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  Significati di Maria presso la Croce (Gv 19,25-27) 
Bibbia

Uno studio di Mario Galizzi SDB, in Maria Ausiliatrice - n. 4, 2008.



Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lui il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre”. E da quell’ora il discepolo l’accolse nella sua casa. Dopo questo, Gesù sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si adempissero le Scritture, disse...

Meditando questo testo vorrei sviluppare il tema della Maternità e presenza di Maria nella nostra vita e della necessità di affidarci a Lei. La storia, di solito, ci fa guardare all’Addolorata, ma la predicazione di Giovanni non ce la presenta in nessun modo così. Quando poi si parla del discepolo che Gesù amava, di solito nella predicazione si sente parlare di Giovanni come se Gesù avesse avuto dei prediletti e poi si fa una pia applicazione: anche noi come Giovanni accogliamo Maria. Con un simile parlare il Vangelo è ridotto a un’antologia di esempi, su cui fare delle pie applicazioni. Questo modo di fare è sbagliato. Noi metteremo in evidenza che il testo ispirato parla qui di ogni singolo discepolo, che per essere tale è amato da Gesù, che Gesù in quel discepolo che era ai piedi della croce con Maria, parla ad ogni discepolo quindi anche a me. Giovanni diviene così il prototipo del discepolo e il modello della Chiesa che si costituisce attorno a Maria.

Missione di Madre


Iniziamo da Maria, madre di Gesù e donna ai piedi della croce, e poi parleremo del discepolo che Gesù amava. In questi ultimi decenni il testo è stato sviscerato in ogni senso dagli specialisti e quindi possiamo parlare con una certa sicurezza e comprendiamo che quello che dicevano i Padri della Chiesa che Gesù ha pensato all’avvenire materiale della sua madre (i protestanti continuano a pensare così) non regge più. Solo nel Medio Evo si è iniziato a parlare della Maternità spirituale di Maria, un tema che oggi l’analisi esegetica mette in risalto: Maria come donna è stata da Gesù investita della missione di essere Madre di ogni discepolo che Gesù ama. Se questo è vero: quando il Signore affida a una persona una missione le dà anche i mezzi per compierla. E perciò è certo che Maria ha ricevuto la capacità di fare da Madre, nell’ordine dello Spirito, a ciascuno di noi.


Un racconto teologale


Contempliamo quanto avvenne sul Calvario. La narrazione è enormemente teologizzata e di fronte ad essa l’interprete non si chiede: “Che cosa in concreto è accaduto?” Ma si chiede: “come si rivela Gesù nei fatti del Calvario e che cosa mi rivela di sua madre e di me discepolo? Qui sul Calvario noi siamo al vertice della rivelazione e quello che avviene tra Gesù e la madre è il culmine assoluto. Per questo il narratore ha collocato questa scena al centro del racconto degli episodi del Calvario (crocifissione, tunica senza cuciture, dono della madre, tutto si è compiuto, colpo di lancia) e per questo subito dopo dice: “Gesù sapendo che oramai tutto si era realizzato affinché si compissero le Scritture, disse...”. Il dono della Madre si presenta come il culmine dell’opera messianica di Gesù. Senza questo dono non avrebbe portato a termine in modo perfetto la sua opera di salvezza. Ma c’è un aggancio anche con la scena della tunica. Facendo forza sulle particelle grece mèn... dè, La Potterie traduce: “Ecco da una parte (mèn) quel che fecero i soldati, dall’altra parte invece (dè) stavano presso la croce sua madre, la sorella di sua madre... I due racconti sono strettamente uniti tra loro e sincronici: nel primo la tunica che non viene scissa è un grande simbolo dell’unità della Chiesa, ed è visto come annuncio di ciò che avviene nel secondo racconto: la nuova comunità messianica si costituisce nella sua unità sotto la Croce; Maria e il discepolo ne sono la prefigurazione.


Una Rivelazione in atto


Osservando attentamente la scena vediamo che Gesù vede Maria e poi il discepolo e dice singolarmente a ciascuno: “Ecco”, una particella a cui segue subito un titolo che dice o rivela qualcosa alla persona a cui si rivolge. Pensate al Battista che vede venire Gesù e dice a due discepoli: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Rivela cioè ai discepoli chi è Gesù; oppure al fatto dell’Annunciazione, quando l’angelo dice a Maria che ancora non conosce il disegno di Dio: “Ecco, concepirai...”. In questo modo di parlare costatiamo quello che si chiama in modo tecnico lo Schema di Rivelazione. È quindi un atto di Rivelazione. Gesù non solo rivela alla Madre a quale missione la chiama ora Do, ma rivela anche al discepolo a quale missione ha chiamato la Madre e come ogni discepolo deve comportarsi nei riguardi di Maria: se vuol essere discepolo deve accoglierla come Madre. Che il testo si muova su questa linea appare dal fatto che, secondo Giovanni, la preoccupazione di Gesù non è l’avvenire materiale della Madre, ma la situazione dei suoi discepoli, della sua comunità. Varie volte ha detto loro di non angustiarsi e ha loro promesso: “Non vi lascerò orfani”(14,18) e si è orfani anche se manca soltanto la Madre. Perciò qui l’interesse di Gesù va ai suoi discepoli e dice a Maria: “Ecco tuo figlio”. E al discepolo: “Ecco tua Madre”. Gesù vuole che tra il discepolo e Maria si stabilisca una relazione nuova: quella di Madre e Figlio. È una relazione fondata sulla fede: per fede divento discepolo, accogliendo la parola di Gesù; per fede quindi se accolgo la sua parola divento figlio di Maria.


L’ora di Gesù e della Madre


Nel testo ricorrono tre parole: Madre, donna, ora, tre parole che sono già state lette nel racconto di Cana, quando Gesù con l’aiuto di Maria diede inizio alla sua opera messianica ottenendo la fede dei suoi discepoli. Maria si era avvicinata a Gesù come Madre, dicendogli: “Non hanno più vino”. E Gesù le rispose: “Che c’è tra me e te, donna”. Una frase che sa di distacco, non di rifiuto; semplicemente le dice che i vincoli materiali non contano nella sua missione; ma la chiama Donna, cioè le cambia il nome, lo colloca su un altro piano, le dice di agire da Donna, questa è la sua missione. E Maria subito si dà da fare, associandosi come donna all’opera di Gesù tutta tesa verso un’ora. Ebbene qui sul Calvario l’ora è giunta e Gesù chiama sua Madre donna e le affida, mentre soffre per lui, la missione di fare da madre ai suoi discepoli.


La Madre di Sion


Qui è importante rifarsi ad un altro testo. Gesù, mentre nel Cenacolo parlava ai suoi discepoli, disse: “La donna quando sta per partorire è triste perché è giunta la sua ora, ma quando ha dato alla luce, gioisce perché è nato un uomo nel mondo” (16,21). Feuillet commenta: “Gesù presuppone qui l’identificazione della sua ora con l’ora della Donna che deve dare alla luce il nuovo popolo di Dio”. Maria ai piedi della croce consoffre con il Figlio ed è al compiersi dell’ora del Figlio che essa nel dolore, diventa Madre del nuovo popolo di Dio. Isaia dice: “Nasce forse un popolo in un giorno? Eppure Sion, appena ha sentito i dolori del parto ha partorito figli” (66,8). Maria è la vera Figlia di Sion. Ma dove mi fondo per dire questo? Abbiamo detto all’inizio che dopo l’affidamento dei discepoli a Maria, il testo continua annotando che si sono compiute le Scritture. Ma di quali Scritture si tratta? Ne abbiamo già citata una, quella di Isaia, ma gli esegeti, dopo gli studi di Aristide Serra e di La Potterie, sono in grado di rispondere. Essi hanno dimostrato che nell’Antico Testamento non c’è soltanto una linea messianica maschile, ma anche femminile e che qui si compiono quelle profezie che parlano della Figlia di Sion o di Gerusalemme vista come Donna e madre. La contemplano come Madre che ha partorito figli, e questo è importante, ma anche come colei che vede i figli dispersi tornare da lontano insieme a tutti i popoli. In Isaia 60,4 si legge: “Solleva gli occhi intorno e guarda i tuoi figli radunati: ecco che i tuoi figli giungono da lontano e le tue figlie sono portate in braccio” e si radunano tutti insieme nel tempio del Signore (Is 66,20). “Riuniti nel Tempio del Signore”. Ora, secondo Giovanni 2,21, questo tempio è il corpo di Cristo distrutto dai nemici sulla Croce dove Gesù muore per riunire tutti i figli di Dio dispersi che non appartengono soltanto a Israele (Gv 11,52; 10,16). In questa luce, Gesù è il nuovo Tempio non costruito da mani di uomo, è il “Pastore che riunisce i suoi”. Maria è la Madre Sion che vede riunirsi attorno a Gesù-Tempio i suoi figli. Il discepolo che diventa suo figlio è la personificazione dei figli di Dio dispersi che attorno a lei Madre formano il nuovo popolo di Dio.


Il Discepolo


Parliamo del discepolo tenendo conto di un modo di procedere di Giovanni. Innanzitutto è certo che parlando di Maria e del discepolo che Gesù amava, parla direttamente di due persone singole e concrete che sono ai piedi della croce, le quali non perdono la loro personalità e individualità. Però è anche vero che in Giovanni tutti gli individui sono tipicizzati. Si pensi a Natanaele, tipo di tutti coloro che aspettavano il Messia secondo le Scritture; a Nicodemo, tipo di tutti i maestri di Israele; al cieco nato, tipo del catecumeno; a Tommaso che bene esprime la situazione di tutti i discepoli dubbiosi di fronte a Gesù risorto. Ebbene, qui il discepolo che Gesù amava indica storicamente un individuo, ma in se stessa è un’espressione teologica che va letta in base a queste parole di Gesù: “Chi fa suoi i miei comandamenti è colui che mi ama; e colui che mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò” (14,21). La frase indica ogni discepolo che per aver accolto e osservato la parola di Gesù è entrato nella sfera dell’amore del Padre e del Figlio. Secondo Giovanni tali discepoli sono gli amici di Gesù (15,13-14). Già Leone XIII ci teneva a questa interpretazione, e un protestante, Dibelius, diceva: “Con questa formula l’evangelista vuole rappresentare il tipo stesso del discepolo. Il discepolo amato è l’uomo di fede che non ha bisogno di prove (20,8). Egli è testimone del mistero della croce (19,35) e, ai piedi della croce, diventa il figlio della madre di Gesù, come rappresentante dei discepoli che nella loro relazione con Dio, sono divenuti fratelli di Gesù (20,17)”. Ebbene, a ogni discepolo che Gesù ama, offre sua Madre come Madre. La frase “Ecco tua Madre” è un comando di Gesù. Il discepolo che ama il suo Signore e Maestro accoglie Maria come Madre. Maria, madre di ogni discepolo che Gesù ama. Questa affermazione mi impone di fare di sfuggita un’altra considerazione, suggerita da La Potterie. Egli insiste perché si mantenga “unito il significato personale e il significato ecclesiologico della Maternità di Maria”. E afferma: «Diventando la madre di tutti i discepoli di Gesù, Maria diventa madre di tutta la Chiesa. Questo titolo di “Madre della Chiesa” è stato dato a Maria da Paolo VI dopo il Concilio. Esso è solidamente fondato nel passo di Giovanni. Non c’è nessuna contraddizione nel dire che Maria è nello stesso tempo immagine della Chiesa e Madre della Chiesa. Come persona individuale ella è madre di Gesù e diventa la Madre di tutti noi, la Madre della Chiesa. Per diventare figli di Dio dobbiamo diventare figli di Maria e figli della Chiesa. Gesù è il suo unico Figlio, ma noi diventiamo a lui conformi se diventiamo figli di Dio e figli di Maria».


L’accolse nella sua intimità


Non basta che Maria assuma la sua missione di Madre, è necessario che anche il discepolo prenda sempre più coscienza di questa Maternità di Maria. Ed è ciò che avviene sul Calvario quando Gesù, rivolto al discepolo, gli rivela la missione a cui ha chiamato sua Madre: “Ecco tua madre”. Ora noi sappiamo che quel discepolo per il fatto stesso di essere amato da Gesù accetterà. Dice infatti il testo che da quell’ora “la prese con sé”, da quello stesso momento il discepolo l’accolse come un bene prezioso, “l’accolse nella sua intimità”. Sono i modi con cui oggi si traduce per evitare il banale: “la prese nella sua casa”. Spieghiamoci: “Da quell’ora”. L’ora è il compimento dell’opera messianica di Gesù, compimento delle profezie che riguardano la Madre del Messia. Ebbene in quel momento il discepolo fa suo l’evento messianico e accoglie Maria come Madre. “L’accolse”, non “la prese nella sua casa”. Maria non è un oggetto che si prende, è una persona che si accoglie nel senso più pregnante del verbo: si tratta di un’accoglienza piena di affetto e di fede nella parola di Gesù. “L’accolse come un bene prezioso”: è il senso a cui sono giunti molti articoli sull’espressione greca eis ta idia che La Potterie vorrebbe tradurre: “l’accolse nella sua intimità”. Essa dice tutto l’affetto con cui il discepolo che Gesù amava ubbidì al suo Maestro. Altri come Sant’Ambrogio parlano dei beni spirituali ricevuti in eredità da Gesù e tra questi c’è la Madre. Un certo Journet dice: “Egli l’accolse nella sua intimità cioè nella sua vita interiore, nella sua vita di fede. Quest’interiorità del discepolo non è altro che la sua disponibilità ad aprirsi nella fede alle ultime parole di Gesù e ad eseguire il suo testamento spirituale diventando il Figlio della Madre di Gesù, accogliendola come Madre nella sua vita di discepolo: la Madre di Gesù oramai è anche la sua Madre.
E Maria come ci accoglie? Come un altro Gesù. Dice Origene: “Ogni uomo divenuto perfetto non vive più, ma è il Cristo che vive in lui, e poiché Cristo vive in lui è detto a Maria: “Ecco tuo figlio; ecco Cristo”. Maria vuole vederci come Gesù e vuole portarci a Gesù. Il racconto del Calvario si conclude: “Fisseranno lo sguardo su colui che hanno trafitto”. Ma chi sono che fissano per primi lo sguardo su Gesù trafitto? Maria e il discepolo che l’ha accolta come Madre. Maria non vuole che ci fissiamo in Lei, ma con Lei in Gesù. Maria vuole vederci come un altro Gesù. Questa è la nostra fede: non siamo orfani. Accanto al Padre e al Figlio c’è Maria e lo Spirito Santo che tutti ci riunisce in comunione perfetta. Nella Chiesa noi tutti continuiamo a chiamarla la Madre di Gesù e allo stesso tempo (ma non tutti) la chiamiamo “Madre nostra”. La Chiesa ha un volto mariano, diceva Paolo VI; è Gesù che lo vuole e noi come discepoli a lui fedeli accogliamo Maria come una sua preziosa eredità. Amen!

Inserito Lunedi 2 Settembre 2013, alle ore 12:49:33 da latheotokos
 
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