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  La devozione a Maria della Serva di Dio Giuseppina Berettoni (1875-1927) 
Santi

Dal libro di Letizia Li Donni, "Giuseppina Berettoni, un'apostola dei nostri tempi", Centro Giuseppina Berettoni, Roma 2011, pp. 23-24; 26-29.



Devozione mariana

Poiché Maria fu il primo tabernacolo vivente di Gesù, era ovvio che la nostra serva di Dio fosse devotissima anche della Madonna, madre celeste di tutti. Paolo VI era solito affermare, in maniera incisiva, “Se vogliamo essere cristiani dobbiamo essere mariani ” , sottolineando, così, la necessità della devozione mariana e la sua inscindibile finalità cristologica. Essa è la via sicura che ci conduce a Cristo Gesù, base ed essenza della nostra perfezione e santità. Ebbene, Giuseppina, in sintonia con quanto Papa Montini affermava, fu convinta della necessità di una vera devozione filiale a Maria. Infatti, sosteneva che l'unico mezzo sicuro per la nostra santificazione è incamminarsi verso Gesù, condotti dalla Vergine Madre. Il suo anelito verso Maria era, oseremmo dire, quasi costituzionale, dal momento che la sua avventura cristiana era iniziata e terminata a Santa Maria Maggiore, sotto la protezione della Madonna. Lì, infatti, nella Cappella di Maria Salus Populi Romani, concludeva la sua vita, la mattina del 17 gennaio 1927: sembrava che la Vergine stessa fosse venuta a prendere la sua figliola prediletta. Con grande semplicità e fiducia ricorreva all'aiuto di Maria perché la fortificasse nei momenti della prova, le concedesse gli adeguati aiuti per soccorrere i bisognosi, i sofferenti, la illuminasse per infondere coraggio ai dubbiosi e la consolasse negli scoraggiamenti e nelle lotte contro il demonio. L'ardente devozione mariana acquistava un particolare significato quando Giuseppina si trovava a consolare quei moribondi, vissuti rifiutando l'aiuto della grazia e della misericordia di Dio. Il più delle volte erano missioni che la Madonna le affidava per strappare, alla dannazione eterna, quelle anime di peccatori induriti, che si erano lasciate irretire dal potere del maligno. Giuseppina desiderò imitare le virtù di Maria e si abbandonò nelle sue mani. Visse di fede e nella fede, come la Vergine. Accettò il silenzio, la povertà, l'obbedienza. Condivise con i deboli e i sofferenti le loro realtà di disagio. Accettò e offrì le varie umiliazioni per amore di un misterioso disegno di Dio, che la voleva gioiosa a postola nel mondo e non vittima nel chiostro. Maria è presente nella sua vita quanto Cristo, perché, nella storia della sua vocazione, ha avuto un ruolo materno insostituibile. È fondamentale l'episodio avvenuto il 19 settembre 1897, giorno della sua vestizione, nell'Istituto delle Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario. Durante la cerimonia, la Vergine Addolorata, ai piedi del Calvario, la esortò ad indossare la divisa della sofferenza preannunciandole tanti avvenimenti dolorosi, che avrebbero impresso una svolta diversa alla sua vita. Da quel momento, il messaggio della Madonna divenne il suo programma di vita, che portò a compimento, fino all'ultimo giorno del suo peregrinare terreno: sofferenza, amarezza, incomprensione furono tappe obbligate del suo percorso spirituale. La recita del santo rosario fu la sua devozione mariana per eccellenza: lo recitava quotidianamente, completo di 15 poste. Il suo slancio, per diffondere e far praticare il culto mariano, non ha conosciuto limiti. Dove poteva, fondava l'associazione delle Figlie di Maria, infervorava la gioventù con discorsi che esaltavano le virtù da praticare, affidava alla protezione della Vergine le famiglie dissestate e, soprattutto, i sacerdoti, per i quali nutriva un affetto particolare e intercedeva per ottenere loro le grazie necessarie per esercitare degnamente il ministero sacerdotale.

Tra le Figlie di Maria

La Pia Unione delle Figlie di Maria era sorta nel settembre 1864, per iniziativa della marchesa Costanza Lepri e di don Alberto Passeri, prima parroco di sant'Agnese, poi Abate generale dei Canonici regolari Lateranensi. Nei secoli passati erano sorte altre associazioni mariane, legate, generalmente, a determinati ordini religiosi e circoscritte al luogo dove venivano istituite. Quest'ultima, invece, a differenza delle precedenti, aveva carattere parrocchiale e popolare, ed aveva anche un suo regolamento. Pio IX l'aveva dotata di speciali indulgenze e nel febbraio 1866 l'aveva elevata al grado di Primaria. In seguito, nel febbraio 1870, lo stesso Pontefice conferì al fondatore la facoltà di aggregare alla Pia Unione, su richiesta, altre associazioni di Figlie di Maria, canonicamente erette. Scopo dell'Associazione era onorare la Vergine con particolari pratiche di pietà, promuovere la santificazione personale ed esercitare l'apostolato familiare e sociale. L'11 febbraio 1884, a soli otto anni e mezzo, la piccola Giuseppina debutta nella Congregazione delle Figlie di Maria. Nel suo Diario troviamo annotato: “Oggi mi hanno fatto angelo ” . Quel giorno segna il suo ingresso ufficiale nella grande associazione mariana. Infatti, ricevere la medaglietta di Maria Immacolata ed essere ammessi nel gradino degli Angeli, rappresentava la prima delle diverse fasi, che portavano al prestigioso traguardo, quello di ottenere, a pieno titolo, l'inserimento nella Pia Unione delle Figlie di Maria, posta sotto la speciale protezione della Vergine Immacolata e di sant'Agnese, vergine e martire romana. In quegli anni la piccola frequentava la scuola comunale presso le Oblate di santa Francesca Romana. All'interno dell'Istituto si era formata una Congregazione di Figlie di Maria e lì Giuseppina aveva iniziato il suo cammino mariano. Alcuni anni dopo, la famiglia Berettoni si era trasferita in via Alessandrina, e la nostra ragazzina, allora quattordicenne, si era iscritta all'associazione mariana che operava presso l'Istituto delle Figlie del Sacro Cuore, dove stava completando la sua formazione culturale. Le prime notizie ufficiali, che si riferiscono all'attività svolta per l'Associazione, cominciano ad apparire nel 1896, quando Bianca Savari se invitò la serva di Dio a Civita Castellana, a tenere un ritiro alle Figlie di Maria. Tutte le ragazze rimasero edificate dal comportamento di Giuseppina e ammirate dall'amore che manifestava apertamente per Gesù. Notizie più specifiche, circa l'attività della nostra protagonista, impegnata come figlia di Maria, si hanno nel periodo 1903-1907, durante il suo soggiorno in casa delle sorelle Borzelli, a via di Ripetta. Tale residenza fu definita come un Centro radioso di fecondo apostolato per le premure con cui Giuseppina si adoperava tra le giovani lavoranti e quanti l'avvicinavano per avere consigli, conforto e aiuti anche materiali. Nell'archivio della parrocchia di san Giacomo in Augusta, esiste un documento, che attesta la fondazione della Pia Unione, avvenuta l'8 dicembre 1905, di cui Giuseppina ne fu promotrice ed in seguito anche presidente. La sua attività di apostolato mariano, tra la gioventù femminile, era piuttosto intensa. La domenica si recava in parrocchia per insegnare il catechismo ai bambini, ai giovani e agli adulti. Preparava le bambine a ricevere, con grande devozione, la prima Comunione e inculcava nei loro cuori l'amore a Gesù Eucaristia. I suoi interventi di apostolato mariano, non erano limitati solo alla sua parrocchia, ma si estendevano a gruppi di altre parrocchie. Della sua presenza hanno conservato un buon ricordo gli abitanti dell'Agro Romano e della Magliana, quartiere nel quale ha esercitato anche la sua professione di insegnante di scuola materna, i parrocchiani della Chiesa di san Giovanni Decollato, della Basilica di sant'Agnese e di tanti altri posti. Faceva il giro delle abitazioni per consegnare gli inviti e dare notizie sugli incontri e i ritiri che si programmavano, si impegnava nella catechesi e nella diffusione della recita del rosario, soprattutto in Congregazione. Infatti, era fermamente convinta che “la potenza del rosario è la potenza di Maria... è un 'arma benedetta”. I mesi di maggio e di ottobre erano i più densi di attività per risvegliare l'amore a Maria e per inculcare, nei giovani e nelle famiglie, come la devozione del rosario fosse segno tangibile della grazia della SS.ma Madre di Dio e della sua protezione. A Giuseppina stava molto a cuore la formazione educativa e religiosa delle giovani: con soave grazia sapeva attirare a Dio e metterle sotto la protezione della Madonna. Quando radunava in chiesa le ragazze, per la meditazione, erano momenti di grande entusiasmo: tutte l'ascoltavano volentieri e rimanevano attratte verso di lei. La Madonna era sempre accanto alla sua piccola operaia, la seguiva nell'apostolato, che svolgeva a favore delle sue Figlie, e si serviva di lei quando doveva intervenire per salvarne qualcuna. Alcuni episodi sono riportati dalla stessa serva di Dio nei suoi Diari, dove descrive anche, con ricchezza di particolari, i colloqui con la Vergine e gli ordini che riceveva per salvare le anime in pericolo. Fra i tanti episodi ne citiamo due. Il primo si riferisce ad un intervento straordinario in favore di una giovane donna, un tempo Figlia di Maria. Giuseppina, una sera di maggio del 1906, mentre sta pregando nella chiesa di san Carlo al Corso, durante la funzione del mese mariano, sente la Madonna che la esorta a recarsi in un luogo malfamato e poco sicuro, per la sua incolumità fisica e morale. Lì dovrà compiere una missione particolare e rischiosa, perché troverà una donna, caduta nel baratro del peccato e prossima anche alla morte fisica, che ha bisogno di un aiuto spirituale. Ottenuta l'autorizzazione dal Padre Priore dei domenicani a eseguire le istruzioni della Santa Vergine, Giuseppina si avvia fiduciosa verso Via Frattina. Raggiunto il luogo indicato, vi trova una poveretta, sola ed abbandonata in una squallida camera, ridotta, ormai, in pessime condizioni di salute. La donna, dopo essere stata sottratta alle prepotenze e alle minacce di gente senza scrupoli, è trasportata al più vicino ospedale, al san Giacomo, dove è assistita amorevolmente dalla nostra serva di Dio, che la prepara al pentimento dei peccati e alla confessione. L'infelice creatura, dopo aver pianto calde lacrime sul suo passato, convertita e rigenerata alla grazia, prima di morire desidera baciare la mano alla sua benefattrice che, invece della propria mano, le porge il Crocifisso. Impedita, da inderogabili impegni, a fermarsi in ospedale, Giuseppina affida la moribonda alla carità di una signora, che rimane al suo capezzale fino alla fine. Infatti, dopo alcune ore di sofferenze, durante le quali ha espressioni di gratitudine, la poverina spira serenamente e vola in Paradiso, come il buon ladrone. La sua anima, per intercessione di Maria, si è salvata e Giuseppina gusta la gioia di avere mandato in cielo una giovane, che un giorno era appartenuta alla schiera delle Figlie di Maria. L’altro episodio è quello della pecorella smarrita. In occasione della ricorrenza di san Giuseppe, il parroco di san Giacomo, don Augusto Loretucci, aveva preparato gli inviti da consegnare alle Figlie di Maria per partecipare solennemente alla festa del santo Patriarca e aveva affidato alla presidente un elenco di nominativi, ai quali bisognava recapitare l'invito. In compagnia di un'amica, Giuseppina iniziò il suo giro di consegna. Tutto procedeva bene ma arrivate in una certa via ebbero la sgradita sorpresa di non trovare, all'indirizzo segnato, la persona indicata nell'elenco. Anzi, bussando alle varie porte per chiedere notizie, le due compagne furono insultate ed allontanate con apprezzamenti volgari. Purtroppo erano finite in un luogo poco raccomandabile, per due anime semplici come loro. Come mai vi fossero arrivate, era un mistero: eppure, provvidenzialmente, qualcuno le aveva condotte in quel luogo, per strappare al Signore qualche conversione. Tornata a casa, Giuseppina, avendo davanti ai suoi occhi le immagini dei luoghi squallidi, visitati casualmente durante il pomeriggio, non cessò di pregare la Madonna perché quelle donne si ravvedessero e fossero toccate dalla grazia. La sua preghiera, insistente e prepotente, ottenne dalla misericordia divina il dono di vedere la mattina dopo, nella chiesa di san Giacomo, la donna che, con accento baldanzoso e sprezzante, il giorno precedente l'aveva de risa. Ora, invece, con tono dimesso, chiedeva a Giuseppina di essere aiutata a ritrovare la sua vera strada ed esprimeva il desiderio di confessarsi, dopo essere stata adeguatamente preparata, in quanto non si era mai accostata al sacramento della penitenza. Giuseppina, sempre pronta a salvare chi è in pericolo, l’ invitò a seguirla in un luogo riservato, per poter serenamente colloquiare. Dopo aver scrutato nella sua anima: “ Io vidi lo stato di quell'anima con i suoi peccati, benché in confuso: era molto nera”, l'accompagnò al confessionale. La donna, con semplicità, si inginocchiò e rimase per più di due ore a confessare i propri peccati. Al termine il padre confessore chiamò la serva di Dio e le affidò la “pecorella smarrita tornata all'ovile”. Infatti, la donna, per mettere fine alla sua misera condizione e dare una svolta nuova alla sua vita, decise di abbandonare quella casa di perdizione e ordinò la medesima scelta alle altre. Da quel giorno si ritirò presso certe suore, conducendo una vita semplice e seguendo, insieme con le altre compagne, le istruzioni di catechismo che Giuseppina svolgeva, quasi ogni giorno, con passione e competenza. Anche questo episodio può inserirsi nell'apostolato svolto all'interno dell’ Associazione mariana, in quanto fu proprio per recapitare gli inviti alle Figlie di Maria che la nostra apostola s’imbatté in quella donna per la quale ottenne copiosi frutti di conversione.

 

Inserito Martedi 19 Gennaio 2016, alle ore 20:03:59 da latheotokos
 
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