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  Maria nella musica: incontro d'amore 
Musica

Un articolo di Franco Careglio OFM in Maria Ausiliatrice, 2004-2



La profezia della Vergine: tutte le generazioni mi chiameranno beata (Lc 1,48) ha avuto una puntuale verifica nell’espressione artistica forse più umana, la musica. Vi sono pagine poetiche e di prosa di bellezza certo irraggiungibile, ma poesia e prosa sono sempre, in qualche modo, mute. La musica ha “voce”, e attraverso la sua immediata percepibilità da parte del senso consente un accostamento maggiore al mistero.

Vergine degli angeli e del perdono

È impossibile non avvertire una viva sensazione di superiore bellezza, quasi tangibile, ascoltando il coro dei frati e la voce di una penitente rivolgersi alla Madonna attraverso la modestia di una strofetta che ben si adatterebbe ad un racconto per bambini:
la vergine degli angeli
vi copra del suo manto,
e voi protegga vigile
di Dio l’angelo santo.
Certo, i versi sembrano di una favoletta; beati noi, qualora sapessimo accoglierli con la stessa gioia di un fanciullo. Vorrebbe dire che la vita non è ancora riuscita a corromperci, e che nostro è il regno di Dio (Marco 10,13-16). La melodia e il canto innalzano queste quattro righe al cielo dell’arte, della bellezza, dell’immortalità. Il genio di Giuseppe Verdi compie questo prodigio attraverso lo spartito della Forza del destino, rappresentata la prima volta al Teatro Imperiale di Pietroburgo il 10 novembre 1862. In quest’opera la presenza della Vergine è elemento di cornice soltanto in apparenza. È la Vergine, infatti, che riesce ad opporsi alla forza inarrestabile di un destino avverso che disgiunge per tutta la vita terrena due anime nate per amarsi: Alvaro e Leonora. Indicativo è il rivolgersi, puntuale, di Leonora alla Vergine in ogni momento decisivo della tragedia. Ad esempio, allorché ella chiede al padre guardiano di accoglierla come eremita in una grotta nei pressi del convento, ritorna per due volte l’invocazione alla Vergine. Il culmine melodico è qui raggiunto nell’aria
Madre, pietosa vergine,
perdona al mio peccato,
nella quale, con un’appassionata e struggente tinta orchestrale e vocale, la protagonista invoca la benevolenza della Madre. Mentre ritorna, come funesto avvertimento in ogni attimo di schiarita, il tema musicale del destino implacabile, la presenza discreta e materna della Vergine rassicura l’infelice Leonora, che oltretutto si autoaccusa del peccato che non ha affatto commesso. Qualche momento dopo si rivolge ancora alla Vergine, nel timore che il frate non la voglia accogliere: la frase Vergin, m’assisti, ripetuta tre volte, esprime con ineguagliabile chiarezza la fiducia riposta nella potenza dell’intercessione della Vergine. Su queste note la voce si libra con delicatezza e gravità alternate, a tradurre il senso di colpevolezza che soffoca e la fiducia nella Madre che assicura il perdono. Questo eccelso capolavoro verdiano, senza la traccia del quale, come è stato riconosciuto da eminenti musicologi, non si sarebbero avuti altri grandi spartiti sia lirici che sinfonici, costituisce come un punto di arrivo nel percorso musicale mariano. Occorre però considerare la presenza di Maria nell’universo musicale storico, in riferimento a tutta l’Europa. Nel mondo tutto, però, non mancano, sia pure episodicamente, tracce musicali relative a Maria.

Lo sviluppo dell’Opera lirica

L’opera è una forma di spettacolo che coinvolge musica e canto. Poiché si avvale di scenografie e, spesso, di coreografie, costituisce fin dall’inizio una delle manifestazioni artistiche più complesse e costose, alla cui riuscita devono concorrere molti fattori. Nata in Italia agli inizi del 1600, e precisamente a Firenze, dove, con le rappresentazioni della Dafne, di cui quasi nulla è rimasto, e poi dell’Euridice, si mettono in pratica le teorie di un gruppo di umanisti noto come la “Camerata fiorentina” o Camerata de’ Bardi, si sviluppa subito in altre città: a Mantova (dove nel 1607 viene allestito un capolavoro, l’Orfeo di Monteverdi), a Venezia, a Napoli e a Roma. Dall’Italia emigra in Francia e nel resto dell’Europa, dove, per oltre tre secoli, diventa una delle forme di spettacolo più amate e frequentate. Se l’opera barocca e quella settecentesca producono numerosi capolavori, l’apogeo del melodramma lo si ha soprattutto nel XIX secolo. Col Novecento, invece, inizia il lento declino, quando la lirica esaurisce la sua funzione di espressione di una società. Naturalmente non mancano opere di altissimo valore: Turandot di Puccini, Pelléas di Debussy, Wozzeck di Berg e le opere di Stravinskij e di Britten, ma costituiscono un avvenimento sempre più raro e soprattutto non raggiungono la popolarità del melodramma ottocentesco.

Tesori da scoprire

Dell’immenso lavoro prodotto in quattro secoli di vita, delle migliaia e migliaia di spartiti seppelliti nelle biblioteche dei conservatori, il repertorio operistico ancora in vita non supera i trecento titoli, e le opere veramente popolari e puntualmente prodotte non superano il centinaio. Per fortuna l’avvento della discografia, sempre più perfezionata in questi ultimi anni, ha permesso la conoscenza e il ricupero di opere non più rappresentate per oblio o difficoltà di realizzazione. Stando ai più accreditati studi in merito, il numero complessivo delle opere conosciute è di 1100; ma soltanto tre centinaia, come detto, sono quelle delle quali è più o meno frequente una produzione teatrale. Essendo quindi molto vasto il campo d’indagine, è opportuno scegliere autore per autore, sia dei più importanti che dei minori, per comprendere quanto abbia inciso, anche in questa particolare area, la figura di Maria. Parallelamente, anche i canti popolari mariani, corali o per voci sole, andrebbero presi in seria considerazione, sia dal punto di vista formale che contenutistico. Non di rado questi canti assurgono a livelli artistici di buon rilievo, e consentono di introdursi nel mondo spesso trascurato del sentimento mariano popolare. In ogni caso, la figura di Maria emerge, nel melodramma o nel canto popolare, come rispondente a bisogni individuali o sociali, come punto di riferimento di sincera pietà e di sicura protezione, come espressione di vera esperienza religiosa. Maria, comunque, è costante motivo ispiratore dei musicisti. Questi, per quanto talora possa sembrare superficiale o lontano o addirittura assente il loro interesse per Maria, riescono a percepire sempre con straordinaria sensibilità il valore sovrumano e metastorico della maternità e al tempo stesso della verginità. E sanno trasmettere tale valore, eternamente fecondo, mediante note, strumenti e voci. Destinatari sono i cuori e le culture di tutti i tempi, che possono così avvertire un raggio, sia pure infinitesimale, del suon dell’arpe angeliche (Donizetti, Poliuto, atto III) che si celebra in eterno nel Regno.

 

Inserito Venerdi 30 Agosto 2013, alle ore 12:45:18 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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