Magnificat: la carezza di Dio diventa libertà
Data: Venerdi 23 Maggio 2014, alle ore 9:29:09
Argomento: Spiritualità


Un articolo di Vitale Maninetti in La Madonna dei Cappuccini, 67 (2014) n. 2 - marzo/aprile 2014, pp. 4-5.




In Maria colpisce lo stupore: “Ha guardato l’umiltà della sua serva”

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda” (Lc 1,39). Parte subito, libera, e non si lascia condizionare da niente e da nessuno.
Come amo la libertà di Maria! Libera come un uccello dell’aria, come un fiore selvatico, come un giglio del campo che riceve il polline quando soffia il vento, che prende il sole e l’acqua quando semplicemente vengono. Maria è maestra di vita e per questo maestra di preghiera.
Partire è il primo gesto che nasce in lei appena si è spenta l’eco delle parole dell’Angelo, un viaggio che è metafora di tutti i viaggi dell’anima, simbolo della vita stessa.
Quando tu apri la tua vita a Dio, allora non puoi avere porte chiuse. Tu la vela, Dio il vento. É il Dio che ama gli esodi, il levare le tende, il partire all’alba, e ogni passo del mio pellegrinare sulla terra.
Quante volte nella Sacra Scrittura risuonano questi due verbi: si alzò e andò! Sono patriarchi, profeti, popoli interi che partono, peccatori che tornano. Sono comandi di angeli: “Alzati dalle tue cadute, dalla tua vita passiva; alzati dalla tua condizione di arreso”. Alzarsi, perché “fino a che non siamo chiamati ad alzarci / non conosciamo la nostra misura. / Ma se ci alziamo davvero / arriva al cielo la nostra statura” (Emily Dickinson).
Maria si alza e si mette in viaggio, in fretta (l’amore ha sempre fretta) come tanti uomini di Dio prima di lei, incalzati dal futuro. La vedo partire e mi dico: l’uomo è un essere che nasce; non un “essere mortale” ma un “essere natale”, e la sua vita va “di inizio in inizio, attraverso cominciamenti sempre nuovi” (Gregorio di Nissa).
Passava Maria sui monti di Giuda, come una nave dalla stiva carica di cielo. Il cielo crea sentieri quaggiù, sospinge in avanti e in alto. In quel viaggio compiuto in fretta, Maria intesse nel suo grembo la carne del Verbo. Lei va, portando il Verbo.
Origene designa questo andare, gravida di Dio, per le strade del mondo, come l’immagine suprema di ogni credente: “portare il Verbo” è la missione di ogni battezzato, portare colui che ti porta, essere in cammino portando il Verbo verso l’intera umanità, portando come la madre porta il bambino dentro il suo grembo. “O uomo, prendi coscienza di ciò che sei… considera la tua dignità regale: tu porti Dio in te” (Gregorio di Nissa).
Allora capisco che il mio domani è come un’opera composta e suonata a quattro mani, le nostre e quelle di Dio. Che la vita dei credenti non è eseguire degli ordini, come operai sotto un padrone, ma creare e comporre qualcosa di nuovo e irripetibile, come artisti sotto l’ispirazione dello Spirito. I cristiani non sono esecutori di ordini, ma inventori di strade, di sentieri nel sole, che portino gli uni verso gli altri e insieme verso Dio.
É così corroborante immaginare tutta la nostra vita, la fede, la chiesa come campi aperti, e Dio come “un mare in cui si scoprono nuovi mari quanto più si naviga” (Luis de Leòn). Come amo questa vita di Maria dove la carezza di Dio diventa libertà, dove la carezza della libertà diventa stupore.
La Bibbia ci appare affollata di uomini dalla fede salda e sicura. In Maria non sono queste qualità a colpire, ma piuttosto la leggerezza del suo stupore. Se scavi sotto le sue parole, non trovi tanto la compattezza o la saldezza granitica della fede, ma un sentimento di smarrito stupore, di ingenuo interrogativo, come di uno che se ne sta con la bocca aperta a guardare una realtà imprevista, inattesa, sorprendente.
E lo dice: “Ha guardato me che non sono niente, ha fatto dei miei giorni un tempo di stupore, ha fatto della mia vita un luogo di prodigi”.
Ecco il volto bello di Dio: viene, non ruba niente e dona tutto; viene, e il suo arrivo incanta di nuovo la vita.

 

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