La verginità di Maria nel dibattito teologico contemporaneo
Data: Lunedi 14 Settembre 2009, alle ore 16:02:59
Argomento: Dogmi


Da: S. M. Perrella, Il parto verginale nel dibattito teologico ontemporaneo (1962-1994), Marianum, Roma 1994.


Introduzione

La Chiesa professa che Maria è la Madre vergine di Cristo. Questo assunto ecclesiale predica:
- un fatto storico/salvifico relativo all'Incarnazione del Figlio di Dio;
- un ruolo unico e irrepetibile di Maria;
- uno stato di verginità permanente, cioè fisica, morale, spirituale, psicologica di Maria.
A causa delle sue implicanze trinitarie, cristologiche, ecclesiali ed antropologiche, questo dogma fa parte del nucleo centrale della fede ed è una verità solennemente affermata:
- in atti magisteriali infallibili;
- negli antichi simboli di fede;
- nella dottrina dei Santi Padri;
- nella prassi liturgica che la celebra e la canta.
La fede della Chiesa nella perpetua verginità di Maria comprende:
il concepimento verginale di Cristo ad opera dello Spirito Santo senza concorso d'uomo: sine virili semine;
il parto verginale che ha conservato l'incorruttibilità somatica e l'assenza dei travagli del parto: incorruptibiliter genuisse, per cui il Figlio nascendo ha conservato la verginità della Madre: salva virginitate;
il permanere della verginità in Maria anche dopo il parto: indissolubili permanente et post partum eiusdem virginitate.

La crisi pre e post-conciliare

Il travaglio a cui l'assunto dottrinale "natus ex Virgine" è oggi
sottoposto, porta a considerare la crisi della mariologia nel periodo preconciliare e il primo periodo postconciliare perché essa ha condizionato fortemente la mariologia contemporanea.
Crisi mariologica preconciliare
La mariologia preconciliare percorreva due diversi binari:
- una mariologia fondata sul principio di convenienza (assonanza - consonanza cristologica) che difendeva l'onore, la dignità e la venerazione della Madre di Dio e richiedeva sempre nuovi pronunciamenti dogmatici, compresa anche come "mariologia del privilegio". Modello è il trattato manualistico post tridentino "De Beata";
- una mariologia dalla dimensione biblica, patristica, liturgica, antropologica ed ecumenica che valorizza e approfondisce il "modello" Maria in ordine alla fede e alla ecclesialità del cristiano detta anche "mariologia del servizio".
La tensione tra la corrente manualistica (cristotipica) e quella innovativa (ecclesiotipica) esplose durante il Concilio e prese il nome di "Questione mariale" che è, in sostanza, la difficoltà di trovare un punto di equilibrio tra mariocentrismo e mariofobia, equilibrio che equivale all'integrazione armonica della mariologia nella teologia e nella vita della Chiesa.
Sintesi dogmatica conciliare
Luogo di scontro - incontro sarà il Capitolo VIII della Lumen Gentium del 21 novembre 1964, che segna l'avvio di un modo nuovo di fare mariologia, dove il mistero di Maria viene inserito in quello complessivo di Cristo e della Chiesa sulla piattaforma storico - salvifica quale chiave ermenuetica preferenziale. Le verità dogmatiche concernenti la Vergine, ricevono una forte accentuazione ecclesiale:
- la maternità divina ha impegnato la madre nello svolgersi del mistero della salvezza del Cristo;
- la verginità permanente è un segno prodigioso della nascita del Redentore, autore e artefice della gloria verginale della madre;
- la concezione immacolata è un dono della perfetta redenzione in vista di Cristo e del suo regno;
- l'assunzione al cielo è il glorioso compimento della vita terrena di Maria, quale segno di conforto e di speranza per la chiesa in cammino.
La crisi mariologica postconciliare
Dalla fine del Concilio fino al 1974 il travaglio della mariologia raggiungerà il suo apice. La "questione mariale" diventerà una vera crisi mariologico - mariana che non sarà solo una crisi di metodi e di contenuti ma anche di interesse. Quegli anni verranno definiti da W. Beniert "il decennio senza Maria". Questo vuoto fatto di diffidenza e di silenzio, presenta tre sintomi:
- l'assenza di ogni riferimento a Maria nelle opere teologiche a carattere storico e teorico;
- l'accettazione da parte di molti teologi cattolici dell'assunto protestante che la concezione verginale è solo un teologumeno;
- la convinzione che il discorso mariano sia secondario, banale e insignificante e che nulla apporta alla teologia.
Secondo un documento mariano dei Servi di Maria del 1983, la crisi ebbe anzitutto connotazioni intellettuali, fu una sorta di crisi di rigetto anche perché non sempre furono compresi e correttamente applicati i dati della ricerca biblica e patristica o dell'antropologia e dell'ecclesiologia. Lo stesso Paolo VI pellegrino in Sardegna nel 1970 considerava cause di questa crisi la mentalità profana, l'esasperazione dello spirito critico, il superamento della pietà mariana tradizionale.
Dati positivi della crisi sono stati sia l'apporto che la mariologia, pesantemente chiamata in causa, ha dato all'illustrazione e approfondimento dei dogmi, alla dottrina sul peccato originale, la grazia, la libertà, il destino ultimo dell'uomo e sia gli arricchimenti che l'esegesi biblica e le scienze umane hanno apportato alla mariologia stessa.

La virginitas nel Magistero contemporaneo

Cap. VIII della Lumen Gentium: Cristo autore della verginità della Madre
Nel 1952 e nel 1960 Mittere pubblicò due opere in cui asseriva che Maria ha partorito Gesù allo stesso modo di tutte le donne; negarlo sarebbe stato contraddire ad una vera maternità. Il 27 luglio 1960 la Congregazione del S. Ufficio interveniva difendendo la Tradizione e il dato di fede secolare della Chiesa.
Schema mariano primitivo
Nei loro "Prenotanda" sul primo schema mariano del 1962 dal titolo "De Beata Virgine mater Dei et hominum" i vescovi condannano queste congetture e chiedono che venga corretta l'opinione errata che identifica la verginità nel parto con il concepimento verginale. Il testo riporta nella prima parte la sequela dei privilegi di Maria, mentre nella seconda parte condanna gli errori sulla verginità e ripropone la dottrina tradizionale: Maria è la Semprevergine madre di Cristo.
Sintesi dottrinale della Lumen Gentium
Tralasciando di pronunciarsi sulla questione del fatto biologico, il Concilio inquadra la verginità di Maria come un fatto che esprime profondamente il realizzarsi del mistero della salvezza. Il Concilio rinvia al III Canone del Concilio Lateranense del 649 che definisce la maternità di Maria pienamente verginale prima, durante e dopo il parto e lega questa verginale maternità alla verità della natura umana di Cristo. Il n. 57 cita come testimonianze dell'assunto verginale:
La lettera a Flaviano di Leone Magno: La verginità di Maria fu salva sia nel concepimento che nella nascita;
Il Concilio di Calcedonia del 451: Maria è detta Vergine a causa di Colui che consacrò la verginità di lei a parto avvenuto e sigillò il suo grembo con l'integrità corporale;
S. Ambrogio: è sacrilego chi non ritiene la verginità perpetua di Maria quale verità di fede.
Il Concilio inoltre dichiara di non voler proporre una esauriente dottrina su Maria, di voler riaffermare la dottrina ecclesiale ed esorta tutti ad astenersi da false esagerazioni o dal grettezza di mente nel trattare questo argomento.

La perpetua verginità di Maria nella Signum Magnum di Paolo VI del 1967
Il documento approfondisce la maternità spirituale di Maria e gli altri aspetti del mistero mariano, compreso il culto che la Chiesa le presta e la sua perpetua verginità inquadrata nel servizio amoroso che la Vergine ha prestato al Figlio. Questa maternità verginale è da sempre una verità creduta e professata dalla Chiesa cattolica. Tra le testimonianze il papa cita:
Leone Magno (+461)
Sono citate sia la Lettera a Flaviano che la Lettera a Giulio vescovo. La Lettera a Flaviano è contro l'eresia di Eutiche e parla sia del concepimento che del parto in cui la verginità di Maria rimase prodigiosamente intatta. Il papa rimprovera ad Eutiche di ignorare le affermazioni della Scrittura e del simbolo di fede che recita: "..nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine". Il documento è un atto formale del Pontefice di Roma, inviato al IV Concilio di Calcedonia del 451 e da questo approvato e ritenuto un "simbolo di fede".
Ormida, papa (+523)
La sua lettera all'imperatore Giustiniano per favorire la pace e l'unità di Oriente ed Occidente, afferma anche che il Figlio di Dio nacque senza aprire il seno della madre e senza distruggere la sua verginità. Dio, nascendo, ha operato un concepimento senza seme e un parto senza corruzione.
Pelagio I, papa (+561)
Nella sua Epistola Humani generis ripropone quello che è stato già affermato sulla verginità di Maria. La "Professio fidei" del 556 di questo papa è ancora una nuova conferma della verginità corporale e permanente di Maria.
Canone III del Concilio Lateranense (649)
"Se qualcuno nega che la santa Genitrice di Dio e stata sempre vergine, secondo la dottrina dei santi Padri, e che il nato da Lei è stato concepito senza seme umano dallo Spirito Santo e che Maria rimase inviolata prima, durante e dopo il parto, sia condannato.
Concilio Toledano XVI (693)
Questo Concilio, convocato in seguito alla congiura ordita dal vescovo Sigisberto contro re Egida, redasse un "simbolo di fede" in cui chiaramente viene presentata la dottrina della maternità verginale di Maria: la Madre di Dio concepì vergine, partorì vergine e dopo il parto ottenne il pudore dell'incorruzione. Per questo crediamo che il Figlio di Dio è nato veramente da Maria Vergine.
I Santi Padri
Portano una testimonianza di ordine teologico: la verginità nel parto e dopo il parto conveniva a Colei che era stata innalzata alla dignità incomparabile della divina maternità.
Il papa adotta anche un "principio di convenienza" che non fonda il discorso della fede, come si faceva prima del Concilio, ma dimostra la liceità di un assunto teologico: era conveniente che Dio purezza assoluta, infinita, non fosse circondato che da un perenne alone di liliale purezza.

La Semprevergine Maria nella Professio Fidei di Paolo VI del 1968
Il 30 giugno 1968 Paolo VI pronunciò a nome di tutti i vescovi e i fedeli della Chiesa Cattolica la sua solenne "Professio Fidei" in qualità di pastore universale della Chiesa. Negli articoli 14 e 15 ripropone i temi della dottrina mariana e, sulla verginità di Maria afferma: "crediamo che la beata Maria, che semprevergine rimase, fu madre del Verbo Incarnato, il Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo". La formula che sembra stringata, non è in realtà nuova ma appartiene fin dal Sinodo di Milano del 393 alla tradizionale glossario mariologico della Chiesa.
La "Professio Fidei" ha una grande importanza per questi motivi:
- Il papa rispose con la formula della "Professio Fidei" alle contestazioni e agli atteggiamenti anarchici e contestatari nei confronti del deposito della fede all'indomani del Concilio Ecumenico;
- Il papa diede alla "Professio Fidei" tutto il peso della sua autorità. Pur appartenendo al Magistero ordinario della Chiesa, fu espressa in maniera particolarmente solenne e impegnativa perché richiama tutte le verità che devono essere accettate come imprescindibili per chi vuole appartenere alla comunità cattolica.

La verginità di Maria nel discorso di Giovanni Paolo II a Capua del 1992
Il 24 maggio 1992, al termine delle giornate commemorative del Sinodo plenario di Capua del 392, il papa pronunciò questo discorso sulla verginità perpetua di Maria che si compone di 12 corpose proposizioni che approfondiscono sotto il profilo metodologico, ermenuetico, teologico e pastorale il dogma della verginità.
Metodologia ed ermeneutica del dogma
Il punto di partenza della verginità feconda di Maria è il mistero e l'evento del Verbo Incarnato. Tutti gli aspetti personalogico, biblico, antropologico, culturale, dogmatico di Maria, vanno fondati e compresi nel e con il mistero di Cristo - Dio. Anche la verginità di Maria è, prima di tutto, un tema cristologico. La domanda su di essa e la risposta hanno permesso e permettono di rispondere alla domanda riguardante l'identità umano - divina e la funzione messianico - soteriologica di Gesù. La verginità di Maria è un'esigenza scaturita dalla trascendente identità e dignità del Figlio di Dio. Essa è perciò un "dono" in funzione di Cristo che esprime l'iniziativa e la munificenza di Dio, un dono che Maria accetta e che le permetterà di dedicarsi esclusivamente a Cristo. Il papa esorta i teologi ad accostarsi a questo mistero con senso di venerazione essendo esso frutto dell'agire santo di Dio. In tutta la Tradizione il parto verginale è un evento storico - salvifico che suscita stupore, ammirazione e lode. L'atteggiamento pieno di fede del teologo non significa però la rinuncia ad approfondire i dati della rivelazione e di scoprire l'armonia che regna tra i vari dati. Scrutare ogni cosa, anche le profondità di Dio, fa parte della tradizione teologica cattolica.
Natale - Pasqua: un nesso intrinseco
Nel numero 5 il papa invita a considerare il nesso profondo, già intuito dai Padri, tra la generazione di Cristo "ex intacta virgine" e la sua resurrezione "ex intacto sepulcro". I Padri pur ammettendo accenti diversi sulla concezione verginale o sulla nascita verginale e sulla perpetua verginità di Maria, tutti concordi testimoniano però che esiste un nesso intrinseco tra i due eventi che corrispondono ad un preciso piano di Dio. L'approfondimento patristico e quello esegetico - scientifico ha anche evidenziato un ulteriore rapporto tra le "fasce del presepio" e le "bende del sepolcro", come dimostrano le autorevoli testimonianze di S. Efrem, Gregorio Nazianzeno , Massimo di Torino ed altri. Anche la Liturgia romana e quella mozambicana celebrano il Natale guardando sempre alla Pasqua e viceversa, riconoscendo in Maria la testimone eccezionale dell'identità tra i bambino nato dalla sua carne e il Crocifisso rinato dal sepolcro sigillato.
Fatto e significato dell'evento
Dal n. 6 al 9 il papa illustra il fatto e il significato della perpetua verginità di Maria, sollecitando i teologi a mantenere un indispensabile senso di equilibrio tra l'affermazione del fatto e l'illustrazione del suo significato che, non di rado, vengono stravolti o minimizzati nel loro spessore reale e simbolico. La Chiesa ribadisce con chiarezza:
- il concepimento verginale di Cristo da Maria;
- il parto vero e verginale di Maria quale veneto storico - salvifico per cui conservò l'integrità della sua carne;
- il permanere perpetuo e totale della sua verginità.
Il teologo ha il compito di:
- approfondire con rigore critico i dati e i contenuti del dato di fede;
- esporre in modo organico il messaggio e decifrare cosa Dio ha voluto dire attraverso la verginità di Maria;
- leggere la Tradizione e la Scrittura nelle sue espressioni dirette, implicite e simboliche, anche alla luce dell'interessante testimonianza ebraica che canta il desiderio e la speranza di Israele di divenire la sposa santa, pura e fedele di Jahwè, la comunità escatologica dove " non si ode più il lamento del dolore del parto, né i canti funebri della morte".
Presentazione integra e corretta
Nei numeri 10 e 11 il papa raccomanda ai teologi di presentare in maniera integra e corretta la dottrina sulla verginale maternità di Maria. Questo comporta:
- non svilire nei suoi contenuti e significati l'evento storico - salvifico della nascita verginale del Verbo che ha richiesto la verginità del cuore e quella della carne di Maria;
- evitare posizioni unilaterali, esagerazioni e distorsioni che inficiano i fatti, il contenuto e il simbolismo della perpetua verginità di Maria;
- riconoscere che la dottrina espressa dalla Chiesa non è un dato marginale della fede, ma riguarda il mistero di Cristo e della Chiesa nella sua totalità.
Considerazioni finali sul discorso di Capua
I teologi hanno il compito di aiutare la cultura contemporanea a comprendere il valore evangelico insito nella verginità cristiana.. Approfittando del XVI centenario di Capua, il papa ha riproposto al popolo cristiano la dottrina cattolica sulla perpetua verginità di Maria con un discorso magisteriale importante dato che offre ai teologi spunti metodologici di ordine ermeneutico e teologico per l'approfondimento con la ragione illuminata dalla fede il significato della verginità di Maria.

IL PARTO VERGINALE DEL FIGLIO DI DIO NEL CATECHISMO DELLA C. CATTOLICA
Il Catechismo afferma che ciò che la fede cattolica crede riguardo a Maria, si fonda su ciò che essa crede riguardo a Cristo; quanto insegna su Maria, illumina a sua volta la sua fede in Cristo. Tutto l'insegnamento su Maria è basato sull'insegnamento costante della Chiesa, a partire dalla Bibbia, fino all'enciclica Redentoris Mater di Giovanni Paolo II del 1987. Il tema della verginità è proposto al Cap. II, pag. 2, con sobrietà: "concepito per opera dello Spirito Santo, nato dalla Vergine Maria", formula che, secondo il Catechismo, appartiene fin dalle prime formulazioni della fede alla confessione della Chiesa che ha anche affermato l'aspetto corporeo di tale avvenimento. L'approfondimento della fede nella maternità verginale ha condotto la Chiesa a professare la verginità reale e perpetua di Maria, anche nel parto del Figlio di Dio fatto uomo. La stessa liturgia della Chiesa celebra Maria come la Semprevergine. La maternità verginale, non è vista come un evento isolato, ma in connessione con le ragioni volute e attuate da Dio in Cristo per cui anche la verginità rientra nel progetto salvifico di Dio perché manifesta l'iniziativa assoluta di Dio, inaugura la nuova nascita dei figli di adozione nello Spirito, è segno della fede perfetta di Maria che pienamente si dona a Dio, è figura della perfetta realizzazione della Chiesa anch'essa vergine e Madre nel suo donare Cristo e mantenere integro e fecondo il deposito ricevuto dal Signore.

Conclusione
Il Magistero, partendo dalla Scrittura, ha progressivamente approfondito e confessato il mistero della maternità verginale di Maria, affermato fin dai primordi del Cristianesimo. La storia della Chiesa dimostra l'incessante difesa e riproposizione del "natus ex virgine". Ritenere Maria vergine e madre, è un'esigenza derivante dalla natura trascendente di Cristo e rimanda ad un dono e ad un disegno divino che deve essere accolto e accettato con senso di venerazione, stupore, ammirazione e lode.

La virginitas nelle Lettere Pastorali dei Vescovi

MONS. D. BAEZA, ARCIVESCOVO DI VALLADOLID
LETTERA PASTORALE "LA VIRGINIDAD DE MARIA" - 1978
Il vescovo esprime preoccupazione per le opinioni e i metodi eterodossi e liberali in campo esegetico e teologico con i quali si rifiuta l'intervento soprannaturale su ciò che può essere spiegato naturalmente. Secondo questo metodo alcuni teologi affermano che i Vangeli dell'Infanzia, il concepimento verginale di Cristo, la sua nascita da Maria Vergine, sono soltanto un modo per sottolineare che Gesù procede da Dio, ma non indicano un reale fatto storico - salvifico: si tratta di narrazioni che hanno un intento pedagogico e teologico che non bada alla realtà storica. In realtà è tutto il contrario: gli evangelisti avevano l'intento di trasmettere la realtà della nascita verginale del Messia, perché se ciò non fosse, tale nascita non sarebbe entrata a far parte del primitivo contenuto della fede. Prima ancora che si potessero leggere i Vangeli nelle assemblee liturgiche, già si conoscevano i fatti e le parole di Gesù e la straordinaria maternità di Maria. Gli eventi che vengono raccontati nei documenti evangelici, vengono presentati a delle comunità che già li conoscevano alla luce della fede. Il dato neo testamentario, già conosciuto nei suoi elementi essenziali, rifulge di luce pasquale nella testimonianza dei primi testimoni del mistero di Cristo. La verginità di Maria:
- è un mistero di fede strettamente legato a quello dell'Incarnazione;
- riafferma la condizione eccezionale dell'origine di Gesù Figlio del Padre, concepito per opera dello Spirito Santo;
- ha una dimensione cristologico/trinitaria.

MONS. ELIAS JANEZ ALVAREZ, ARCIVESCOVO DI SARAGOZZA
LETTERA PASTORALE "MARIA DI NAZARET, VERGINE E MADRE" - 1979
Ai numeri 38-46 il vescovo parla della verginità di Maria. Citando le fonti evangeliche e le testimonianze dei Padri, afferma che la fede della Chiesa nel fatto della verginità di Maria, si basa sulla rivelazione di Dio stesso, trasmessa agli Apostoli. La testimonianza di questa rivelazione si trova in diversi passi del NT e nella Tradizione della Chiesa. La verginità di Maria ha anche contenuti spirituali, teologici e pastorali, perché essa prima di essere corporale fu spirituale ed è solo un aspetto del sì incondizionato di Maria a Dio.

MONS. G. MOTOLESE, ARCIVESCOVO DI TARANTO
LETTERA PASTORALE "RESPICE STELLAM" DEL 1986
Il documento interamente dedicato alla Vergine vuole essere sia un omaggio alla Vergine ma anche un contributo alla diffusione della retta devozione a Maria. La lettera mette anche in evidenza il dato di fede riguardante la maternità verginale di Maria che mentre da parte di Maria fu un generare nella fede e nella carne il Figlio di Dio, da parte del Figlio fu un dono che procurò alla madre la totale integrità anche somatica, in modo irrepetibile e singolare. La maternità verginale ha arricchito la persona di Maria perché ha instaurato un suo rapporto vitale e operativo col Dio trinitario.

CONFERENZA EPISCOPALE STATUNITENSE
LETTERA PASTORALE "ECCO TUA MADRE. UNA DONNA DI FEDE" DEL 1973
L'intento della lettera è dimostrare che il Concilio non ha in alcun modo menomato la fede in Maria o la devozione per Lei e spingere, quindi, ad una riflessione a tutti i livelli su Maria. Trattando la nascita verginale, la lettera afferma che la fede della Chiesa in essa poggia stabilmente sulla Scrittura, ma anche sulla fede costante e solida della Chiesa che 'ha espressa in molti modi come i "simboli di fede", la riflessione patristica, l'insegnamento costante del Magistero. L'evento della maternità verginale, prefigurato dalle nascite prodigiose dell'AT e del NT, oltre ad essere una realtà su cui Dio è intervenuto in maniera unica, è anche un segno della potenza creatrice dello Spirito e dell'azione salvifica del Padre che, attraverso questo evento, instaura nel nato dalla Vergine la nostra adozione a figli.

CONFERENZA EPISCOPALE SVIZZERA
DOCUMENTO MARIOLOGICO DELL'ABATE DI EINSIEDELN DEL 1987
Viene pubblicato un compendio di mariologia allo scopo di contribuire a far conoscere in maniera semplice ma completa il mistero di Maria. Nel Cap. I dedicato a come le prime comunità parlano di Maria, si afferma che nel vangelo di Matteo la nascita verginale viene proposta con sobrietà e intelligenza teologica, lontano dalle teogonie pagane, essendo il racconto della nascita esente da ogni traccia di carattere sessuale; Luca propone la narrazione di fatti di cui ha avuto diretta testimonianza. La problematica teologica della nascita verginale è proposta nel Cap. III. La considerazione parte dal dato che nella Chiesa nascente, si sono dapprima annunciati Croce e Resurrezione del Signore e il suo ministero pubblico. Solo dopo la comprensione di Gesù come Signore, il fatto dell'incarnazione verginale, prima noto ad una stretta cerchia di persone, venne reso pubblico nella Chiesa. E' dunque alla luce del mistero pasquale possibile comprendere in senso positivo la verginità di Maria che non è disprezzo della sessualità o del corpo, ma segno della chiamata creatrice di una creatura fin dal seno di sua madre, da parte di Dio.

L'incarnazione verginale nel dibattito teologico contemporaneo

Vengono qui riassunte le posizioni di eminenti studiosi sull'incarnazione verginale.
J. B. Auer
Ne parla nel Dizionario Teologico ed inizia dicendo che, a differenza che in passato, la dottrina sulla verginità nel parto e dopo il parto, non è oggi un'opinione comune fra i teologi. Gli studiosi odierni sono propensi a ritenerla un teologogumeno o un cristologumeno. Questa tesi di Auer è anche difesa da Halbfas che scrive come la verginità non è testimoniata affatto dalla fede come un fatto teologico, dato che nessun testo può essere citato a conforto di questo. Matteo e Luca non hanno assolutamente voluto descrivere né il parto verginale né le modalità di esso, ma solo affermare la trascendenza del nato da Maria.

Raymond E. Brown
Nel suo studio "The Birth of the Messias" del 1977, afferma che per gli evangelisti l'evento nascita di Cristo aveva un significato di "simbolo" ma anche era un evento "storico" non però nel senso che noi oggi diamo a questa parola. Per essi, infatti, il primo e fondamentale interesse per l'evento era di natura teologica. L'autore sottolinea l'importanza del concepimento verginale più che la nascita verginale, in quanto l'interesse esegetico non può riguardare le "modalità" della nascita, ossia il modo come Cristo è uscito dall'utero, bensì il come vi è entrato. La verginità nel parto non è per Brown un dato strettamente biblico, ma una formulazione dottrinale del IV secolo che sposta il punto focale del concepimento verginale dalla cristologia alla mariologia.

J. Fitzmyer
Nella tradizione neotestamentaria c'è assoluto silenzio sul "modo" della nascita di Cristo e l'espressione "nascita verginale" entra nel glossario mariano a causa dei simboli di fede della Chiesa antica.

J. Mckemzie
In uno studio su Maria del 1983 l'autore esordisce ricordando il silenzio esegetico su Maria a partire dal Vaticano II. Il suo studio che riguarda il posto di Maria nell'esegesi contemporanea, afferma come anche studiosi di fama appartenenti alle diverse confessioni che scrivono su Maria, ignorano i contenuti della tradizione dogmatico - ecclesiale. Circa il parto verginale, i vangeli non parlano di un parto senza perdita di verginità. Le fonti di questa verità non sono, quindi, bibliche, ma teologiche.

R. A. Horsley
Nel volume intitolato "La liberazione della Natività: i racconti dell'infanzia nel contesto sociale" afferma come anche questi devono essere visti come narrazioni di tipo storico e presenta i personaggi in una prospettiva concreta.

Ignace de la Potterie
E' uno dei più convinti assertori del concepimento e della nascita verginale di Cristo. Per prima cosa l'esegeta fiammingo contesta l'asserto di coloro che affermano essere l'assunto del parto verginale solo frutto dello sviluppo dogmatico della Chiesa. Secondo la sua esegesi minuziosa, non solo Luca ma anche Giovanni ritiene verginale il parto di Maria, mostrando quale sia il significato concreto dato dai due evangelisti all'evento nel contesto dell'incarnazione redentrice.
LC 1,13
De la Potterie propone una nuova traduzione e interpretazione che è il recupero di un'esegesi patristica e dottrinale caduta in oblìo legata al termine "santo" riferito a Cristo, Figlio di Dio. Questa già antica interpretazione legge Luca così: "..ideoque et quod nascetur sanctum, vocabitur Filius Dei" e cioè: "ciò che nacserà (in modo) santo sarà chiamato Figlio di Dio". Quindi l'evangelista precisa così il modo di come avverrà questa nascita e questo è conseguenziale a quello che prima lo stesso evangelista aveva affermato e cioè la concezione verginale per opera dello Spirito Santo: alla santità della concezione, corrisponderà la santità della nascita; concezione verginale e parto verginale sono solo un unico effetto della venuta dello Spirito su Maria.
GV 1,13
Qui l'autore, collegando Giovanni a Luca traduce in questo modo il passo giovanneo del prologo: "non da sangui, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio (egli) è stato generato". Il plurale di "sangui" è da collegarsi alla legislazione mosaica sulla purificazione della donna al momento del parto o della mestruazione. La tradizione biblico - giudaica usava spesso il plurale "sangui" per affermare la perdita del siero biologico da parte della donna in queste circostanze. La negazione di Giovanni "non da sangui", starebbe perciò ad indicare non solo il concepimento, ma anche il parto verginale. Secondo l'autore il "non da sangui", dunque, indica, nel contesto della legge sulla purificazione, che Gesù nascendo, non ha causato effusioni di sangue in sua madre e quindi lei, non avendo avuto nessuna perdita di sangue, non si sarebbe dovuta sottoporre alla purificazione. Ci sarebbe qui un indizio scritturistico della verginità in partu di Maria. Con questo gli evangelisti hanno anche voluto insegnare che il nato da Maria è, attraverso l'incorrotta maternità della madre, il restauratore della incorruzione originale ed è di origine divina.

J. Galot
Contrastando il pensiero di de la Potterie, sostiene che proprio la preposizione "ex" non indica le modalità della nascita ma l'origine divina del nascituro; il verbo "essere generato" non si riferisce alla nascita ma ala concepimento e il plurale "sanguinibus" non si riferisce solo alla madre ma ai genitori che unendo i loro sangui, causano il concepimento del nascituro.

Aristide Serra
- Egli, pur sostenendo la tesi di de la Potterie, pensa alla necessità di approfondire ulteriormente l'indagine sul termine "santo", che potrebbe avere attinenza con Lc 2,22 (ogni maschio primogenito sarà santo per il Signore) o altri passi dove "santo" è riferito a Gesù in quanto Messia come At 3,14; Lc 4,34; Mc 1,24; G 6,69. Serra suggerisce di seguire la pista inter testamentaria della tradizione giudaica che pensava come l'avvento del Messia, oltre a comportare la fine del tempo della corruzione e l'inizio del tempo dell'incorruttibilità, sarebbe stato contrassegnato dal parto indolore delle sante puerpere, parto non inteso come un capriccio della natura, bensì come debellazione del regno della corruzione (Apocalisse di Baruc) e l'esenzione delle donne dal castigo di Eva.
- Inoltre l'autore ritiene valido il collegamento tra il Natale di Cristo e la sua Pasqua, perché proprio la Pasqua è l'evento apice al quale sono collegate le "grandi cose" operate da Cristo, i "segni" con cui ha manifestato di essere il Figlio di Dio. Partendo dal "grembo chiuso" di sua Madre, via, via egli compie le "grandi cose" del Padre per finire come vincitore della morte stessa uscendo dal "sepolcro chiuso".
- Infine anche il fatto che Maria "avvolge in fasce" il suo nato è un segno della maternità verginale nel senso che indica come Ella lo diede alla luce esente dal trauma fisico in cui va soggetta la donna nel parto: venendo al mondo il Cristo sconfigge la corruzione della carne causata dal peccato, causa di ogni dolore e frattura corporale e spirituale.

Salvator Muñoz Iglesias
Ha pubblicato una poderosa opera sui vangeli dell'infanzia di Cristo. I racconti dell'infanzia sono terreno privilegiato e fertile di incontro fra l'AT, il giudaismo intertestamentario che lo interpretava e il NT. Questi capitoli costituiscono una fonte importante sulla figura di Maria di Nazareth, congiunta vitalmente a Gesù Cristo, centro primario del kerigma originario della fede.
- Il brano biblico di Luca presenta un evento storico salvifico e teologico insieme rivelato a Maria dall'annuncio angelico e la dei stessa reso noto ai membri della primitiva comunità. Il dato storico essenziale della narrazione lucana consiste essenzialmente nella attestazione della maternità trascendente e verginale di Maria ad opera dello Spirito Santo.
- Parlando della nascita e dell'infanzia di Gesù in Matteo sottolinea che la frase "non la conobbe fino a che partorì un figlio…" è un'espressione che, in un contesto matrimoniale di concezione verginale, corrisponde al concetto semita di avere relazioni sessuali. L'intenzione dell'evangelista è quella di mostrare che Maria ha concepito e ha dato alla luce suo Figlio da vergine.

A.Ory
Ory prende in considerazione i dubbi di Giuseppe, l'elenco genealogico del Messia e la profezia della almah di Is 7,14.
Punto di partenza dell'evangelista, dice Ory, non è l'oracolo del profeta, ma Maria veramente vergine - madre. Una maternità verginale appariva inconcepibile all'epoca di Matteo non meno che nella nostra. Per renderla meno inverosimile, Matteo vi aggiunge una giustificazione biblica, trovando in Isaia un testo adatto, dopo l'apporto di qualche modifica. La citazione è debole e perciò non la presenta come una predizione in senso stretto, ma parla del compimento di una "parola"….. Il suo adattamento del testo sembra suggerito da una realtà soggiacente: avendo Maria davanti agli occhi, traduce 'almah non come "ragazza" ma come "vergine" come del resto consentiva la filologia; avendo Maria davanti, capisce che l'oracolo si compie per la seconda volta in lei; avendo Maria davanti può sostituire la ragazza che viveva nell'ambiente del re Acaz con la madre di Gesù. Matteo, insomma, non ha scoperto lui la verginità come abbellimento, come un'aggiunta alla realtà di Maria, ma come un elemento costitutivo della sua esistenza.

Conclusione
Le posizioni qui elencate appaiono molto diverse. Abbiamo studiosi che:
- credono fermamente che l'assunto di fede inerente il parto verginale sia un'acquisizione puramente extra biblica proveniente dal processo ascetico - dogmatico sicuramente posteriore alla redazione neotestamentaria;
- negano sistematicamente la benché minima possibilità di una attestazione biblica della nascita verginale, considerando le narrazioni di Matteo e Luca semplici artifici letterari come delle "fiabe evangeliche";
- vedono attestato il concepimento e il parto verginale in più parti come eventi storico - salvifici esprimenti la messianicità e la trascendenza del nato da Maria;
- invitano ad approfondire ulteriormente la questione anche in ambiti diversi, senza tuttavia negare il tradizionale consenso espresso a favore della maternità verginale.
Come si vede la dottrina della verginità in partu è una questione abbondantemente aperta.

La virginitas in alcuni autori contemporanei

Nei giorni dell'inaudito annuncio a Maria, lo stato di verginità non era affatto un concetto fondamentale nella cultura del gruppo sociale a cui apparteneva la ragazza di Nazaret: era motivo di angoscia, emarginazione, compatimento. Eppure non erano mancati chiari segni di una svolta antropologico - sociale e religiosa a ridosso dell'evento Cristo di persone e gruppi che avevano scelto profeticamente lo stato verginale. E' indubitabile che il Figlio di Dio scelse per sé lo stato di vita verginale a cui si associò volontariamente sua madre. Entrambi sono ritenuti "tipo" e "modello" di vita verginale. Eppure, in molti ambiti, si nota l'antica diffidenza o sottovalutazione di questo grande segno e valore cristiano e umano. Per queste ragioni anche il dogma della "Semprevergine" è sottoposto sia ad un processo di critica destabilizzante, sia a intelligente e positivi approfondimenti.
Vediamo in breve il pensiero di teologi contemporanei su uno degli aspetti più discussi della maternità verginale: la virginitas in partu.

Leonardo Boff
Nel 1979 pubblica il suo libro "Il volto materno di Dio", un saggio teologico con cui tentava un approccio mariano - culturale a partire dal femminile. L'opera ha suscitato molto scalpore anche per l'originale ipotesi dell'unione ipostatica dello Spirito con la Vergine. Della verginità perpetua di Maria, che segna l'inizio dell'umanità divinizzata, l'autore tratta nel cap. VIII partendo dalla constatazione che questa verità viene messa in difficoltà o negata a causa dell'esasperato valore che la nostra cultura attribuisce alla sessualità.
La verginità fisica di Maria trova il suo significato originario nella concezione negativa veterotestamentaria che la considera, con disprezzo, alla stregua della sterilità. Con l'avvento di Cristo, la verginità biologica disprezzata, appartiene alla struttura della kenosis (umiliazione) alla quale ha partecipato anche suo Figlio. Essa è piccolezza, è mancanza davanti agli uomini, non suppone alcun valore proclamato dalla società. Lo stato di verginità di Maria è anche frutto di un profondo atteggiamento interiore che la allinea ai poveri di Jahwé, amanti e amati dal Signore.
La verginità nel parto è una verità che va recuperata così come l'ha intesa la tradizione, sebbene non conosciamo i processi concreti che l'hanno determinata e nonostante lo scetticismo odierno che la circonda. Questo perché la nascita corrisponde alla natura di chi sta nascendo, Gesù, che è nello stesso tempo Uomo e Dio. Ciò basta per la fede. Tuttavia l'autore sottovaluta il dato biologico della verginità affermando che il concepimento, la gestazione ed il parto, furono sperimentati nella sua pregnanza profondamente umana ed allo stesso tempo trapassati dalla grazia della sua maternità divina ed assunti pienamente in Dio. Dunque Maria emerge veramente libera non dal dolore, ma dalla forma di dolore, di rottura alla quale noi siamo ancora sottomessi, incapaci di integrarli personalisticamente in Dio.

Bruno Forte
Nel 1989 pubblica Maria icona del mistero dove congiunge in un'unica presentazione la divina maternità e la perpetua verginità di Maria, in quanto la Chiesa le ha indissolubilmente unite alla fede in Cristo e alla relativa formulazione storico - dogmatica. Il dogma mariano antico, infatti, è una verità innestata nel regime della cristologia, da qui la sintetica espressione "maternità verginale". La "nascita verginale" è in diretto rapporto con la concezione verginale e la divina maternità: al modo miracoloso del concepimento, corrisponde il modo miracoloso del parto; ciò che fu una Pasqua anticipata nel grembo della Vergine, lo fu non di meno nel parto della madre. Stretto è il rapporto tra la nascita verginale e la Pasqua di Cristo: nella nascita verginale il Signore si rese visibile al mondo in forma umana per la prima volta, così come, al di là dei dolori della passione e della morte di croce, il Signore si manifestò agli uomini nella gloria della resurrezione: è così che, nascendo, il Figlio "non ha diminuito la verginale integrità della Madre, ma l'ha consacrata. Il parto della Vergine non è che l'evento escatologico della nascita del Figlio di Dio in carne umana. La verginità consacrata dal Figlio rende Maria particolarmente vicina all'Eterno, prossimità che le viene non solo dalla maternità trascendente, ma anche dall'essere creatura profondamente femminile nella capacità di accoglienza radicale, di silenzio fecondo, di recettività pura ed attiva dell'altro.

Brunero Gherardini
Pubblica nel 1989 un trattato teologico su Maria che ruota intorno al primo principio mariologico individuato nella maternità divina, categoria teologica a cui vanno intimamente commessi sia i vari titoli che definiscono la singolarità e la preminenza della Madre del Signore, sia gli asserti dogmatici della perpetua verginità che quelli che fanno parte del patrimonio di fede della Chiesa cattolica. Nel secondo capitolo l'autore si sofferma a trattare la "Madre Sempre vergine ". Per prima cosa sostiene la storicità dei vangeli dell'infanzia. La storicità delle due narrazioni di Matteo e Luca è un dato incontrovertibile in forza non solo della storicità dei vangeli, ma anche dell'analisi storico/letterale cui le due narrazione vengono sottoposte. Matteo e Luca affermano sicuramente la consistenza storico - reale della incarnazione verginale di Cristo, in quanto entrambe le narrazioni evangeliche mettono in risalto la loro dipendenza letteraria e teologica da Isaia 7,14.

Ivone Gebara - Maria Clara L. Bingemer
Nella loro pubblicazione "Maria madre di Dio e madre dei poveri" del 1987, il dogma viene affrontato con la consapevolezza che il dogma mariano confessato dal cattolicesimo, è una questione ecumenicamente delicata, moralmente spinosa, una vera sfida dal punto di vista teologico.
Il dogma della verginità di Maria presenta un volto differente nella Scrittura e un proprio itinerario nella Tradizione.
Nella Scrittura vi sono testi diretti e testi indiretti sulla verginità di Maria.
- In Galati 4,4 il mistero della verginità di Maria può essere dedotto e inteso nell'ambito del mistero di kenosis del "Verbo nato da Donna";
- Marco 6,3 presenta Gesù come "figlio di Maria", quando sarebbe stato logico e conseguente con la mentalità ebraica del tempo, menzionare il padre;
- Giovanni 1,13, letto al singolare, attesta la nascita del Verbo, generato da Dio, mediante il seno verginale della madre.
Sono Matteo e Luca a toccare direttamente la realtà della verginità di Maria. I due evangelisti mediante l'accorto uso dei verbi generare (riferito all'elemento maschile) e partorire (tipico dell'elemento femminile), ne affermano la realtà come fatto riguardante l'incarnazione del Verbo preesistente e come segno della trascendenza del Nato. La generazione del Verbo nel tempo, non è riferita al Padre ( principio maschile) ma allo Spirito Santo, allo scopo di escludere in maniera categorica e definitiva l'utilizzazione del modello teogamico di provenienza pagana. Lo Spirito che ridiede vita alle ossa inaridite di Israele, che seppe trasformare il deserto in giardino e in giardino in terra deserta, è lo stesso autore che fa germogliare dal ventre intatto di Maria Cristo, seme della nuova Sinagoga suscitata dallo Spirito nel popolo fedele, di cui Maria è immagine e simbolo.

Domiciano Fernàndez
Pubblica nel 1990 uno studio sulla verginità nel parto di Maria. L'autore non intende discutere della concezione verginale affermata dalla Scrittura e definita come dogma dalla Chiesa. Egli parte nella sua considerazione dal fatto che dal IV secolo in poi "natus ex Maria Virgine", in origine riferito solo alla concezione verginale, venne anche riferito al parto verginale, un parto che lascia integra la persona fisica di Maria e si caratterizza con l'assenza delle doglie ed è conseguenza della virginitas ante partum. I Padri e gli autori medievali così più che affermare la realtà della nascita di Cristo, hanno insistito sulle condizioni miracolose che la accompagnarono e sul fatto che Maria, malgrado avesse partorito, conservò intatta la sua verginità. Prodigio che manifesta nella carne di Maria l'onnipotenza di Dio. L'autore ritiene necessario proporre una ri-lettura teologica e antropologica completamente diversa, proprio perché crediamo essere un punto non ben risolto dai Padri. Criticando il linguaggio sei Padri e degli Scrittori ecclesiastici, l'autore afferma che da esso si evince che:
- un parto naturale era considerato indecoroso e indegno per il Figlio di Dio; per questo si videro costretti a difendere per il Salvatore una nascita singolare e meravigliosa;
- un parto avvenuto con tutti i limiti e le caratteristiche del parto normale, era improprio per la madre di Dio e significava la perdita della sua verginità;
- il parto verginale era la logica conseguenza della concezione verginale di Cristo;
- i Padri portano come argomento probante l'interpretazione simbolica: il parto verginale è segno della fede integra e anticipazione della vita del cielo.
Questa lettura fatta dai Padri è ampiamente contestata dall'autore che conclude come la verginità di Maria nel parto, così com'è sostenuta dalla Tradizione, a partire dal IV secolo non è proponibile per motivi esegetici, teologici, antropologici, culturali e simbolici. L'autore giustifica la sua non accettazione dei contenuti materiali della verginità di Maria allo scopo di veder riaffermata la vera e reale umanità di Cristo che non può essere minimizzata senza gravi motivi e senza il necessario apporto della Rivelazione. Inoltre non si può negare a Maria l'atto cosciente del parto nel dolore, atto che non infirma e non danneggia la perfetta verginità.
A quanto afferma questo autore si può rispondere:
- la verginità per essere integrale deve comprendere sia l'integrità corporale che quella formale (intento): non c'è verginità completa se manca l'integrità corporale;
- leggere il parto miracoloso e verginale solo come frutto della letteratura apocrifa e della tardiva interpretazione patristico - medievale non convince in quanto studi anche recenti hanno dimostrato come tale idea non è affatto estranea alla tradizione veterotestamentaria, neotestamentaria, intertestamentaria e sub apostolica;
- la necessità di ri - leggere e ri- interpretare i dogmi della fede non significa automatica emarginazione dei contenuti e del glossario espressi dalla tradizione ecclesiale.

Stefano de Fiores
Tratta ampiamente il dogma della Verginità perpetua nella sua valenza teologica e fenomenologica attuale nella sua opera "Maria Madre di Gesù". Il parto verginale viene affermato in una luce storico-biblica, dogmatica, antropologica e, soprattutto, misterica. La singolarità della nascita di Cristo non nuoce alla sua umanità in quando egli è stato portato nel grembo, è nato, fu allattato e posto nel presepe, che è identica, quindi, a quella di tutti gli uomini. Qui si inserisce qualcosa che viene da Dio, si apre la porta del mistero, in un evento che sostanzialmente è pieno della sua presenza. Circa le modalità della nascita di Cristo, De Fiores pone all'attenzione degli studiosi una monografia del IV secolo, scritta in ambiente siriano: "De margarita". L'opera si muove nella duplice direzione di affermazione del parto naturale e della convenienza di un parto verginale e senza dolore; opera che trova ragionevole soluzione nell'apertura e ricostituzione, per intervento divino, del seno verginale di Maria.

Umberto Casale
Nel suo saggio di mariologia scrive un'incisiva proposizione capace di esprimere e armonizzare le esigenze del reale --umano e del mistero - divino. La profondità dell'atto di nascita di Gesù è un reale parto che sfugge però alle conseguenze del peccato e alla "maledizione" di Eva. Con le parole "verginità in parto" non si vuole altro affermare che la generazione umana del Figlio di Dio è al di là della natura, viene dal Dio trascendente e nello stesso tempo è secondo natura per il suo inserimento autenticamente umano.
Cettina Militello
Nelle sue opere la teologa sottolinea la densità significante del fatto della nascita verginale, epifania cristologico - divina del Nato il quale con il suo ingresso nella storia ha inaugurato la nuova creazione; segno cordiale della risposta integrale e fedele che Maria rende al Signore.
Giulia Paola Di Nicola
Non parla del parto di Maria ma si interessa al significato positivo del "parto nel dolore". L'autrice esamina il linguaggio della maternità nelle sue multiformi valenze, per soffermarsi a parlare del "Linguaggio del parto". Nel parto doloroso della donna che sfocia nella gioia di avere tra le braccia la nuova creatura, ella vede la faccia positiva del dolore e interpreta la sofferenza fisica come una dimensione positiva della vita. Mentre, infatti la sofferenza in generale è segno negativo del regredire della natura e della decadenza dell'uomo, quella del parto è una porta aperta verso la vita, un passaggio obbligato verso la gioia che profondamente la illumina. Il grido della donna che partorisce è simile a quello di Cristo sulla Croce che è il grido di nascita della nuova umanità riconciliata con Dio.

Gerhard Ludwig Müller
Si interessa al parto verginale in un suo studio dal titolo "Nato dalla Vergine Maria. Interpretazione teologica. Il tema della nascita verginale tocca intimamente il dogma di Cristo, vero Dio e vero uomo. L'autore vuole offrire un contributo per far emergere la dignità e la rilevanza salvifica del "Natus ex Virgine". Questa verità cristologica è stata contestata fin dalle origini della fede. Già i tratti apologetici di Matteo lasciano intravedere un'aspra polemica tra la prima comunità cristiana e gli ambienti giudaici; a questa polemica si associano poi anche i pagani, come Celso e Giuliano l'Apostata; poi gli eretici di matrice marcioniana, gnostica, ebionita e adozionista. Grazie alla dottrina dei Padri e all'opera dei Concili la controversia si acquietò per un certo tempo per riesplodere nel secolo XVI con i sociniani che rifiutano il parto verginale come un atto arbitrario di Dio. Con l'Illiminismo il parto verginale diventa addirittura oggetto di scherno perché riafferma l'ignoranza scientifica e storica della Chiesa. Venendo verso i nostri tempi abbiamo Feuerbach che a tal proposito afferma l'inconsistenza delle cognizioni scientifiche nell'antichità che ha condotto gli stessi evangelisti a una interpretazione mitologica delle origini di Cristo; Strauss che considera i vangeli dell'infanzia come miti protocristiani poeticamente redatti sotto forme di saghe e l'incarnazione verginale come la più vistosa deviazione di tutte le leggi naturali; Drewermann che considera la nascita verginale come mutuata dalle narrazioni antico - orientali delle nascite regali. Tutte queste interpretazioni non fanno altro che destituire di ogni fondamento reale Maria e la sua permanente Verginità, per ridurli solo a simboli mitici di una nuova nascita e di una nuova autogenerazione simile a quella del Faraone egiziano, figlio del sole.
Dopo aver fatto questo excursus storico, l'autore si sofferma a presentare la verginità spirituale e corporale di Maria come il segno tangibile e reale che l'uomo Dio Gesù di Nazaret non è solo frutto delle potenzialità della creatura. La verginità di Maria deve essere letta in senso teologico (relazione trinitaria ed ecclesiale), teologale (tipologica mariana della fede) e antropologico, aspetto da dover ancora approfondire.
LA VERGINITA' PRIMA DEL PARTO
L'autore affronta questo argomento tenendo conto della professione di fede, delle recenti problematiche teologiche (valore della sessualità umana, nesso tra immagine del mondo ed ermeneutica della fede), delle religioni comparate, della teologia sistematica evangelica, dell'apporto controverso e cospicuo dell'esegesi storico - critica, della resurrezione come evento fondante della fede, della nascita dalla Vergine come elemento profondamente necessario alla professione di fede in Cristo. Il miracolo del concepimento dell'uomo Gesù dalla Vergine Maria è un momento implicito dell'evento più ampio e del miracolo della presenza di Dio nell'uomo Gesù, che la comunità riconosce come suo messia.
LA VERGINITA' NEL PARTO
Predica l'assenza di sofferenza nel parto e la prodigiosa ricostruzione del grembo di Maria dopo il parto del Figlio di Dio. Tale dottrina è comunemente ritenuta dalla tradizione patristica e dal magistero ordinario e straordinario della Chiesa. L'autore afferma come sia molto difficile descrivere con compiutezza l'integrità corporale della Madre di Gesù nell'ambito del fenomeno del parto, in quanto le singole definizioni fisiologiche non possono essere la sostanza dell'enunciato della fede, bensì sono elementi attraverso i quali la realtà della verginità nel parto deve essere designata come una realtà che si può cogliere solo con la fede. Questa dottrina, lungi dall'essere un prodotto dell'ideale ascetico della verginità, è frutto maturo dello sviluppo cristologico della Chiesa antica circa l'integrità della nauta divina e umana del Logos, nella questione dell'unione ipostatica. La Vergine non è una stazione biologica di passaggio, bensì ella stessa è caratterizzata come persona dal suo rapporto personale con il Logos incarnato. Per questo la dottrina dell'unione ipostatica è legata all'affermazione di Maria come Theotokos e da essa si delinea l'enunciazione mariologica centrale di Maria come madre vergine di Dio. Maria non è uno strumento fisico, bensì personale. La nascita del messia e il parto di Maria sono un inedito, che va letto ed accolto come un segno del tempo storico - salvifico inaugurato dal Figlio di Dio.
LA VERGINITA' DOPO IL PARTO
Per comprendere pienamente questa verità bisogna rifarsi alle precedenti riflessioni sul principio mariologico fondamentale (Maria è la genitrice verginale del Logos incarnato) e bisogna considerare tutte le opposte interpretazioni di ordine storico, esegetico e teologico circa i fratelli di Gesù, il rapporto sponsale di Giuseppe con Maria ecc., per riuscire ad affermare che Maria non è stata madre del Logos incarnato in una drammatica condizione di eccezione, per condurre in seguito una vita familiare "normale". L'esistenza di Maria è stata una risposta totale e permanente della sua persona spirituale e corporale, all'incommensurabile dono di una maternità non comune, trascendente e verginale.
Conclusione
Diversamente dal settore esegetico precedentemente esaminato, quello teologico sembra più incline ad accettare l'assunto ecclesiale del "natus ex virgine" nei suoi sostanziali contenuti. Il dato più interessante che emerge è l'attenzione quasi unanime data alla simbologia della verginità, attenzione che non nega il dato reale e biologico, ma cerca piuttosto di chiarire teologicamente ed esistenzialmente l'inscindibile rapporto che intercorre la verginità della carne, quella del cuore e quella della fede.

CONCLUSIONE

Per concludere dobbiamo affermare che la nascita verginale del Figlio di Dio:
- è un fatto prodigioso che esprime il progetto e la volontà libera e salvifica di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo;
- è un segno della trascendenza assoluta del Verbo redentore e della sua filiazione;
- è un segno della gratuità di Dio nel fatto dell'Incarnazione;
- è segno dell'uomo nuovo, Gesù di Nazaret, che analogamente all'antico Adamo plasmato dalla "terra vergine", è stato plasmato dalla "terra vergine" Maria di Nazaret;
- è un dato storico - salvifico che impegna la Chiesa dei nostri giorni a confermare che Maria diede alla luce verginalmente suo Figlio e dopo il parto rimase vergine anche quanto concerne l'integrità della carne;
- è un'esigenza e dono di Cristo, Verbo preesistente, sorgente di vita e di incorruttibilità, a Maria sua madre;
- è una compiuta risposta ad ogni generazione cristiana all'evangelica domanda sulla identità, potenza e ruolo del Figlio di Dio e di Maria;
- è un invito alla umanità contemporanea ad apprezzare la realtà e il mistero della verginità materna di Maria, quale segno speciale e sempre attuale della libertà interiore, del rispetto dell'altro, dell'attenzione verginale ai valori dello Spirito.
Circa l'interpretazione esegetica c'è da affermare che spesso si rimane disorientati di fronte a certe posizioni, in alcuni casi radicalmente negative, che ricche di opinioni, negazioni, dissensi, sottolineatura, interventi ecc., che non tengono in nessun conto la persistente confessione di fede annunciata dal dogma ecclesiale. Non si può fare esegesi senza tenere conto del dato fondamentale che il concepimento e il parto di Maria sono sotto l'azione divina perché tutta la generazione dell'Unigenito appartiene a Dio.
Per concludere diciamo che il mistero della verginità di Maria, come dice il papa a Capua, pur nella varietà degli aspetti, è un mistero unico, che non va frantumato, ma deve essere ricondotto il più possibile alla sua fondante unità: la condizione divina del Verbo che esige una concezione verginale che, di conseguenza, si prolunga nel e dopo il parto. Dalla concezione e dal conseguente parto verginale deriva, infatti, che Maria dedica perfettamente se stessa a Dio che ne aveva fatto il suo inviolabile santuario.







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