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  Maria icona, maestra e presenza di speranza e di giustizia nel mondo 
SocietàUn Articolo di Antonino Grasso sulla rivista LAOS XIII (2005) n. 1

I. RISCOPRIRE MARIA, AUTENTICO MODELLO DELLA DONNA E DELL’UOMO D’OGGI

1.1. Riscoprire e incontrare Maria

L’incontro con Maria, sembra oggi problematico anche perché i mezzi di comunicazione sociale diffondono un’immagine della donna e dell’uomo manipolati ideologicamente e politicamente e caratterizzati da agnosticismo, consumismo, edonismo, conformismo e sottosviluppo religioso. A questo si aggiunge una certa reticenza nei confronti della devozione mariana, ritenuta troppo carica di sentimento e scarsa di contenuto umano e religioso per cui, mentre l’incontro con Cristo implica essenzialità salvifica, quello con Maria denoterebbe piuttosto immaturità religiosa e cristiana.[1] Malgrado l’accertata e paradigmatica presenza di Maria all’interno delle aggregazioni giovanili cattoliche, anche il rapporto giovani – Maria, sembra essere sostanzialmente marginale e carente. La Vergine rimane la “grande sconosciuta” non tanto di nome, quanto di fatto, perché i giovani sembrano ancora ignorare le importanti precisazioni conciliari e postconciliari sulla figura di Maria, da essi ritenuta, per eccessiva idealizzazione, come una figura “a–storica”, un simbolo di virtù piuttosto “passive”, come l’obbedienza, la contemplazione, il nascondimento, ecc.[2] È assolutamente necessario che adulti e giovani riscoprano la Madre del Signore, rivalutandone soprattutto la figura biblica fortemente dinamica e nient’affatto passiva, come una “persona” con grande originalità; come un “paradosso” in cui è presente la verginità e la maternità, la dimensione storica e quella metafisica; come un “mistero” in quanto implicata nel piano salvifico di Dio. Maria, infatti, fu protagonista di una vicenda coraggiosa con grandissimi eventi che richiesero da lei fede incrollabile, fortezza umana, speranza, generosità e disponibilità fuori del comune.[3] Soprattutto i giovani devono riscoprire in Maria, come una provocazione assolutamente positiva, la “giovane credente” che assume il rischio della storia; la “giovane donna” che spera nel cambiamento del mondo; la “giovane madre” che opta sempre per la difesa della vita e, proprio guardando e imitando lei, prendere coscienza del fatto che anch’essi possono diventare protagonisti e attori della storia, cambiare le storture di ogni genere, farsi difensori dei deboli, dei senza voce, degli emarginati, dei discriminati.[4]

1.2. Maria autentico modello dell’uomo e della donna d’oggi

La comunità cristiana, sorta dalla Pasqua, è una comunità corroborata dallo Spirito, segnata dal nome e dalla presenza di Cristo, che vive e si muove secondo un paradigma di conformazione a Lui. Il cristiano è tale perché battezzato nella morte e nella resurrezione del Signore, perché partecipa del suo Corpo per noi dato, perché si unisce e si identifica con Lui. La vera vita cristiana è, perciò, vita nello Spirito per il Signore Nostro Gesù Cristo. La comunità cristiana ha tradotto via via questo suo statuto fondamentale secondo modelli esistenziali, per i quali vivere e morire per Cristo è stata ed è una sfida, è stata ed è una testimonianza eroica.[5] Maria è oggi un modello esistenziale imitabile? La risposta è certamente positiva se sgombriamo il campo, come ha fatto l’esortazione apostolica Marialis cultus di Paolo VI,[6] dei penosi e pesanti equivoci che soprattutto hanno offeso la donna ed hanno descritto Maria come un essere insignificante, remissivo, di una religiosità alienante. Dal dato biblico emerge, al contrario, una “Donna” libera, forte, consapevole e orientata all’autentica sequela di Cristo. Ella ha vissuto tutta intera la peregrinazione della fede, essendole stato chiesto di oltrepassare la relazione materna – parentale, per acquisire la relazione nuova del discepolo, cioè quella “imitatio Christi” a tutti richiesta e a lei per prima, per cui ella diventa un luogo testimoniale della presenza e del sigillo dello Spirito in tutta la sua pienezza trasformante. In questo suo essere pienamente “Donna”, pienamente “Discepola”, pienamente “cristiforme” e pienamente “pneumatocomforme”, Maria diventa l’autentico e supremo modello del vero cristiano. Ella appartiene perciò al “suo” popolo, ne porta le insegne, ne addita lo statuto e il mistero, proprio per essere Colei che, per prima, tutto riceve, tutto dona e tutta si dona, comprendendo, interiorizzando e mostrando il paradigma antropologico, messianico ed evangelico del Figlio e traducendolo in atto.[7]  Di questo “suo” popolo, proteso nella fede verso Cristo, ella è anche la voce potente che “canta” le meraviglie di Dio in ogni epoca della storia, voce che con il suo dire franco e diretto rilegge sapientemente gli eventi, discerne i segni dei tempi, giudica con rettitudine i doni ricevuti, conduce alla compiutezza di senso in un cammino spesso tormentato e oscuro. A fronte di facili compromessi, di scelte accomodanti, di fughe pacificanti verso soluzioni di comodo, la voce di Maria e il suo profetizzare scenari di giustizia, di pace e di piena realizzazione del progetto di Dio, manifesta ai cristiani compiuta fino in fondo la loro vocazione e la loro missione e rivela la dignità a cui sono stati chiamati dal Padre per Cristo nello Spirito.[8]

1.3. Maria, forza rinnovatrice del costume cristiano

Da questa “esemplarità” di Maria, scaturisce un perenne invito alla comunione, all’imitazione, alla collaborazione e alla trasparenza nella vita della Chiesa e dei singoli fedeli, in una dimensione di universalità, sulle coordinate del progetto di Dio e dei bisogni dell’uomo e della donna contemporanei. La prima “cristiana”, Colei che per prima vive in Cristo e per Cristo e in Lui per gli altri, la prima “Donna spirituale e agonale”  del nuovo popolo di Dio, è come una forza rinnovatrice del costume cristiano che sollecita, in primo luogo, il cambiamento radicale e la trasformazione delle persone ad immagine del Primogenito di ogni creatura.[9] Inoltre da Maria proviene un richiamo alla cultura del dialogo della salvezza con tutti; giunge un appello all’attenzione ai poveri e a tutte le povertà come continuazione della sua sollecitudine materna verso i  bisognosi; scaturisce un incitamento all’impegno per una società fondata sulla legalità e sulla giustizia; perviene un invito a quel totale rinnovamento della vita che diventa servizio della Verità; parte un monito a schierarsi sempre e totalmente dalla parte di Dio, sempre e totalmente dalla parte degli ultimi.[10] 

--------------
[1] Cfr. a. amato, Catechesi mariana: una proposta di criteri, in aa. vv., Il posto di Maria nella nuova evangelizzazione, Centro di Cultura Mariana «Madre della Chiesa», Roma 1992, pp. 38-39.
[2] Cfr. Ibidem, pp. 39-40.
[3] Cfr. Ibidem, p. 40.
[4] Cfr. Ibidem, pp. 40-42.
[5] Cfr. c. militello, Una spiritualità per l’oggi: il modello mariale, in Credere oggi, 4 (2004), n. 142, pp. 104-106.
[6] Cfr. paolo VI, Marialis cultus, esortazione apostolica del 02 febbraio 1974, in Enchiridion Vaticanum, EDB, Bologna 1980, vol. 5, nn. 13-97.
[7] Cfr. c. militello, Una spiritualità per l’oggi: il modello mariale, op. cit., pp. 106-109.
[8] Cfr. Ibidem, pp. 106-113.
[9] Cfr. j. Castellano cervera, La pietà mariana «forza rinnovatrice del costume cristiano» (MC 52), in aa.vv. Maria e la cultura del nostro tempo. A trent’anni dalla Marialis cultus, Edizioni AMI, Roma 2005, pp. 87-90.
[10] Cfr. Ibidem, pp. 102-106.


II. LA “DONNA” DEL MAGNIFICAT, “DONNA” DELLA SPERANZA E DELLA GIUSTIZIA

2.1. Maria, “Donna” della speranza e della giustizia

Da tutto quello che abbiamo detto si evince che Maria, propone alle donne e agli uomini del nostro tempo una “rivoluzione” permanente dell’interiorità di ogni essere umano che diventa capace di incidere sulla realtà e di cambiare la storia. Lo sguardo di Dio che si pose su di Lei, trasformandola nella “Donna” biblica, è in linea diretta con lo sguardo che Dio rivolge su ognuno di noi, perché si realizzi la sua azione nella storia che, per questo, diventa “Storia di salvezza”. Maria è dunque non un “typus” statico di conservazione ma dinamico di trasformazione, che profetizza ed incarna la speranza escatologica dell’avvento del Regno di Dio, regno di amore, di giustizia e di pace e della sua vittoria su ogni ingiustizia e su ogni struttura di peccato.[1] In questo suo essere tutta al servizio di Dio e tutta al servizio degli uomini; in questo suo evidenziare la potenza salvifica di Dio, Maria incarna l’ideale
della vita cristiana nel suo complesso che è come un seme che germoglia all’interno della società e diventa principio di rigenerazione per tutti. Per questo il suo Magnificat oltre ad essere un canto spirituale, ha una forte carica sociale, è il manifesto della forza e della pazienza rivoluzionaria cristiana che cambia, trasforma, ribalta, rinnova il mondo ed è il proclama di tutti i cristiani chiamati a farsi artefici di liberazione dei loro fratelli, dando ad ogni condizione umana motivo di gioiosa e sicura speranza.[2]  In un momento storico in cui, pur parlando molto di solidarietà, rischiamo di trasformare la discriminazione e la ghettizzazione di alcune fasce della società in un permanente “status” di non-diritto, i cristiani devono riprendere “in fretta” come Maria il loro cammino verso la totale condivisione, testimoniando la forza inarrestabile della redenzione di Cristo, contro tutte le forme che bloccano e isteriliscono il pieno e completo sviluppo dell’uomo. Essi dovranno instaurare rapporti sociali nuovi, a tutti i livelli, rendendo sempre efficace la capacità di farsi vicini e solidali con chi soffre ogni forma di umiliazione e, sull’esempio di Maria, sapranno individuare le attese più profonde e i desideri degli uomini e delle donne; si sforzeranno di capire gli aneliti dei loro cuori; si faranno “servi” della loro speranza e del loro desiderio di una società più giusta.[3]  In questo sforzo di “condivisione”, il cristiano deve intravedere, come Maria, le “grandi cose” che Dio, il solo che può permettere all’uomo di sperare ancora, non si stanca mai di compiere in favore delle sue creature. Per questo, andare verso i fratelli, significherà essere, come la “Donna” di Nazaret, portatori del Dio Salvatore e “cantori” delle sue opere di salvezza; significherà, cioè, annunciare soprattutto il Signore morto e risorto per noi e che vive per sempre in mezzo a noi. È Cristo, infatti, che inseritosi nella storia nascendo da “Donna” (Gl 4,4), realizza la suprema opera del Padre a nostro favore.  Mentre il futuro sembra caricarsi di troppe incognite, di troppe ombre e di troppi interrogativi, proprio perché il presente appare in balia delle contrapposizioni e della violenza, i cristiani, forti della speranza che la Pasqua del Signore ha inserito nella storia, devono testimoniare che non bisogna arrendersi, che è possibile progettare ancora, costruire nella giustizia un mondo nuovo. La “Donna” del Magnificat si pone come strumento e come punto di riferimento di questo percorso, perché indica nell’accoglienza piena di Dio e in quella solidale dell’uomo, il fertile terreno su cui lavorare, animati dalla certezza che la logica pasquale del trionfo della vita pienamente ricevuta e poi donata per tutti e a favore di tutti, avrà sempre il sopravvento sul buio della morte e dell’egoismo.[4] 

2.2. Maria “Donna” di fede e di impegno sociale

Come abbiamo visto, dal contesto evangelico Maria emerge come una donna profetica e liberatrice che, pur abbandonandosi al volere di Dio, non è passivamente remissiva, ma una “Donna” capace di promuovere, sull’inalienabile fondamento della sua fede e del suo legame con Cristo, quella vera “Civiltà dell’amore” in cui è promossa la giustizia che libera l’oppresso, la carità che soccorre il bisognoso ed è testimoniato con i fatti l’amore vero che edifica Cristo nei cuori.[5]  La conseguenza evidente di tutto questo è che il cristiano non può staccare la sua vita di fede dall’impegno apostolico e sociale, ma fede e impegno si concretizzano necessariamente sia nell’accoglienza del Figlio di Dio nella propria vita e sia nell’aprirsi dialogante verso l’umanità intera.[6]  Una vita di fede senza questo impegno sarebbe carente, un impegno apostolico e sociale senza aggancio alla vita di fede resterebbe infruttuoso.[7]  Alla base del rapporto fede - impegno sociale, infatti, c’è l’esigenza fondamentale di “appartenere” pienamente a Cristo e di capire, rispettare e interpretare le realtà dell’uomo, i suoi valori. L’impegno a favore degli uomini, soprattutto degli ultimi, dei poveri, dei dimenticati in tal modo si illumina, perché permette di comprendere Cristo stesso, seguito nel suo donarsi senza riserve.[8] Già nel 1964 Paolo VI affermava che i cristiani devono guardare a Maria come al modello della piena rispondenza ad ogni invito di Dio, della piena assimilazione all’insegnamento di Cristo, affinché tutti, uniti nel suo nome, si sentano uniti a Cristo e fervorosi nella carità verso i fratelli, promovendo l’amore per i poveri, l’attaccamento alla giustizia, la difesa della pace.[9] La “Donna” del Magnificat, in definitiva, sveglia i cristiani dalla loro tranquilla o cattiva coscienza, non li lascia languire nel perbenismo o nella mediocrità, non permette che si trincerino in un atteggiamento di neutralità e di indifferenza nella vita di fede o di fronte ai tragici e pressanti problemi della società in cui vivono.[10] Facendo loro sperimentare la profondità del suo amore per Cristo e la potenza del suo amore materno per gli uomini, Maria fa loro comprendere il senso stesso e la portata dell’essere “cristiani” e l’urgenza della comunione con tutta la famiglia umana.[11] 

2.3. Essere “presenti” nel mondo come Maria

Proprio la Madre del Signore è, dunque, capace di far fare al credente un’esperienza umana e cristiana integrale, perché creatura tutta mossa dall’amore di Dio e animata da un amore forte e universale che si interessa a tutti con tenacia e costanza. Proprio Maria conosce le parole giuste per dialogare con gli uomini ansiosi o frustrati, rassegnati o turbolenti, impegnati o assenteisti, aperti al domani o chiusi all’ieri, credenti e non credenti. Ella si presenta come “Donna” dalle profonde capacità di relazione, di sollecitudine, di dedizione, di “presenza” che sa scoprire e suscitare i valori, donare pienezza di umanità e di grazia (Cfr. Lc 1, 39-45).[12]  In tal modo ella, che conserva e medita nel suo cuore le vicende degli uomini e dei popoli è l’icona della Chiesa, alla quale indica l’atteggiamento fondamentale necessario nell’assolvere alla sua missione “sociale” nel mondo: essere unita a Cristo ed essere solidale con gli uomini.[13] Proprio la sua presenza nella storia, nella vita della Chiesa e della società è capace, secondo i Santi Padri,  di cancellare l’oscura catena di dolore e di morte che avvolge gli esseri umani, anelanti alla salvezza e in attesa della parusia finale.[14]  La Vergine che agisce in Cristo e con Cristo, mossa dallo Spirito che un giorno l’adombrò dando inizio alla sua divina maternità e che ora ne sostiene di continuo la sollecitudine verso i fratelli del Figlio suo, invita la Chiesa a non trascurare le loro necessità temporali, tra cui primeggiano la pace, la giustizia sociale, il progresso delle nazioni, la salvaguardia della libertà e della dignità umana, la lotta contro la miseria e la fame, la fraternità tra i popoli contro le ritornanti e orribili minacce della violenza, nella prospettiva di un ordine nuovo in cui persone, popoli e nazioni possano vivere in perfetta unione e solidarietà, formando una sola famiglia dove nessuno è ultimo ma tutti si riconoscono fratelli e figli dell’unico Padre che li chiama alla pienezza della vita.[15] 


[1] Cfr. e. genre, Il Magnificat: canto dell’impegno nella storia al seguito del Dio di Maria, in aa. vv., Maria e l’impegno sociale dei cristiani, Edizioni AMI, Roma 2003, p. 127.
[2] Cfr. Ibidem, pp. 134-135.
[3] Cfr. s. majorano, Il Magnificat criterio per comunicare la gioia e la speranza, in aa. vv., Maria guida sicura in un mondo che cambia, Centro di Cultura Mariana  «Madre della Chiesa», Roma 2002, pp. 182-184.
[4] Cfr. Ibidem, pp. 200-202.
[5] Cfr. c. boff, Mariologia sociale nei documenti del Magistero, in aa. vv., Maria e l’impegno sociale dei cristiani, op. cit., 140-141.
[6] Cfr. idem, Mariologia sociale, Pontificia Facoltà Teologica Marianum, Roma 2000, pp. 3-4.
[7] Cfr. i. de la  potterie , Maria nel mistero dell’Alleanza, Marietti, Genova 1992, pp. 247-248.
[8] Cfr. s. de fiores, Maria madre di Gesù. Sintesi storico salvifica, EDB, Bologna 1992, p. 300.
[9] Cfr. paolo VI, Discorso di chiusura della terza sessione conciliare del 21 novembre 1964, in Enchiridion Vaticanum, EDB, Bologna 1971, vol. 1, n. 135*.
[10] Cfr. s. de fiores, Maria madre di Gesù, op. cit., 329.
[11] Cfr. c. boff, Mariologia sociale, op. cit., 14-17.
[12] Cfr. m medica, Maria vivo annuncio di Cristo. Un modello vivente per i catechisti secondo il Concilio, Elle Di Ci, Leumann 1987, pp. 125-126.
[13] Cfr. s. m. perrella, La Vergine Maria in alcuni scritti teologici contemporanei. Ricognizione in area prevalentemente italiana, in Marianum, 149 (1996), pp. 17-109.
[14] Cfr. l. gambero, Maria assunta. Rilievi dell’escatologia patristica, in aa. vv., Maria icona viva della Chiesa futura, Edizioni Monfortane, Roma 1988, pp. 135-140.
[15] Cfr. pontificia academia mariana internationalis, La Madre del Signore. Missione presenza speranza. Alcune questioni sulla presenza e la missione della Beata Vergine Maria, Città del Vaticano 2000, pp. 101-104.
Inserito Mercoledi 16 Settembre 2009, alle ore 23:51:49 da latheotokos
 
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