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  La regalità di Maria 
Mariologia

Nella tradizione e nella devozione della Chiesa. Un intervento di Alfonso Langella in AA. VV., Donna, se’ tanto grande e tanto vali… Note sulla regalità di Maria e sul restauro della cappella dell’Immacolata nella Basilica di Santa Croce, A.C.M., Torre Del Greco 2004, pp. 16-26.



Riproporre oggi una riflessione su questo antichissimo titolo attribuito alla madre di Gesù può sembrare fuori dal tempo, in virtù dei mutamenti culturali e teologici che segnano la vita di oggi. Sul piano culturale, infatti, l’età contemporanea, segnata dal tramonto dalla forma monarchica di governo, rifiuta l’idea dei privilegi dei re e delle regine: la sensibilità democratica prevalente nella cultura occidentale non riconosce più come positivi i modelli monarchici che, laddove continuano a sussistere, sono spesso ridotti a ornamento (a volte semplicemente folkloristico) della vita politica. Sul piano teologico, poi, l’attribuzione alla madre di Gesù del titolo di Regina appare in contraddizione con l’immagine biblica della Vergine, ritratta nei vangeli come una povera donna del popolo d’Israele, senza alcuna relazione con la monarchia erodiana, che guidava il paese al tempo di Gesù, né con l’impero romano; d’altra parte, la coscienza teologica contemporanea rifiuta ogni immagine trionfalistica della figura di Maria, che tenda a separarla dagli altri credenti, preferendo piuttosto recuperare la concretezza personale della Vergine e la sua vicinanza al popolo di Dio che è la chiesa2. Tuttavia, non può essere disperso il senso dell’esperienza dei cristiani, i quali sin dai primi secoli della vita della chiesa hanno riconosciuto la madre di Gesù come “Regina”: occorre, piuttosto, comprendere le ragioni di questa particolare prospettiva mariana e verificarne il significato per le donne e per gli uomini di oggi.

1. Che cosa dice la tradizione cristiana sulla regalità di Maria?

La chiesa, a partire dai dati della Scritture, giunge presto a intuire la regalità della madre del Re dei Re3. Le testimonianze più antiche di quest’aspetto della devozione mariana dei cristiani si trovano sia nella letteratura, sia nell’iconografia. Successivamente, anche la liturgia ha celebrato la regalità della Vergine.

1. Le testimonianze scritte

Le prime testimonianze dei Padri della chiesa risalgono al IV secolo. Il più importante autore siriaco, Efrem di Nisibi (306-373), afferma implicitamente la regalità della Vergine in due testi, la cui autenticità è, tuttavia, messa in discussione dagli studiosi moderni. Nel primo pone sulle labbra di Maria, che si rivolge a Gesù, il titolo che ella riconosce per sé di “madre del Re”: «Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di lui. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono!»4. Nel secondo è l’autore stesso che prega la madre di Gesù, chiamandola «Vergine augusta e padrona, Regina, signora»5. A qualche decennio successivo risalgono, invece, le invocazioni di Gregorio di Nazianzo: «madre del Re di tutto l’universo », «madre vergine, ha partorito il Re di tutto il mondo»6. Contemporaneamente a Maria viene attribuito anche il titolo di “Signora” (domina, in latino): oltre che nel testo discusso di Efrem sopra menzionato, questo titolo è letto alla luce di un’improbabile derivazione etimologica del nome di Maria a partire da san Girolamo († 420)7. Le testimonianze si moltiplicano in Oriente e in Occidente nei secoli successivi. In Oriente nel VI secolo il grande innografo Romano il melode († 560) canta l’amorevolezza di Maria Regina verso i poveri: «non è prerogativa solo del comandante il saluto alla Regina, ma anche gli umili possono vederla, parlare con lei»8. Flavio Cresconio Corippo († 568), poeta di corte dell’imperatore di Bisanzio Giustino II, scrive una preghiera alla Vergine per l’imperatrice Sofia, nella quale invoca Maria quale «Regina del mondo eccelso, madre santissima del creatore dell’universo»9. Ma sono soprattutto i tre grandi autori bizantini dell’VIII secolo, Andrea di Creta († 720), Germano di Costantinopoli († 733) e Giovanni Damasceno († 749) a utilizzare, dopo aver elaborato la dottrina dell’assunzione e della mediazione di Maria, il termine “Regina” per esprimerne la superiorità sulle creature celesti e sugli uomini. Andrea di Creta pone in relazione la regalità della Vergine con la sua assunzione: «[Gesù Cristo] portò [ai cieli] in questo giorno, come Regina del genere umano, dalla dimora terrena la sua Madre sempre vergine, nel cui seno, pur rimanendo Dio, prese l’umana carne»10. In Occidente il titolo “Regina” compare a partire dal VI secolo. In un poema in lode di Maria attribuito a Venanzio Fortunato (530-600), l’autore canta: «Sei stata posta sul trono celeste, o felice Regina»11; un secolo dopo Ildefonso da Toledo († 667), così invoca la madre di Gesù: «O mia signora, o mia dominatrice: tu sei mia signora, o madre del mio Signore [...] Signora tra le ancelle, Regina tra le sorelle»12; e Ambrogio Autperto, nell’VIII secolo giustifica ancora una volta questo titolo con il riferimento alla maternità divina: «Regina del cielo, perché madre del re degli angeli»13. Il medioevo consacra il linguaggio regale nelle invocazioni alla Vergine. L’appellativo popolare “madonna” ha origine proprio nel medioevo, dalla contrazione dell’espressione latina mea domina (mia signora). Francesco d’Assisi, ad esempio, la saluta così: «Ave domina, sancta regina, sancta Dei genitrix Maria»14. Dante Alighieri, che già nella Vita Nuova chiama Maria «Regina della gloria»15, nella Divina Commedia utilizza più volte questo titolo, quando parla della madre di Gesù: nel Paradiso è S. Bernardo che chiama la madre di Gesù «Regina del cielo, ond’io ardo / tutto d’amor»16. Dal medioevo in poi il titolo ricorre in tutti gli autori mariani, oltre che nei poeti e negli scrittori.

2. L’iconografia
L’arte cristiana ha mirabilmente rappresentato la regalità di Maria. Già nella prima raffigurazione mariana risalente al II secolo, nelle catacombe di santa Priscilla a Roma, che rappresenta l’adorazione dei Magi, la Vergine è vestita con le vesti di imperatrice, secondo un modello che ritornerà spesso nelle raffigurazioni di quell’episodio del vangelo di Matteo. Più tardi, soprattutto dopo il Concilio di Efeso del 431, che proclamerà Maria quale “madre di Dio”, s’imporrà l’uso di ritrarre la Vergine in trono e con paramenti regali, secondo l’immagine della B a s i l i s s a (imperatrice) o K y r i o t i s s a (signora): così in un affresco del VI secolo delle catacombe di Commodilla, nei mosaici dell’arco trionfale di S. Maria Maggiore a Roma (secc. V-VI), negli affreschi di S. Maria antiqua a Roma (sec. VI), nei mosaici della basilica eufrasiana di Parenzo, in Croazia (sec. VI), e così via in quantità sempre crescente nei secoli successivi. Un’importante testimonianza del Trecento della Vergine Regina in trono è a Napoli nella basilica di santa Restituta, all’interno della Cattedrale: un mosaico di Lello da Orvieto (1322) ritrae la Vergine seduta in trono e incoronata, con sulle sue ginocchia Gesù bambino seduto. Interessanti sono poi le opere che ritraggono l’atto col quale Maria viene incoronata Regina dal Cristo, come in un bassorilievo di Andrea della Robbia, o dalla Trinità stessa, come in un dipinto di Diego Velasquez († 1660).

3. La preghiera e la liturgia
Le invocazioni che il popolo di Dio rivolgeva sin dai primi secoli alla Vergine Regina, confluirono nel medioevo nelle preghiere della Salve, Regina misericordiae – attribuita al monaco Ermanno il Contratto († 1054), che poi divenne Salve, Regina, mater misericordiae – , in cui la madre di Gesù è invocata come una Regina pietosa verso i sudditi che soffrono, del Regina coeli, laetare (secc. XII-XIII) che collega la regalità di Maria alla Pasqua di Gesù, dell’Ave, Regina coelorum (secc. XII-XIII), ove si contempla la bellezza trascendente della madre di Gesù glorificata, preghiere che sono diventate antifone mariane. Il Rosario, preghiera che ha assunto la sua fisionomia attuale nel 156917, medita nel quinto mistero glorioso, dopo l’assunzione, proprio l’evento dell’incoronazione della Vergine come Regina degli angeli e dei santi. In un tempo e in un contesto più vicino al nostro è da ricordare l’attribuzione alla Vergine del titolo “augusta Regina delle vittorie”, da parte del Beato Bartolo Longo, nella famosa Supplica alla Vergine di Pompei18. Nelle litanie laureatane, che a partire dal XVI secolo accompagnano i pellegrinaggi al santuario di Loreto e che sono abitualmente recitate alla fine della preghiera del Rosario, compaiono le invocazioni alla “Regina” di quanti sono nel cielo (angeli, patriarchi, profeti, apostoli, martiri, confessori, vergini, santi), alle quali successivamente si sono aggiunte quelle in cui la Regina è posta in relazione con i dogmi recenti (Immacolata Concezione e Assunzione) e con la vita concreta degli uomini (Regina della pace, Regina della famiglia). Non solo la preghiera popolare, ma anche la liturgia ha in grande onore la regalità di Maria. La Raccolta delle Messe della Beata Vergine Maria, pubblicata nel 1987, prevede ben quattro formulari per celebrare la Vergine col titolo di Regina, quale Regina degli apostoli (formulario 18), Regina dell’universo (formulario 29), Regina di misericordia (formulario 39), Regina della pace (formulario 45). E se sin dal X secolo la devozione popolare alla regalità di Maria è testimoniata anche dall’uso di “incoronare” le immagini di Maria, oltre che di Gesù, applicando a esse una corona regale d’oro o d’argento, la liturgia ha voluto assumere questa consuetudine istituendo il Rito per l’incoronazione della Vergine, rinnovato nel 1981.

2. Per quali motivi Maria è considerata Regina?

Le numerosissime testimonianze della tradizione non giustificano ancora la legittimità e l’opportunità di riproporre il titolo di Maria Regina ai cristiani del nostro tempo. Questa lunga catena di testimoni accerta soltanto che in passato questo tema era particolarmente sentito nella chiesa. Occorre pertanto individuare proprio nella tradizione biblica ed ecclesiale i significati più profondi e più conformi alla sensibilità attuale dei cristiani per motivare la celebrazione attuale di Maria Regina.

1. Maria Regina nel suo rapporto con la Trinità e con Cristo
La prima motivazione della regalità di Maria è l’intimo legame della Vergine con il Dio trinitario. Se per alcuni affermare che Maria è Regina vuol dire attribuire a lei un titolo – quello regale – che spetterebbe solo alle persone trinitarie, è vero che solo a partire dalla regalità di Dio si comprende quella della madre di Gesù. Quando la Scrittura utilizza l’analogia e il linguaggio del potere monarchico per esprimere l’onnipotenza divina, è il Padre, creatore del cielo e della terra, a essere insignito del titolo di Re. È Lui che ha creato e che governa il mondo, col potere infinito che gli deriva dalla sua natura. Così si esprimono soprattutto i Salmi: «terribile è il Signore, l’Altissimo, Re grande su tutta la terra» (Sal 43,3; cf. anche Sal 5,3; 9,37; 24,7; 29,10; 44,5; 47,3.8; 68,25; 74,12; 84,4; 95,3; 98,6; 99,4; 145,2). Anche i libri profetici attestano la monarchia di Jhwh sull’universo e su Israele, in particolare: «Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura» (Sof 3,15; cf. anche Is 6,5; 33,22; 43,15; 44,6; Ger 8,19; 10,7.10; 46,18; 48,15; 51,57; Zc 14,9.17; Mal 1,14). Pure Gesù in alcune parabole del Regno rappresenta il Padre come un Re (cf. Mt 18,23ss; 22,1-14). Il titolo di Re, tuttavia, si addice anche a Gesù secondo le Scritture: il Messia atteso dagli ebrei dovrà avere tratti regali (sarà chiamato «Principe della pace« in Is 9,6; sarà discendente del re Davide, secondo 2Sam 7; sarà un re «umile e mansueto», secondo Zc 9,9-10) e Gesù stesso verrà riconosciuto come il re dei Giudei annunciato dai profeti (Mt 2,2; 27,29.37.42; Mc 15,2; Lc 23,2.37; Gv 1,49; 6,15; 19,12.14.15. 21) e che, come rivelerà l’angelo a Maria nell’annunciazione, «regnerà eternamente sulla casa di Giacobbe» (Lc 1,32); ormai risorto sarà per i credenti «Re dei re e Signore dei signori» (Ap 19,16). Gesù, tuttavia, ci terrà sempre a riconoscere il modo nuovo di intendere la sua regalità. Diversamente dai re di questo mondo, infatti, «il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28); d’altra parte attesterà chiaramente: «il mio Regno non è di questo mondo» (Gv 18,36). Anche lo Spirito, infine, ha qualcosa a che fare con la regalità: il profeta Isaia, infatti, vede nello Spirito l’artefice della regalità del Messia (Is 11,1-2: «un germoglio spunterà dal tronco di Iesse […]. Su di lui si poserà il mio Spirito») e, nell’annuncio dell’angelo a Maria, viene attestata proprio la realizzazione di quella profezia: il figlio di Maria «regnerà eternamente sulla casa di Giacobbe» (Lc 1,32) proprio perché l’angelo ha rivelato alla Vergine: «lo Spirito santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra» (Lc 1,35). La regalità della Vergine, pertanto, non è altro che il riflesso della regalità del Dio trinitario. In realtà, la tradizione ha messo sempre in relazione il titolo di Maria Regina specialmente con il dato biblico della sua maternità nei confronti del Figlio di Dio nella carne. S. Alfonso lo ha attestato chiaramente: «Poiché la vergine Maria fu esaltata ad essere la Madre del Re dei re, con giusta ragione la chiesa l’onora col titolo di Regina»19. Per Pio XII, la maternità divina è «l’argomento principale su cui si fonda la dignità regale di Maria»20. L’incarnazione del Figlio di Dio, tuttavia, vede all’opera tutte le persone divine e non solo il Verbo: è, infatti, il Padre, re dell’universo, che nell’incarnazione dona «ogni suo potere» a Gesù (Mt 28,18) ed è lo Spirito, come abbiamo visto, che realizza questa donazione. La Vergine madre di Gesù, pertanto, si trova al centro dell’azione di tutta la Trinità quando accoglie l’annuncio dell’angelo e diventa non solo “madre del Re”, ma anche Regina, partecipe per mezzo dello Spirito della regalità che il Padre in lei ha donato a Gesù. Accanto al mistero dell’incarnazione, tuttavia, nella tradizione è stato individuato un secondo motivo cristologico che ispira il titolo di Maria Regina: si tratta della partecipazione della Vergine all’opera della salvezza. Se Gesù è nostro Re perché ci ha salvati col suo sangue, la Vergine, che con la sua presenza sotto la croce ha accompagnato il sacrificio del Figlio (Gv 19,25-27), è senz’altro Regina. Pio XII, a questo proposito, afferma che «se Maria, nell’opera della salvezza spirituale, per volontà di Dio, fu associata a Cristo Gesù, principio di salvezza, così come Eva fu associata ad Adamo […]; se realmente “fu lei, che esente da ogni colpa personale o ereditaria, strettissimamente sempre unita al suo Figlio, lo ha offerto sul Golgota all’eterno Padre sacrificando insieme l’amore e i diritti materni […]”21; si potrà legittimamente concludere che, come Cristo, il nuovo Adamo, è nostro re non solo perché Figlio di Dio, ma anche perché nostro redentore, così, secondo una certa analogia, si può affermare parimenti che la beatissima Vergine è Regina, non solo perché Madre di Dio, ma anche perché quale nuova Eva è stata associata al nuovo Adamo. È certo che in senso pieno, proprio e assoluto, soltanto Gesù Cristo, Dio e uomo, è re; tuttavia, anche Maria, sia come madre di Cristo Dio, sia come socia nell’opera del divin Redentore, e nella lotta con i nemici e nel trionfo ottenuto su tutti, ne partecipa la dignità regale, sia pure in maniera limitata e analogica»22.Anche nel considerare la regalità di Maria a partire dalla sua partecipazione al sacrificio di Cristo, occorre aggiungere che tale partecipazione è stata possibile solo per l’azione di tutta la Trinità: il Padre, infatti, l’ha resa capace di perseverare fino alla fine nel seguire Gesù fin sotto la croce, donandole lo stesso Spirito di Gesù redentore, che, poi, è lo stesso Spirito effuso sulla chiesa. È per mezzo dello Spirito che l’unica mediazione redentrice di Gesù viene partecipata alla chiesa e a Maria.

2. Maria Regina nel suo rapporto con la chiesa e con la storia
L’attribuzione a Maria del titolo di Regina trova un’altra motivazione nell’appartenenza della Vergine alla chiesa, come «membro singolare» di essa23. Tutto quello che si dice di Maria, per quanto la sua esperienza di madre di Dio sia stata singolare, si deve poter dire in un certo senso della chiesa e di ciascun battezzato. Ci sono almeno due motivi che consentono di leggere la regalità della madre di Gesù alla luce della regalità della chiesa. In primo luogo, Gesù ha assicurato che il Regno di Dio appartiene ai poveri: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli» (Mt 5,3). Ora, chi più di Maria, che si è totalmente spogliata di sé per far posto allo Spirito del Padre per dare al mondo il Figlio Gesù, può essere riconosciuta “povera in spirito”? D’altra parte, lei stessa nel Magnificat canta che «il Signore ha guardato alla tapéinosis (“povertà”, “miseria”, “bassezza”, più che “umiltà”) della sua serva» (Lc 1,48). A Maria povera dunque appartiene il Regno, come alla chiesa povera appartiene il Regno. Ma la Vergine, Regina perché povera, proclama anche, nello stesso canto di gioia che pronuncia davanti a Elisabetta, che Dio «ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato i poveri (tapeinous, nel testo greco)» (Lc 1,52). La sua esperienza di povera elevata al rango di Regina le consente di annunciare che questo è lo “stile” dell’azione di Dio: rovesciare la storia, rendere regine e re le donne e gli uomini vinti, oppressi, schiacciati dai potenti. In questo la Vergine Regina indica alla chiesa il messaggio di liberazione che essa deve annunciare: Dio è dalla parte dei poveri! La regalità di Maria, inoltre, esprime la funzione regale che ogni battezzato è chiamato a esercitare, per il fatto di essere stato incorporato – mediante l’unzione crismale – a Cristo, che è il re messianico (oltre che profeta e sacerdote). Il Concilio Vaticano II ha meravigliosamente descritto in che consista questa funzione regale del popolo di Dio, in particolare dei laici: come Cristo è stato Re perché ha vinto il peccato, obbedendo fino in fondo alla volontà del Padre, e ha vissuto “servendo” totalmente gli uomini, soprattutto i più deboli, così i cristiani partecipano della sua dignità regale quando in se stessi dominano sul regno del peccato e si pongono a “servizio” di Dio e dei fratelli, «affinché il mondo sia imbevuto dello Spirito di Cristo»24. Il servizio, dunque, è il senso ultimo della regalità per i cristiani, per i quali vale il principio che solo chi è capace di donarsi liberamente nell’amore a Dio e ai fratelli è veramente signore, perché riesce a dominare l’unico avversario in grado di renderlo schiavo: il proprio “io”. Il cristiano sa che l’“egoismo” (così la Bibbia interconfessionale in lingua corrente traduce spesso il termine greco sarx, che propriamente vuol dire “carne”) produce la vera schiavitù, mentre lo Spirito, che spinge l’uomo, come ha spinto Cristo, verso l’abbassamento di sé (kenosi, in greco), produce la libertà, che coincide, poi, con la volontà di Dio. Questo cammino di spoliazione, che esprime la funzione regale, propria di ogni battezzato, si è realizzato pienamente nella Vergine. In lei, infatti, il peccato è stato totalmente vinto, in virtù della sua Immacolata Concezione, nella quale lo Spirito di Dio l’ha resa totalmente santa e l’ha preservata dal peccato, e in virtù della sua totale obbedienza alla volontà di Dio: «si compia in me la tua parola» (Lc 1,38); d’altra parte proprio in lei il titolo di Regina si sposa con quello di “serva”. «Ecco la serva del Signore» (ivi), dice all’angelo, nell’accogliere pienamente il disegno del Padre su di lei; e l’abbiamo già sentita cantare «il Signore ha guardato alla povertà della sua serva» (Lc 1,48). Questo suo essere serva si è concretamente realizzato in una vita vissuta per gli altri. Subito dopo l’annunciazione si reca «in fretta» a servire Elisabetta, sua parente che era incinta (Lc 1,39-56); a Cana, invoca discretamente l’intervento del Figlio a favore degli invitati alle nozze e dice ai “servi”: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5); e ancora adesso, assunta nella gloria di Dio, continua a esercitare il suo servizio, per mezzo della preghiera d’intercessione, che ella rivolge al Padre per i suoi figli. 3. Maria Regina nel suo rapporto con “la vita che verrà”. La regalità di Maria esprime soprattutto la condizione della Vergine quale donna glorificata dopo il corso della vita terrena. È nella sua assunzione al cielo che la madre di Gesù diviene pienamente Regina. Ma anche questo aspetto può essere compreso alla luce di quello che il Signore ha preannunciato per tutti i cristiani, destinati a regnare con Cristo per sempre. Già Daniele aveva profetizzato che dopo l’avvento del Figlio dell’Uomo «i santi dell’Altissimo riceveranno il Regno e lo possederanno per secoli e secoli» (D n 7,18.22.27). Gesù stesso ha ribadito questa promessa, rispondendo a Pietro: «Voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele» (M t 19,28; L c 22,28-30). E Paolo conferma la sorte regale di chi segue Gesù fino alla fine: «se moriamo con lui, vivremo anche con lui, se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo » (2 Tm 2,11-12). Questo riferiscono anche le visioni di Giovanni nel libro dell’Apocalisse (Ap 2,10; 3,20-21; 22,5). Maria, che ha accolto in ogni istante della sua vita il dono della grazia dello Spirito che il Padre le ha inviato e che l’ha condotta non solo a concepire nel suo grembo il Figlio di Dio, ma anche a seguirlo come discepola fedele ai suoi insegnamenti fino alla croce, è la prima persona assunta nella gloria, secondo la fede cattolica proclamata definitivamente da Pio XII nel 1950. Ella è la garanzia che quello che Gesù ha promesso si realizzerà anche per noi, che come lei “regneremo” col Risorto alla fine dei tempi. L’intimo legame tra l’Assunzione e la regalità di Maria è espresso dal calendario liturgico che, dopo la riforma del 1969, ha trasferito la celebrazione di Maria Regina dal 31 maggio al 22 agosto, otto giorni dopo la solennità dell’assunzione, come suo «prolungamento festoso»25.

3. Gli effetti dell’esercizio della sua regalità: regina perché serva

Se Maria è Regina perché è stata serva, anche la sua attuale regalità si esprime nella perennità del suo servizio. La chiesa ha riconosciuto nel titolo Maria Regina una serie di elementi, che la pongono in una particolare relazione col popolo dei credenti di cui anch’ella fa parte. La madre di Gesù, infatti, è venerata come Regina del cielo, quasi guida degli angeli e dei santi che sono nella gloria, ai quali, tuttavia, è intimamente legata nella profonda adorazione comunitaria del Dio trinitario, ma anche Regina della terra, mai distaccata dalla storia dell’umanità di cui continua a fare parte. Per questo, ad esempio, i cristiani ne hanno sentita particolarmente vicina la presenza nelle situazioni di persecuzioni e di conflitto, invocandola come Regina delle vittorie (è il titolo che compare, ad esempio, nella Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei, redatta dal beato Bartolo Longo) o Regina della pace, titolo aggiunto alle litanie lauretane da Benedetto XV nel 1917, durante la prima guerra mondiale, o anche Regina della famiglia, anche questo titolo aggiunto recentemente, nel 1996, alle litanie lauretane da Giovanni Paolo II. Nelle diverse circostanze, la chiesa ha sperimentato in questa Regina un particolare potere di misericordia (Regina misericordiae, secondo l’antica invocazione della Salve, Regina): si tratta di una regina tenera con i figli del suo popolo di cui si prende soprattutto attraverso la sua intercessione. Alla luce di quest’esperienza la chiesa si rivolge a lei nelle diverse modalità della preghiera cristiana. In primo luogo, come abbiamo visto, nell’invocazione, chiedendole di rafforzare la preghiera povera dei peccatori rivolta, esercitando in tal modo la speranza nel Dio che “innalza gli umili”. In secondo luogo, il culto cristiano deve risvegliare l’imitazione degli eventi che si professano nella fede. Per questo, riconoscere la regalità di Maria, vuol dire anche seguire il modello che essa ci offre: se Maria è Regina perché è serva, come abbiamo visto, i cristiani sono chiamati ad accompagnarla nel servizio a Dio e ai fratelli, nell’esercizio dell’amore. E, infine, l’esito finale della relazione con Maria Regina è la contemplazione della sua bellezza: la tradizione cristiana ha sempre associato la bellezza alla figura della Madre di Dio. Il Salmo 44 (45), che canta la bellezza del re-messia, ma anche quella della sua sposa, è stato interpretato in senso mariano: «al re piacerà la tua bellezza […] la figlia del re è tutta splendore, gemme e tessuto d’oro è il suo vestito» (S a l 44 [45], 12.14). La figura della Regina, rivelatrice della potenza e della misericordia della madre di Gesù, mostra anche la sua bellezza, che è il riflesso della bellezza del Dio trinitario sulle creature.

NOTE
1 PIO XII, Lettera enciclica Ad caeli Reginam, sulla dignità regale della Beata Vergine Maria e per l’istituzione della sua festa (11 ottobre 1954), in Acta Apostolicae Sedis 46 (1954) 625-640.
2 Secondo Pietro Canisio († 1597) il primo a formulare queste obiezioni al titolo di Regina sarebbe stato Lutero, seguito dagli altri riformatori: cf. PIETRO CANISIO, De Maria Virgine incomparabili et Dei Genitrice sacrosanta, vol. V, Ingolstadii 1577, 13.
3 Cf. T.M. DI BARTOLOMEI, Maria, Signora e Regina, Roma 1965.
4 EFREM, Hymni de B. Maria, 19.
5 ID., Oratio ad Ss.mam Dei Matrem.
6 GREGORIO DI NAZIANZO, Poemata dogmatica 18,58, in Patrologia Graeca 37, 485.
7 Cf. GIROLAMO, Liber de nominibus hebraeis, in Patrologia Latina 23, 886: «Si deve sapere che Maria nella lingua siriaca significa Signora»; PIETRO CRISOLOGO, Sermo 142 de Annuntiatione B.M.V., in Patrologia Latina 52, 579: «Il nome ebraico Maria si traduce “Domina” in latino».
8 ROMANO IL MELODE, Inno I dell’annunciazione 1, in Sources Chretiennes 110, 20.
9 FLAVIO CRESCONIO CORIPPO, In laudem Iustinii 2,56.
10 ANDREA DI CRETA, Homilia II in Dormitionem Ss.mae Deiparae, in Patrologia Graeca 97, 1079. Cf. anche ID., Homilia III in Dormitionem Ss.mae Deiparae 1, in Patrologia Graeca 98, 303: «Regina di tutti gli uomini, perché fedele di fatto al significato del suo nome, eccettuato soltanto Dio, si trova al di sopra di tutte le cose»; GERMANO DI COSTANTINOPOLI, In Praesentationem Ss.mae Deiparae 1, in Patrologia Graeca 98, 303: «Siedi, o signora: essendo tu Regina e più eminente di tutti i re ti spetta sedere nel posto più alto»; Ivi 2, in Patrologia Graeca 98, 315: «Signora di tutti coloro che abitano la terra»; GIOVANNI DAMASCENO, Homilia I in Dormitionem B.M.V., in Patrologia Graeca 96, 719: «Regina, padrona, signora»; De fide orthodoxa,1,4,14, in Patrologia Graeca 44, 1158: «signora di tutte le creature».
11 VENANZIO FORTUNATO, In laudem Sanctae Mariae 265, in Patrologia latina 88, 282.
12 ILDEFONSO DA TOLEDO De virginitate perpetua B.M.V., in Patrologia latina 96, 58.
13 AMBROGIO AUTPERTO, Omelia nella festa dell’Assunzione 2, in Patrologia latina 39, 2129.
14 FRANCESCO D’ASSISI, Salutatio Beatae Mariae Virginis, in Gli scritti di S. Francesco d’Assisi, a cura di K. Esser, Padova 1982.
15 DANTE ALIGHIERI, Vita Nuova 5, in ID., Tutte le opere, a cura di L. Blasucci, Firenze 1965, 54.
16 ID., Paradiso 31,100. Cf. anche 31,116-117 («veggi seder la Regina/ cui questo regno è suddito e devoto»); 33,34-37 («ancor ti priego, Regina, che puoi / ciò che tu vuoli, che conservi sani, / dopo tanto veder, li affetti suoi»).
17 Cf. PIO V, Bolla Consueverunt Romani Pontifices, Roma 1569.
18 B. LONGO, Supplica alla Regina del ss. Rosario di Pompei, Pompei 1883.
19 ALFONSO DE LIGUORI, Le glorie di Maria, p. I. c. I, § 1.
20 PIO XII, Ad caeli reginam, n. 3, in Acta Apostolicae Sedis 46 (1954) 632.
21 ID., Lettera enciclica Mystici corporis (29 giugno 1943), n. 110, in Acta Apostolicae Sedis 35 (1943) 247.
22 PIO XII, Ad caeli reginam, n. 3, in Acta Apostolicae Sedis 46 (1954) 633.
23 CONCILIO VATICANO II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 53.
24 Ivi n. 36.
25 PAOLO VI, Esortazione apostolica sul culto mariano Marialis cultus (2 febbraio 1974), n. 6, in Acta Apostolicae Sedis 66 (1975) 119.

 

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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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