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  Con Maria, icona della Chiesa nel terzo millennio 
Donna

di Angela Ales Bello, in AA. VV., La Madre di Dio, un portico sull'avvenire del mondo. Fede ecclesiale, iconografia, pietà popolare. Edizioni Monfortane, Roma 2001, pp.233-241.




L'icona non è una qualsiasi raffigurazione, infatti chi la dipinge è solo un tramite fra il divino e l'umano, pertanto ciò che appare sull'icona può essere inteso autenticamente come la manifestazione di Dio. In quale senso, allora, attribuire a Maria la funzione di «icona della Chiesa»?
Nei primi paragrafi dell'enciclica Mulieris dignitatem (15 agosto 1988) si sottolinea la collaborazione di Maria all'azione salvifica di Dio e si afferma che ella rappresenta l'umanità che appartiene a tutti gli esseri umani, sia uomini che donne. In questo senso rappresenta anche la Chiesa e la manifestazione della Chiesa nella sua funzione salvifica, come si vedrà.
Se questa è la prospettiva teologica dalla quale è necessario muovere, come utilizzarla, quale luce nella comprensione del mondo umano e guida nella prassi?
Se Maria è immagine dell'umanità, in primo luogo è anche immagine del femminile e momento centrale per comprendere la valutazione del femminile nella cultura occidentale cristianizzata.
Una breve indagine sul ruolo della donna dal punto di vista storico e relativamente alla diverse culture rivela che, se si esclude forse il periodo arcaico in cui quasi tutte le popolazioni adoravano la Dea Madre - anche se non siamo in grado di ricostruire l'incidenza di tale atteggiamento religioso sul piano dei rapporti umani -, la situazione sociale della donna rispetto a quella dell'uomo è stata e in gran parte è di emarginazione o di sottomissione. Dobbiamo notare che il cristianesimo ha svolto un ruolo fondamentale, se la situazione è migliorata in alcune parti del mondo, quelle appunto cristianizzate.
Tale affermazione potrebbe suscitare molte obiezioni, non tutti sono d'accordo sul fatto che il cristianesimo sia stato uno strumento di promozione delle donne, anzi si considera il momento religioso come frenante nei confronti del femminile. Queste obiezioni vengono in gran parte dai movimenti femministi che si sono organizzati e potenziati nel nostro secolo. Ma se si osserva bene e si va più a fondo e ci si domanda quale sia l'origine di questi stessi movimenti si nota che essi hanno «laicizzato» atteggiamenti che sono nati sul terreno religioso. Infatti proprio nell'ambiente protestante si sono manifestate la prime richieste di parità giuridica, politica e sociale delle donne, richieste ispirate ad una lettura del testo biblico, soprattutto evangelico, che prevede la pari dignità degli esseri umani. Non tutto è stato ottenuto subito, d'altra parte il processo di secolarizzazione ha coinvolto anche le donne, per questo esse hanno dimenticato la radice religiosa delle loro rivendicazioni.

FEMMINISMO E CRISTIANESIMO

È proprio nell'ambiente della Riforma evangelica che bisogna ricercare segni importanti dell'attenzione dell'essere umano nella sua duplicità maschile e femminile. Il rapporto fra le donne e le Chiese diventa più forte, come si sottolinea nel saggio di E. Schulte van Kassel1 in cui si prende in esame questo argomento, ma non si dà ad esso la necessaria centralità per la questione femminile in generale. È come se si trattasse di un aspetto marginale, invece ciò che è rilevato nel corso del saggio indica che ci troviamo nel cuore stesso della genesi dell'autocoscienza femminile: «Le Chiese offrivano soprattutto una comunità di credenti, nella quale vi era un continuo rinvio al Creatore di tutto e di tutti, cosicché l'intera vita diventava un'esperienza essenzialmente condivisa: I'alternarsi delle stagioni, la raccolta buona e quella cattiva, nascita, malattia, educazione, matrimonio, morte».2
Non essendo inserite a pieno titolo nella vita sociale e nelle professioni, in quel contesto le donne potevano coltivare, tuttavia, un ideale etico che «[...] rappresentava l'unica prestazione non legata al sesso, nella quale esse erano in grado di uguagliare, persino superare gli uomini», avendo di mira una vita dopo la morte, diversa da quella terrena, in cui si realizzava la parità fra i sessi.
Le comunità protestanti più radicali avevano teorizzato l'uguaglianza fra uomo e donna nella dimensione terrena. Una dimostrazione di ciò si ha durante la Rivoluzione inglese in cui le idee democratiche elaborate nelle sette religiose sono alla base di richieste di diritti da parte delle donne e - fatto nuovo - non di quelle appartenenti alle classi dominanti, ma, piuttosto, alle classi inferiori. In tal modo esse compivano un atto che era ritenuto sorprendente in quanto fino ad allora inaudito. Chiedevano, infatti, che fosse sovvertito il diritto patriarcale, ma erano mosse dalla convinzione che «Dio era dalla loro parte: poiché Dio era sempre disposto a ricevere le richieste di tutti, senza fare differenza tra le persone e dunque il Parlamento doveva comportarsi nello stesso modo».3
Come si può costatare la giustificazione ultima è di carattere etico - religioso; si rivendica, infatti, la coerenza fra i principi enunciati - l'uguaglianza degli esseri umani di fronte a Dio - e la condotta non solo privata, ma anche pubblica. Tale giustificazione non è recepita da parte degli uomini delle comunità religiose entro le quali era nata, ma la sua centralità non è neppure colta dalle autrici della Storia delle donne, perché si è perduta anche la memoria della spinta religiosa che era alla base delle rivendicazioni a causa del processo di laicizzazione che la cultura occidentale ha intrapreso. La rivendicazione dei diritti umani si è delineata in un contesto cristiano che proponeva, per lo meno a livello teorico, la dignità della persona umana. Tutto ciò è chiaramente dimostrato dall'andamento della Rivoluzione inglese, viene laicizzato nella Rivoluzione francese e non bisogna dimenticare le origini puritane della Rivoluzione americana.
Le idee e le proposte elaborate confluiscono nei movimenti dell'Ottocento, ma anche in questo secolo non tutto ciò che era stato richiesto era stato ottenuto, pertanto era necessaria la rivendicazione del «diritto»: «[...] data la situazione in cui si trovavano le donne nel XIX secolo, da qualunque prospettiva si guardasse il soggetto - il lavoro, i costumi, l'educazione, la coppia - [...] prima o poi si presentava la questione del Diritto, un diritto da rifiutare o accordare».4
Questa tensione genera la nascita dei movimenti femministi.
Se si ripercorrono le tappe rappresentate da alcuni momenti salienti della storia del femminismo europeo, si nota che i paesi direttamente interessati sono l'Inghilterra, la Francia e la Germania. Il femminismo si lega di volta in volta alle idee politiche elaborate nell'età post-rivoluzionaria, quindi dapprima a quelle liberali e poi a quelle socialiste. Il tema ricorrente è l'uguaglianza dei sessi al quale si aggiunge progressivamente la superiorità morale delle donne. La laicizzazione delle istanze di uguaglianza, la cui origine, come si è detto, è religiosa, non impedisce che alcuni gruppi femministi mantengano tale caratteristica, come i gruppi Quaccheri in Inghilterra e negli Stati Uniti, oppure quelli del 'Risveglio' in Svizzera ed Olanda. Alla metà del secolo in Germania gli appartenenti al Libero Protestantesimo e al Movimento Cattolico Tedesco si interrogano sulla questione femminile. Anche negli Stati Uniti i movimenti di rinnovamento religioso spingono le donne verso l'impegno politico che si lega all'antischiavismo. Tutta l'Europa è in realtà interessata al fenomeno anche se non nella stessa misura. Solo singole figure o piccoli gruppi sono presenti in Italia, in Polonia, in Cecoslovacchia.
Testimonianza dell'avanzata del femminismo è la stampa femminile e il moltiplicarsi di circoli ed associazioni. Tale fenomeno si consolida nel Novecento ed è legato alle tempestose vicende politiche e militari che conducono alle guerre mondiali e alle rivoluzioni fascista, nazista e bolscevica. Questi ultimi fenomeni manifestano la loro negatività anche nei confronti della questione femminile.
E difficile dare una connotazione unitaria ai movimenti femministi del Novecento, anche perché ogni gruppo si ispira ad un'antropologia dalla quale dipende una prospettiva politica. Le correnti fortemente laicizzate si dividono in quelle largamente liberali e in quelle socialiste e usano la parola femminismo; gli altri movimenti che mantengono un legame più forte con la matrice religiosa preferiscono definirsi - almeno fino ad un decennio fa - femminili.
Ciò che si discute è, appunto, il tema dell'uguaglianza e della differenza. Si è notato che le rivendicazioni femministe, ruotando fin dall'inizio intorno al tema del diritto, hanno in primo luogo sottolineato l'esigenza di parità con il mondo maschile. La «differenza» fra donna e uomo veniva usata, in realtà, dal potere maschile quale segno di discriminazione, pertanto da parte delle donne in questa prima fase l'uguaglianza veniva spesso portata all'estremo, fino ad invadere il piano della sessualità con la conseguente teorizzazione della libertà sessuale. Date le resistenze - oggettivamente costatabili - del mondo maschile, tutto ciò poteva essere realizzato soltanto attraverso la lotta, in tal modo si comprende l'atteggiamento aggressivo ed anche la separazione e opposizione dei sessi; il tema della superiorità morale delle donne giustificava, d'altra parte, la loro chiusura in gruppi alternativi.
In quale modo il cristianesimo, nonostante le difficoltà presenti sia a livello teorico che pratico, ha dato un impulso al riconoscimento della dignità della donna? Grazie alla figura di Maria, Madre del Salvatore e collaboratrice nella salvezza. E vero che spesso si sono contrapposte in modo forte le due figure di Eva e di Maria, svalutando la dimensione umana della donna, ma tali errori si sono corretti nel corso del nostro secolo sia per il contributo teorico di pensatrici come Gertrud von Le Fort e Edith Stein, ma soprattutto per l'intervento autorevole di Giovanni Paolo II che con il suo magistero ha posto una pietra miliare in questa direzione.

LA FIGURA Dl MARIA NEL PROTESTANTESIMO E NEL CATTOLICESIMO

Il movimento riformato vede al suo interno una tensione fra la teorizzazione dell'uguaglianza fra uomini e donne che nasce dalla proclamazione del 'sacerdozio universale' e il venir meno del culto di Maria. «[...] nel periodo della Riforma quasi tutte le chiese protestanti ritornano all'iconoclastia di matrice ebraica, ponendo così un ulteriore tassello antifemminile all'interno della loro cultura».5
Anche l'iconografia ha naturalmente il suo peso e l'immagine delle Madonne rinascimentali che tengono nelle loro braccia il bambino e spesso lo allattano rappresentano un'esaltazione straordinaria della maternità.
D'altra parte la contraddizione esiste. «La Riforma è portatrice di una concezione della donna, che si colloca in contrapposizione parziale con l'ideale cattolico del momento, perché rifiuta ogni valorizzazione della verginità e dell'universo conventuale. Fin dai suoi inizi, il protestantesimo considera globalmente la vita nel mondo e la vita di coppia come cornici privilegiate in cui si realizza la "fedeltà cristiana". La donna si trova, tuttavia, inserita in un sistema patriarcale che persiste nei paesi protestanti».6
Infatti, non viene meno la funzione di capo religioso attribuita al capo di famiglia. Ciò fa comprendere perché il femminismo sia un fenomeno originariamente protestante proprio a causa delle tensioni indicate e della radicalizzazione del messaggio cristiano. Se il femminismo come movimento anche politico sembra abbandonare il piano religioso, ciò è dovuto al generale processo di secolarizzazione dell'Occidente, che vede la laicizzazione di concetti in origine religiosi, come quello di uguaglianza, di libertà, quale premessa per la rivendicazione dei diritti umani.
È proprio a causa della diffusione di questo movimento che nel mondo cattolico comincia a svegliarsi la coscienza sopita delle donne, che forse sopportavano meglio la loro situazione perché erano confortate in modo positivo e non solo consolatorio dalla presenza di Maria nel loro universo religioso e in quello degli uomini con i quali vivevano. In questo senso la figura di Maria diventa un filo conduttore per una riforma femminile, che la Chiesa cattolica a vari livelli ha realizzato, attraverso i movimenti femminili e attraverso il magistero.
Nell'ambito della riflessione che si sta conducendo mi sembra centrale, allora, il contributo di Edith Stein. A lungo a contatto con i movimenti femministi tedeschi che rivendicavano la parità politica e sociale delle donne, ritenne opportuno mettere a frutto la sua competenza filosofica, che si era concretizzata soprattutto nell'ambito dell'antropologia,7 e la sua vocazione pedagogica svolta in una serie di conferenze rivolte alle educatrici e alle insegnanti.8 L'intento era quello di fornire in modo serio ed essenziale un'indicazione precisa sull'educazione dei giovani, in particolare delle ragazze, spesso emarginate dal contatto vivo con la cultura.9 Emblematico può essere un appunto scritto il 21 settembre del 1929 a proposito della stesura della conferenza dedicata a «Il compito della donna cattolica»: «Non storia del Movimento femminile o critica degli errori, ma contemplazione del compito svolto dalla Vergine, Madre, Regina. Professione religiosa, matrimonio, attività pubblica».10
Come si evince da queste poche righe, E. Stein, piuttosto che assumere un atteggiamento critico nei confronti dei movimenti femministi che ben conosce, preferisce riflettere sull'essere umano nelle sue configurazioni maschile e femminile per rintracciarne la struttura dal punto di vista filosofico, evidenziarne le differenze dal punto di vista psicologico e spirituale ed infine porre tutto questo materiale su uno sfondo teologico, facendo riferimento, come si è indicato sopra, ai testi biblici per dirimere la questione del contrasto esistente lungo la storia dell'umanità fra gli esseri umani e in particolare fra gli uomini e le donne; si tratta, a suo avviso, di indagare sull'origine del peccato.
Ecco che centrali anche per lei sono le figure di Eva e di Maria. Se Eva è vista nell'ordine originario come «compagna e aiuto, esposta, tuttavia, al peccato allo stesso modo di Adamo e colpita nella pena che coinvolge più propriamente la sua femminilità, Maria è l'esempio di una vita di lode e di servizio a Dio, di preghiera e di intercessione, di dedizione al sacrificio impetratorio ed espiatorio. Dal punto di vista della sua maternità ella insegna che i figli non sono proprietà dei genitori, ma da Dio e per Dio. Dal punto di vista della sua azione all'interno della prima comunità cristiana insegna a portare ovunque lo spirito di Cristo, a casa, in ufficio. Non si tratta, perciò, di una persona che vive "nascosta". Secondo la Stein, Maria è modello anche per una vita pubblica delle donne, siano esse attive nelle professioni assistenziali oppure deputatesse» e «funzionarie di Stato».
La Chiesa cattolica indica, allora, quale suo modello Maria e trova in lei una guida straordinaria per prendere posizione di fronte alla questione femminile.
«"Qual è l'atteggiamento della Chiesa di fronte alla donna?", si chiedeva E. Stein nel 1932. E rispondeva: "Bisogna qui distinguere fra la posizione assunta dal dogma, dal diritto canonico, dai rappresentanti umani della Chiesa e dal Signore stesso. Non abbiamo un dogma definito ex cathedra sulla missione della donna e sulla sua posizione nella Chiesa; abbiamo invece una dottrina tradizionale"».11

La presa di posizione del magistero - Il ruolo di Maria

Queste ultime parole sembrano aver trovato un'eco nella Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Mulieris dignitatem sulla dignità e vocazione della donna in occasione (15 agosto 1988). Attraverso una rilettura dei brani evangeli in cui si manifesta il comportamento di Cristo nei confronti delle donne, il Papa ricava che: «Quanto è stato detto finora circa l'atteggiamento di Cristo nei riguardi delle donne conferma e chiarisce nello Spirito Santo la verità sull'eguaglianza dei due uomo e donna. Si deve parlare di un'essenziale "parità": poiché tutt'e due - la donna come l'uomo - sono creati ad immagine e somiglianza di Dio, tutt'e due sono suscettibili in eguale misura dell'elargizione della verità divina e dell'amore nello Spirito Santo».12
Ciò non annulla la diversità soprattutto nella vocazione: «L"'eguaglianza" evangelica, la "parità" della donna e dell'uomo nei riguardi delle "grandi opere di Dio", quale si è manifestata in modo così limpido nelle opere e nelle parole di Gesù di Nazareth, costituisce la base più evidente della dignità e della vocazione della donna nella Chiesa e nel mondo. Ogni vocazione ha un senso profondamente personale e profetico. Nella vocazione così intesa ciò che è personalmente femminile raggiunge una nuova misura: è la misura delle "grandi opere di Dio", delle quali la donna diventa soggetto vivente ed insostituibile testimone».13
Non a caso la Mulieris dignitatem è profondamente legata a Maria che è modello per la presa di posizione teologica sulla questione femminile.
Finalmente la lettura sempre più penetrante dei testi evangelici - la parola di Dio è data una volta per tutte, ma la sua comprensione si realizza nel cammino storico dell'umanità - ha consentito che la figura di Maria non solo emergesse in tutto il suo splendore, ma fosse indissolubilmente connessa alla visione globale del femminile, eliminando così, per lo meno a livello teorico, le tensioni sopra indicate sulla valutazione delle donne.
Cristo e Maria rappresentano i due momenti, si potrebbe dire, del maschile e del femminile nell'esperienza religiosa cattolica. Certamente questa affermazione deve essere chiarita e giustificata. Per farlo usiamo ancora una volta le parole di E. Stein: «In Cristo è lo stesso Signore Iddio che si presenta. Come il Verbo eterno è l'immagine del Padre, nella quale il Padre contempla se stesso, così nel Verbo incarnato questa immagine del Padre si rende visibile agli uomini. [...] In Maria non vediamo il Signore, ma vediamo lei stessa, sempre al fianco del Signore. Il suo servizio è un servizio immediato: è intercessione, che ella a Lui presenta per gli uomini, è distribuzione di grazia, grazia che ella, ricevendola nelle proprie mani, riversa su di loro. Ella non rappresenta il Signore, ma lo asseconda. [...]. Però ella sta al fianco di Cristo, non a suo profitto ma a vantaggio nostro: è la madre dei viventi, non perché da lei tutti provengano, di generazione in generazione, ma perché il suo amore materno abbraccia insieme il capo e tutto il Corpo Mistico».14
In modo estremamente interessante E. Stein rintraccia nell'amore servizievole e soccorrevate di Maria un legame con la Persona della Trinità che è lo Spirito Santo: «Perciò proprio nello Spirito Santo, effuso su tutte le creature, potremmo vedere il prototipo dell'essere femminile».15
L'elemento femminile della divinità è, quindi, l'amore soccorrevate mostrato da Maria; in lei e nella sua collaborazione alla redenzione tutte le donne ritrovano la loro dignità. Attraverso Maria la Chiesa ha riconquistato al suo interno a pieno titolo la figura femminile, riconoscendone il ruolo fondamentale e non solo sussidiario, ed ha rilevato anche che il femminile è il momento primario della rappresentanza a livello umano: la «donna è la rappresentante e l'archetipo di tutto il genere umano», come sottolinea la Mulieris dignitatem al n. 4.
Grazie a Maria la riflessione sullo stesso ruolo della Chiesa si è approfondita, basti leggere la parte settima della stessa enciclica, su «La Chiesa Sposa di Cristo». Utilizzando l'immagine dell'amore sponsale, si può dire che la Chiesa in ogni essere umano - maschio o femmina - è la Sposa che accoglie Cristo redentore (n. 25), che è unita al suo Sposo perché vive la sua vita. Se la santità è la misura in cui la Sposa risponde al dono d'amore dello Sposo, tale santità si manifesta in primo luogo nella figura di Maria che è quindi figura della Chiesa. In questo senso Maria è icona, cioè manifestazione della Chiesa, ma a sua volta quest'ultima manifesta nella sua essenza Maria.
Sulla scia di questa considerazione, di questo doppio rimando, siamo chiamati a proseguire nell'approfondimento teorico e nell'atteggiamento pratico soprattutto nella direzione di una revisione del maschile e del femminile e di un cambiamento di mentalità che entri a modificare concretamente le nostre scelte e le nostre azioni sia a livello ecclesiale che nella vita quotidiana.

NOTE
1 E. Schulte Van Kassel, Vergini e madri fra cielo e terra. Le cristiane nella prima età moderna, in Storia delle donne in Occidente, III, Dal Rinascimento all'Età moderna, a cura di A. Farge e N. Zemon Davis, Laterza, Roma-Bari 2000, 156-200.
2 Ibidem 172.
3 N. Zemon Davis, «Donne e politica», in Storia delle donne, III cit., 216.
4 A. L. Mauge, «Nuova Eva e Vecchio Adamo - Identità sessuali in crisi», in Storia delle donne in Occidente, IV, L'Ottocento, a cura di G. Fraisse e M. Perrot, Laterza, Roma-Bari 2000, 524.
5 Aa. Vv., Donne e fede. Santità e vita religiosa in Italia, a cura di L. Scaraffia e G. Zarri, Introduzione, Laterza. Roma-Bari 1991, XIII.
6 J. Baubérot, «La donna protestante», in Storia delle donne, IV, cit. 192.
7 Cf. A. Ales Bello, Fenomenologia dell'essere umano. Lineamenti di una filosofia al femminile, Città Nuova, Roma 1992.
8 E. Stein, La donna. Il suo compito secondo la natura e la grazia. Prefazione di A. Ales Bello, Città Nuova, Roma 1998.
9 Cf. A. Ales Bello, «La paideia cristiana nel rapporto interpersonale donna-uomo. Il contributo di Edith Stein», in Cristianesimo nella postmodernità e paideia cristiana della libertà, a cura di A. Lobato, ESD, Bologna 1994.
10 E. Stein, La donna, cit., 28.
11 Ibidem, 167.
12 Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Mulieris dignitatem, in Enchiridion vaticanum, 11/1282.
13 Ibidem, 1283.
14 E. Stein, La donna, cit., 219
15 Idem.
 

Inserito Venerdi 29 Aprile 2011, alle ore 17:06:05 da latheotokos
 
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