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  La ''mediazione'' di Maria secondo Giovanni Paolo II e le nuove prospettive 
Mariologia

da Ignazio Calabuig, Riflessioni sulla richiesta della definizione dogmatica di "Maria corredentrice, mediatrice, avvocata" in Ignazio M. Calabuig - Antonio Escudero Cabello, Dossier di una giornata teologica sulla richiesta di definizione dogmatica di "Maria corredentrice mediatrice avvocata" (28 maggio 1998), Roma 1999, Estratto da Marianum 61 (1999), pp. 161-167.



1. L'Insegnamento di Giovanni Paolo II

Negli anni del cosiddetto decennio di silenzio mariologico (1965-1975), la trattazione della mediazione di Maria è lasciata quasi in disparte. A riproporla come soggetto teologico di attualità sarà Giovanni Paolo II con l'enciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987). In essa il Santo Padre riprende la trattazione della mediazione di Maria in termini che, ponendosi nel solco dell'insegnamento del Vaticano II, ne costituiscono un approfondimento. A nostro parere il contenuto essenziale dell'insegnamento di Giovanni Paolo II sulla mediazione di Maria può essere sintetizzato in alcune proposizioni:

a) «La funzione materna di Maria verso gli uomini [...] è mediazione in Cristo» (RM 38). L'espressione «mediazione in Cristo è stata fatta propria da Giovanni Paolo II, mutuandola da H. Asmussen.55 Essa significa che Cristo - la sua persona e la sua opera salvifica - è l'unico ambito in cui possa aver luogo qualsiasi altra mediazione partecipata; lo spazio della mediazione di Maria è compreso quindi nell'ambito della mediazione di Cristo, senza possibilità alcuna di oltrepassarne i confini; i frutti della mediazione di Maria sono compresi nella grazia acquistata «da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione» (SC 5) e da lui implorata presso Dio Padre con la sua ininterrotta intercessione in nostro favore (cf. Eb 7,25) quale Sommo Sacerdote, «ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non uomo, ha costruito» (Eb 8,2). Alla rappresentazione simbolica della mediazione di Maria mediante la linea verticale - Maria intercede presso il Figlio, il Figlio presso il Padre - Giovanni Paolo II sembra preferire la figura del cerchio - la mediazione di Cristo -, entro i cui confini si svolge la mediazione di Maria.

b) La mediazione di Maria è partecipazione all'unica mediazione di Cristo. Il Santo Padre scrive: «L'insegnamento del Concilio Vaticano II presenta la verità sulla mediazione di Maria come partecipazione a questa unica fonte che è la mediazione di Cristo stesso» (RM 38).

c) «La mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità, possiede un carattere specificamente materno, che la distingue da quello delle altre creature che, in vario modo sempre subordinato, partecipano all'unica mediazione di Cristo» (RM 38). È quindi espressione ed esercizio della maternità spirituale o maternità nell'ordine della grazia.

d) La maternità spirituale di Maria a sua volta si fonda:
- nella maternità divina: «essa [la maternità spirituale] scaturisce dalla sua maternità divina e può essere compresa e vissuta nella fede soltanto sulla base della piena verità di questa maternità» (RM 38);
- nella cooperazione della Vergine, quale «generosa socia» (RM 39; LG 61) all'opera della redenzione di Cristo; infatti Maria «avanzava nella peregrinazione della fede e in tale sua peregrinazione fino ai piedi della croce si è attuata, al tempo stesso, la sua materna cooperazione a tutta la missione del Salvatore con le sue azioni e le sue sofferenze» (RM 39);
- nella «pienezza di grazia» di Maria, che si traduceva in piena disponibilità della «serva del Signore» a «diventare per gli uomini "madre nell'ordine della grazia"» (RM 39);
- nelle parole di Cristo morente «a sua madre nell'ora della croce: "Donna, ecco il tuo figlio" e al discepolo: "Ecco la tua madre'` (Gv 19,27-27). Sono parole che [...] esprimono [...] la sua nuova maternità quale Madre del Redentore: la maternità spirituale, nata dall'intimo del mistero pasquale del Redentore del mondo» (RM 44);

e) La mediazione di Maria o il suo «salutare influsso è sostenuto dallo Spirito Santo, che, come adombrò la Vergine Maria dando in lei inizio alla maternità divina, così ne sostiene di continuo la sollecitudine verso i fratelli del suo Figlio» (RM 38). La mediazione quindi di Maria ha luogo con il sostegno dello Spirito Santo, il quale ha un suo peculiare compito mediatore tra Cristo e gli uomini per far progredire lo sviluppo del Regno. Con ciò Giovanni Paolo II ha introdotto un nuovo elemento nella dottrina nella mediazione di Maria, che ha sollecitato la riflessione dei teologi: come armonizzare l'azione mediatrice dello Spirito con quella della Vergine.

f) La Vergine Maria, come ha avuto un ruolo di mediazione nella prima venuta di Cristo, così avrà anche il «ruolo proprio della madre, di mediatrice di clemenza nella venuta definitiva, quando tutti coloro che sono di Cristo saranno vivificati, e "l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte" (1 Cor 11,26)» (RM 41).

g) Dopo l'assunzione in cielo, la mediazione di Maria consiste essenzialmente nell'intercessione: con il «carattere di "intercessione", che si manifestò per la prima volta a Cana di Galilea, la mediazione di Maria continua nella storia della Chiesa e del mondo. [...] La maternità di Maria perdura incessantemente nella Chiesa come mediazione che intercede» (RM 41).

h) La mediazione di Maria, oltre alle caratteristiche comuni alle altre mediazioni creaturali - è derivata per partecipazione dall'unica mediazione di Cristo e ad essa suordinata - ha alcune caratteristiche proprie: è di indole materna (cf. RM 38), perché ordinata a restaurare la vita soprannaturale nelle anime; «speciale e straordinaria» (RM 38), «eccezionale» (RM 39), perché è fondata su doni di grazia singolari quali la «pienezza di grazia» (RM 39) e la maternità divina (cf. RM 38); universale, perché «partecipa, nel suo carattere subordinato, all'universalità della mediazione del Redentore» (RM 40); perenne, perché si prolunga, intensificata, dopo la sua assunzione alla gloria celeste.

Tale è, in sintesi, l'insegnamento di Giovanni Paolo II sulla funzione mediatrice di Maria. Esso per alcune sue indicazioni costituisce un punto di riferimento per una nuova impostazione della dottrina riguardante la mediazione della Vergine.

2. Nuove prospettive

In seguito alla celebrazione del Vaticano II, alla pubblicazione dell'enciclica Redemptoris Mater e alla riflessione teologica contemporanea la questione della mediazione di Maria viene a trovarsi spostata in rapporto al suo assetto tradizionale.
Anzitutto il concetto di «mediazione di Cristo» è soggetto a riconsiderazione. Ciò non tanto come conseguenza del discorso inter-religioso, nel quale il teologo cattolico, pur fedele alla rivelazione di Gesù Cristo quale unico Salvatore (cf. RM 4-6), deve affrontare la questione delle «mediazioni partecipate di vario tipo e ordine» (RM 5), quanto come esigenza risultante dall'approfondimento esegetico del complesso tema della redenzione.
In modo schematico possiamo dire che la trattazione della «mediazione di Maria» è condizionata dalle prospettive con cui vengono affrontate la mediazione di Cristo (a), la mediazione dello Spirito (b), la mediazione della Chiesa (c).

a. La mediazione di Cristo
Oggi, alla luce dei progressi compiuti dall'esegesi, si ritiene insufficiente considerare la redenzione operata da Cristo e la sua mediazione attraverso categorie giuridiche derivanti dal diritto romano e dal diritto germanico che regola, nella società feudale, i rapporti tra il signore e il suo vassallo. Secondo questa concezione Cristo con la sua morte ha ristabilito l'ordine oggettivo voluto da Dio, che il peccato aveva infranto, e con il valore infinito del sacrificio della croce ha soddisfatto, secondo un principio di giustizia commutativa, l'infinita offesa che il peccato dell'uomo aveva recato a Dio.
La Sacra Scrittura - viene osservato - rivela una concezione in gran parte differente. La redenzione è un processo secondo cui «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati» (Ef 2,4-5); è un processo in cui Dio assume sempre l'iniziativa e che si fonda sul suo preveniente e infinito amore; in esso Dio si manifesta con i suoi doni, il primo dei quali è il suo stesso Figlio (cf. Gv 3,16); infatti Dio «ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati» (Col 1, 13-14) e in Gesù ci ha fatto passare dalla maledizione alla benedizione (cf. Gal 3,13-14).
La teologia contemporanea ha riaffermato il valore redentore-mediatore di tutta la vita di Cristo, non solo della sua morte in croce. Egli, dal suo ingresso nel mondo (cf. Eb 10,5-10) fino alla morte - risurrezione - ascensione, sorretto dallo Spirito, fece di tutti gli atti della sua vita, dai più feriali ai più straordinari, un'offerta di amore al Padre e agli uomini suoi fratelli, con i quali fu solidale in tutto, eccetto il peccato (cf. Eb 4,15), inclusa quindi la morte, e ai quali restituì la divina somiglianza e la condizione di figli per grazia (cf. Gal 4, 4-5). In Gesù crocifisso l'amore di Dio per gli uomini e l'amore degli uomini per Dio si incontrano ed è abolita una volta per tutte la separazione tra Dio e l'uomo; in lui risorto la riconciliazione è confermata per sempre ed è resa presente come offerta perenne.
In questa rinnovata concezione e in questo vasto orizzonte va collocata la trattazione della mediazione di Maria: dal modo con cui verrà intesa la redenzione di Cristo, deriverà ovviamente il modo di comprendere la cooperazione-mediazione di Maria.

b) Mediazione dello Spirito
Sorprende come la teologia occidentale abbia trascurato di considerare adeguatamente la mediazione dello Spirito Santo nello svolgimento della storia della salvezza: essa ha luogo nell'evento primordiale della creazione; nel dono della Legge, nel patto dell'Alleanza, nella parola dei profeti; nella concezione immacolata di Maria di Nazaret; nella concezione verginale di Cristo, dallo Spirito unto Re, Sacerdote, Profeta, Martire; nella vita pubblica di Gesù e nell'offerta sacrificale della Croce; nella costituzione e nella vita della Chiesa; nel cammino escatologico del Popolo di Dio.
Relativamente a Cristo occorre tener presente che egli diviene mediatore e agisce come mediatore mediante lo Spirito. L'umanità di Gesù è mediatrice in quanto possiede l'unzione dello Spirito. Gesù Risorto è presente in noi nella misura in cui lo Spirito di Gesù è presente nei nostri cuori (cf. Gal 4,6). La mediazione dello Spirito ha un vastissimo raggio d'azione nella vita del discepolo: egli ha accesso al Padre per mezzo di Cristo nell'unico Spirito (cf. Ef 2, 18); la sua vita cultuale e sacramentale acquista valore e significato in quanto è vissuta «in Spirito», da lui suggerita e avvalorata; per mezzo dello Spirito di comunione, egli diventa membro vivo di una comunità di discepoli e riceve da lui, come da fonte, l'abbondanza dei doni e dei carismi.
Nelle trattazioni classiche sulla mediazione di Maria, la mediazione dello Spirito veniva pressoché ignorata: ne consegue che uno dei compiti più importanti ed urgenti che oggi spettano alla mariologia sia quello di integrare armonicamente la dottrina della mediazione di Maria nell'ambito primario della mediazione dello Spirito. In altri termini: occorre superare il dannoso squilibrio derivante dall'aver trascurato di considerare la mediazione dello Spirito, la quale ha luogo nei confronti sia di Cristo sia della Vergine.

c. Mediazione della Chiesa
Nell'economia salvifica ogni mediazione è possibile solo come partecipazione alla mediazione di Cristo. Ciò premesso si deve rilevare tuttavia che «Cristo, unico Mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunità di fede, di speranza e di carità, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde su tutti la verità e la grazia» (LG 8). Peraltro nell'opera della redenzione, «con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a se la Chiesa, sua Sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all'Eterno Padre» (SC 7).
Gesù, incorporando a sé, quali membra, i suoi discepoli, li rende partecipi del suo essere e del suo agire: in Gesù essi sono - scrive l.C.R. García Paredes - «"figli nel Figlio", "sacerdoti nell'unico Sacerdote", "signori nell'unico Signore", "mediatori nell'unico Mediatore"».56
Perciò la Chiesa, da una parte, è la prima a beneficiare della mediazione di Cristo: tutto - la grazia e la comunione, la liturgia e la struttura gerarchica, le istituzioni e l'impegno apostolico - essa riceve da Dio per mezzo di Cristo nello Spirito. Dall'altra, la Chiesa è sacramento dell'unica mediazione di Cristo: soprattutto attraverso l'annuncio della parola e della celebrazione dei sacramenti, Cristo si rende presente e, nello Spirito, comunica ai fedeli la sua grazia. La Chiesa, sacramentum salutis, è perciò stesso sacramentum mediationis Christi. Il che vale non solo della Chiesa pellegrina sulla terra ma anche di quella beata nel cielo:
« tutti però, sebbene in grado e modo diverso, comunichiamo nella stessa carità di Dio e del prossimo e cantiamo al nostro Dio lo stesso inno di gloria. Tutti infatti, quelli che sono di Cristo, avendo lo Spirito Santo, formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in Lui (cf. Ef 4,16). L'unione quindi dei viatori con i fratelli morti nella pace di Cristo, non è minimamente spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali. A causa infatti della loro più intima unione con Cristo i beati rinsaldano tutta la Chiesa nella santità, nobilitano il culto che essa rende a Dio qui in terra e in molteplici maniere contribuiscono ad una sua ampia edificazione (cf. Cor 12,12-27). Ammessi nella patria e presenti al Signore (cf. 2 Cor 5,8), per mezzo di Lui, con Lui e in Lui non cessano di intercedere per noi presso il Padre, offrendo i meriti acquistati in terra mediante Gesù Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli uomini (cf. Tm 2, 5)» (LG 49).

Non poteva essere più fortemente affermata la partecipazione della Chiesa del cielo all'unica mediazione di Cristo. Ma a questo punto si pone di nuovo il problema, imperiosamente avvertito da chi, nel suo impegno teologico si interessa simultaneamente all'ecclesiologia e alla mariologia: dove situare la mediazione di Maria, che è «sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa» (LG 53) e nel contempo «madre della Chiesa»? Come armonizzare il sicuro influsso della Chiesa, nostra Madre, che attraverso la parola e i sacramenti genera i fedeli alla vita della grazia con il reale intervento di Maria, anch'essa nostra Madre nell'ordine della grazia» (LG 61), che ha cooperato e coopera alla rigenerazione dei fedeli alla vita soprannaturale? Come coniugare il servizio della Chiesa e il servizio di Maria all'opera della salvezza, per cui ambedue sono Ancilla Domini, ambedue ministra pietatis?

NOTE

55 Così afferma R. Laurentin: «'`Médiatrice en Jésus Christ": certe formule profonde avait été proposée pour la première fois par un professeur luthérien allemand très ouvert au dialogue oecuménique: Hans Asinussen, au temps de Pie XII. Comme protestant, il était scandalisé par la théologie catholique de Marie Médiatrice, apparemment contraire à l'apôtre Paul . Mais il avait fini par admettre ce titre, si l'on précisait: Mediatrix in Christo (Cfr. R. LAIRENTIN, Petitions internationale pour une définition dogmatique de la médiation et la corédemption, in Marianum 58 (1996), pp. 429-446.
56 La mediación de María en perspectiva pneumatológica y eclesiológica, in Ephemerides Mariologicae 39 ( 1989) p. 221. Nostra versione.
 

Inserito Domenica 29 Maggio 2011, alle ore 20:18:22 da latheotokos
 
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