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  La maternità divina di Maria in S. Giovanni Cassiano 
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Un articolo di Giorgio Tirone in La Madonna della Neve, n 1 - gennaio 2013, pp. 18-19.



Duplice nascita, unica maestà

Il concilio di Efeso (431), che ha sancito la maternità divina di Maria, è un concilio eminentemente orientale. È noto però che ampia eco del dibattito fra i due protagonisti, Cirillo di Alessandria e Nestorio di Costantinopoli, è stata data anche in Occidente. E tra i testimoni di questo evento possiamo riconoscere S. Giovanni Cassiano, indubbiamente una delle personalità più interessanti di questa epoca. Originario della Dobrugia - la regione che in Romania ricopre all'incirca l'area del delta del Danubio -, riceve la formazione classica in Provenza, ancora puer diventa monaco a Betlemme, ordinato diacono a Costantinopoli da S. Giovanni Crisostomo e sacerdote a Roma, nel 416 fondò a Marsiglia, ultima tappa della sua vita, due monasteri: quello maschile di S. Vittore e quello femminile di S. Salvatore. Qui compose le opere che lo hanno reso padre del monachesimo in Occidente: le Institutiones e le Conlationes, testi ai quali si ispirano tutte le regole monastiche successive, compresa quella di S. Benedetto. La data della morte è collocata intorno al 435.
I temi mariologici di Cassiano si trovano nel De incarnatione Domini contra Nestorium libri VII, (un testo in sette capitoli sull'incarnazione del Signore, dichiaratamente contro Nestorio). Qui, infatti, chiamando a raccolta il meglio della cultura patristica e cristiana - Ilario, Ambrogio, Girolamo, Agostino, Giovanni Crisostomo, Gregorio Nazianzeno e Atanasio -, contesta l'eresia del patriarca di Costantinopoli deposto ad Efeso.

La cooperazione della Trinità

È interessante ricostruire le circostanze in cui nasce quest'opera. Intorno al 430, visto che tra Cirillo e Nestorio non si arrivava ad un accordo, si ritenne di dover invocare l'intervento risolutivo di Roma, a cui già prima alcuni vescovi orientali si erano rivolti. Papa Celestino (422-432), che naturalmente era stato informato anche da Cirillo, dapprima non rispose alle ripetute Lettere di Nestorio, ma le spedì a Marsiglia, insieme alle prediche dello stesso patriarca, per mezzo dell'arcidiacono Leone, successivamente eletto papa. Destinatario era proprio Giovanni Cassiano, al quale era chiesta la traduzione delle Lettere di Nestorio e un parere dogmatico.
La risposta del monaco fu ultimata e consegnata nell'estate del 430, poco prima che a Roma si celebrasse quel sinodo, nel quale venivano condannati gli errori di Nestorio, e che tale decisione fosse notificata alle chiese di Antiochia, Gerusalemme, Tessalonica e Filippi.
Nel suo opuscolo Cassiano prende anzitutto in considerazione la testimonianza del Vangelo dell'infanzia di Luca, in particolare la narrazione dell'annunciazione. Egli deduce dal messaggio dell'angelo a Maria che tutta la Trinità ebbe parte all'incarnazione di Cristo: «... Per questo l'arcangelo faceva appello alla maestà di Dio, che sarebbe scesa sulla Vergine, appunto perché, dato che con il solo apporto umano non poteva compiersi un prodigio così grande, intese dichiarare che sarebbe intervenuta la maestà divina nella stessa concezione di Colui che poi sarebbe apparso nella realtà del parto. Perciò discende il Verbo, il Figlio di Dio; interviene la maestà dello Spirito santo; scende con la sua ombra la potenza del Padre, perché nel mistero di quella santa concezione fosse presente tutta la cooperazione della Trinità». E, rivolgendosi polemicamente a Nestorio, conclude: «L'angelo chiaramente ha detto che Dio sarebbe disceso e che sarebbe nato il Figlio di Dio. Tu ora, se ti fa piacere, cerca di spiegare o come il Figlio di Dio sia Dio, oppure in che modo la Theotokos, che ha generato Dio, non possa essere la Madre di Dio».
Egli si richiama alla lettera di S. Paolo a Tito: «È apparsa la grazia di Dio nostro Salvatore... (Tt 2,1 1). Ecco questo vaso di Dio (S. Paolo) parla ispirato da Dio e testimonia con chiarezza che la grazia di Dio è apparsa da Maria». Il motivo di tanta sicurezza viene dal titolo «nostro salvatore»: lo stesso che viene usato per Gesù dagli angeli, quando costoro portano il lieto annuncio ai pastori di Nazaret (Lc 2,1 1).

La vera fede e la vera salvezza

Altro testo che Cassiano rievoca è Mt 16,16, che in bocca a Pietro suona: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E chiede provocatoriamente a Nestorio: «Dimmi, per favore, chi è stato colui al quale Pietro ha dato una simile risposta. Non puoi negare che è stato Cristo. E allora io ti chiedo: Colui che tu chiami Cristo è uomo o è Dio? Senza alcun dubbio è uomo. Ma è proprio da qui che ha inizio l'intera tua eresia: tu neghi infatti che Cristo è Figlio di Dio. Per questo motivo tu chiami Maria Christotókos e non Theotókos, perché madre di Cristo e non di Dio». Inoltre, egli fa presente al suo avversario il Simbolo di Nicea e chiarisce, richiamandosi a Gal 4,4, che in tal modo a Maria è concessa la dignità che Nestorio nega: «Se il Cristo, nato da Maria, non è quello che è nato da Dio, allora tu ammetti senza dubbio due Cristi. Ma se sono due, allora devi ammettere che hai negato l'intera Trinità». Nessuno prima di lui aveva sviluppato così chiaramente le conseguenze del Credo di Nicea per la vera dignità di Maria e indicato la possibilità che il titolo Theotókos già allora poteva essere stato usato: «Gesù Cristo Signore di tutti, della stessa sostanza del Padre, nato nella divinità, nato nel corpo, con una duplice nascita ma un'unica maestà; colui che è stato creatore di tutte le creature è quello stesso che, nato dal Padre, successivamente è nato dalla Vergine... Questa è la vera fede, questa è La vera salvezza... ».


 

Inserito Giovedi 31 Gennaio 2013, alle ore 20:14:11 da latheotokos
 
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DOCENTE ALL'ISSR "SAN LUCA" DI CATANIA

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