Dal libro di Michel Dousse, Maria la musulmana. Importanza e significato della madre del Messia nel Corano, Edizioni Arkeios, Roma 2006, pp. 160-163.
É giocoforza riconoscere, attraverso l'attenta analisi del testo coranico, la bellezza, la forza, l'originalità e l'eccezionale grandezza della figura di "Maria la-musulmana". Assimilarla a qualche pallida copia della Maria dei Vangeli, per la ragione che il Corano non la presenta come madre di Dio, sarebbe riduttivo. L'argomentazione, d'altronde, è tanto meno pertinente in quanto tutto (o quasi tutto) ciò che dice di lei il Corano è assente dai Vangeli; inversamente, nulla di quanto i Vangeli narrano della vita nascosta di Gesù e di sua madre si ritrova nel Corano.
Il Corano non dice nulla delle profezie, dei miracoli e degli altri eventi che nei Vangeli precedono e circondano la venuta al mondo di Gesù, fino all'adorazione dei pastori e dei magi e la fuga in Egitto. Della vita di Maryam mantiene solo i segni più trascendenti, dalla concezione fino alla nascita di 'Isa e alla sua presentazione alla famiglia. I Vangeli, da parte loro, non dicono nulla di Maria prima dell'annunciazione. Questo evento misterioso - che, per riprendere l'espressione coranica, rientra nelle storie del mistero ('anba'al-ghayb), poiché non ha testimoni e si svolge nell'ordine spirituale - si rivela nondimeno assolutamente centrale da una parte e dall'altra, carico di significati essenziali.
Molti islamologi occidentali, di fronte alle evidenti dissimmetrie tra Corano e Vangelo, si sono messi alla ricerca di altri modelli cui il primo si sarebbe ispirato. È evidente che lo studio delle fonti, da un punto di vista particolare e limitato, può rivelarsi illuminante, ma, nella fattispecie, a differenza dei Vangeli in rapporto alla Bibbia, il Corano proclama con tanta insistenza la propria origine trascendente (in riferimento diretto all'umm al-kitab) che non è possibile ignorare tale rivendicazione e pretendere di spiegarlo al di fuori della sua propria consequenzialità, unicamente a partire da modelli anteriori. Come afferma J. Berque: "Agli occhi dei musulmani, come sappiamo, la Scrittura coranica è 'discesa' tal quale [...]. Non si tratta per noi di contestare o di affermare la verità obiettiva dell'islam o di quest'altra religione, quanto di chiederei [...] come esso organizzi la propria veridicità. Un testo come questo dev' essere affrontato solo tenendo conto dell'ottica (e non secondo essa) della comunità che lo professa"10.
Alcuni esperti si sono allora rivolti ai Vangeli apocrifi. Ora, al contrario del Corano, questi testi esagerano in genere con gli aneddoti e cercano di colmare i non detti significativi del testo rivelato con brani di ordine narrativo più vicini alla predicazione popolare che alla sobrietà delle rivelazioni canoniche. L'arbitrio di questi accostamenti tra il Corano e gli apocrifi cristiani trova una delle sue migliori illustrazioni quando alcuni commentatori e traduttori arrivano a sostituire, nella sura III, il nome di 'Imrân con quello di Gioacchino, con il pretesto che alcuni apocrifi designano con tale nome il padre di Maria, e questo quando nemmeno i Vangeli canonici dicono nulla in merito. Questo stratagemma, come abbiamo rilevato a suo tempo, ha l'unico fine di evitare l'identificazione - contro ogni verosimiglianza storica - tra il padre di Mosè e quello di Maryam madre di 'Isa"11.
Ora, questo sotterfugio, che serve a far trionfare la verosimiglianza storica sul segno di rivelazione, comporta la conseguenza di sopprimere la posizione scritturale assicurata dall'identificazione tra le due figure di Maryam, riunendo in una sola le due stirpi del deserto e della promessa. La portata tipologica e simbolica dell'identificazione tra le due figure è senza paragone con ogni pretesa di verosimiglianza storica. D'altro canto, assimilando le due figure di Maryam, il Corano si situa esso stesso, nella sua differenza, in rapporto alle rivelazioni anteriori, pur facendo risaltare l'unità dei due Testamenti (per riprendere la terminologia cristiana) : quando ripete di voler riassumere e confermare le rivelazioni anteriori, lo fa integrandole e organizzandole nel quadro della sua visione tipologica, esemplare e antistorica, che rivendica come fonte e parametro la Madre del Libro (umm al-kitab).
Sicuramente, può rivelarsi assai illuminante e prezioso rilevare, nella prospettiva di una lettura "di dialogo" delle Scritture, analogie e differenze tra il Corano e la Bibbia e i Vangeli, come anche con le diverse tradizioni del monoteismo abramico, a condizione che non se ne faccia il centro di un dispositivo mirante a fornire una spiegazione in termini di influenze e di prestiti. In nessun caso un tale approccio, in termini di dipendenza, può portare alla comprensione dell'originalità (e dell'identità) di un testo sacro, quale che esso sia. Quindi, non basta riconoscere che Gesù e la Maria coranica sono propriamente musulmani12, ma è opportuno altresì conoscere (per riconoscerla) la grandezza originale di queste figure, divenute essenziali a un titolo diverso, inedito, in quest'altro quadro.
Aggiungiamo che evidenziare unicamente l'eguaglianza e la ripetitività delle figure profetiche del testo coranico significherebbe semplificare indebitamente. Senza dubbio, l" Isâ coranico è propriamente un profeta secondo l'islam, ma tra i profeti e messaggeri che il Corano cita come esempio egli occupa, da ogni punto di vista, un posto unico. Ovviamente, la figura coranica di 'Isa non è identificabile con quella di Gesù nei Vangeli ma, sotto un'altra luce, appare egualmente eccezionale nel Corano e nell'economia divina da esso esposta. Ora, è questa originalità intracoranica che in primo luogo ci pone dei dubbi e ci interessa, ed è anche in rapporto a essa che si disegna l'eccezionale originalità di "Maria la musulmana".
Per tentare di comprendere obiettivamente l'apostrofe specifica di una rivelazione - ciò che abbiamo tentato di fare - è innanzitutto indispensabile individuare il contesto e la prospettiva d'insieme nei quali vengono a inserirsi i segni. È solo in riferimento a questi parametri interni che essi assumono un significato, si organizzano e si collocano. Non potremmo dunque aspettarci che la figura coranica di Maryam sia identica a quella dei Vangeli, dal momento che ciascuna delle due può essere compresa solo in rapporto al proprio ambiente scritturale.
Se nel Corano Maryam non viene definita madre di Dio, la sua perfezione paradigmatica va individuata nella ricerca assoluta di conformità alla volontà divina che ella spinge fino al parossismo dell'annullamento. In ciò, il suo esempio si rivela universale, inappropriabile, proposto al di là dei condizionamenti di spazio e di tempo; è quanto illustra il riassunto tipologico con cui il Corano la gratifica. Ella riattualizza la testimonianza monoteista di cui Abramo costituisce la figura universalmente riconosciuta, ma lo fa in quanto donna, il che, secondo il Corano, aggiunge a ciò una nuova prossimità con il mistero di
Dio.
NOTE
10 "J. Berque, Yùsuf ou la sourate sémiotique, in Mélanges Greimas, tomo II, John Benjamins Publishing Company, Amsterdam, 1985, p. 847.
11 Perfino molti commentatori musulmani fecero ricorso a simili procedimenti, per rendere il racconto coranico sia più "attraente", sia più verosimile dal punto di vista storico. Cosi, a proposito di C III, 35-37, che lascia intendere che Zaccaria e 'Imran fossero contemporanei, Haqqi osserva che questo 'Imran non poteva essere il padre di Mosè e Aronne, mentre lo era sicuramente della Vergine Maryam. Zaccaria e 'Imran avrebbero sposato due sorelle: Elisabetta e Anna. In proposito vedi R. Arnaldez, Jésus, fils de Marie, prophète de l'islam, Desclée, Parigi, 1981, p. 33-39 (trad. it. Gesù nel pensiero musulmano, Edizioni Paoline, Torino, 1990); anche A.J. Wensinck, in Encyclopédie de l'Islam, voce "Maryam".
12 R. Arnaldez precisa in conclusione: "Di certo i cristiani sono profondamente toccati da ciò che molti versetti dicono su Gesù e sua madre, tuttavia rischiano di interpretarli in un senso troppo cristiano. Non si ingannino: tutti i commentari [...] concordano, attraverso le rispettive differenze, nel convincerci che il Gesù del Corano è un profeta dell'islam [...]. Che non si tratta del Cristo dei Vangeli più o meno modificato. Egli è interamente musulmano e perfettamente integrato nella concezione d'insieme che l'islam si fa della profezia e dei profeti [...] tutti i tratti essenziali della figura di Gesù possono ritrovarsi sia in Abramo, sia in Mosè o Maometto [...]" (Jésus, fils de Marie, cit., p. 121). M. Borrmans riprende le posizioni di R. Arnaldez nel suo libro Jésus et les musulmans d'aujourd'bui, Desclée, Parigi, 1996, p. 12-13.