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  La presenza di Maria nella «Verbum Domini» di Benedetto XVI 
Magistero

Un articolo di Luca M. Di Girolamo, in Riparazione Mariana, n1 - 2012, pp. 4-6.



Dopo la «Deus caritas est» (2005), la «Spe Salvi» (2007) e la «Caritas in veritate» (2009), Benedetto XVI prosegue il suo magistero petrino riprendendo e approfondendo, sulla scorta degli insegnamenti conciliari e dei lavori della XII Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi del 2008,1 il tema della parola di Dio con un’esortazione apostolica dal significativo titolo di «Verbum Domini» (= VD). Si tratta di un documento molto esteso (124 paragrafi), diviso in tre parti precedute da un’Introduzione e seguite da una Conclusione, che mostra l’incidenza della Rivelazione nella vita della Chiesa. Nel documento, la parola di Dio viene osservata in sé (I parte), nella Chiesa (II parte) e nel mondo (III parte), e appare chiaro che, trattando della Rivelazione, a Maria viene dato giusto risalto proprio per il suo ruolo, evidenziato in ognuna delle tre parti. In tal senso, Benedetto XVI conferisce validità all’asserto del suo predecessore, il beato Giovanni Paolo II († 2005) che, nella «Tertio millennio adveniente», parlava di ‘presenza trasversale’ di Maria nella Chiesa.2 In questo contributo vogliamo illustrare i tre contesti, differenti per estensione e intensità, in cui viene menzionata la Vergine Maria e come la sua presenza incida, in modo diversificato, nelle diverse componenti della vita della Chiesa.

Parola di Dio e fede

Si impone per la Chiesa anzitutto un rinnovamento che le può derivare solo dal legame inscindibile con la parola di Dio e, per questo motivo, «è necessario guardare là dove la reciprocità tra Parola di Dio e fede si è compiuta perfettamente, ossia a Maria Vergine».3 Maria quindi appare la donna nuova, indice di un salutare rinnovamento per la Chiesa. Idea non nuova questa, se si pensa come tutta la spiritualità mariana medievale e, in particolare, gli ordini monastici e successivamente i mendicanti insistono su questo fattore proveniente da Lc 1,26-38.4 Proprio per il carattere obbedienziale della fede, Maria si costituisce donna nuova, segno di una nuova era dominata dal Signore, Alfa e Omega del tempo e della storia (cf Ap 21,6). Abbiamo, quindi, in Maria un segno di continuità (dall’Annunciazione alla Pentecoste) che deve trovare il corrispettivo nella vita della Chiesa attraverso due modalità. La prima è costituita dall’invito agli studiosi di mariologia ad approfondire il rapporto con la teologia della Parola. Un approfondimento modellato su Maria «figura della Chiesa in ascolto della Parola di Dio e al contempo segno dell’apertura per Dio e per gli altri; ascolto attivo che interiorizza, assimila, in cui la Parola di vita diviene forma della vita».5 Un’affermazione in linea con quanto il Concilio Vaticano II aveva detto di Maria come di colei che raduna e, in un certo senso, riverbera i massimi dati della fede.6 La seconda modalità è di natura esistenziale e viene illustrata da Benedetto XVI attraverso il cantico di Maria. Nel Magnificat - dice il Papa - si assiste come ad una sorta di identificazione di Maria con la parola di Dio,7 in quanto la creatura loda l’Onnipotente attraverso la sua stessa Parola. Tale carattere esistenziale si trasferisce agevolmente dall’esperienza di Maria a quella della Chiesa e dell’umanità, luogo in cui l’azione di Dio resta viva. Proprio avendo Maria come modello di fede, è possibile il rinnovamento per l’intero popolo di Dio, ma anche per il singolo credente che si nutre della Parola e dei sacramenti. Un rinnovamento che è il riaccadere quotidiano della concezione e generazione di Cristo in noi.8

Preghiera mariana: forma e dimensione ecumeniche

 L’elemento della preghiera e della lode, appena accennato al n. 28, torna nella II parte dell’esortazione al n. 88, dove il Papa si sofferma sull’importanza della preghiera soprattutto nell’ambito familiare. Due elementi vengono ad incontrarsi sotto il comune denominatore di Maria: da un lato, la pluralità delle forme e, dall’altro, l’indole ecumenica. Per il primo punto, la pluralità delle forme appare essenzialmente come «aiuto a meditare i santi misteri narrati dalla Scrittura».9 In particolare il Rosario, corredato dalla lettura-meditazione di brevi testi biblici per favorire anche una facile memorizzazione di profonde espressioni scritturistiche. Non meno importante poi appare l’Angelus Domini che è la memoria quotidiana dell’Incarnazione, preghiera da recitarsi per chiedere a Dio «che per intercessione di Maria sia dato anche a noi di compiere, come lei, la volontà di Dio ed accogliere in noi la sua Parola».10 Altrettanto intenso è lo sguardo rivolto dal Papa alle Chiese dell’Oriente cristiano in cui si celebrano le preghiere mariane dell’Akathistos e l’Ufficio della Paraklisis che, «intrisi di fede ecclesiale e di riferimenti biblici […], aiutano i fedeli a meditare insieme a Maria i misteri di Cristo».11 La stessa struttura poetica di queste preghiere, pur nella loro diversità,12 favorisce la memorizzazione di quegli episodi biblici sui quali esse sono costruite. Ciò che più conta in tali forme di celebrazione è il beneficio che il cristiano ne consegue: è essenzialmente un dono di disponibilità per poter accogliere completamente quella pace che è condensata nella persona di Cristo «nato da Maria per la nostra salvezza».13 Leggendo attentamente il n. 88 ritroviamo ribadita, sebbene con un’altra angolatura, l’affermazione di una Chiesa e di un’umanità che vedono una loro realizzazione nell’ispirarsi a Maria. Dalla Scrittura si passa ora alla preghiera, ma entrambe mostrano un inscindibile e reciproco legame, visibile in Maria e finalizzato alla maturazione umana e spirituale del credente.

Maria e la gioia

 La gioia è uno dei concetti più ricorrenti nei discorsi e negli scritti di Benedetto XVI. Nell’ultimo numero della VD, il Pontefice considera la maternità di Maria sotto l’ottica della gioia. Cosa è questa gioia? Essa è essenzialmente il dono di comunione che la Parola porta con sé e che proviene dal cuore della vita trinitaria e si effonde sull’umanità e sulla Chiesa. È chiaro che si tratta di un dono «che il mondo non si può dare», per cui, prosegue il Papa, «si possono organizzare feste, ma non la gioia».14 La dimensione gioiosa propria della parola di Dio è perciò posta in evidenza da Maria attraverso tre testi lucani che uniscono fede-ascolto- gioia: la Visitazione (Lc 1,45), la parentela che è possibile instaurare con Cristo sulla base dell’ascolto-attuazione della sua Parola (Lc 8,21) e la risposta data da Gesù alla donna anonima che proclama la beatitudine di sua madre, ma che egli allarga a coloro che ascoltano la Parola e la osservano (Lc 11,28). Se il primo testo si concentra solo sulla Madre del Signore, gli altri due aprono alla dimensione comunitaria che è propria dell’intero mistero della salvezza. Partendo dalla considerazione di Lc 11,28, in cui l’evangelista mostra la vera grandezza di Maria «aprendo […] a ciascuno di noi la possibilità di quella beatitudine che nasce dalla Parola accolta e messa in pratica»,15 Benedetto XVI può ampliare il suo invito a tutti gli uomini (credenti cristiani e lontani) affinché riscoprano, nel contatto e nella meditazione della Scrittura, l’annuncio della salvezza portatore di gioia. Solo così è possibile attuare a livello comunitario quel rinnovamento esplicitato dalla persona di Maria, donna del silenzio e della riflessione sulla Parola, che guida con il suo esempio l’intero popolo di Dio all’incontro finale dello Sposo con la Sposa, annunciato al termine della Scrittura (cf Ap 22,17.20). La sobrietà e la ‘discrezione stilistica’ che contraddistinguono Benedetto XVI nei riferimenti alla Madre del Signore, non gli impediscono di fissare in modo molto preciso i diversi caratteri attraverso i quali si articola il legame tra Maria e la storia della salvezza. Ciò appare anche nella VD, dove la trattazione del Papa rivela il suo carattere teologico-fondamentale soprattutto nel sottolineare il tema della fides ex auditu (cf Is 53,1 e Rom 10,17), della fede che deriva dall’ascolto e che deve divenire norma di vita pratica. Questa fede rifulge singolarmente in Maria, ma la proposta della Parola è aperta a tutti affinché tutti possano trarne la ricchezza che le è propria. Il «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37) è sempre attuale e capace di trasformare i nostri cuori, talvolta refrattari per il peccato, e renderli disponibili all’ascolto della Parola che continua ad incarnarsi, in certo modo, in ognuno di noi.16 In tal senso, l’ascolto e l’attuazione della Parola, così come risplendono in Maria, invitano ad una partecipe collaborazione con quel Dio che esercita il suo dominio di amore e di servizio verso il mondo e, in particolare, verso l’uomo che si muove tra tante difficoltà. Così ha agito Maria (cf Gv 2,1-12) ed il riflesso del suo atteggiamento deve potersi scorgere nella comunità credente e nel singolo.

NOTE
1 Cf BENEDETTO XVI, Verbum Domini (= VD), n. 1, LEV, Città del Vaticano 2010, p. 4. Significativa anche la data di pubblicazione: 30 settembre 2010, memoria di S. Girolamo († 419), grande autore della Vulgata.
2 Cf GIOVANNI PAOLO II, Tertio millennio adveniente, n. 43, in Enchiridion Vaticanum (= EV), Dehoniane, Bologna 1997, 14/1794. La trasversalità di cui parla il Papa polacco è riferita alla vita della Chiesa nella fase preparatoria al terzo millennio.
3 BENEDETTO XVI, VD, n. 27, cit., p. 57.
4 Cf G. M. BESUTTI, Maria II. Istituti religiosi maschili, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. V, p. 918.
5 BENEDETTO XVI, VD, n. 27, cit., p. 59.
6 CONCILIO VATICANO II, Lumen gentium n. 65, in EV, cit., 1/441.
7 Questa sorta di identificazione di Maria con la Parola è presente in qualche autore del Medioevo come, ad esempio, Aelredo di Rievaulx († 1167) che unifica nell’immagine della stella la Scrittura e la Vergine Madre.
8 BENEDETTO XVI, VD, n. 28, cit., pp. 60-61.
9 BENEDETTO XVI, VD, n. 88, cit., p. 173.
10 Ibidem, cit., p. 174.
11 Ibidem, cit., p. 175.
12 Rispetto all’Akathistos, la Paraklesis è di indole più popolare e meno elaborata.
13 BENEDETTO XVI, VD, n. 88, cit., p. 175.
14 BENEDETTO XVI, VD, n. 123, cit., p. 230. Il tema della gioia non è estraneo al Magistero ecclesiale: Paolo VI, nel 1975, ne ha fatto oggetto di un’esortazione apostolica dal titolo «Gaudete in Domino». In essa, la gioia appare come la risultante di tre componenti: l’amore di Dio per il mondo, la presenza/azione dello Spirito Santo e il cammino verso la trasfigurazione nel solco della Pasqua. A tale documento e ai suoi risvolti mariani abbiamo dedicato uno studio apparso in Marianum 70 (2008), pp. 315-54.
15 BENEDETTO XVI, VD, n. 124, cit., p. 231.
16 Cf CONCILIO VATICANO II, Gaudium et spes, n. 22, in EV, cit., 1/1386.

 

Inserito Mercoledi 8 Agosto 2012, alle ore 16:47:51 da latheotokos
 
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