Leonardo da Porto Maurizio e la Madonna
Data: Venerdi 31 Gennaio 2014, alle ore 0:37:06
Argomento: Santi


Un articolo di di P. Luca M. Genovese, in Missio Immacolatae, nn. 1-2- gennaio/aprile 2012, pp. 18-20



Al francescano ligure si attribuisce la diffusione del pio esercizio della Via Crucis. Il suo metodo di apostolato, che consisteva nel richiamare i fedeli alla massime eterne attraverso la devozione e predicazione popolare, rimane attuale. Promosse anche la pratica del Santo Rosario, delle “Tre Ave Maria” e della Salve Regina, per il filiale amore che portava alla Beata Vergine Maria.

Il predicatore francescano S. Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), al secolo Paolo Girolamo Casanova, di famiglia ardentemente cattolica ma vissuto nel triste periodo del cosiddetto ‘secolo dei lumi’, rinnegatore della fede e di ogni vero e reale rapporto con Dio, combatté con forza questa perniciosa novità delle élites del libero pensiero con la predicazione popolare, fino alla morte. Infatti tutta la sua vita fu dedicata alla diffusione della fede cattolica, in stretta obbedienza alla dottrina tradizionale, secondo i canoni del Concilio di Trento, avendo come unica e sovrana preoccupazione la salvezza delle anime.
La sua ‘missione’ sboccia sin dai primi anni dell’infanzia quando fu iscritto per gli studi a Roma presso l’oratorio di San Filippo Neri, ove conobbe ed amò la spiritualità di San Francesco di Sales, quindi nel collegio Romano dei Gesuiti e presso l’oratorio del Caravita. In seguito, folgorato dalla povertà e dall’ardore mistico e insieme apostolico dei Francescani che allora vivevano un anelito di riforma, volle farsi Frate Minore nel 1698 nel ritiro dei Frati Francescani Riformati di San Bonaventura al Palatino. Divenne sacerdote nel 1702 ma quasi subito si ammalò di tubercolosi in una forma che a quell’epoca era giudicata incurabile. Rimandato a Porto Maurizio nel 1704 presso il Convento degli Osservanti per trovarvi qualche giovamento, fece voto alla Madonna di spendere tutta la sua vita nelle missioni se fosse guarito. Avvenne proprio così e in quello stesso anno cominciò la sua lunga vita apostolica fino alla morte avvenuta nel 1751 , dopo 46 anni di missioni al popolo. Al suo superiore chiese di recarsi in Cina per continuare l’opera dei suoi santi confratelli francescani, primi iniziatori delle missioni in quello sterminato paese, ma si sentì rispondere: «La sua Cina sarà l’Italia».
Da allora si susseguirono senza alcuna sosta le Missioni al Popolo in tutta la penisola italica, 343 in tutta la sua non breve esistenza, includendo lunghe predicazioni, le penitenze anche pubbliche, le preghiere di adorazione dell’Eucaristia e del Crocifisso, la pratica della ‘Via crucis’, costruita e diffusa un po’ dovunque dal santo predicatore, una delle quali, quella del Colosseo durante l’anno santo del 1750 ancora resiste nella tradizione popolare e viene ripercorsa ogni anno pubblicamente dal Sommo Pontefice. Dopo le Missioni predicate o manifestate con la Via Crucis e le penitenza, sedeva spesso per diversi giorni in Confessionale per raccogliere i frutti della missione: la conversione dei peccatori e la loro assoluzione. «La vera Missione – diceva – comincia dopo che si è finito di predicare». Temi privilegiati della sua predicazione, che non raramente strappava lacrime di commozione, furono la santa passione del Signore e la Vergine Immacolata, ovvero la Redenzione di Cristo e la Corredenzione di Maria.
Della passione egli parlava non con il freddo e distaccato accento degli storici che tentano di ricostruire i fatti solo da un documento o dalle testimonianze raccolte, ma come uno che viveva nella sua carne i patimenti del Signore. Il segreto della unione con la Passione del Signore è però la devozione alla Madonna. Secondo l’esempio di San Francesco, sapeva che non si poteva salire il santo monte del Calvario senza l’aiuto di Maria, non ci si può rivestire della Passione di Cristo se la Madonna non prepara nell’anima la veste candida di un cuore puro, ben disposto a seguire il Signore. Così infatti esorta in un suo “Quaresimale”, i peccatori perché ritrovino la via di Dio: «Ah, cari peccatori, rivolgetevi tutti a Maria Santissima. Ecco la nostra speranza, ecco la nostra vita, ecco ogni nostra consolazione. A voi, se così è, a voi ricorriamo, o gran Vergine, a voi raccomando tutto questo popolo, in maniera che nessuno si danni in quel giorno, ma tutti si ritrovino alla destra (del Signore), tutti fra i benedetti. Ma succederà veramente così? Sì che succederà, se sarete devoti di Maria, e crederete che il giudizio non è una favola, ma Vangelo, Vangelo, Vangelo».
Contro il tenebroso illuminismo, che nega la luce del regno dei Cieli e la porta stretta del giudizio divino, San Leonardo rinfranca gli animi con la verità del Vangelo: C’è il giudizio, bisogna far penitenza, ma per far penitenza occorre tendere la mano e il cuore all’Immacolata Madre di Dio e d’ogni uomo. La teologia mariana di San Leonardo è dunque molto pratica. Deve portare il fedele a Gesù tramite la devozione a Maria, la più semplice e comune che si possa trovare purché scaldi il cuore e lo disponga all’amore delle realtà divine.
La pratica delle tre Ave Maria, il Santo Rosario, la Salve Regina e le altre antifone mariane sono ampiamente raccomandate da San Leonardo e spesso durante le predicazioni si serve di spezzoni di canti o prose conosciute per imbastire toccanti discorsi mariani: «La grazia più preziosa che desidero dimandiamo alla Vergine, sapete qual è? Eccola, è l’amore di Maria. Inginocchiatevi tutti e con le mani giunte e con cuore divoto ognuno lo domandi per sé. O Mater pulchrae dilectionis, o amorosissima Madre, io vorrei amare voi come voi amate il Figliolo vostro, oppure come il Figliolo vostro ama voi, e almeno vorrei amarvi con quell’amore col quale voi amate me. Ah, figlio indegno, ingrato, misero figlio che hai bisogno di chiedere per amare una sì bella, sì degna, sì nobile, sì buona madre che ti ama tanto ed è l’amore di tutto il Paradiso! Su dunque anime sorelle, peccatori fratelli, su tutti come figli di Maria e diletti Figli di Gesù, tutti di cuore, tutti col cuore, tutti cuore diciamo al Figlio e alla Madre col suo devoto Anselmo: Jesu dolcissime, Mater amabilis, nolo oculos nisi ut te videam. Occhi miei, io non vi aprirò che per mirare Maria e per amor di Maria. Ecco, vi chiudo a tutte le vanità del mondo: Nolo oculos ecc.; mie mani, io non vi adopererò che per servire a Maria; vi ritraggo da tutte le iniquità del mondo: Nolo oculos ecc; mio cuore, hai tu cuore per amare altri che Gesù e Maria? Ah sì, me ne protesto, non voglio cuore, no, non voglio cuore che per amare Gesù e Maria: Jesu dolcissime, Mater amabilis, nolo oculos nisi ut te videam, nolo manus nisi ut tibi serviam, nolo pedes nisi ut ad te curram, nolo, nolo, nolo cor nisi ut amem te».
Ma non dobbiamo pensare che San Leonardo per la predicazione popolare si distogliesse dagli studi più approfonditi della teologia. Egli enunciò e difese, con anticipo di più di cento anni, la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Ecco lo stralcio di una sua riflessione in merito: «Maria, destinata sino dall’eternità ad essere la Madre del Figlio di Dio per cooperare con Lui alla distruzione del peccato, è la fortunata donna che non solo fu concepita senza peccato, non solo arricchita di grazie in gran copia sino dall’immacolato concepimento, ma resa ancora per ispeziale privilegio impeccabile». Per questa sua profonda convinzione scrisse a Papi, Cardinali, Vescovi e teologi sulla necessità del nuovo dogma mariano dell’Immacolata Concezione. Per la difficoltà che alcuni gli mossero, dicendo che ci voleva l’approvazione di un Concilio generale, egli rispose che il Concilio generale era costituito dalla fede di tutto il popolo cristiano che, se interrogato avrebbe risposto, tranne poche eccezioni, di essere convinto ad accettare la verità del dogma. Proprio ciò che fece il beato Pio IX. Non convocò un Concilio per proclamare l’Immacolata Concezione ma si accontentò di ricevere la risposta di autorità, università e comunità cristiane di tutto il mondo prima di proclamarlo.







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