiesa di Dio. C'è da attendersi che si ritrovi in ogni dimensione essenziale della comunità credente; e che si verifichi coerentemente a modo di unità stabilita dalla subordinazione ad un apice: così come il Figlio e lo Spirito Santo sono una sola realtà con il Padre nella totale dipendenza da Lui. Orbene, questa aspettativa riceve dalla specifica costituzione della Chiesa una completa conferma. In essa, infatti, si vede che:
- la dimensione sacramentale-istituzionale fa capo al vertice costituito dal sacramento della Eucaristia, e viene sostentata in modo eminente dal servizio del ministero ordinato;
- la dimensione carismatico-istituzionale si esprime al massimo della visibilità nella presenza della vita consacrata;
- la dimensione del rapporto al mondo trova la sua risposta più diretta nella missione del laicato secolare;
- la dimensione della santità soggettiva giunge al livello più alto di attuazione precisamente nella Santa Vergine.
La ragione ultima, dunque, per cui Maria è il vertice della Chiesa comunione risiede nel fatto che la Chiesa comunione si modella sulla identità ultima, o trinitaria, di Dio. Il segreto di Maria va cercato nello stampo trinitario della umanità, richiesto dal tipo di comunione con Dio a cui ogni uomo è chiamato, ed eminentemente manifestato dalla Chiesa quale «sacramento del mondo»118.

NOTE
104 Siamo ad una delle idee dominanti nella enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris Mater, del 25 marzo 1987.
105 Mentre l'introduzione delle due denominazioni (prospettiva cristotipica ed ecclesiotipica) risale ad un articolo di H. KOSTER pubblicato in AA.VV., Maria et Ecclesia, vol. II, Pontificia Academia Mariana Internationalis, Roma 1958, pp. 21-49, l'esplicitazione del problema correlativo ha preso le mosse dal Congresso mariologico internazionale di Lourdes, del 1958, determinando un dibattito in seguito correntemente denominato questione mariana: cf R. LAURENIN, La Madonna. Questioni di teologia, Morcelliana, Brescia 1964.
106 Di Maria non si parla mai abbastanza.
107 Di Maria ora ne abbiamo abbastanza.
108 Cf  R. LAURENTIN, La Madonna. Questioni di teologia, o. c., specialmente pp. 51-76.
109 «Ci sono buone ragioni per separare la Madonna dai Santi; ma ce ne sono anche altre per tenerla insieme. La principale è che la Madonna e i Santi sono dello stesso genere. Diversamente da Gesù Cristo, che costituisce un genere a sé. Quindi la demarcazione fondamentale pone Gesù Cristo da un lato e tutti gli uomini dall'altro compresi i Santi e la Madonna. Tra Dio e gli uomini, unico "mediatore", Dio e uomo insieme, è Gesù Cristo. Tutti gli altri ricevono da lui, tutto» (G. COLOMBO, L'ordine cristiano, Glossa, Milano 1993, p. 67).
110 G. GOZZELINO, Maria negli orientamenti della teologia attuale dal  Concilio Vaticano II alla Marialis Cultus e al suo seguito,  in A. PEDRINI (ed), La Madonna dei tempi difficili, Las, Roma 1980, p. 47.
111 J. RATZINGER, Considerazioni sulla posizione della mariologia e della devozione mariana nel complesso della fede e della teologia, in H. U. VON BALTHASAR - J. RATZINGER, Maria chiesa nascente, Paoline, Roma 1981, pp. 15-38, qui 27. Il saggio di G. Soll menzionato dall'autore è Storia dei dogmi mariani, Las, Roma 1981.
112 H. U. VON BALTHASAR, Maria nella: dottrina e nel culto della Chiesa, in ID - J. RATZINGER, Maria chiesa nascente, o. c. p 67.
113 R. CANTALAMESSA, La vita nella signoria di Cristo, Ancora, Milano 19916, pp. 69-73.
114 Cf G. GOZZELINO, Nel nome del Signore. Teologia del ministero ordinato, ElleDiCi, Leumann (Torino) 1992, pp. 52-54.
115 R CANTALAMESSA, Maria, uno specchio per la Chiesa, Ancora, Milano 1992, p. 55.
116 Approfondimenti in G. GOZZELINO, Il mistero dell'uomo in Cristo. Saggio di protologia, ElleDiCi, Leumann 1991, pp. 54-73; ID., Trinità: rompicapo o mistero di vita?, in L'Ora di Religione 7 (1994) n. I, 8-11.
117 Stante il fatto, cioè, che il motivo decisivo della incarnazione del Figlio sta nel rendere possibile, in tutta verità, ossia nello Spirito Santo, l'accesso degli uomini alla comunione con il Padre: cf Gv 14.
118 Giacché «la Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» (LG 1).
 

 

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Inserito Domenica 4 Marzo 2012, alle ore 20:14:57 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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