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  Santa Maria di Nazareth chiamata «a una speranza viva» (1 Pt 1, 3)  
Mariologia

Di Salvatore Maria Perrella, Preside del "Marianum" di Roma, in Marianum News, 1/2 2014, pp. 1-3.



Dal deserto postmoderno e nel presentismo senza cielo: rugiade di speranza

La questione della speranza coinvolge la modernità sin dal suo inizio e trova nella formulazione kantiana una delle sue migliori sintesi: «che cosa posso sapere? che cosa devo fare? che cosa posso legittimamente sperare?». La speranza è il superamento criticamente fondato della disperazione; e oggi, dopo oltre dieci anni dall’inizio del terzo millennio, atteso come tempo della speranza, esso sta mostrando sempre più i lati oscuri del suo travagliato incidere nella nostra storia. Eppure non possiamo perdere la speranza. A tal riguarda scrive il “teologo della speranza” Jürgen Moltmann: «Diventiamo attivi nella misura in cui speriamo. Speriamo nella misura in cui volgiamo il nostro sguardo al campo di future possibilità. Facciamo quel che riteniamo possibile […].Se il futuro è precluso, se niente va più, non possiamo neppure più fare alcunché. A differenza di Kant io parlo di un’azione che è stimolata dalla speranza, non nel gesto del dovere morale, ma nel gesto della capacità di fare. L’agire sorretto dalla speranza è un agire libero, non un agire imposto come assolutamente doveroso. La speranza è sempre un’attesa vivida e risveglia l’attenzione di tutti i sensi, al fine di approfittare delle possibilità per raggiungere la cosa sperata, dove e quando tali possibilità si presentano. Questo distingue la speranza da una semplice attesa o da un’attesa paziente […]. Il realismo ci insegna il senso della realtà. La speranza risveglia il nostro senso del possibile […]. Nella speranza congiungiamo fra di loro fini lontani e fini vicini, raggiungibili».[2]

Maria, frutto e serva della speranza messianica

La congruità teologica di Maria donna di speranza va colta a partire dalla designazione ecclesiale sulla virtù teologale della speranza così com’è descritta dal Catechismo della Chiesa Cattolica: «La speranza è la virtù teologale per la quale desi-deriamo il Regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello Spirito Santo» (CCC 1817). Maria di Nazareth, permeata costantemente dallo Spirito, dimostra, sin dall'inizio della sua vicenda, di saper “cogliere” Dio nel suo spiegarsi dialo-gico e salvifico, grazie alla sua profonda e genuina spiritualità teologale, propria degli anawim del Regno (cf. LG 55), pronunciando il suo libero e consapevole fiat (cf. Lc 1, 38), il suo Magnificat (cf. Lc. 1, 46-55), impreziositi dalla tenace volontà di ribadire la sua diaconia al Dio Salvatore (cf. Lc 1, 38.48). Evangelizzata dalle parole, dalle persone e dagli eventi, che fungono da corollari nello avveramento del mistero della Incarnazione del Figlio di Dio (cf. Lc 2, 8-19; 2, 25-38; 2, 41-51; Mt 1, 18- 24; 2,9-11), la fede permea la speranza, infiamma la carità, acuisce l'intelligenza e rafforza la volontà di sequela nei momenti difficili e della crisi (cf. Mc 3, 31; Lc 2, 50) della “Piena di Grazia” (Lc 1, 28), che progressivamente diviene Serva del Signore e Donna dell’Alleanza nuova, entrando a far parte, in modo singolare, di coloro che obbediscono a Cristo (cf. Eb 5, 9) e per questo giustificata e salvata per la sua fede, divenendo anche il modello di come la spiritualità della fede è frutto dell’amore agapico che lo Spirito del Padre e del Figlio realizza nel credente.[3] Seguire con fedeltà e umiltà Gesù suppone, anche e soprattutto per la Madre, l'assunzione dell'itinerario della purificazione della speranza: essa da giusta aspirazione umana deve diventare, mediante l'assunzione del modello cristologico dell’umiliazione/abbassamento (cf. Fil 2, 5-11), virtù teologale ordinata all’edificazione e al consolidamento del Regno (cf. CCC, 1818). Il culmine di tale purificazione, di profonda e vera “inculturazione cristologica” o via conformativa a Cristo (cf. Gal 2, 20), santa Maria lo sperimenta nel dramma della Croce «dove, non senza un disegno divino, se ne stette ritta (cf. Gv 19.25), soffrì profondamente col suo Figlio unigenito e si associò con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente alla immolazione della vittima da lei generata» (LG 58). Ecco perché Maria è per i discepoli del Nazareno credibile e imitabile discepola della Parola che dona speranza e salva.[4] Insegnamento che è emerso anche nel magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, in un tempo di crisi globale e globalizzante, che ha anche colpito la fede dei credenti e che perciò richiede una vera rieducazione.[5]

Maria portatrice dell’anfora della speranza cristiana in papa Francesco

Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (24/IX/2013: = EG), dinanzi ai tanti bisogni e alle tante povertà del nostro tempo da colmare con sapiente e verace carità, papa Francesco ha chiesto in modo particolare ai credenti di «essere persone-anfore per dare da bere agli altri» (EG, 86). Le anfore, che danno senso e speranza alla nostra esistenza, a noi discepoli della Parola ci richiamano immediatamente il racconto evangelico di Cana di Galilea (cf. Gv 2,1-12), ove le anfore si erano prosciugate e la mancanza del vino poteva rovinare la festa di nozze. Una situazione che cambia, si trasforma e si rinnova grazie alla dinamica relazione tra la Madre, Maria, e il Figlio, Gesù. Una relazione in cui la fede e la speranza giocano il ruolo principale, ponendosi così nel cuore dell’esperienza ecclesiale. Una relazione che trasforma le giare da strumenti inutili a segno della gioia che viene da Dio e strumento di un’autentica evangelizzazione. Maria è dunque pienamente, personalmente e molteplicemente implicata nella gioia della evangelizzazione. Essa è assai impegnativa e ha bisogno di operai motivati e determinati, ecco perché ci viene ricordato che la fede è un sì personale detto a Dio con grande serietà e determinazione; ma la verifica della sua autenticità sta anche nell’incontro con il prossimo e, in epoca di globalizzazione, la nostra capacità di rendere il nostro mondo, le nostre città-panico, i nostri quartieri anonimi e disadorni di umanità più degni di essere abitati e vissuti, facendo rivitalizzare la speranza inaridita. Risvegliare la speranza è ricordare come nel paradigmatico episodio evangelico dell’incontro e del dialogo salvifico tra la donna samaritana e Gesù, avvenuto presso il pozzo di Giacobbe (cf. Gv 4,5-30), ove Cristo si presenta e si dona come l’acqua che zampilla la vita eterna; come colui che disseta ogni arsura, storica e metastorica: come la donna al pozzo di Giacobbe noi credenti, talvolta sfiduciati o disincantati, o indifferenti della città secolare, dobbiamo saper chiedere a Gesù: “dammi sempre di quest’acqua” (cf. Gv 4,15)! La Madre di Gesù, consapevole di questo sovrabbondante mistero di amore che risplendeva e si irradiava dalla persona e dall’opera evangelico-messianica del Figlio, ogni giorno con tenacia e fiducia attingeva l’acqua della verità, della misericordia e della compagnia divina da Gesù, versandola nell’anfora della propria esperienza credente e del proprio servizio e testimonianza al Regno. Ecco perché papa Francesco è convinto che nella “nuova evangelizzazione” delle culture e dei popoli è assai importante per la Chiesa di ogni latitudine tesaurizzare ed assumere lo stile mariano della sequela, della diaconia e della martiria, che scaturisce dalla fede intrepida e operosa nella carità. Nella vita del discepolo di Cristo le due dimensioni, quella di natura storica e quella escatologica, si compongono: il futuro scaturisce dal presente e ne diviene l’orizzonte; e, allo stesso tempo, il presente è illuminato dal futuro. Ma talidimensioni, pur componendosi, non si confondono: l’impegno di verificare e rendere presente la promessa escatologica nella storia rimanda costantemente alla realtà trascendente dell’eschaton, al suo essere al di là della storia e “più” di essa, al suo essere insomma puro dono dell’amore agapico del Dio trinitario di Cristo. Tra le due coordinate del presente e del futuro, di “già” e “non ancora”, si muove dunque il cristiano, l’uomo della speranza (cf. 1 Ts 4,13; Ef 2,12). Egli, liberato dalla miopia di un ottimismo solo terrestre di certezze (è la fatuità del presentismo culturale e pratico!), diviene l’anticipatore delle promesse escatologiche nella storia. Ma, non dimenticando mai di essere “straniero e pellegrino” (cf. 1 Pt 2,11) su questa terra, si proietta continuamente in nomine Domini verso un compimento tutto da raggiungere. Per questo la persona credente, la persona della speranza, è anche, come ha asserito papa Francesco nell’esortazione Evangelii gaudium, la persona della gioia (cf. Rm 12,12), che sa misurare e comprendere la realtà – pur nelle sue stridenti contraddizioni e oscurità – , ma con lo sguardo che va oltre il presente, oltre la stessa morte, animato da un indomabile coraggio, certo del futuro di Dio (cf. Rm 8,18), il Dio della nostra tenace speranza! Maria di Nazaret, madre e serva di questa concreta “Persona e Principio-Speranza” che è Cristo, si fa paladina di speranza per tutti coloro che anelano e realizzano la cultura e la prassi dell’incontro coll’amore di Dio e del prossimo,[6] rendendoci capaci di comprendere e vivere proficuamente le diversità.[7] Per cui è sapiente cogliere e promuovere in tutti, specie nelle giovani generazioni che sono il futuro del mondo, un’educazione integrale capace di formare seriamente e permanentemente alla vita buona del Vangelo, avendola come credibile ed efficace maestra. Maria continuamente rimanda a questo mistero ed evento di salvezza, di cui è stata la singolarissima beneficiaria: ella, oltre ad essere il frutto più eccelso della redenzione (cf. SC 103), è anche il primo risultato concreto e permanente della risurrezione di Cristo, perciò la sua glorificazione/conformazione al suo Signore (cf. LG 59) è, per usare una densa espressione di Giovanni Paolo II, perpetua provocatio, “incessante sfida” (cf. Redemptoris Mater 52), per i credenti di tutti i tempi, specie quelli della nostra generazione, che proprio di fronte alla resurrezione di Cristo e nostra si mostrano indecisi e titubanti, se non addirittura scettici. Ecco perché Maria, la serva del Signore che credette per prima nella nuova Alleanza, divenendo poi membro e icona della Chiesa dei discepoli, ora assunta alla gloria del cielo, è veramente e congruamente icona escatologica della Chiesa.[8] Infatti, avendo partecipato pienamente al mistero dell’incarnazione e della passione e morte di Gesù, ella partecipa alla gloria della risurrezione. La Vergine credente è questo: colei che nella storia è stata la “piena di grazia” è nell’eternità la “piena di gloria”, di quella gloria che sarà per l’umanità e il mondo “stabile dimora” nella parusia.[9] Ciò è vocazione dell’umanità e del creato stesso. Su tale cosmica e umana vocazione e destinazione, la parola poetica dice molto meglio della parola teologica. A tal riguardo Angelo Silesio († 1677) icasticamente scrive: «Devo essere Maria e da me far nascere Dio / perché egli mi conceda la beatitudine eterna». Nel nuovo documento mariano capitolare dei frati Servi di Maria, del 25 dicembre 2013 “Avvenga per me secondola sua Parola” (Lc 1,38). I Servi e Maria, icona di chi vive ascoltando e testimoniando la Parola, è scritto: «Valgono qui e adesso per noi le parole della prima Alleanza, mai revocata: “Io ti ho posto davanti a te la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità” (Dt 30,19-20). Per fare la scelta giusta, però, bisogna saper e voler vivere una condizione previa ed essenziale, richiesta da Gesù stesso: “Fate attenzione a come ascoltate” (Lc 8,18). La Madre del Signore si offre alla Chiesa e a noi come colei che ha fatto sempre attenzione a come ha ascoltato e servito. È stata l'unica ricchezza della sua vita; l’avervi posto il suo cuore ha reso il suo stesso corpo intangibile dalla tignola e dalla ruggine (cf. Mt 6,19-21). Allo stesso tempo sappiamo che la creazione è ancora nel dolore e nel travaglio (cf. Rm 8,22). Ma la consapevolezza di essere portatori di quelle energie che la libereranno dalla schiavitù della corruzione per introdurla nella libertà dei figli di Dio (cf. Rm 8,21), ci dia [la speranza] e la gioia promess[e] da Cristo, che nessuno ci potrà togliere (cf. Gv 16,22)».[10] La Madre di Gesù, in tal senso, è garanzia di questa speranza affidabile creduta e predicata dalla Chiesa nel suo impegno per la “nuova evangelizzazione” delle culture e della stessa umanità bisognosa di verace e non effimera speranza![11]

NOTE
[1] G. M. ROGGIO, PAMI – Congresso Mariologico Straordinario, in Marianum 76 (2014), pp. 479-500.
[2] J. MOLTMANN, Etica della speranza, Queriniana, Brescia 2011, pp. 13-14. Si veda anche: G. LAFONT, Che cosa possiamo sperare?, EDB, Bologna 2011.
[3] Cf. S. M. PERRELLA, Ritrovare il Dio agapico di Cristo nel tempo della postmodernità: il contributo della spiritualità mariana, in AA. VV., Maria di Nazaret. Spiritualità-Ecumenismo- Chiesa locale, AMI, Roma 2010, pp. 17-131.
[4] Cf. IDEM, L'amore agapico cristiano in un contesto di cultura "liquida": l'insegnamento di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, prefazione in F. CERAVOLO, Sulle ali della carità, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2008, pp. 7-52.
[5] G. COLZANI, Credere in un tempo di crisi, in Kairós 3 (2013), 61-84; B. FORTE, Educare alla fede, ibidem, pp. 129-144.
[6] Cf. D. FARES, Papa Francesco e la cultura dell’incontro, in La Civiltà Cattolica 165 (2014), n. 1, pp. 449-460.
[7] Cf. AA. VV., Vivere nella diversità, in Concilium 50 (2014), n. 1, pp. 11-140.
[8] Cf. W. KASPER, Chiesa cattolica. Essenza – Realtà – Missione, Queriniana, Brescia 2012, pp. 238-245: «Maria, modello della Chiesa».
[9] Cf. S. M. PERRELLA, Maria di Nazaret, la Credente, in Kairós 3 (2013), pp. 85-127.
[10] 213° CAPITOLO GENERALE DEI FRATI SERVI DI MARIA, «Avvenga per me secondo la tua Parola (Lc 1,38)». I Servi e Maria, icona di chi vive ascoltando e testimoniando la Parola, in Marianum 76 (2014), pp. 363-364; per alcuni brevi commenti cf. AA.VV., Il documento mariano dei Servi di Maria, in Riparazione Mariana 99 (2014), n. 2, pp. 3-13.
[11] Cf. S. M. PERRELLA, Maria icona della speranza affidabile nel complesso tempo attuale. Alcuni spunti di riflessione teologicoculturale, in Ephemerides Mariologicae 63 (2012), pp. 251-294.

 

Inserito Lunedi 25 Maggio 2015, alle ore 0:17:18 da latheotokos
 
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