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  Vivere con Maria l'Anno della Fede  
Chiesa

Un articolo di Antonio Ucciardo, docente all'I.S.S.R. "S. Luca" di Catania, dal sito del Servizio Ecclesiale di Formazione Teologica (SEF)




"Coloro che in ogni generazione, fra i diversi popoli e nazioni della terra, accolgono con fede il mistero di Cristo, Verbo incarnato e Redentore del mondo, non solo si volgono con venerazione e ricorrono con fiducia a Maria come a sua madre, ma cercano nella fede di lei il sostegno per la propria fede. E appunto questa viva partecipazione alla fede di Maria decide della sua speciale presenza nel pellegrinaggio della Chiesa, quale nuovo popolo di Dio su tutta la terra." (B. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Mater, 27). L'Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI, costituisce per la Chiesa un particolare momento di grazia. Da una parte essa vuole fare memoria di eventi che appartengono al suo peregrinare (apertura del Concilio Vaticano II e promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica), dall'altra intende ripercorrere la storia della fede e tenere " fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,2)" (Benedetto XVI, Lettera Apostolica Porta fidei, 13)La Lettera d'indizione dell'Anno così presenta il ruolo paradigmatico della Vergine in questo percorso di rinnovata comprensione della fede: "Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione (cfr Lc 1,38). Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui (cfr Lc 1,46-55). Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità (cfr Lc 2,6-7). Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode (cfr Mt 2,13-15). Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota (cfr Gv 19,25-27). Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore (cfr Lc 2,19.51), lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo (cfr At 1,14; 2,1-4)" (Porta fidei, 13).
La fede viene qui presentata come ascolto, come obbedienza, come canto di lode, come sequela, come presenza fedele, come trasmissione, come disposizione all'accoglienza del dono del Paraclito. Da notare come Benedetto XVI includa nella descrizione della fede di Maria anche il suo parto verginale e la custodia sollecita del Figlio davanti alla persecuzione. Il Santo Padre richiama pure la duplice notazione trasmessaci da Luca: "Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore" (Lc 2, 19. Cf anche v. 51). L'evangelista, che si è premurato di informarci della sua opera di raccolta delle testimonianze, e quindi sull'attenzione riservata agli avvenimenti (cf. Lc 1,1), scrive: "Maria confrontava tutte queste cose". Impiega diatiréo (custodire attraverso) al v. 51, symballo (mettere assieme) al v. 19, dove compare synteréo (custodire in memoria), e il plurale neutro ta rémata, che indica, insieme, eventi e parole. Commenta Benedetto XVI: " Il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e della maternità di Maria è così grande da richiedere un processo di interiorizzazione, non è solo qualcosa di fisico che Dio opera in Lei, ma è qualcosa che esige una interiorizzazione da parte di Maria, che cerca di approfondirne l’intelligenza, di interpretarne il senso, di comprenderne i risvolti e le implicazioni. Così, giorno dopo giorno, nel silenzio della vita ordinaria, Maria ha continuato a custodire nel suo cuore i successivi eventi mirabili di cui è stata testimone, fino alla prova estrema della Croce e alla gloria della Risurrezione. Maria ha vissuto pienamente la sua esistenza, i suoi doveri quotidiani, la sua missione di madre, ma ha saputo mantenere in sé uno spazio interiore per riflettere sulla parola e sulla volontà di Dio, su quanto avveniva in Lei, sui misteri della vita del suo Figlio" (Catechesi all'udienza generale del 17 agosto 2011). Maria custodiva, perciò, attraverso un saper mettere assieme le parole e gli eventi di cui era testimone. Così Ella rispondeva, con la sapienza del cuore, al dono di Dio.

Comprendiamo bene quanto la descrizione lucana voglia trasmettere ai credenti. Viene indicato quell'esercizio sapienziale dell'ascolto, attraverso il quale la fede, che è risposta obbediente a Dio, diviene anche strumento di lettura del proprio cammino e delle vicende nelle quali la Chiesa adempie la sua missione. Viene indicato, in altri termini, quale debba essere il rapporto tra la propria vita ed il Mistero di Dio rivelato in Cristo, affinché anche in coloro che sono stati chiamati alla fede, si realizzi quanto S. Agostino osservava nel commentare le parole di Gesù riportate in Lc 11,28: "Anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e l'ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria, Cristo è carne nel grembo di Maria. Conta di più ciò che è nella mente di ciò che è portato nel grembo"(Discorso 25, 7-8). Si comprende così pure il riferimento al parto verginale, a quel mistero centrale della nostra fede che si è compiuto nel tempo per mezzo dell'obbedienza dell'umile serva del Signore. A questa missione Maria è stata ordinata in virtù dell'elezione divina e del singolare privilegio dell'esenzione dal peccato originale. Casta nella mente e nel cuore, Ella ha potuto donare al Verbo l'accoglienza del suo grembo verginale, diventando non solo la madre di Dio, ma anche il modello sublime della Chiesa, chiamata ad essere sposa di Cristo e Madre dei figli generati dall'offerta della Sua vita. Proprio per questo il B. Giovanni Paolo II ha potuto rileggere la descrizione evangelica del cammino di fede della Madre di Cristo con l'attribuire a Lei un singolare titolo: "Tu sei memoria della Chiesa! "La Chiesa impara da te, Maria, che essere madre vuol dire essere una viva memoria, vuol dire “serbare e meditare nel cuore” le vicende degli uomini e dei popoli; le vicende gioiose e quelle dolorose. E quante altre vicende ancora, quante speranze, ma anche quante minacce, quante gioie ma anche quante sofferenze... a volte quanto grandi sofferenze! Dobbiamo tutti, come Chiesa, serbare e meditare nel cuore queste vicende. Così come la Madre dobbiamo a ciascuno di noi riferire la lezione che da così alta e dolce Maestra ci viene. Tutti dobbiamo essere, in qualche misura, contemplativi; tutti dobbiamo imitare la Madonna nel ripensare Gesù e le sue parole ed i suoi esempi; tutti dobbiamo essere anime allenate al raccoglimento e alla preghiera; tutti dobbiamo essere ceri accesi e non spenti, che la propria vita esprimono nella fiamma dell’orazione e dell’amore. e. Dobbiamo imparare sempre di più da te, Maria, come essere Chiesa in questo trapasso di millenni" (Giovanni Paolo II, Omelia dell'1 gennaio 1987). Da parte sua, Benedetto XVI si è soffermato più volte sull'esempio di Maria per evidenziarne il rapporto con la missione della Chiesa e dei suoi membri. Nella prospettiva dell'Anno della Fede, appaiono emblematiche le considerazioni seguenti: "In Lei incontriamo, pura e non deformata, la vera essenza della Chiesa e così, attraverso di Lei, impariamo a conoscere e ad amare il mistero della Chiesa che vive nella storia, ci sentiamo fino in fondo parte di essa, diventiamo a nostra volta "anime ecclesiali", impariamo a resistere a quella "secolarizzazione interna" che insidia la Chiesa nel nostro tempo, in conseguenza dei processi di secolarizzazione che hanno profondamente segnato la civiltà europea" (Benedetto XVI, Discorso al IV Convegno della Chiesa Italiana, Verona, 19 ottobre 2006).

Cosa implica per la Chiesa l'atteggiamento di fede della Madre del Signore? Dobbiamo distinguere, prima di ogni altra cosa, la Chiesa da coloro che ne fanno parte. Se di fatto la Chiesa ha per noi i volti concreti dei fratelli di fede, è pur vero che essa ci precede e ci supera. Per restare soltanto al livello della sua dimensione visibile, dobbiamo ammettere che essa esisteva prima di noi. Vivendo nella storia, essa non si identifica con il nostro tempo. Trascendendo le diverse epoche nel suo pellegrinaggio verso il compimento, essa ci dice che porta in sé il germe dell'eternità, cioè quanto noi non possiamo assolutamente afferrare, ma soltanto accogliere come dono di partecipazione e come speranza di compimento. La Chiesa ci eccede, anche nella sua dimensione storica e non soltanto per la sua dimensione celeste. Questo dato fondamentale della rivelazione divina, sapientemente riproposto dalla ricchissima ecclesiologia del Concilio Vaticano II, deve essere adeguatamente compreso. E' necessario che i cattolici si riapproprino della dimensione autentica del mistero della Chiesa, troppo frequentemente ridotto ad un dato empirico, nel quale confluiscono visioni mutuate dal pensiero profano e dalle istanze immediate dell'epoca. Bisogna, insomma, tornare a comprendere cosa significhi dire "Credo la Chiesa". Una professione di fede mal si concilia con la diffidenza che viene mostrata nei suoi riguardi, con la riduzione del suo mistero secondo categorie storiche, con il rimprovero sprezzante del suo passato, con le pretese di interessi estranei alla sua missione. Tutto questo, largamente diffuso nel modo di pensare oggi la Chiesa, è il sintomo evidente di un'incapacità di comprenderla nella sua essenza. Così si ritiene che la Chiesa sia dove sono coloro che intendono edificarla, a prescindere dal modo in cui essi intendono procedere. Che ne sarebbe, allora, della Chiesa delle epoche precedenti? Ma con ciò stesso si ammetterebbe che oggi si vuole una Chiesa diversa, a nostra immagine e somiglianza. Insomma, le contraddizioni sarebbero parecchie, e pure insanabili. E' chiaro che nella storia della Chiesa vi sono sviluppi e riforme, come è evidente che possano esservi incrostazioni e miserie. Mentre le riforme, però, sono connaturate al suo essere un organismo vivo, che cammina nella storia, le miserie appartengono ai suoi membri. Per capire gli errori del passato, non abbiamo metro migliore che il considerare le nostre personali, attuali miserie. E' però vero che un'euforia di immaginazione nei riguardi della Chiesa, di cosa essa dovrebbe essere e fare, è normalmente legata ad una sopravvalutazione delle nostre capacità. Il che, tradotto in termini teologici, significa semplicemente che non crediamo più al peccato originale e alle sue conseguenze. Ci sentiamo talmente belli ed intelligenti, da dimenticare spesso che noi siamo figli di Adamo. Questo è il solo metro di giudizio che possediamo, che è poi l'adattamento del pensiero paolino circa l'incapacità che abbiamo di fare qualcosa senza Cristo e della capacità che ci è donata di fare tutto in Colui che ci dà forza. C'è, però, anche un'altra ragione che deve indurci a considerare la bellezza della Chiesa: la presenza della Vergine. In Maria, suo membro eccelso, la Chiesa è risplendente di grazia, senza macchia e senza ruga. Bisogna riscoprire, nello stupore della fede, l'essenza della Chiesa. Quell'essenza che in Maria appare pura e non deformata! In quanto sua memoria, la Vergine parla alla Chiesa e le ricorda le stupende implicazioni del suo mistero di sponsalità e di maternità. Le ricorda, innanzitutto, che essa è la Sposa Immacolata dell'Agnello. La Chiesa perpetua nel tempo il grande sì del Figlio. La memoria di Cristo diventa memoriale della sua consegna per la nostra salvezza, della sua offerta per farsi comparire davanti a sè la Chiesa. Se non vi fosse il perpetuarsi dell'unico sacrificio redentore, la Chiesa sarebbe probabilmente sparita da un bel pezzo. Essa non verrà mai meno, secondo la promessa del Suo Signore, ma solo perchè non verrà mai meno l'offerta che Cristo fa di sè al Padre, e nella quale associa a se stesso le membra del Suo Corpo mistico. Leggiamo nella Lettera agli Ebrei: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: "Ecco, io vengo- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -per fare, o Dio, la tua volontà" (Eb 10, 5-7). Questo è il sì della nostra salvezza! Nel suo mirabile disegno, il Padre ha voluto che al sì del Figlio corrispondesse il sì delle creature. In Maria la Trinità Santissima ha preparato un cuore che potesse pronunciare un sì immacolato, puro, totalmente trasparente e totalmente aperto al progetto della salvezza. Ed è questo sì della fede che la Vergine consegna alla Chiesa. E' il sì di Nazareth ed è il sì del Calvario, là dove ella è presente come Donna, cioè come l'immagine del nuovo Popolo di Dio nel momento in cui viene stupulata la nuova ed eterna alleanza.

La Chiesa non può tenere per sé l'incommensurabile ricchezza di cui è depositaria. Tradirebbe il mandato del Suo Signore se si limitasse a chiudersi in se stessa. Solo che la sua missione, comunque e dovunque venga esercitata, dev'essere la risposta all'amore di Dio con il sì immacolato e puro della fede. Essa la dona innanzitutto ai figli che ha generato, e ne rende partecipi coloro che non conoscono ancora il vero Dio. Tutto nella sua vita deve poter dire questo slancio d'amore fedele, che viene prima di qualsiasi manifestazione del suo essere. E' dalla sua sovrabbondanza che la fede dei singoli trae vigore ed efficacia. Se la fede della Chiesa fosse la somma dei sentimenti di ciascuno dei suoi membri, il suo sì risulterebbe contaminato dalle resistenze delle creature a quella risposta totale e trasparente che Dio si attende. Per questo la fede della Chiesa ci precede. Da essa possiamo attingere, totalmente intatta, la risposta che noi dobbiamo dare alla Rivelazione di Dio. Quando ciascuno di noi dice "io credo", sta confessando di aver fatta sua la fede della Chiesa, impegnandosi a renderla feconda con la sua generosa accoglienza della grazia e con la novità della sua vita. In quest'apertura della mente e del cuore, in questa docile conformazione all'attesa di Dio e ai doni della sua misericordia, il sì della Madre ci rappresenta e ci sostiene. Come ai piedi della Croce Ella ha pronunciato il sì per tutti, anche per gli Apostoli, così adesso, con la sua intercessione e la sua mediazione, sostiene i figli che le sono stati donati. Anche i successori degli Apostoli; anche Pietro, che deve confermare nella fede tutti, pastori e fedeli. Il sì di Maria e il sì di Pietro non appartengono a due ambiti diversi, come se nella Chiesa dovessero coesistere due entità contrapposte e bisognose di armonia. Lo Spirito santo, che ha reso possibile il mistero dell'incarnazione nel grembo della Vergine, non smette di rendere fecondo anche il grembo della Chiesa, che in Pietro non ha soltanto la guida visibile, la manifestazione dell'autorità cui è concesso il potere di legare e di sciogliere, ma anche, e soprattutto, la certezza di poter confessare nella storia la sola parola di verità: "Tu sei il Cristo, tu sei il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). A volte si ha l'impressione che l'impeto carismatico debba pronunciare la parola determinante. Ed invece questa spetta alla confessione di fede di Pietro, che è un carisma essa stessa. I doni suscitati dallo Spirito non sono concessi perchè vi siano maestri e profeti senza numero, come pare di scorgere tra gli entusiasmi di questa germinazione continua. Il carisma profetico, derivante dal battesimo - e non da nuove manifestazioni della Pentecoste - è il dono di poter dire le parole stesse di Dio. Parole che, tutte, convergono nell'unica parola: "Tu sei il Cristo". E' la parola generata non dalla carne e dal sangue, bensì dalla sorgente stessa della filiazione divina. E' il Padre che rivela il Figlio e lo dona! I carismi che non conducono all'unità della fede sono spesso il modo nuovo di affermare le ragioni della carne, vale a dire la pretesa di poter dire le parole di Dio con la presunzione e la fragilità di ciò che è umano e limitato. Bisogna ripartire dalla Professione di fede, dalla comprensione del mistero della salvezza nel suo dispiegarsi, e rileggere la nostra vita cristiana con la stessa memoria sapienziale della Vergine.

Attraverso la Chiesa e il suo sì immacolato, anche noi possiamo diventare un sì gradito a Dio: "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato" (Ef 1, 4-6). Siamo stati gratificati! Paolo adotta lo stesso verbo che compare nel racconto lucano dell'Annunciazione. Maria è la totalmente gratificata, nel senso che in lei la grazia ha operato una trasformazione che è privilegio singolare, in vista della sua missione di genitrice del Figlio di Dio. Ma se Ella è l'Immacolata, la sola creatura preservata dal peccato originale, noi veniamo trasformati dalla grazia per essere figli d'adozione. Il sì della fede ci consente non solo di conoscere questa elezione, ma di potervi anche aderire con il cammino della personale santificazione. Chi ci ha creati senza di noi - direbbe S. Agostino- non ci salverà senza di noi! Nella stessa Lettera agli Efesini, l'Apostolo scrive: "In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati - secondo il progetto di coluiche tutto opera secondo la sua volontà - a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria" (Ef 1, 11-14). Il sigillo dello Spirito, indispensabile per ogni ulteriore carisma, deriva dall'ascolto della parola della verità e dalla risposta della fede! Il sì di Dio e il sì dell'uomo si incontrano, per così dire, nell'offerta di Cristo al Padre. L'Anno che vivremo, e la stessa devozione alla Vergine, conducono alla riscoperta della dignità della celebrazione Eucaristica. Forse non è casuale che la Messa venga vissuta come una festa -molto simile alle feste mondane - là dove l'esuberanza di certi carismi traduce un modo umano di comprensione del mistero della salvezza. La nostra personale memoria, come quella della Chiesa, deve confluire incessantemente nel memoriale del Signore morto e Risorto. Partecipi della donazione di Cristo, noi veniamo consacrati, resi cioè capaci di pronunciare il sì della fede all'opera del Padre, che per mezzo del Figlio ci dona la grazia della santificazione. Adorare, contemplare, ringraziare: sono i verbi dell'autentica festa della fede. Sono i verbi della nostra memoria.

Vivere con Maria l'Anno della Fede, significa riscoprire il proprio cammino di discepolato. L'ascolto della parola deve assumere i tratti della propria disponibilità alla preghiera e alla docilità dell'abbandono. Dobbiamo saper ascoltare per saper anche accogliere. Come ricorda S. Leone Magno, "lo Spirito che fa nascere il Cristo dal seno di una madre senza macchia, fa ugualmente rinascere dal seno della Santa Chiesa il cristiano, per il quale la vera pace consiste nel non separarsi dalla volontà di Dio e di non cercare delizie se non in ciò che Dio ama" (Sermone 29,1). Guardiamo a Maria per apprendere come amare e seguire il Signore. Guardiamo a Maria per apprendere come dev'essere amata la Chiesa. Chiediamole di conservare la nostra fedeltà nel suo cuore immacolato e fedele. "La parola fedeltà - scrive il B. John Henry Newman- significa lealtà a un superiore, e impegno rigoroso nell'adempiere a una promessa. In questo secondo senso, si applica all'Onnipotente in persona che, nel suo amore per noi, ha voluto limitare il suo potere in atto con la sua parola di promessa e di alleanza con le sue creature. Egli ha dato la sua parola, secondo la quale, se noi lo sceglieremo come nostra parte e ci metteremo nelle sue mani, egli ci guiderà attraverso tutte le prove e tutte le tentazioni, e ci porterà al sicuro in Cielo (...) Maria è fedele al suo Signore e Figlio in modo supereminente. Nessuno dubiti per un solo istante che ella non sia piena di supremo zelo per il suo onore, o che, come immaginano coloro che non sono cattolici, esaltare lei significa non essere fedeli a lui. Come Maria ricompensa largamente i suoi amici, così ella non riterrebbe certo vero amico, ma traditore, colui che anteponesse lei al Figlio. Come Cristo è geloso dell'onore di Maria, così Maria è gelosa dell'onore di Cristo. E' Cristo infatti la fonte della grazia e tutti i doni di Maria vengono dalla sua munificenza. O Maria, insegnaci ad adorare sempre tuo Figlio come l'unico Creatore, e ad essere devoti a te come alla più diletta tra turre le creature" (J. H. Newman, Vergine fedele, in Litanie Lauretane, Piemme 1985, pp. 105-106).

 
 
 
Inserito Domenica 16 Dicembre 2012, alle ore 16:01:38 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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