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  La vocazione di Maria (Lc 1,26-38) 
Bibbia

A. Aparicio Rodrìguez cmf, Appendice, in José Cristo Rey Garcìa Paredes, Maria nella Comunità del Regno, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, pp. 92-96.



Il titolo che si dà comunemente a Lc 1,26-38 è « L'Annunciazione ». Si tratterebbe di un episodio costruito sul modello di altre annunciazioni, con o senza nascita. Tra le prime possiamo ricordare le seguenti: Gn 16,7-14 (Annunciazione ad Agar), Gn 17,15-22 e 18,9-15 (ad Abramo e Sara), Gdc 13,2-23 (ai genitori di Sansone), Lc 1,8-23 (a Zaccaria...); tra le seconde c'è l'annuncio a Mosè nell'episodio del roveto (Es 3,1SS) e a Gedeone (Gdc 6,11-24). Il confronto tra il racconto di Luca e gli episodi suindicati porta R. E. Brown alla seguente conclusione: « La forma (di Lc 1,26-38) imita le annunciazioni veterotestamentarie. Tale forma costituisce un modello biblico utilizzato per preparare il lettore quando si introduce un personaggio destinato a svolgere un ruolo significativo nella storia di salvezza nota all'autore »1.

Le affinità tra il nostro racconto e le annunciazioni sia dell'Antico che del Nuovo Testamento sono sicuramente non trascurabili. Tra queste, e in maniera particolare, l'allusione al concepimento e alla nascita di un bambino. Di solito, troviamo in tutte un riferimento alla gravidanza e alla nascita, all'imposizione del nome al bambino e alla spiegazione del suo significato, nonché una dichiarazione sui suoi futuri compiti e sul ruolo che svolgerà. Da tutti questi punti di vista, il brano del Vangelo di Luca potrebbe intitolarsi «Annunciazione della nascita di Gesù ». Ma non sono meno significative le differenze tra Lc 1,26-38 e le altre annunciazioni. Limitiamoci ad osservare il saluto che viene rivolto a Maria: « Chaire, kecharitoméne, o Kyrios metà sou ». È composto da tre elementi: l'invito alla gioia, il titolo descrittivo del rapporto fondamentale con Dio e la garanzia dell'assistenza divina. Nelle altre annunciazioni di nascita non troviamo niente di simile2.

A riprova di questa diversità adduciamo un esempio che pure ha una certa somiglianza con il racconto di Luca, ed è la cosiddetta « visita a Gedeone »: « L'angelo del Signore gli apparve e gli disse: "Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!" » (Gdc 6,12). Manca solamente l'invito alla gioia, ma le affinità tra i due brani sono numerose, come diremo immediatamente. Nel caso di Gedeone ci troviamo dunque davanti al racconto della sua vocazione, come è stato brillantemente dimostrato da G. del Olmo3. Tentiamo un approccio alla pericope di Luca letta in chiave vocazionale.

L'episodio si apre con due versetti chiaramente introduttivi (Lc 1,26-27): i personaggi vengono collocati nel tempo e nello spazio. Subito dopo ci viene proposta la teofania (vv. 28-29), nella quale non si dà alcuna descrizione dell'essere che appare, ma si sviluppa il messaggio, come avviene per la vocazione di Gedeone (Gdc 6,1213). Il saluto - l'abbiamo già detto - è simile nei due casi. Ambedue propongono il tema chiave della pericope: presenza e assistenza di Dio. In tutti e due i casi i personaggi reagiscono in modo simile: Gedeone accetta la garanzia dell'assistenza divina (« il Signore è con te ») ed esprime a voce alta la sua riflessione critica (v. 13). Non si dice nulla del suo turbamento e ragionamento. Maria, da parte sua, reagisce emotivamente e razionalmente al saluto, ma non si esprime a voce alta. Tuttavia, sia nell'uno che nell'altro caso, il « saluto teofanico » provoca una reazione, una « protesta », che nel caso di Maria è più mitigata.

Nella parte successiva (Lc 1,30-35; Gdc 6,14-16), l'angelo di Dio (Dio stesso) risponde all'« obiezione » e rivela la missione a cui vengono chiamati i nostri « eroi ». La risposta riprende la definizione già usata nel saluto: « Va' con questa tua forza », dice l'angelo a Gedeone (« uomo forte e valoroso »), v. 14; « Hai trovato grazia presso Dio », dice a Maria (« piena di grazia »), v. 30. Poi viene descritto il compito affidato: « Salva Israele dalla mano di Madian » (Gdc 6,14), « Concepirai un figlio e lo darai alla luce... » (Lc 1,31). In ambedue i casi, l'interpellato pone una domanda relativa alle possibilità di realizzazione della missione che gli è affidata (Gdc 6,15 e Le 1,34). Sono domande che ricevono una risposta che rimanda all'altro motivo presente nel saluto (« Il Signore è con te »), riconfermando ancora una volta la missione: « Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio » (Lc 1,35). La risposta dell'angelo descrive cioè il modo in cui si concretizza la presenza divina e definisce la modalità della missione. Nella vocazione di Gedeone la risposta è la seguente: « Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo » (Gdc 6,16). Dopo di che viene richiesto (Gdc 6,17-21) od offerto (Lc 1,36-37) un segno, viene accettata la missione (Lc 1,38a) e si conclude la teofania (Gdc 6,21) e il racconto (Lc 1,38b).

Come si può vedere, il parallelismo tra i due passi della Sacra Scrittura è molto stretto e in ambedue si può facilmente identificare la « forma tipica » del racconto di vocazione studiata da G. del Olmo. Eccola in sintesi:

Vocazione di Gedeone (Gdc 6,11-24) Vocazione di Maria (Lc 1,26)
Introduzione: v. 11 vv. 26-27
Teofania: vv. 12-13; vv. 28-29.
Missione: vv. 14-16 vv. 30-35.
Segno: vv. 17-21a vv. 36-38a.
Conclusione: vv. 21b (22-24) v. 38b.

La costruzione letteraria del testo di Luca conferma l'interpretazione e suddivisione che abbiamo dato. L'episodio inizia con una circostanza temporale (En dè toi menì toi héptoi) parallela a Lc 1,5 (Egéneto en tais hemérais Heróidou basiléos). È una situazione nuova, in cui intervengono personaggi diversi in un luogo diverso; è l'introduzione a quanto seguirà. Entreranno in azione due dei personaggi presentati: Gabriele e Maria.

Terminata la presentazione, comincia la teofania con il participio aor2 « eiselthòn ». Tra i molti usi del suo equivalente ebraico (wayyabo'), il più interessante nel nostro caso è quello di ricorrervi per effettuare descrizioni epifaniche o teofaniche. In tutti questi casi, il verbo bo' « è al servizio della testimonianza del Dio che interviene efficacemente nella storia »4. Se è così, il verbo è del tutto adatto - anche tenendo conto della sua genericità - per l'intervento decisivo di Dio nella nostra storia. Ma, come abbiamo già detto, non si apporta alcuna descrizione dell'essere che appare, piuttosto « la visione » si fa immediatamente parola. Visione e parola sono inoltre intrinsecamente necessarie affinché la teofania sia vocazionale. Perciò, nella sua brevità, la formula « Kai eiselthòn pròs autèn eipen » inizia il momento teofanico, le cui tematiche sono state già indicate.

Una nuova paratassi, con ripetizione dell'aoristo eipen, indica il passaggio alla « forma » seguente (Kaì eipen o ággelos autei). Data una risposta al turbamento e al ragionamento di Maria, si procede a presentare in che consisterà la sua missione e a descriverne il « frutto ». La particella unisce il turbamento di Maria alla missione descritta ed esige allo stesso tempo una risposta, che è quella che dà l'angelo nel v. 35. L'episodio si sviluppa quindi seguendo molto da vicino lo schema dell'« affidamento di una missione »: incarico, missione ed assicurazione.

La proposizione seguente, anch'essa paratattica, e l'inserimento di un nuovo personaggio, Elisabetta, fanno progredire il racconto, imperniato ora sul segno offerto a Maria, secondo cui per Dio non c'è niente d'impossibile. A seguito del segno (un secondo con valore continuativo), Maria si dichiara serva in ascolto della Parola: Maria accetta la sua vocazione. Un aoristo, ancora una volta in paratassi, che è in parallelismo antitetico con l'aoristo che iniziava la teofania, termina l'episodio sottolineandone la conclusione.

Quindi, sia la forma narrativa che i molteplici parallelismi con la vocazione di Gedeone ci inducono ad intitolare la pericope di Luca « La vocazione di Maria ». È vero che al suo interno assistiamo anche all'« annunciazione della nascita di Gesù », ma è proprio l'annunciazione che ci permette di cogliere il contenuto profondo della vocazione. È vero che il nucleo centrale della pericope è occupato da Gesù (vv. 31.33.38) - e in questo senso ci sembra correttissima l'affermazione di Brown: « L'annuncio di Gabriele riguarda la futura grandezza di Gesù »5 - ma non è meno vero che Maria non è una figura puramente decorativa. Come nell'episodio di Gedeone il punto centrale è la salvezza d'Israele dalle mani dei Madianiti, e tuttavia la scena non s'intitola « l'annunciazione della salvezza d'Israele », ma « la vocazione di Gedeone per la salvezza d'Israele », in modo analogo avviene nel brano di Luca: pur essendone Gesù il centro, l'episodio non si deve chiamare « annunciazione della nascita di Gesù », ma «vocazione di Maria a diventare Madre di Gesù »6. Crediamo che questo modo d'intendere il testo di Luca metta in risalto l'intervento di Dio in Maria e l'accoglienza da parte di lei della Parola divina, l'accettazione della sua vocazione. D'altra parte, richiama altri racconti vocazionali che ci consentono una migliore intelligenza del testo stesso.

Note

1 R. E. BROWN e altri, Maria en el Nuevo Testamento, Ed. Sígueme, Salamanca 1982, p. 116.
2 Per uno studio più dettagliato, cf K. STOCK, «Die Berufungs Marias (Lk 1,27-38) », in Biblica, 61 (1980), pp. 458-461.
3 La vocación de líder en el antiguo Israel. Morfologia de Eos relatos bíblicos de vocación, Salarnanca 1973, pp. 113-132.
4 E. JENNI, Diccionario teológico manual del Antiguo Testamento, vol. I, Madrid 1978, col. 397.
5 R. E. BROWN, op. cit., p. 113.
6 Cf. K. STOCK, op. cit., p. 465
 

Inserito Mercoledi 30 Giugno 2010, alle ore 16:01:13 da latheotokos
 
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