Sul Calvario: l'ora di Maria
Data: Mercoledi 4 Febbraio 2015, alle ore 17:35:54
Argomento: Bibbia


Dal libro di Alberto Maggi, Non ancora Madonna. Maria secondo i Vangeli, Cittadella Editrice, Assisi 2004, pp. 112-118.



Insegnamento pericoloso

Per catturare Gesù è stata organizzata un'impressionante operazione di polizia con un dispiegamento di militari sbalorditivo, come per i più pericolosi criminali. Ben seicento guardie (una coorte) ha inviato infatti Pilato e qualche centinaia sono quelle fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei (Gv 18,3). Il motivo di questo enorme impiego di forze è che l'ordine di cattura da parte del sinedrio non era solo per Gesù, ma per tutti i suoi seguaci. Era stato poi Gesù a barattare la sua consegna con la salvezza dei suoi discepoli. Gesù infatti affrontò le guardie andate a catturarli e chiese loro "Chi cercate?" (Gv 18,4). Alla risposta che cercavano il Nazareno, Gesù propose: "Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano" (Gv 18,8). Parlando della sua missione, Gesù aveva detto: "Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato" (Gv 6,39). Per non perdere quelli che il Padre gli ha dato, Gesù accetta di perdere la propria vita, confermando cosi di essere il vero pastore, quello che "offre la sua vita per le pecore" (Gv 10,11). Ma il sommo sacerdote non è soddisfatto. Non è pericoloso solo Gesù, ma è il suo insegnamento quel che preoccupa le autorità. Non basta eliminare il maestro, occorre sopprimere anche i discepoli capaci di divulgare la dottrina di Gesù, insegnamento nefasto che mina le basi stesse della religione. Per questo il sommo sacerdote non si interessa a Gesù, ormai catturato e prossimo a essere ucciso, ma lo interroga "riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina" (Gv 18,19). Gesù rifiuta e non darà una sola informazione sui suoi discepoli, che nel frattempo sono fuggiti e si sono barricati in casa "per paura dei Giudei" (Gv 20,19). Il momento è estremamente pericoloso: chi viene riconosciuto come discepolo di Gesù rischia di fare la sua stessa fine. Ne sa qualcosa Simone Pietro. Nel corso dell'ultima cena Pietro aveva assicurato Gesù che era disposto a dare la sua vita per lui (Gv 13,38). Parole. Ora che il Maestro è stato catturato, la spavalderia di Pietro si trasforma in paura, e di fronte a una semplice servetta rinnega definitivamente di essere discepolo di Gesù (Gv 18,17).

La crocifissa
 
Ma Gesù non è stato abbandonato da tutti. C'è qualcuno che è capace di sfidare le autorità e seguire il Maestro fin sulla croce. Giovanni è l'unico evangelista che non riporta l'invito di Gesù a seguirlo caricandosi della croce, ma è anche l'unico a segnalare la presenza di alcuni personaggi presso la croce: sono coloro che hanno seguito il Cristo e sono finiti con lui sulla croce: "lo crocifissero e con lui altri due..." (Gv 19,18). La madre, presente alle nozze di Cana, è ora presente presso la croce. A Cana l'evangelista aveva presentato il cambio dalla vecchia alleanza, raffigurata dall'acqua per la purificazione, alla nuova resa presente nel vino, dono d'amore. Sul Gòlgota, "il luogo detto del Cranio" (Gv 19,17), c'è il compimento di questa alleanza d'amore. A Cana Gesù aveva detto alla madre che la sua ora non era ancora giunta. Sul Gòlgota il momento del cambio di alleanza, anticipato nell'episodio di Cana, si realizza. E Maria è presente, fedelmente, allora e adesso, presso la croce, e "in piedi" (Gv 19,25), cioè volontariamente, non trascinata dagli eventi. Non deve essere stato facile per lei, donna, fare questo passo. Della famiglia di Gesù è lei l'unico componente accanto alla croce. Infatti, la fama di Gesù non è buona, neanche nell'ambito della sua parentela. L'evangelista ha affermato chiaramente che "neppure i suoi fratelli credevano in lui" (Gv 7,5), la folla lo ritiene un demente ("Sei un indemoniato!", Gv 7,20) e i capi aggiungono alla demenza anche il tradimento di Dio, equiparando Gesù ai sacrileghi Samaritani ("Non abbiamo forse ragione di dire che sei un Samaritano e un indemoniato?", Gv 8,48). Anche Dio sembra contro Gesù. Infatti il Galileo, che pretendeva di essere nientemeno che il Figlio di Dio, è ora appeso al patibolo dei maledetti da Dio, divenendo egli stesso segno di maledizione "poiché sta scritto: Maledetto chiunque è appeso al legno" (Gal 3,13; Dt 21,23). Tra chi condanna, in nome di Dio, e il condannato, Maria non ha esitazione e si pone a fianco del giustiziato, incorrendo nella stessa condanna di Gesù. La presenza di Maria presso la croce non è solo una sfida alla propria famiglia, ma un aperto rifiuto di una religione assassina, dove chi ammazza crede "di rendere culto a Dio" (Gv 16,2). Presso la croce di Gesù, Giovanni non presenta una madre che soffre per il figlio, ma la coraggiosa discepola disposta a fare la stessa fine del suo maestro. L'evangelista non accenna al dolore di Maria, ma al suo coraggio. Lei è la discepola perfetta, capace di prendere su di sé quella croce che Gesù ha messo come condizione per poterlo seguire: "Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me" (Mt 10,38).

Dalla morte alla vita

Gesù, crocifisso sul patibolo riservato ai delinquenti, vede la madre e accanto a lei il discepolo anonimo, quello conosciuto per essere amato da Gesù. Questo amore non è un affetto preferenziale da parte di Gesù, ma la normale condizione di ogni discepolo che, in quanto tale, è oggetto dell'amore del Signore, come Lazzaro e le sue sorelle, anch' essi oggetto dell'amore di Gesù: "Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro" (Gv 11,5). Questo discepolo, che con la qualifica di "amato" da Gesù è già apparso durante la cena (Gv 13,23), è ora presso la croce, e sarà assieme a Maria di Magdala il primo testimone della resurrezione di Gesù (Gv 20,1-9) e il primo a percepire la presenza del Cristo risuscitato (Gv 21,7). L'evangelista sottolinea che Gesù non si rivolge a sua madre, ma alla madre. La madre non è più solo di Gesù, ma di tutta la comunità che nasce dall'Israele rimasto fedele a Dio. Gesù le si rivolge come aveva fatto a Cana con l'appellativo donna (Gv 2,4), cioè sposa. Un filo conduttore unisce le nozze di Cana dove è presente la madre, l'ultima cena dove è presente il discepolo amato, e la croce dove entrambi sono presenti. "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19,28). L'invito che Gesù fa alla madre non è di accogliere nel discepolo amato un figlio, ma di saper riconoscere in questo discepolo il figlio, cioè Gesù stesso (Gv 17,23). Quel che storicamente appare come una scena di morte, teologicamente si trasforma in una di vita. La vita non muore, ma continua. Ciò che descrive l'evangelista non è una morte ma un parto, immagine adoperata da Gesù parlando della sua morte (Gv 16,21). Sul Gòlgota non muore Gesù ma nasce la Chiesa, la comunità dei "figli di Dio... i quali non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,12.13). Poi Gesù si rivolge al discepolo e gli dice: "Ecco la tua madre!" (Gv 19,27), invitandolo a riconoscere nella madre la sua origine. La nuova comunità di Gesù procede dall'antica ("la salvezza viene dai Giudei", Gv 4,22). Non c'è rottura ma continuità, non rivalità ma comunione, non distanza ma vicinanza. E il discepolo accoglie la madre di Gesù come facente parte di sé: "E da quell'ora il discepolo la prese con sé [gr. eis tà idia]". L'espressione greca usata dall'evangelista vuole indicare un rapporto di intimità ed è già apparsa all'inizio del vangelo di Giovanni in maniera negativa formulando il rifiuto della famiglia e del popolo verso Gesù, che "venne tra i suoi [gr. eis tà idia] ma i suoi non lo hanno accolto" (Gv 1,11). Israele è stato incapace di riconoscere e accogliere il Cristo alla sua venuta, ma i seguaci di Gesù saranno capaci di accogliere nel loro seno la madre, figura di quell'Israele al quale il loro maestro deve la sua origine. Maria non ha perso il figlio sulla croce, ma ha accolto, nella figura del discepolo amatoi, una moltitudine di figli, quelli che per tutte le generazioni la chiameranno beata (Lc 1,48) realizzando così la volontà del Cristo "che tutti siano uno" (Gv 17,21).

 

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