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  Le «fasce», segno di un'Incarnazione verace e delle cure materne di Maria 
Bibbia

I numeri 8 e 9 del Capitolo Quinto «...e lo avvolse in fasce...» (Lc 2,7b). Un «segno» da decodificare del libro di Aristide Serra, E c'era la Madre di Gesù.... Saggi di esegesi biblico - mariana (1978-1988), Edizioni Cens - Marianum, Milano - Roma 1989, pp. 257-264. Tutto il capitolo, pp. 225-284.



- LE «FASCE», SEGNO DI «UN'INCARNAZIONE VERACE», NON ILLUSORIA

Le fasce in cui Maria strinse il Bambino provano che Dio ha «vestito» (per cosi dire) la condizione umana in maniera non fittizia, bensì reale. In effetti: che cosa avrebbe potuto avvolgere Maria, se la carne assunta dal Verbo non avesse avuto una consistenza effettiva, tangibile, pari alla nostra? L'osservazione sorgeva spontanea nel quadro di un'agitazione dottrinale che impegnò la chiesa fin dalle origini. Dagli scritti di s. Giovanni (fine sec. I) e di s. Ignazio di Antiochia (inizio sec. Il) è noto che già sul cadere del sec. I serpeggiava l'eresia del «Docetismo».124 V'erano, cioè, di quelli che stimavano apparente, e quindi non passibile, la carne presa da Cristo «nel grembo» e «dal grembo» di Maria. La fede della Chiesa, di contro, professava che il corpo del Salvatore era verace, integro, soggetto alla sofferenza, poiché il Verbo si era fatto carne rendendosi in tutto simile a noi, eccetto che nel peccato (cf. Eb 4, 15). In tale contesto vanno situati e compresi i pronunciamenti dei Padri che ci apprestiamo a riferire. Essi si alternano tanto in Oriente che in Occidente, almeno fino a tutto il sec. V.

a) Fra gli
Orientali, s. Atanasio (373) ragionava nel modo seguente per confutare le tendenze eterodosse che circolavano a Corinto: «L'Apostolo dice che [Cristo] "della stirpe di Abramo si prende cura; perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli" (Eb 2, 16.17), e prendere un corpo simile al nostro... La Scrittura ricorda poi il parto [di Maria] e dice: "Lo avvolse in fasce" (Lc 2, 7b); inoltre sono proclamate "beate" le mammelle che lo hanno allattato... Ora è impossibile che un corpo sia allattato e avvolto in fasce, se prima non è stato partorito secondo natura...».125 S. Epifanio (403) difende con vigore il realismo fisiologico della gestazione di Gesù nel grembo di Maria, e conclude: «Egli, che era composto realmente di carne, anima e mente, usci realmente attraverso le vie normali delle partorienti, realmente fu avvolto in fasce, deposto nel presepio e portato da Maria».126 Dal canto suo, s. Giovanni Crisostomo (405) si pone nella stessa linea di pensiero. Prima stabilisce il principio cosi formulato: «Colui che è impalpabile, Essere semplice e incorporeo, è voltato e rivoltato da mani umane».»127 Poi trae le conseguenze del passaggio del Verbo dalla sfera invisibile e trascendente a quella visibile e tattile: «Lui, che è nel seno del Padre, volle assumere l'aspetto del servo e sottoporsi a tutto ciò che comporta la natura corporea: essere generato da una donna, essere partorito da una vergine, essere portato per nove mesi nel grembo, essere avvolto in fasce, essere creduto figlio di Giuseppe sposo di Maria, crescere a poco a poco, essere circonciso, offrire il sacrificio, avere fame e sete, provare la fatica e infine sopportare la morte di croce...».128 Dal momento che Dio - ribadisce Teofilo di Alessandria (412) - nasce ed è ricoperto di fasce, ciò vuoi dire che egli pensò di abbracciare in tutto la nostra somiglianza, fuorché il peccato.»129 Teodoreto di Ciro (458) sintetizza il paradosso dell'Incarnazione scrivendo: «E nato secondo la legge di natura, e sopra la legge di natura. Che sia nato da una donna, è conforme alla natura umana; ma che sia nato da una vergine, è al di sopra della natura. Non disdegnò le fasce, la circoncisione, il latte come cibo; offri sacrifici, digiunò, provò la fame, la sete, la fatica...».130 Anche Nestorio (avanti il 451)»131 e Filosseno di Mabbug (522 ca.)132 insegnano che Lc 2, 7b appartiene a quel genere di espressioni evangeliche attinenti all'economia della carne di Cristo. La liturgia bizantina fa riscontro a questo canone della fede, e canta: «In questo giorno nasce dalla Vergine Colui che nella sua mano tiene ogni creatura. Mortale, è avvolto in panni, lui per essenza inafferrabile».133

b)
Fra gli Occidentali, vi è Eusebio di Vercelli (371) che, polemizzando con le dottrine manichee del suo tempo, interpella vivacemente i suoi contraddittori: ««Rispondete a me, o Manichei, figli delle tenebre... Voi non accettate che il figlio di Dio, cioè il Dio vero, abbia assunto un'umanità vera dalla Vergine Maria per la vostra salvezza, come sta scritto: "Ecco, la vergine concepirà...» (Is 7, 14). Se a te pare mera illusione che l'angelo Gabriele abbia rassicurato Maria col dire: "Non temere, Maria, hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai nel seno e darai alla luce un figlio e lo chiamerai Gesùn (Lc 1, 30.31); oppure se tu giudichi fantasia quel che attesta l'evangelista in proposito: "E diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in panni e lo depose nella mangiatoia" (Lc 2, 7), allora dimmi: che cosa ha concepito, o che cosa ha partorito, o che cosa ha avvolto in fasce e deposto nel presepio?».134  Sussume Arnobio il Giovane (dopo il 455): «Che cosa [Maria] avrebbe potuto avvolgere in panni e deporre nel presepio, se Egli non fosse stato uomo perfetto?».135  E s. Leone Magno (461), con acume di sintesi, insegnava: «Senza la potenza del Verbo la Vergine non potrebbe né concepire né partorire, ma senza la realtà della carne non avremmo il Bambino che giace avvolto nelle fasce».136

Fondamenti biblici?

Alla veracità della carne di Cristo rende testimonianza l'intero messaggio del Nuovo Testamento. Giovanni, che aveva affermato: «E il Verbo si fece carne» (Gv 1, 14), scriverà poi: «Ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio. Ogni spirito che vanifica Gesù, non è da Dio» (Gv 4, 2-3; cf. le varianti per il v. 3). Sarebbe inutile diffondersi in un elenco di citazioni bibliche, che risulterebbe interminabile. Gli stralci dei Padri citati sopra, da una parte insistono sul realismo delle varie tappe di sviluppo dell'umanità di Cristo (concezione, nascita, allattamento, crescita; sopportazione della fatica, della fame, della sete, della morte...); in più si appellano a enunciazioni dottrinali, tipo quella di Eb 2, 16-17 (Atanasio), Eb 4, 15 (Teofilo di Alessandria), Fil 5, 7 (Giovanni Crisostomo)... Un'osservazione integrativa potrebbe arricchire il repertorio di testi ausiliari per Lc 2, 7b in ciò che riguarda l'assunto di questo paragrafo. Del vangelo lucano, cade a proposito ciò che diceva Gesù Risorto ai discepoli stupiti e spaventati quando, di fronte alla sua apparizione, credevano di essere in presenza di un fantasma: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io. Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho» (Lc 24, 37-39). Ebbene: in anticipo anche stavolta sui discepoli, a Maria fu concessa l'esperienza tattile della corporeità del Figlio di Dio quando, apparso uomo fra gli uomini a Betlem, ella lo cinse di fasce. «Ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il verbo della vita...» (1 Gv 1, 1).

- LE «FASCE», SEGNO DELLE «CURE MATERNE DI MARIA»

Alcuni autori del sec. XII (per quanto mi risulta) danno un significato suggestivo alle fasce in cui Maria cinse il Bambino. Quei pannolini - ritengono i suddetti autori - sono segno delle cure materne, affettuosissime, che la Vergine prestò al Figlio, dal suo primo vagito fino al sepolcro. Indubbiamente, questo genere di decodificazione espande la semantica simbolica di Lc 2,7b a tutto l'arco dell'esistenza di Cristo, Verbo Incarnato, e coglie l'importanza della funzione materna di Maria in ordine alla crescita umana del Figlio di Dio. Il testo più comprensivo (ed anche più patetico) sembra essere quello di Ruperto di Deutz (1130) quando spiega Ct 4, 11: «Il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano». Ruperto intende questa espressione come rivolta da Gesù alla Madre, e la traduce nella seguente parafrasi: «Cosa dirò di quei pannolini, coi quali mi avvolgesti e mi adagiasti nella mangiatoia? [Dirò] appunto quel che è vero: "II profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano" (Ct 4,11): "Et odor vestimentorum tuorum sicut odor thuris" [Volgata]). Quei pannolini, infatti, erano le primizie di tutte le altre vesti, ossia, delle buone opere che tu hai esplicato a mio riguardo, con amore materno e più che materno. Siccome poi tutto quello che facesti per me allora e fin d'allora era animato dal fuoco grande e possente della carità, misto alla dolcezza dell'umiltà, a ragione (direi) gli amici manifestano il loro plauso: "Il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano" (Ct 4,11). Difatti, benché io fossi il tuo piccino e una minuscola creatura, tu, o madre e vergine fedele, mi servisti in tutto nella maniera che conveniva a Dio. Al quale solo è dovuto il profumo dell'incenso nell'ora del sacrificio».137 Onorio di Autun (sec. XII) ha la stessa dottrina, quantunque impartita in termini più didascalici ed esplicativi rispetto a quelli or ora citati di Ruperto. Nel Sigillum Beatae Mariae,138, Onorio prende a spiegare Lc 10,38-42. Per lui, Marta rappresenta la vita attiva e Maria la vita contemplativa. Ora, afferma egli, la madre di Gesù coltivò in sommo grado sia l'uno che l'altro tipo di vita. Ella esercitava l'ufficio della contemplazione, poiché, stando come seduta ai piedi del Signore (Lc 10,39), con l'occhio e col cuore anelava alle parole del Figlio; tutto conservava e approfondiva in cuor suo (cf. Lc 2,19); continuamente bramava le cose celesti, meditando le realtà spirituali. Siccome la sorgente stessa della Sapienza aveva posto la sua dimora in lei, tutti i tesori della sapienza e della scienza erano celati in essa. Quanto poi alla vita attiva - soggiunge Onorio - va detto che Maria prestò a Gesù tutti i servizi di cui parla il Vangelo. A lui, infatti, esule per noi fin dall'infanzia e ospite in questo mondo, ella offri l'asilo del proprio grembo. Lo nutri al seno, quando aveva fame; lo consolava sulle ginocchia, quando piangeva. Fragile com' era, lo riscaldava con abluzioni; nudo, lo avvolse in pannolini; quando vagiva, lo cingeva in fasce;139 quando le sorrideva, lo ricambiava con teneri baci. Allorché fuggi da Erode e ritornò sotto Archelao, molto si dava pensiero e di varie cose... Quando infine vide il Figlio catturato dagli empi, condotto a forza, legato, schiaffeggiato, malmenato, irriso, condannato coi malfattori a morire in croce tra gli stenti... volentieri avrebbe dato la propria vita per liberarlo.
V'è ancora Alano di Lilla (1202/1203) che si avvicina a questo filone di pensiero. A commento di Ct 1,7 («Dimmi, o amore dell'anima mia»), egli scrive: «Con tutto il cuore ella [Maria] amò Cristo. A tal punto nutri e crebbe la carne di lui da rivolgere tutti gli affetti del cuore alle sue necessità: quando nacque, quando prendeva il latte, quando vagiva, quando cresceva. per l'amore della carne di lui, ella appariva come non curante della propria. Con tutta l'anima amò Cristo. L'aiuto dello Spirito Santo le diede tale vigore che la confortò in ogni opera buona e santa e la infiammò dell'amore di Cristo».140  Questo genere di interpretazione, ripeto, estende senza dubbio di molto la portata simbolica di Lc 2,7b. «Tutto quello che facesti per me allora e fin d'allora...», scrive Ruperto di Deutz. Con ciò si vuole evidenziare il ruolo insostituibile di Maria in quanto «madre» nello sviluppo della personalità del Figlio, dalla culla al sepolcro: un tema sul quale dovrebbero ritornare le moderne scienze dell'educazione! Il germe, lo diciamo subito, lo si può individuare già nelle Sacre Scritture

Fondamenti biblici?

La decodificazione del segno delle «fasce», avanzata in particolare da Ruperto di Deutz, credo che abbia un discreto avvio nel testo biblico. Ritorniamo un momento sui tre passi dell'AT introdotti e spiegati in apertura del nostro studio (Ez 16,4, Sap 7,4 e Gb 38,9). In ciascuno di essi, abbiamo visto, il gesto di avvolgere in fasce un bimbo allorché viene alla luce è segno di cure amorevoli prestate da persone intime, quali sono i genitori; in particolare, la mamma. Tale, purtroppo, non fu il caso di Gerusalemme, poiché alla sua nascita in Egitto - dichiara a lei il Signore - «... non fosti avvolta in fasce; occhio pietoso non si volse su di te per farti una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita» (Ez 16, 4-5). E veniamo ora direttamene a Lc 2,12.16. Un dettaglio di questi due versetti può conferire maggiore chiarezza al discorso che stiamo elaborando. In Lc 2,12 l'angelo offre il «segno» ai pastori dicendo: «Troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia». I pastori si muovono in fretta a verificare il segno loro indicato. E quando giungono sul posto, uno si attenderebbe che Luca scriva, in armonia col v. 12: «Trovarono il bambino avvolto in fasce, che giaceva in una mangiatoia». L'evangelista, invece, non dice esattamente cosi, ma riferisce (al v. 16) che i pastori «... trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino che giaceva nella mangiatoia». Non è difficile accorgersi che qui al v. 16 in luogo del participio «avvolto in fasce» del v. 12 subentra la presenza di «Maria e Giuseppe». È casuale questa sostituzione? Forse no. Tenendo conto del simbolismo inerente al gesto di avvolgere in fasce un neonato, Luca sembra volerei dire che Gesù, fin dalla nascita, fu oggetto di cure tenerissime da parte di Maria e Giuseppe, suoi genitori. Sul primogenito Israele, abbandonato in aperta campagna nel giorno della nascita, si chinò amorevolmente Dio (Ez 16,4-6). Sul primogenito Gesù, per il quale non c'è posto nell'alloggio comune, veglia la custodia amorosa di Maria141 e Giuseppe (Lc 2, 7.16).
Maria ha concepito verginalmente il Bambino (Lc 1,35), ne è gravida (Lc 2,5-6), lo partorisce e l'avvolge in fasce (Lc 2,7). Maria, però, è inseparabile da Giuseppe, che è suo sposo (Lc 2,7) e padre legale del Bambino (Lc 1, 27; 2,4; 4,22). Per mezzo di Luca, la Chiesa riconosce in Maria e Giuseppe i primi testimoni dell'Incarnazione.142 Mediante i loro uffici materni e paterni, essi consentirono a Gesù di crescere e conseguire la propria maturità come «figlio dell'uomo».143 All'insieme di tali premure di Maria e Giuseppe rimandano le «fasce» del presepio. Il ministero di Maria e Giuseppe, in quanto genitori, «avvolgeva», cioè accompagnava Gesù, che «...cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52; cf. il v. 40).144 Gli autori del sec. XII citati sopra guardano alle sollecitudini materne di Maria verso Gesù. Ma il testo lucano - mi sembra - ha delle aperture illuminanti anche sul ruolo educativo di Giuseppe.

NOTE
124 G. BARDY, Docétisme, in Dictionnaire de Spiritualité, III, Paris 1957, col. 1461-1468.
125 Epistola ad Epictetum, 5 (PG 26. 1057-1058BC). Per la versione siriaca della medesima, cf. CSCO 258, p. 57.
126 Aduersus Haereses, lib. III, t. Il, 35. Con effetto retorico, Epifanio usa ripetere in questi paragrafi l'espressione Ýν Üληδεßα ( = in verità, effettivamente), per rivendicare la «veracità» dell'Incarnazione. Cf. PG 42, 61)3-694C.
127 In Natatem Christi diem, 2 (PG 56, 389).
128 In Genesim 23, 6 (PG 53, 205).
129 Epistula Paschatis, 6 (in S. ALVAREZ CAMPOS, Corpus Patristicum Marianum, II, Burgos [1970], p. 458, n° 1296).
130 In Psalmum 108, v. 21 (PG 80, 1726C).
131 De Nativitate: «Quando igitur infantem. o gentilis, in praesepio positum audieris panms znvolutum..., illius infantis cogita dignitatem..., involutum secundum carnem pannis...» (cf. S. ALVAREZ CAMPOS, op. cit., IV/1, p. 9, n 2926).
132 Commentaire du Prologue johannique, 84 (in CSCO 381. p. 202).
133 Vigilia di Natale, idiómelon di Nona(citato da J. LEMARIÉ, La manifestazione del Signore. La liturgia del Natale e dell'Epifania [Milano 1960]. p 90 nota 6). 134 De Trinitate, III, 59-60 (CCL 9, p. 46).
135 Conflictus de Deo Uno et Trino, lib. II, 11 (PL 53. 285B).
136 Tractatus 64, 4. De Passione Domini (CCL 138A, p 393. versione di T. MARIUCCI, Omilie, lettere di San Leone Magno. [Torino 1969]. pp. 357-358).
137 In Canticum Canticorum, III, a 4, 11 (CCL, Cont. Med. 26, p. 85-84).
138 Sigillum B. Mariae, in PL 172, 497BCD. Altro testo, in parte analogo a questo, si trova in Guerrico d'Igny (†1157), In Assumptione Beatae Mariae sermo quartus, 1 (SC 202, pp. 458-461).
139 Potremmo ricordare. in proposito, Le Coefore di Eschilo (del 458 a.C.) ai vv. 749-760. La nutrice di Oreste cosi esclama «....il caro Oreste, cura continua della mia vita, io lo allevai non appena dal grembo materno lo accolsi: allora, attenta alle sue acute grida che di notte mi facevano andare aranti e indietro nelle stanze, dovetti sopportare molte fatiche, e tutte invano per me. Chi non usa ragione, quale agnello, nutrire è d'uopo - come no? - si deve ragionare per lui. Non parole precise dice il bimbo, che è ancora in fasce (Ýπ þν εν σπαργÜνοις) se lo opprime fame o forse sete o il bagnato d'orina: infatti le viscere di un piccolo bimbetto a loro talento si comportano. Questi bisogni prevedevo ma spesso - lo credo bene - dal piccolo ero delusa, gli lavavo i panni: il compito di ripulirlo e quello di fasciarlo spettavano sempre a me» (ESCHILO, Le tragedie, vol. II, ed. critica con traduzione italiana e note di M. UNTERSTEINER [Milano 1947] pp. 364-367).
140 Ia Elucidatio in Cantica Canticorum, 1,7 (PL 210, 58D).
141 E. HAULOTTE, Symbolique dn vétement selon la Bible, [Paris 1966], p. 201: «Dieu veille sur le Premier-né du Nouvel Israel. Une Mère virginale, assistée des pauvres et des riches humbles de ce monde, se penche en son lieu et piace sur lui (comp Ez 16, 3-5)». E a p. 327. «Pourtant ce premier geste de la Vierge penchée sur l'Enfant méssianique (Lc 2,7) prend une' portée insoupçonnée. si, derrière lui, on voi en filigrane l'abandon sauvage où sè debattit a ses origines l'humanité dont Dieu tira son peuple élu: [qui cita Ez 16,3-5 e Dt 32,10]. l.e geste de Marie se profile sur un horizon messianique et la jeune Mère devient celle qui, au lieu et piace de Yahwéh, prend soin du Premier-Né du nouvel Israél...». Da notare che il targum dello pseudo Gionata a Es 15,2 fa esclamare ai lattanti: «... al tempo in cui le nostre madri (dovevano) uscire in campagna per darei alla luce e abbandonarci là, Egli [Dio] mandava un angelo che ci lavava e ci avvolgeva in fasce» (SC 256, p. 121). Altri paralleli della letteratura giudaica relativi a questo midrash su Ez 16,4-13 sono elencati da Etan B. Levine in A. DIEZ MACHO, Neophyti, t. III, Levitico, Madrid-Barcelona 1971, p. 443 (in particolare Es Rabbah 23,8 a 15,1). Però solo lo pseudo Gionata ha il dettaglio dell'avvolgimento in fasce. R. Brown commenta: «L'avvolgimento in fasce... può essere un segno che il Messia d'Israele non è un reietto in mezzo al suo popolo, ma è accolto e assistito come si deve» (La nascita del Messia secondo Matteo e Luca, Assisi [1981] p. 569).
142 Cf. ORIGENE, In Lucam XIII, 7: «...invenerunt [pastores] Ioseph dispensatorem ortus Dominici et Mariam, quae Iesum fudit in partum, et ipsum Salvatorem iacentem in praesepi» (SC 87, pp. 214-215); alla nota 2, p. 214: «joseph dispensator. ce titre souligne bien le rôle de Joseph dans la dispensatio, dans l'économie du salut». Stesso concetto nell'omelia In Natali Domini attribuita da molti a s. Giovanni Crisostomo (†407) e da altri a Severiano di Gabala († dopo il 408): «Ecce infans fasciis involvitur et in praesepi iacet: adest autem et Maria, quae virgo et mater est; aderat autem et Ioseph, qui pater appellatur». (Cf. PG 56, 392; S. AD VAREZ CAMMPOS, op. cit., p. 439, 449 (n 1271); M. GEERARD, Clavis Patrum Graecorum, vol. II, Turnhout 1974, p. 558.
143 S. CANTORE, Maria mette al mondo il Primogenito (Lc 2,7), in Parola, Spirito e Vita n° 6 (luglio-dicembre 1982), p. 111: «La vocazione ad essere madre non si compie con il parto, implica il prendersi cura del figlio. Questa cura ora, per Maria, si concretizza nell'avvolgere nelle fasce Gesù... Avvolgere il neonato - secondo l'uso orientale con due pezze, una per la testa e l'altra per il corpo - è importante per proteggere il bimbo nella sua fragilità e per permettere a chiunque di prenderlo e portarlo senza pericolo. Fasciando suo figlio, Maria vuole solo proteggerlo o vuole renderlo aperto all'incontro? Questa fasciatura è solo "temporanea" o è il segno che Maria dà a suo figlio quel tipo appropriato di sicurezza che lo farà vivere in pienezza, capace di essere libero di determinare la propria vita, senza paura di fronte agli altri?». Le riflessioni qui citate intuiscono la pregnanza insita nel testo lucano. In questo paragrafo riprendo sostanzialmente quanto avevo già scritto in Sapienza e contemplazione di Maria secondo Luca 2, 19.51b, Roma 1982, pp. 210-213.
 

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