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  Mediazione materna, trasparenza dell'unico mediatore 
Mariologia

dal libro di José Cristo Rey Garcìa Parades, Maria nella comunità del regno. Sintesi di Mariologia, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997, pp. 304-313.



« Mediazione » è una parola che suscita polemiche nelle confessioni cristiane. « Mediazione », d'altra parte, è la parola nella quale migliaia di credenti vedono riflessa la propria esperienza di Maria: hanno sentito come Maria è stata il ponte che li ha avvicinati a Cristo, la portavoce dei loro aneliti e delle loro pene davanti a Dio, la figura che li ha attratti verso Dio, verso la Chiesa. Invece, i nostri fratelli protestanti vedono nella dottrina e nelle esperienze della mediazione di Maria una minaccia e una negazione della « mediazione unica ed esclusiva di Cristo », così chiaramente affermata dal Nuovo Testamento. Non possiamo negare che la mediazione di Maria è stata a volte vissuta e spiegata in modo inadeguato; è stata intesa come una realtà isolata, tanto dal mistero di Cristo, come dal mistero della Chiesa; come se fosse una seconda mediazione.
Contempliamo la verità su Maria a partire dalla prospettiva della mediazione materna, seguendo le linee maestre della Redemptoris Mater.


1. C'è un solo mediatore tra Dio e gli uomini


Questo e non altro deve essere il nostro punto di partenza. Questa è la chiave che adotta il Concilio Vaticano II e anche l'enciclica papale nel presentare la mediazione materna di Maria. Perché c'è un solo mediatore tra Dio e gli uomini? Perché quest'unico mediatore è Gesù Cristo? (1 Tm 2,5-6). Potremmo rispondere con altre domande: quale uomo, quale donna sarebbe capace di superare da sé quello spazio infinito che ci separa da Dio, l'assolutamente Altro, il Trascendente? Quale creatura può attrarre a sé il Creatore, pretendere da lui un'alleanza di amore imperituro, un'amicizia piena di benevolenza? E se, inoltre, risulta che l'uomo e la donna, l'umanità, sono stati disobbedienti a Dio, lo hanno offeso, si sono allontanati da lui per il peccato e hanno rifiutato il suo amore, chi potrà sulla terra santificare il suo nome profanato, offrirgli un culto gradito, rendergli grazie come si merita? Quando riconosciamo l'unico Dio nella sua trascendenza e nella sua infinita dignità, confessiamo al tempo stesso l'incapacità radicale dell'uomo di ricambiarlo, di riparare la profanazione del suo nome. Non c'è innocenza umana che di per sé meriti uno sguardo d'amore di Dio. Non c'è uomo o donna, per perfetti che siano, che meritino di chiamarsi e di essere figli di Dio, che Dio invii loro il suo Spirito. Non c'è comunità umana, né popolo, che meriti l'incarnazione del Figlio di Dio. Dio è l'unico protagonista della concessione di grazia all'uomo. Nella storia della salvezza, Dio Padre ci ha mostrato un amore totalmente gratuito, senza alcuna causa. Non ci ha donato la sua grazia perché ce la meritassimo per la nostra condotta; infatti, il più grande gesto di grazia verso di noi - l'offerta amorosa di suo Figlio, la riconciliazione con lui - Dio Padre lo ha realizzato « quando eravamo peccatori » (Rm 5,7.10). Né Dio Padre ci ha concesso la sua grazia prevedendo la nostra risposta grata di amore. Di fatto, quante volte siamo stati ingrati verso il suo amore! Tuttavia, l'amore di Dio Padre è universale, non esclude nessuno, nessuno dei suoi figli. Egli ci ha donato la sua grazia « senza nessuna condizione ». Gesù, il Figlio di Dio, nato da donna, è stato colui nel quale il Padre ci ha donato la sua grazia. In Gesù, Dio Padre si è avvicinato a noi, in lui e per mezzo di lui ha incarnato sulla terra il suo amore, il suo Regno. Gesù ha coniugato Dio Padre con il suo Popolo, con l'umanità. Egli ha percorso questo immenso tragitto metafisico che separa l'assolutamente Altro. In lui, Iahvè è « Dio-con-noi ». Solo Gesù è e può essere il mediatore di Dio Padre per noi. Gesù, nato da donna, il Figlio di Dio, forma parte della nostra stirpe. È della nostra carne. È in tutto somigliante a noi meno che nel peccato. È il fratello « universale ». Il miglior frutto del raccolto umano. In nessuno, come in lui, si manifesta ciò che è autenticamente l'uomo. In lui non c'era peccato. Ha vinto il peccato. È l'uomo perfetto. Il nostro migliore rappresentante. L'unico che possa farci da mediatore di fronte a Dio. Quando Dio Padre contempla nell'umanità Gesù, l'umanità ha per Dio un volto diverso. Nel vedere Gesù così strettamente unito e solidale con noi, peccatori, Dio Padre vede in Gesù tutti gli uomini. Noi, creati a immagine di Dio (immagine che niente né nessuno può distruggere totalmente), abbiamo i tratti di colui che è il prototipo di ogni uomo. Solo Gesù merita per noi l'amore, la vicinanza benevola, l'atteggiamento permanente di grazia e di misericordia di Dio Padre. Lui è il nostro « unico mediatore ». Ma in lui e con lui, ogni nostra cosa si rivalorizza agli occhi di Dio e lo glorifica, e santifica il suo nome e lo muove a mantenere con noi un'alleanza di amore imperituro. Non siamo niente senza Cristo Gesù. Senza di lui non possiamo dar frutto. Solo in lui possiamo accedere a Dio. Egli è il nostro unico mediatore.


2. Maria, la serva del Signore


Dopo aver affermato che Gesù è l'unico mediatore, I'enciclica Redemptoris Mater assume una chiave che può sembrare sconcertante: nel parlare della mediazione materna di Maria, la prima cosa che fa è presentarla come la « serva del Signore ». Nell'Annunciazione fu rivelato a Maria chi era l'unico mediatore tra Dio e gli uomini: il figlio del suo seno per opera dello Spirito. Nell'accettare senza condizioni la maternità, Maria accetta il mediatore, il Figlio dell'Altissimo. Maria si sottomette totalmente alla volontà di Dio: « Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto » (Lc 1,38). Quello è « il primo momento della sottomissione all'unica mediazione, quella di Gesù: l'accettazione della maternità da parte della Vergine di Nazaret » (RM 39). Maria « comprese la propria maternità come dono totale di sé, della sua persona, al servizio dei disegni salvifici dell'Altissimo » (RM 39). Questa servitù bisogna comprenderla in un senso di responsabilità: Maria come la donna che per amore sponsale  - verginale - consacra totalmente la sua persona umana a Dio. « La maternità di Maria è impregnata profondamente dall'attività sponsale della "serva del Signore"» (RM 39). « Questo fatto fondamentale di essere la madre del Figlio di Dio significa, fin dal principio, un'apertura totale alla persona di Cristo, a tutta la sua opera e la sua missione » (RM 39). Maria fu anche per la sua fede « la compagna singolarmente generosa » di Gesù. Lo seguì in modo totale e radicale. La sua vita fu un costante associarsi a Gesù, come la prima discepola, come la perfetta seguace. In questo modo, « Maria entrava in modo molto personale nell'unica mediazione tra Dio e gli uomini, che è la mediazione dell'uomo Gesù » (RM 39). Gesù fu l'unico mediatore tra Dio e Maria, tra Maria e Dio. Maria fu scelta, redenta, e ricevette grazia in Cristo Gesù, l'amato dal Padre, e per mezzo di suo Figlio la sua risposta giunse fino all'altare del cielo. Maria fu « la prima a sperimentare in se stessa gli effetti soprannaturali di quest'unica mediazione » (RM 39). Senza Gesù, Maria sarebbe stata come un tralcio tagliato dalla vite, come una serva senza redentore, come un ventre materno senza frutto, come una donna senza grazia di Dio. Tutto ciò che era, lo doveva a lui. Da Dio aveva ricevuto tutto per mezzo di lui. Per questo, Luca e la sua Chiesa la proclamavano « beata per la sua fede », « serva del Signore ».


3. Maria, la cooperatrice di Gesù

Se c'è una cosa che risalta nella figura evangelica di Gesù, è la sua « comunitarietà ». Subito, si sceglie una comunità di vita. Con essa condivide tutto, anche la missione. E per questo li manda a predicare a due a due, a curare i malati e scacciare demoni a collaborare nel sorgere del Regno di Dio. Gesù accresce il numero dei suoi collaboratori. Luca parla dei settantadue discepoli. Chi crede in Gesù deve essere « luce del mondo », « Sale della terra ». E, dopo l'esperienza della risurrezione Gesù risorto chiede la collaborazione missionaria della sua Chiesa e la invia come testimone, a predicare il Vangelo a tutte le nazioni fino ai confini del mondo. La comunità di Gesù rimane associata a lui, incorporata a lui. Paolo la chiama « corpo di Cristo »: è l'organo di espressione e di azione del Risorto e del suo Spirito nel mondo. Il Risorto continua ad agire nella storia attraverso il suo Corpo che è la Chiesa. E la Chiesa sperimenta la promessa di Gesù (« sarò con voi ») soprattutto quando agisce « nel suo nome ». Poste così le cose, scopriamo come la Chiesa di Gesù entra nell'unica mediazione tra Dio e gli uomini, che è la mediazione di Gesù Cristo. La Chiesa, Corpo di Cristo, partecipa alla sua mediazione e al tempo stesso ne sperimenta tutti gli effetti L'unica mediazione di Gesù si estende, per mezzo della Chiesa nello spazio e nel tempo. Se la Chiesa partecipa alla « mediazione di Gesù » e con lui e in lui anch'essa diviene « mediazione di salvezza » per il mondo, sacramento (simbolo efficace) dell'unico mediatore, è chiaro che questo succede anche in quella donna che si associò con tutto il suo cuore a Gesù e alla sua opera, in colei che fu la sua migliore discepola, « compagna singolarmente generosa » (LG 61), Chiesa nascente, Maria, la madre di Gesù. « Maria era particolarmente predisposta alla cooperazione con Cristo, unico mediatore della salvezza umana. E tale cooperazione è precisamente la sua mediazione subordinata alla mediazione di Cristo » (RM 39). Gesù, che volle incorporare alla sua persona e associare alla sua opera i suoi discepoli, incorporò anche a sé e alla sua opera « in un modo speciale ed eccezionale » Maria, sua madre. Già dall'infanzia di Gesù, la madre e il figlio formano - secondo Matteo - un'unità indissolubile (cf Mt 2,11.13.14.20.21). Maria, che genera Gesù dandogli un corpo e donandosi a lui in un atteggiamento di servizio totale, viene incorporata progressivamente al Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Gesù è per Maria il suo unico formatore; l'evento di suo figlio Gesù è per Maria tutta una rivelazione: nei suoi gesti e nelle sue parole ella scopriva la volontà del Padre, il progetto del Regno. Accoglieva e comprendeva la rivelazione con quella intuizione che è così peculiare alle madri, specialmente a quelle che hanno una grande interiorità. Maria « seguì » costantemente il suo unico figlio, benché a volte non lo seguisse materialmente. E lo seguì in un modo attivo. Mettendosi dalla sua parte. Come manifesta bene il quarto Vangelo nel mettere sulle sue labbra quelle parole, che sono come un simbolo: « Fate quello che Lui vi dirà ». Che fosse dalla parte di Gesù, che collaborasse con lui, lo si scopre nel momento culminante della croce. La sua presenza lì va molto al di là di quello che potrebbe suggerire un'interpretazione puramente sentimentalista. Dice il Vaticano II: « Maria mantenne fedelmente l'unione con suo figlio fino alla croce, dove, non senza un disegno divino, rimase in piedi, si dolse veementemente con il suo unigenito e si associò con cuore materno al suo sacrificio, consentendo con amore all'immolazione della vittima generata da lei stessa, e, infine, fu data come madre al discepolo dallo stesso Gesù moribondo sulla croce, con queste parole: "Donna, ecco tuo figlio!" » (LG 58). In quel momento Maria ricevette da Gesù la missione di prendersi cura dei suoi discepoli amati, o, come dice ancora il Concilio Vaticano II, di « prendersi cura con amore materno dei fratelli di suo figlio che sono pellegrini e si dibattono tra pericoli e difficoltà e lottano contro il peccato finché saranno portati alla patria felice » (LG 62). Simon Pietro, dopo aver manifestato a Gesù il suo amore per tre volte, per tre volte ricevette il mandato di « pascere le sue pecore » (Gv 21, 15-17). Maria, dopo aver manifestato a Gesù un amore totale, mai negato, amore fino alla croce, riceve da Gesù esaltato non la stessa missione pastorale, ma la missione materna. Questa è la prospettiva del quarto Vangelo e di Luca. Simon Pietro riceve la missione, dopo le sue negazioni, di confermare nella fede i suoi fratelli (cf Lc 22,32). Maria è la credente per antonomasia, il modello perfetto di accoglienza della fede, predicata da Pietro e dagli apostoli. Ecco la cooperazione di Maria!


4. La mediazione materna di Maria

La presenza di Maria a Cana di Galilea come madre di Gesù, all'inizio dei suoi segni, manifesta la sua sollecitudine per gli uomini. Maria va incontro alle necessità dell'uomo e si inserisce nel raggio di azione della missione messianica e del potere salvifico di suo figlio (RM 21). In questo evento « c'è una mediazione: Maria si mette tra suo figlio e gli uomini... Si mette "in mezzo", ossia, fa da mediatrice non come una persona estranea, ma nel suo ruolo di madre, cosciente del fatto che come tale può - o meglio "ha il diritto di" - far presente al figlio le necessità degli uomini. La sua mediazione, pertanto, ha un carattere di intercessione » (RM 21). Nella scena di Cana si manifesta un tipo di mediazione speciale: Maria come mediatrice tra gli uomini bisognosi e Gesù. Assistiamo ad una mediazione simile quando Andrea, dopo avere visto dove viveva Gesù ed essere rimasto con lui durante un giorno, disse a suo fratello Simone che aveva trovato il Messia e « lo condusse da Gesù » (Gv 1,42). A Cana, inoltre, Maria si presenta davanti agli uomini come « portavoce della volontà di suo figlio, indicando quelle condizioni a cui bisogna ottemperare perché possa manifestarsi il potere salvifico del Messia » (RM 21). È anche mediatrice, in quanto parla e agisce « in nome di Gesù ». Questa rappresentatività ricade anche sugli apostoli, che riceveranno il potere di agire « in nome del Signore ». Presso la croce di Gesù, la mediazione di Maria si fa più intensa e profonda. Appare, soprattutto, come una mediazione materna. I discepoli amati di Gesù non potranno prescindere da quella mediazione: dovranno accoglierla nel proprio mondo spirituale, dovranno contemplarla e accoglierla come « fonte materna » della loro fede, come seno nel quale la loro fede si genera e si rigenera. In questo senso, afferma il Concilio Vaticano II: « La funzione materna di Maria nei confronti degli uomini in nessun modo oscura o diminuisce l'unica mediazione di Cristo, ma piuttosto ne mostra l'efficacia » (LG 60; RM 22). Questa maternità spirituale di Maria sui discepoli « è sorta dalla sua stessa maternità divina, perché essendo, per disposizione della divina provvidenza, madre-nutrice del divino Redentore è divenuta in modo singolare la generosa collaboratrice tra tutte le creature e l'umile serva del Signore » (RM 22). Maria, pertanto, non supplisce Gesù come mediatore tra Dio e gli uomini. Gesù, però, si prolunga in Maria. Ella è, come diceva Sant'Agostino, un « membro santo, un membro eccellente, un membro supereminente della totalità del suo Corpo ». Attraverso di lei, Gesù ci si avvicina, agisce in noi. E come donna nel nostro popolo, come madre nostra, attraverso di lei noi ci prolunghiamo e giungiamo a Gesù. Attraverso di lei diciamo un fiat totale alla sequela, ci facciamo « servi del Signore ». Nella Pentecoste, Maria era presente in mezzo alla comunità come « la serva del Signore », offerta da suo figlio come madre alla Chiesa nascente. Cominciò così a formarsi un rapporto speciale tra questa madre e la Chiesa. Maria si donò senza riserve alla Chiesa, all'opera di suo figlio. Riversò sulla Chiesa la sua disponibilità. Per questo, « dopo l'ascensione del figlio », la sua maternità rimane nella Chiesa come mediazione materna. Maria intercede per tutti i suoi figli; coopera nell'azione del Risorto, lei che è risorta con lui. Questa maternità perdura senza cessare, fino alla consumazione perpetua di tutti gli eletti » (cf. LG 26). La strettissima unione con suo figlio fa che la cooperazione di Maria acquisisca le stesse dimensioni dell'attività salvifica di Gesù, vale a dire universali: « Con la morte redentrice del figlio, la mediazione materna della serva del Signore raggiunse una dimensione universale » (RM 40). « La cooperazione di Maria partecipa, per il suo carattere subordinato, all'universalità della mediazione del Redentore, unico mediatore » (RM 40). Con l'assunzione di Maria al cielo si sono realizzati in lei, definitivamente, tutti gli effetti dell'unica mediazione di Cristo Redentore del mondo e Signore risuscitato. Nel mistero dell'assunzione si esprime la fede della Chiesa secondo la quale « Maria è intimamente unita a Cristo ». Assunta in cielo non esaurisce quel suo servizio salvifico che la definisce: continua ad essere « la serva del Signore », la « serva sollecita degli uomini ». Perché è vero, quello che dice Paolo: « La carità non avrà mai fine ».

Al termine della nostra meditazione scopriamo che:
a) La funzione mediatrice di Maria si appoggia su quella di Gesù;
b) dipende totalmente dalla mediazione di Gesù;
c) ottiene dalla mediazione di Gesù tutto il suo potere;
d) non impedisce la mediazione di Gesù ma la fomenta (LG 60; RM 38).

* * *

L'individualismo borghese della nostra epoca ci fa autosufficienti, ci isola da ogni tipo di solidarietà. Il Vangelo di Gesù ci invita, tuttavia, all'umiltà, alla comunità, alla solidarietà universale. Dio non si avvicina a noi come individuo, ma come comunità trinitaria; Dio si avvicina a noi nel Figlio, nato da donna, solidale in tutto con noi, meno che nel peccato. Il Figlio di Dio incorporò in se stesso la sua Chiesa. Essa è il suo Corpo. In un modo privilegiato ed eccezionale, incorporò a se stesso Maria, in quanto madre piena di grazia e lei, con una libertà unica, lo accolse con una fede totale, con un dono generosissimo d'amore. Il nostro incontro con Gesù, e per mezzo suo con il Padre, non può avvenire nell'attuale economia della salvezza in un rapporto individualista. La Chiesa partecipa della mediazione di Cristo. Per questo ci incontriamo infallibilmente con lui in essa. Maria partecipa di quella mediazione in un modo specialissimo, in quanto « madre dei credenti ». Maria, piena di grazia, è per noi la trasparente presenza dell'unico mediatore. In Maria troviamo la Parola, il Figlio di Dio, lo Spirito, in lei scopriamo il volto materno di Dio, perché lei è, soprattutto, la Chiesa immacolata, la Chiesa vergine fedele, la Chiesa - madre, la Chiesa totalmente consacrata e glorificata. In lei, la mediazione della Chiesa trova la sua pienezza.

 

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Inserito Venerdi 20 Gennaio 2012, alle ore 17:24:40 da latheotokos
 
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DOTTORE IN S. TEOLOGIA CON SPECIALIZZAZIONE IN MARIOLOGIA
DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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