Regina del cielo, rallegrati!
Data: Venerdi 12 Settembre 2014, alle ore 18:14:49
Argomento: Magistero


Il mese di Maggio con la Madre del Risorto. Lettera ai fedeli di Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro - Squillace



1 Regina coeli, laetare, alleluja/ quia quem meruisti portare, alleluja/ Resurrexit sicut dixit, alleluja./ Ora pro nobis Deum, alleluja! Regina del cielo, rallegrati, alleluja/ perché colui che hai meritato di portare, alleluja/ è risorto come aveva detto, alleluja./ Prega per noi il Signore, alleluja! L’antifona mariana del tempo pasquale - che recitiamo da Pasqua a Pentecoste fin dal 1742 -, ci accompagnerà nella preghiera di mezzogiorno, anche nel corso di questo mese di maggio dell’Anno A del ciclo liturgico. Mentre contempliamo la luce del crocifisso-risorto, che ha vinto la morte e il peccato, guarderemo perciò, con più affetto, la Madre, colei che l’aveva portato in grembo, l’aveva educato, l’aveva seguito nella sua vita pubblica, fino al momento salvifico della crocifissione e della sepoltura, e poi aveva avuto la gioia, insieme con le donne e i discepoli, di contemplarlo risorto. Pregando con gioia la Madre, incontriamo il Signore risorto!

2 Un tempo mariano, il mese di maggio, che abbiamo la fortuna di vivere, dunque, nell’atmosfera di luce gioiosa del tempo di Pasqua (l’ultimo sabato di maggio 2014 coinciderà con i primi Vespri dell’Ascensione del Signore al cielo). Quest’occasione provvidenziale di un mese di maggio, coincidente con il Tempo liturgico pasquale, vorrei che diventasse per noi tutti – carissimi fedeli dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace – anche la via maestra per consolidare la nostra devozione a Maria, cui è dedicato ogni mese di maggio. Ad Jesum per Mariam: grazie alla Madre giungeremo al Figlio risorto per noi e per la nostra salvezza. Difatti, come scrive san Bernardo di Chiaravalle, Dio «ha voluto che noi avessimo tutto mediante Maria»1, anche la grazia, la speranza e la salvezza.

3 Regina coeli. Nella cantica del paradiso, Dante Alighieri mette sulle labbra di san Bernardo – che egli conosce come il fedele cantore di Maria - questa terzina, il cui esordio ripete il bel titolo mariano di Regina coeli: «E la regina del cielo, ond’io ardo/ tutto d’amor, ne farà ogni grazia,/però ch’i’ sono il suo fedel Bernardo» (Paradiso XXXI, 100-102). Come forse ricordate, nel corso del viaggio del paradiso dantesco, una fiamma si leva e segue il Figlio, accompagnata dallo slancio concorde dei lumi beati. In tal modo, i bagliori bianchi, che s’infiammano nell’alto dei cieli, fanno risuonare per Dante il dolce canto del Regina coeli (cf Paradiso XXIII, 127-129). Francesco Petrarca, in un momento di conflitto interiore, si rivolge fiducioso alla Vergine, chiedendole di accondiscendere alla propria umile preghiera: «Vergine, s’a mercede/ Miseria extrema de l’humane cose/ Già mai ti volse, al mio priego t’inchina,/ Soccorri a la mia guerra,/ Bench’i’ sia terra, et tu del ciel regina2». Anche don Primo Mazzolari in una poesia sull’Annunciazione chiarisce perché Maria è Regina e, significativamente, subito l’associa a tutte le mamme del mondo: «è Regina perché prima è serva,/ perché si è fatta e ha voluto/ rimanere tale./ Povere mamme, che portate tutto, che/ provvedete a tutto,/ che non siete mai stanche!/ Possa Dio riempirvi di gioia come ha/ riempito la sua mamma Maria».

4 Questo titolo mariano di Regina del cielo risale agli albori della fede e della devozione cristiana. La liturgia della chiesa latina eleva, del resto, un’altra antica e dolcissima preghiera in cui invoca Maria come regina: «Salve, regina, madre di misericordia». Inoltre, canta le antifone «Ave, o regina dei cieli», «Regina del cielo, rallégrati, alleluia» e recita altri testi in varie feste della beata Vergine: «Come regina stette alla tua destra con un abito dorato, rivestita di vari ornamenti»; «La terra e il popolo cantano la tua potenza, o regina»; oppure, per l’Assunta esclama: «Oggi la vergine Maria sale al cielo: godete, perché regna con Cristo in eterno». Scriveva Pio XII istituendo nel 1955 la festa liturgica della Beata Vergine Maria Regina: «Fin dai primi secoli della chiesa cattolica il popolo cristiano ha elevato supplici preghiere e inni di lode e di devozione alla Regina del cielo, sia nelle circostanze liete, sia, e molto più, nei periodi di gravi angustie e pericoli; né vennero meno le speranze riposte nella Madre del Re divino, Gesù Cristo, mai s’illanguidì la fede, dalla quale abbiamo imparato che la vergine Maria, Madre di Dio, presiede all’universo con cuore materno, come è coronata di gloria nella beatitudine celeste»3.

5 Allora invochiamo anche noi questo cuore materno nelle circostanze liete e tristi; pronunciamo il nome della madre del Re divino, soprattutto quando siamo nell’angustia e nel pericolo del corpo, della mente, dell’anima: Regina del cielo e della terra, vieni in nostro aiuto! Anche papa Benedetto XIV chiamava Maria «regina del cielo e della terra», affermando che il sommo Re ha, in qualche modo, affidato a lei il suo proprio impero4. Evidentemente, Maria è regina al seguito di suo Figlio, che chiamiamo Cristo Re. È questo l’appellativo utilizzato dai credenti per indicare il sommo grado di eccellenza, che Gesù in modo sovra-eminente vanta rispetto a tutte le cose create giacché regna nelle menti umane, non solo per l’altezza del suo pensiero e per la vastità della sua scienza, ma anche perché è Verità cui attingere. Similmente egli regna nella volontà umana, sia perché alla santità della volontà divina risponde in lui la perfetta integrità e sottomissione della volontà umana, sia perché con le sue ispirazioni egli influisce sulla nostra libera volontà, per “accenderci” verso le più nobili cose. Nel primo Testamento i cristiani sanno ben riconoscere le formule che anticipano questa peculiare regalità di Gesù, che fonda la regalità della Madre del Risorto: «Uno di Giacobbe dominerà/ e farà perire gli scampati della città» (Nm, 24, 19); «Io stesso ho stabilito il mio sovrano/ sul Sion, mia santa montagna» (Sal 2,6); «Il tuo trono, o Dio, dura per sempre;/ scettro di rettitudine è il tuo scettro regale» (Sal 45,7).

6 Laetare, alleluia! Rallegrati Maria, cantiamo gioiosamente nell’antifona del tempo di Pasqua, che ripeteremo ogni giorno nel mese di maggio. Facciamo eco al profeta Sofonia: «Rallegrati, figlia di Sion,/ grida di gioia, Israele,/ esclama e acclama con tutto il cuore,/ figlia di Gerusalemme» (Sof 3,14). Del resto la letizia è il sentimento prevalente dei credenti che pregano e vivono nell’atmosfera liturgica del tempo pasquale e del mese di maggio di quest’anno. La gioia, la letizia provengono dal Vangelo che, prima di essere l’insieme dei quattro testi del Nuovo Testamento, è Gesù stesso: «La tua terra non sarà più detta Devastata/ ma sarai chiamata Mia Gioia» (Is 62,4 bc). Il Vangelo di Gesù è sempre una notizia bella, gioiosa, che suscita speranza e giubilo in chi l’ascolta. Se guardiamo alle condizioni critiche della nostra società non siamo troppo inclini alla gioia e alla speranza. Tuttavia il cristianesimo non è religione della tristezza e del pianto, bensì è fede nella gioia della salvezza, speranza nella gioia che viene dallo Spirito santo, carità gioiosa perché condivisa con chi è più povero.

7 Maria vuol essere davvero la regina di questa letizia, essendo la donna che ha avuto fede nell’annuncio dell’angelo, che ha nutrito speranza nella realizzazione di ciò che a tutti sembrava impossibile, che si è mostrata solidale e fraterna nelle relazioni con gli altri, a partire dalle premure verso la cugina Elisabetta, avanti negli anni. Quando il futuro è più buio, quando il lavoro manca, quando i giovani ci manifestano il loro disagio…, proprio allora dobbiamo fare appello alle risorse gioiose del Vangelo, additateci da Maria. Perciò così si rivolge a lei papa Francesco, nella sua prima Esortazione apostolica, invitandoci a pregarla, appunto, come “donna che porta la gioia”: «Tu, ricolma della presenza di Cristo,/ hai portato la gioia a Giovanni il Battista,/ facendolo esultare nel seno di sua madre./ Tu, trasalendo di giubilo,/ hai cantato le meraviglie del Signore./ Tu, che rimanesti ferma davanti alla Croce/ con una fede incrollabile,/ e ricevesti la gioiosa consolazione della risurrezione,/ hai radunato i discepoli nell’attesa dello Spirito/ perché nascesse la Chiesa evangelizzatrice»5.

8 Quem meruisti portare. Una donna meritò di generare il Figlio di Dio. Gesù è colui che tu, donna di Nazaret, hai meritato di portare in grembo e di educare. Lo sappiamo: è l’Onnipotente che salva e progetta tempi e ritmi della salvezza. Ma nulla potrebbe senza la libera adesione umana, senza il libero sì della ragazza di Nazaret. In questo senso, quella ragazza ha “meritato” di portare in grembo il Figlio di Dio, ovvero è stata ritenuta degna di questo grandissimo onore e ònere. Ma non l’ha fatto da sola. Con lei, il primo giorno di maggio (mese mariano), il calendario liturgico latino colloca opportunamente la festa di san Giuseppe lavoratore. In tal modo viene associato alla santa Madre di Dio il suo casto sposo, che col suo onesto lavoro sostiene tutto il gruppo familiare. Figura presentata dagli evangelisti in maniera essenziale e schiva, ma che appare molto importante nei primi passi della santa famiglia, fin dalla maternità di Maria per opera dello Spirito santo. Sposo della Vergine Madre di Dio e Custode del Verbo Incarnato, Giuseppe è perciò venerato come Patrono della Chiesa cattolica e invocato particolarmente da san Giovanni XXIII come patrono del più grande evento dei tempi nuovi: il Concilio ecumenico Vaticano II. Giuseppe ricorda a tutti proprio sulla soglia del mese mariano, la santità della fedeltà coniugale e il rispetto della autorità paterna. Facciamone tesoro, soprattutto per quanto riguarda la riflessione attuale di tutta la Chiesa su matrimonio e famiglia.

9 La fedeltà coniugale, la santità del matrimonio, l’indissolubilità del rapporto di coppia stabile sono i valori perenni che vengono ricordati ai fedeli nel sacramento del Matrimonio. Valori umani e cristiani che oggi sono misconosciuti, poco praticati, spesso calpestati. Stiamo vivendo una difficile condizione socioculturale, che teorizza nuove forme di rapporto, pratica la precarietà sistematica dei legami, sminuisce il valore degli impegni stabili e duraturi, riduce talvolta alla sola componente erotica (uno dei fattori, non l’unico) la vita in comune di un uomo e di una donna. Quanti giovani e quanti giovani-adulti stanno perdendo il senso della bellezza dell’amore duraturo e fedele, la gioia del matrimonio cristiano, della famiglia, dell’onesto lavoro a vantaggio degli altri, della stabilità dei legami, del sacrificio accettato generosamente per il bene dell’altro, della lenta costruzione di un rapporto franco, cordiale, generoso, fecondo. La figura di Maria, associata nel mese di maggio a quella di san Giuseppe, sembra voler ricordarci che Gesù Dio, pur essendo l’Unigenito dell’eterno Padre, volle esser chiamato «il Figlio del “carpentiere”» (Mt 13,55) e, in tal modo, aiutarci a riscoprire le virtù domestiche. Sono sicuro, perciò, che «… col fiorire della devozione dei fedeli verso San Giuseppe, aumenterà contemporaneamente per conseguenza il loro culto verso la Sacra Famiglia di Nazareth... Infatti, attraverso Giuseppe noi andiamo direttamente a Maria, e, attraverso Maria, all’origine di ogni santità, Gesù, il quale consacrò le virtù domestiche con la sua obbedienza a Giuseppe e a Maria»6.

10 Ora pro nobis. Prega per noi: invochiamo così ad ogni Ave Maria, soprattutto quando contempliamo i misteri del Rosario, come faremo con più fervore nel corso di questo mese mariano. La nostra preghiera è rivolta a una donna, a una madre, a una discepola. E questo diviene per noi anche un’indicazione di percorso spirituale e pastorale. Maria è una donna che per tutti simboleggia l’essere donna nel temperamento, nei sentimenti, nel modo di fare, nel rapporto da istituire con gli sposi e i fidanzati, nelle relazioni con i figli e nell’organizzazione della vita domestica, come anche nell’impegno sociale e politico. Un’antica, ma ancor fresca preghiera delle donne cristiane a Maria Regina, composta da papa Pio XII, sintetizzava molto bene tutti questi aspetti tuttora validi: «Fa’ che noi siamo intemerate e pure nei sentimenti e nei costumi; verso i nostri sposi compagne dolci, affettuose, comprensive; verso i nostri fi gli madri diligenti, vigili, sagge; amministratrici accorte dei nostri focolari domestici; cittadine esemplari della nostra amata patria; figlie fedeli della Chiesa, pronte a lasciarci da essa guidare nel pensiero e nell’azione»7.

11 Nell’ultimo giorno di maggio vivremo la festa della Visitazione di Maria (cf Lc 1,39-56) che, completando il mese mariano, ci apre al senso del mistero della comunicazione intensa nata tra due donne diverse per età, per ambiente, per vicende, ma caratterizzate entrambe dallo stile dell’accoglienza. Maria, al terzo mese di gravidanza, va ad assistere, dopo un viaggio faticoso sua cugina Elisabetta, dalla quale si fermerà tre mesi, donandole un “boccone” del suo tempo e della sua generosa cura. È l’incontro delle madri e dei bambini che portano in grembo, incontro di gioia tra la madre di Giovanni e quella che la stessa Elisabetta, colmata di Spirito santo, apostrofa come la Madre del mio Signore (cf Lc 1,43).

12 Come Elisabetta si rallegra del frutto che Maria porta in sé, chiediamo anche noi la grazia di rallegrarci dei frutti delle altre madri che sono di tutti, in quanto nutrono e fanno crescere creature appartenenti a tutta l’umanità e non soltanto alle famiglie di riferimento. Guardando a queste due donne incinte invochiamo la luce sul senso vero della maternità. Il rapporto tra una donna e il frutto del suo grembo è un mistero intessuto di amore, di relazione, di costruzione psicologica e ideale di cura, di affetto del nascituro. Questo rapporto meraviglioso, miracoloso e complesso non può essere ridotto ad aspetti fisiologici e tecnici come avviene da qualche tempo. Risorga il senso vero della maternità nella nostra epoca.

13. Resurrexit, sicut dixit. È risorto, come aveva detto. «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1,45), esclama Elisabetta alla vista di Maria. Il Signore parla e la sua parola è anticipatrice di quanto è stato detto. Al cospetto della Parola del Signore, Maria crede. Anche noi dobbiamo credere sull’esempio di Maria. Nulla è impossibile a Dio (cf Lc 1,37). Ripetiamolo, anche quando si annida nei cuori la disperazione, quando l’amicizia viene tradita, quando la fiducia è disillusa, quando si attenta alla vita. Riscopriamo la dimensione mariana nella nostra esistenza.

14 La dimensione mariana della vita cristiana è un monito, soprattutto per le donne. Ce lo ricorda san Giovanni Paolo II: «Questa dimensione mariana della vita cristiana assume un’accentuazione peculiare in rapporto alla donna ed alla sua condizione. In effetti, la femminilità si trova in una relazione singolare con la Madre del Redentore, argomento che potrà essere approfondito in altra sede. Qui desidero solo rilevare che la figura di Maria di Nazareth proietta luce sulla donna in quanto tale per il fatto stesso che Dio, nel sublime evento dell’incarnazione del Figlio, si è affidato al ministero, libero e attivo, di una donna. Si può, pertanto, affermare che la donna, guardando a Maria, trova in lei il segreto per vivere degnamente la sua femminilità ed attuare la sua vera promozione. Alla luce di Maria, la Chiesa legge sul volto della donna i rifl essi di una bellezza, che è specchio dei più alti sentimenti, di cui è capace il cuore umano: la totalità oblativa dell’amore; la forza che sa resistere ai più grandi dolori; la fedeltà illimitata e l’operosità infaticabile; la capacità di coniugare l’intuizione penetrante con la parola di sostegno e di incoraggiamento»8.

15 Miei cari presbiteri vi chiedo un impegno particolare, come segno d’amore alla Vergine santa: illustrate ogni giorno ai fedeli la dottrina della nostra santa religione attingendo manibus plenis proprio ai misteri del santo Rosario. Alleluja! Tutte e tutti vi benedico, nel nome del Padre, del Figlio dello Spirito santo. Tutte e tutti vi affido alla protezione della Regina celeste. Recitiamo insieme l’antifona: Ave, regina dei cieli. Ave, Signora degli angeli. Porta e radice di salvezza, rechi nel mondo la luce. Gioisci, Vergine gloriosa, bella fra tutte le donne. Salve, o tutta santa. Prega per noi Cristo Signore!

NOTE
1 Bernardus, In Nativitate B. M. V., 7: «Haec est voluntas Dei, qui totum nos voluit habere per Mariam ac proinde, si quid spei, si quid gratiae, si quid salutis ab ea noverimus redundare» (de aquaeductu, n. 7 e 6: PL 183, 441): è questa la volontà di Dio, il quale volle che noi tutto avessimo per mezzo di Maria e, perciò, se da lei apprenderemo, si riverserà su di noi la speranza, la grazia, la salvezza.
2 Francesco Petrarca, Canzoniere, Canzone CCCLXVI, ”Vergine bella…”.
3 Pio XII, Lettera enciclica Ad caeli Reginam. Dignità regale della santa Vergine Maria (11.10.1954): AAS 46 (1954), 625-640.
4 BENEDETTO XIV, Bolla Gloriosae Dominae, 7 settembre 1748.
5 Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, n. 288 (24.11.2013).
6 Benedetto XV, Motu proprio Bonum sane sulla Devozione a san Giuseppe da mezzo secolo patrono della Chiesa cattolica (25.7.1920): AAS 12 (1920), 8, 313-317.
7 Preghiera della donne cristiane a Maria SS.ma Regina di sua Santità Pio XII (2.8.1958).
8 Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Mater sulla Beata Vergine Maria nella vita della chiesa in cammino (25.3.1987), n. 46: AAS 79 (1987), 4, 361-433, qui 424-425.

 

 







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