Le apparizioni all'incrocio degli studi teologico-interdisciplinari
Data: Giovedi 27 Agosto 2009, alle ore 23:54:06
Argomento: Mariofanie


Relazione di P. Stefano de Fiores al Congresso Internazionale di Fatima.

1 - Prospettica diacronica: escalescion del fenomeno

Oggi gli studiosi cominciano ritornano ad interessarsi alle apparizioni a causa della loro massiccia presenza. Un certo interesse manifestò per esse la teogonia medievale e moderna, per essere assolutamente ignorate dagli studiosi contemporanei fino al 1937.

1. POSIZIONE DEI TEOLOGI SCOLASTICI
Per loro la questione fondamentale fu quale tipo di fede era chiesta da eventuali apparizioni. Per i tomisti le apparizioni sono una forma di profezia e vanno collocate nell’ambito dell’etica perché non stabiliscono una nuova dottrina, ma mirano a orientare il comportamento umano. Per questo Melchior Cano afferma che esse non costituiscono un luogo teologico. La massima valorizzazione delle apparizioni è sostenuta da Lutero che appellandosi alla sola Scrittura dice che non abbiamo bisogno di alcuna rivelazione particolare e da S. Giovanni della Croce che le considera episodi marginali e desiderarle è una pericolosa tentazione se non un peccato. Escluso l’atteggiamento positivo di S. Teresa d’Avila, moltissimi autori (gravina, Amort, Defresnoy, Lambertini poi papa Benedetto XIV ecc.), influenzati dalla cultura critica e illuministica, diffidano di miracoli e apparizioni, ammettendo per esse solo un consenso di fede umana. Secondo Rahner, proprio la storia della teologia mistica è la storia della valorizzazione del profetiamo a favore della contemplazione pura e non profetica.

2. ACQUISIZIONI CONTEMPORANEE
Mentre i teologi e gli autori svalutano le visioni, inizia l’era delle grandi apparizioni che a-vranno una vastissima risonanza nella Chiesa:
- 1673 : S. Cuore a Paray-le-Monial a S. Margherita Maria Alacoque;
- 1830 : Rue du Bac
- 1846 : La Salette
- 1858 : Lourdes
- 1871 : Pontmain
- 1917 : Fatima
- 1932 : Beauraing
- 1933 : Banneux ecc.

Il Billet conta 232 apparizioni tra il 1928 e il 1975 in 32 nazioni. Negli anni 80 si arriva ad un record di apparizioni, anche con la massiccia realtà di Medjugorie. Laurentin segnata tra apparizioni e lacrimazioni oltre 84 tra il 1976 e il 1985.
Con l’aumento delle apparizioni, aumentano anche le pubblicazioni su di esse. Tra quelle di notevole valore abbiamo:
- Uno studio critico di Carlos Maria Staehlin del 1954
- Un articolo di H. Holstein del 1955 che fa il punto sulla dottrina classica circa le apparizio-ni mariane. Interessante la sua spiegazione delle apparizioni, secondo la quale i veggenti non vedono la l’apparizione con gli occhi del corpo, ma con una visione immaginativa nella qua-le la figura della Vergine s’impone alla loro immaginazione provocando in essi un forte sen-so della sua presenza. Circa l’esame dei fatti accaduti, l’autore ritiene indispensabile che i veggenti siano interrogati il più presto possibile per evitare che la rivelazione sia amplificata, trasformata o perfino travestita da chi l’ha ricevuta nel tempo che segue la rivelazione stessa. I messaggi delle apparizioni sono coi carismi che hanno valore per la Chiesa: sono appelli urgenti e pratici, inviti a prendere in considerazione tale o tal’altro atteggiamento.
- I congressi mariologici internazionali di Roma del 1954, Lourdes del 1958 e Lisbona-Fatima del 1967 dedicano alcune sessioni di studio alle apparizioni. In questi congressi ci si è chiesto se le apparizioni che godono il ripetuto consenso dei papi, come Lourdes e Fatima, impegnano la loro infallibilità come nei processi di canonizzazione e sono quindi un fatto dogmatico che richiede un assenso di fede ecclesiale.

2 - Prospettiva sincronica: approccio teologico alle apparizioni

Ecco alcuni teologi che hanno apportato un significativo contributo allo studio e approfondimento delle problematiche delle apparizioni
K. Rahner
- Le apparizioni sono possibili perché Dio è libero di rendersi percepibile allo spirito creato non solo attraverso le sue opere, ma anche attraverso la sua Parola, anche se la sua massima e piena rivelazione si è verificata in Cristo. Negare questa possibilità non è teologicamente fondato.
- La posizione di Benedetto XIV secondo la quale alle apparizioni bisogna prestare una fede soltanto umana, è per Rahner carente perché troppo negativa: si nega in pratica la possibilità di considerarle nel loro significato teologico e nella loro necessità per la Chiesa come tale. Almeno per il veggente e per quanti vengono a conoscenza delle apparizioni, si dovrebbe ri-conoscere un dovere di fede: se Dio è veramente manifestato, sorge il dovere di ascoltare, obbedire e credere.
- Pur tenendo conto del valore relativo delle apparizioni in rapporto alla rivelazione pubblica, Rahner pensa alla necessità di trovare un contesto positivo dove collocarle che, secondo lui, è la teologia dei carismi, alquanto trascurati e ritenuti un privilegio della sola chiesa primiti-va, mentre la vocazione del profeta è sempre presente nella Chiesa. I tessuto ideale delle ri-velazioni è nel vissuto spirituale e mistico, cioè sono una irradiazione e un riflesso dell’evento mistico centrale.
Volken
Nella sua opera del 1961, pur seguendo il pensiero della scolastica, l’autore si propone di fa-re una sintesi teologica sull’argomento apparizioni che costellano la vita della Chiesa fin dal-le origini. Una parte essenziale della pubblicazione riguarda il loro discernimento interno con l’esame accurato del contenuto, del soggetto, del modo e delle circostanze delle appari-zioni e quello esterno che consiste nel miracolo e nell’autorità della Chiesa. Anche per Vol-ken l’assenso alle apparizioni è un atto di fede teologale; egli lamenta il poco conto in cui es-se vengono tenute nella Chiesa a causa della trascuratezza sul problema dei carismi.
Teologia pre-conciliare delle apparizioni
Tra gli autori si distingue René Laurentin con il suo ampio articolo sul N.D.M. dove distin-gue tra rivelazione fondatrice e rivelazioni particolari e lamenta le misure restrittive in auge nella Chiesa. Egli ritiene con Rahner che l’adesione alle apparizioni rientra nel campo della fede teologale non solo per il veggente, ma anche per quelli che ricevono la sua testimonian-za. Con le sue apparizioni, Maria sembra aver avuto la missione di salvaguardare i carismi in un’epoca in cui sono trascurati o repressi.
Il Concilio Vaticano II con la sua dottrina sui carismi che sono da accogliere con gratitudine e consolazione, invita a superare quell’atteggiamento severo e repressivo circa i veggenti prevalso nella Chiesa nel periodo post-tridentino.
Stefano de Fiores alla voce “Fatima” del N.D.M., descrive le costanti delle apparizioni ma-riane che sono:
- Il sentimento della presenza in base alla quale il veggente è convinto di essere in contatto immediato con l’oggetto che gli si è manifestato;
- La presenza di un messaggio profetico – apocalittico – sapienziale
- La presenza di segni di vario genere che accompagnano le apparizioni.

Esistono motivi validi per essere più sensibili nei confronti delle apparizioni:
a) la consapevolezza della presenza operante dello Spirito Santo nella Chiesa;
b) L’approfondimento del concetto biblico di rivelazione per il quale essa non è soltanto una semplice trasmissione di verità astratte o idee, ma è fatta di eventi e parole intimamente con-giunti
c) L’armonia che esiste tra fede e visione: La fede non ha bisogno di segni e visioni perché si basa essenzialmente su Cristo, ma nulla vieta che Egli si riveli a più riprese, come attesta il N.T.
d) La pietà popolare porta a riconsidera il sensus fidelium quale luogo teologico. Essa consi-dera le apparizioni come una parola profetica per il nostro tempo.

3 - Prospettiva sincronica: psicologia delle apparizioni

Apparizioni e allucinazioni
Durante l’apparizione il veggente percepisce una realtà oggettiva mentre l’allucinazione è una percezione senza oggetto, questa è la fondamentale differenza tra apparizione e allucina-zione, anche se i meccanismi possono sembrare simili. Questa percezione di una realtà og-gettiva, non sembra essere una percezione “corporale” nel senso onirico del termine, ma una percezione soggettiva che si realizza con un influsso sugli organi percettivi da parte di Dio, senza l’oggettiva presenza locale dell’oggetto, perché esso possa essere visto. In realtà l’apparizione può essere considerata una visione immaginativa sollecitata da Dio e accom-pagnata da un vivo senso della presenza dell’oggetto in questione.

Bisogni psicologici e apparizioni
La psicologia si chiede a quali bisogni rispondono le apparizioni e ne individua tre:
a) Bisogno di fatti constatabili: l’oscurità della fede e molto penosa e i credenti hanno biso-gno di fatti, di rappresentazioni concrete, esistenziali e obiettive dell’intervento di Dio nel mondo;
b) Bisogno di protezione e di emotività religiosa: le apparizioni non sono fatti depersonaliz-zanti, ma appelli che toccano la sensibilità, toccano aspetti vitali;
c) Bisogno di sicurezza per l’uomo moderno inquieto che vive nell’angoscia di fronte alle continue evoluzioni e alle forze materiali incontrollabili.

Le apparizioni secondo Drewermann
Questo studioso dedica molto spazio al fenomeno e considera apparizioni, visioni ecc casi dell’autorappresentazione proiettiva dell’inconscio in cui si proietta un modo di tramandare e conoscere la storia “reale” in senso storico. Le apparizioni non sono quindi altro che la proiezione di una verità psichica il cui luogo d’origine sono gli strati profondi della psiche umana. Per l’ermeneutica delle apparizioni sono importanti tre nozioni:
a) la resistenza e l’angoscia dell’uomo dinnanzi alle visioni costituiscono il riflesso di una necessità psicologica, cioè esprimono la paura che ha di perdere irrimediabilmente la propria identità;
b) Le apparizioni e le visioni sono simboli condensati e no come racconti storici, sono, cioè, esperienze compresse che trovano una liberazione nel linguaggio simbolico psichico. Per ca-pirle l’unica via è quella del rifacimento simbolico.
c) Dato che le esperienze visionarie seguono i processi della psicodinamica umana, non deve indulgersi al soprannaturalismo che identifica in esse Dio, la Vergine ecc. perché in realtà non sono che l’idealizzazione di immagini ideali del padre e della madre radicate nella psi-che. Drewernann riconosce tuttavia alle visioni una verità teologica in quanto attraverso di esse Dio infonde nell’esperienza visionaria il senso della sua vicinanza.
Drewermann distingue teologicamente l’apparizione, che comporta un incarico vocazionale grave da svolgere, dalla visione il cui fine è solo l’esperienza del divino. Drewermann ha il merito di aver immesso l’esperienza umana, comprese le apparizioni, nel circolo ermeneuti-ca della teologia, rivalutando i simboli e gli archetipi umiliati dall’imperalismo della ragione e di aver denunciato la repressione delle visioni sante da parte delle teologie cattolica e pro-testante.

Riflessione psico-teologica di Vergote
La psichiatria ha gettato sospetti nel campo delle apparizioni, sia perché sono molto simili alle allucinazioni dei malati mentali, sia in base all’a priori razionalistico per cui è impossibi-le che Dio intervenga direttamente nel mondo. Gli studi recenti dimostrano che, al di là delle somiglianze (ambedue vedono e ascoltano ciò che gli altri non percepiscono), esiste una pro-fonda differenza tra personalità psicotica e un veggente. Il veggente è una persona affettiva-mente motivata che è preso dalla realtà di certi dati soprannaturali al punto che in certi mo-menti l’invisibile s’impone loro con una tale densità di presenza effettiva da essere contem-plato e inteso. Il procedimento è per Vergote simile a quello del sogno che provengono da potenti motivazioni affettive e assumono la forma di immagini o di modelli presenti nel ri-cordo, per cui trovano una soddisfazione immaginaria, che include la sensazione di realtà. Il valore soprannaturale delle visioni è garantito da tre principi: il contenuto di fede riconosciu-to dalla comunità cristiana; il desiderio dell’unione intima con la realtà divina; l’intervento preternaturale o soprannaturale di Dio che si integra alla realtà umana. Le visioni sono defi-nite da Vergote dei carismi che divengono spesso segni di Dio per gli uomini come attestano i pellegrinaggi, le conversioni, le preghiere che esse suscitano.

Orientamenti della psicologa transpersonale
Anche le scienze umane si interessano alle apparizioni:
Jean Dierkens: le apparizioni non sono un fenomeno esclusivamente religioso o patologico per cui vanno studiate nel vissuto di atti normali che pongono problemi, analogicamente alla creazione artistica e all’attività onirica.

4 - Prospettiva sincronica: approccio socio-antropologico

Per comprendere le apparizioni è anche necessario lo studio del contesto delle interazioni so-ciali, senza le quali no si comprende lo sviluppo del medesimo fenomeno. Purtroppo le appa-rizioni, nota l’americano Carrol, pur avendo una grande importanza per molti cattolici, non hanno ricevuto molta attenzione da parte dei sociologi della religione. Da studiare sarebbe anche tutto il processo di ricezione, appropriazione, acculturazione da parte di gruppi o del popolo che contraddistingue le apparizioni. Lo studioso D’Ambrosio connette le apparizioni mariane degli ultimi due secoli con la drammatica situazione dell’Europa, sconvolta dalle ri-voluzioni economiche e sociali che mettono in questione lo stesso destino del cattolicesimo e le evidenze religiose tradizionali. Alcuni studiosi vedono nelle apparizioni mariane una tona-lità emozionale-sentimentale-taumaturgica, in contrapposizione con la pastorale liturgica che ha spesso sbrigativamente liquidato le diverse forme popolari di vita cristiana. Secondo lo studioso Apolito, docente di antropologia culturale a Salerno, è l’accettazione delle appari-zioni da parte della società a determinarne anche la validità. Infatti se si accentua collettiva-mente la non-accettazione, i veggenti verrebbero codificati come visionari, sognatori e imbroglioni.

5 - La procedura canonica

La domanda se approvare i carismi o reprimerli è antica quanto la Chiesa stessa. Già lo stesso Paolo dovette intervenire a Corinto in loro difesa. I Padri si sono divisi tra favorevoli ai carismi come S. Cipriano e coloro che non danno alle visioni nessuna importanza come A-gostino. Il Concilio Lateranense V del 1516 approvò misure restrittive riguardo ad apparizioni e rivelazioni, allo scopo di proteggere la Chiesa dalla proliferazione delle visioni in u-n'epoca oscura, pietistica ed inquieta. Il Concilio vedeva la necessità che fosse la S. Sede a giudicare i fatti relativi alle apparizioni e, in ogni caso, consigliava l'ordinario del luogo di circondarsi di gente esperta, prima di emettere un giudizio su di esse. Il Concilio di Trento del 1563 rinnovava il giudizio ristretto del Concilio Lateranense, lo estendeva anche alle immagini considerate prodigiose e insegnava che nessun miracolo poteva essere ammesso senza il riconoscimento del Vescovo. Papa Benedetto XIV nel XVIII secolo, fu il primo a definire in maniera più formale lo statuto delle apparizioni relativizzando anche il loro valore spesso esagerato e stabilendo la precisa funzione del Magistero della Chiesa in questo campo. Egli stabiliva in maniera inequivocabile che l'autorizzazione data dalla Chiesa non è altro che il consenso affinché la rivelazione sia conosciuta per l'edificazione dei fedeli ma ad essa non può essere dato un assenso di fede cattolica, ma solo di fede umana. La posizione di Be-nedetto XIV non è sostanzialmente cambiata fino ai nostri giorni. Non esiste una specifica trattazione di esse e non ne parla nemmeno il Codice di Diritto Canonico del 1917, né quello del 1983. Secondo una semplice nota della Congregazione della Dottrina della Fede del 25 febbraio 1978, i vescovi devono seguire i seguenti criteri di discernimento: eseguire un esame accurato dei fatti; appurare l'ortodossia, cioè la conformità dei messaggi all'insegnamento della Chiesa; constatare la trasparenza degli eventi per cui l'apparizione è un servizio reso al-la Chiesa; esaminare i segni con i quali Dio conferma il suo operato; accertare la salute e la patologia dei veggenti attraverso un'adeguata commissione; vedere se i frutti sono quelli della conversione e del ritorno a Dio; riconoscere la provenienza soprannaturale o no dei fatti.

6 - Atteggiamenti spirituali veso le apparizioni

Entusiasmo e perfino fanatismo
Molti fedeli, sempre alla ricerca del meraviglioso e dello straordinario, stentano a rispettare nel loro atteggiamento verso le apparizioni, la reale gerarchia dei valori della fede. Molti accorrono ai luoghi delle apparizioni, ma si levano contro l’Autorità della Chiesa o non partecipano alla liturgia o si accostano ai sacramenti.

Indifferenza e passività
Altri cristiani, impregnati di atteggiamenti e metodi scientifici, tipici dell’uomo d’oggi, trovano quasi fastidio nei riguardi degli eventi straordinari, che considerano più che un dono di Dio, un ostacolo e una molestia.
I due atteggiamenti – entusiasmo e indifferenza – rappresentano due estremi da evitare. L’atteggiamento ottimale è un attivo discernimento, una cauta apertura e una saggia accoglienza. Una volta appurata la serietà del fenomeno, non resta che accettare con gratitudine il carisma dei veggenti e approfondire il significato delle apparizioni da loro testimoniate.

6. RILIEVI CONCLUSIVI

1. Dal punto di vista teologico le apparizioni sono valorizzate in articoli e studi, entrano nei dizionari e nei trattati di teologia e di mariologia. Il loro statuto non si riduce più al criterio negativo, che le differenzia dalla rivelazione biblica, ma contempla il loro valore come interventi di Dio nella storia, da accettare per fede divina e come carisma profetico proiettato sul futuro della chiesa e del mondo. La teologia scopre nelle apparizioni l’amore di Dio per noi che ama manifestarsi attraverso l’icona materna di Maria.

2. Dal punto di vista delle scienze umane le apparizioni tendono ad essere classificate non già tra fenomeni patologici, ma piuttosto accanto al fenomeno no comune, ma perfettamente normale, della creatività artistica. Essi svolgono una funzione archetipa e simbolica di gran-de spessore. Anche la sociologia studia i processi di costituzione e di recezione delle appari-zioni.

3. Dal punto di vista della procedura canonica bisogna dire che c’è un vuoto legislativo ereditato dal vecchio Codice di diritto canonico, non colmato nemmeno dal nuovo. Si auspica che questo vuoto sia colmato perché lo richiede l’ampiezza del fenomeno e lo esigono i vescovi confrontati direttamente con queste realtà.

4. Dal punto di vista della spiritualità bisogna passare ad un atteggiamento più positivo e sereno nei confronti delle apparizioni moderando sia l’entusiasmo acritico sia lo scetticismo razionalistico.







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