Canta o lingua la madre di Dio
Data: Mercoledi 29 Aprile 2015, alle ore 23:38:23
Argomento: Patristica


Un articolo di Paolo Riva su Venanzio Fortunato, in La Madonna della Neve, n. 4/aprile 2015, pp. 24-25.

Grande poeta latino fu Venanzio Fortunato - Dal Veneto al regno dei Franchi - Decisivo l'incontro con Radegonda - A Poitiers scopre la vocazione sacerdotale e matura nella sua attitudine lirica - Celebri le lodi a Maria e gli inni alla santa Croce di Cristo Gesù.

Venanzio Fornutato

Chiunque ha familiarità con la letteratura liturgica certamente non ignora due celebri inni cantati il tempo di Passione: il Pange lingua gloriosi proelium certaminis ed il Vexilla regis prodeunt. L'autore di questi testi è Venanzio Onorio Clemenziano Fortunato, che li compose in occasione della traslazione delle reliquie della S. Croce a Poitiers offerte dall'imperatore di Bisanzio, Giustino II, alla regina Radegonda. Egli nacque a Duplavilis, l'odierna Valdobbiadene, verso il 530. Studiò grammatica, retorica e diritto ad Aquileia e a Ravenna. Ricevette una formazione classica notevole alla quale unì una buona conoscenza della Scrittura e dei Padri della Chiesa. L'agiografia narra che fu colpito da una malattia agli occhi, dalla quale ebbe un'improvvisa quanto inspiegabile guarigione, dopo essersi unto con l'olio di una lampada che ardeva davanti a un'immagine di S. Martino di Tours. Nel 565, recatosi in Gallia per un pellegrinaggio di ringraziamento a Tours, conobbe a Poitiers la principessa di Turingia Radegonda, figlia di Bertario, che si era ritirata nel monastero da lei fondato e retto dalla figlia adottiva, la badessa Agnese. Stabilitosi in quella città nel 567, Venanzio scrisse numerosi poemi dedicati alle due donne, e in seguito all'incontro spirituale con la vita monastica, divenne sacerdote. Alla morte di Radegonda e di Agnese, si spostò in altre città del regno dei Franchi, per poi tornare nel 597 come vescovo a Poitiers, dove morì probabilmente nel 607. Venanzio fu uno dei più grandi poeti della Chiesa latina, dalla vena veramente fortunata. Con le sue composizioni ci ha trasmesso una preziosa testimonianza della crescita della devozione mariana nella cristianità occidentale del VI secolo. Di questo autore abbiamo una miscellanea in 11 libri, che raccoglie circa 300 composizioni poetiche. Scrisse inoltre una biografia di S. Martino di Tours in esametri e sette biografie in prosa di alcuni santi. I suoi modelli letterari preferiti sono Ilario di Poitiers, Sedulio, Paolo Orosio e Cesario di Arles.

Lode a Santa Maria

Alla Vergine ha dedicato il lungo poema In laudem sanctae Mariae che esordisce così: «La lingua dei profeti ha cantato il parto della Vergine; un angelo del cielo porta in terra questo annuncio. La voce concorde degli uomini rammenta ciò che opera una fanciulla: senza il seme dell'uomo ella dà alla luce un uomo. Concordando con questa buona novella, Isaia spiega come Dio, allorché ispira qualcosa, egli stesso prende la tromba per proclamarla; e straripando con la sua parola, annuncia in modo conveniente eventi misteriosi; esalta il nostro Emmanuele datoci da una Vergine, avendo già prima predetto che una Vergine, figlia di lesse, avrebbe prodotto un fiore dalla sua radice, essendo lei stessa, quale madre, l'onore dell'Onnipotente». Ma la critica è propensa a riconoscergli anche un altro inno mariano, il Quem terra, pontus, aethera ancora usato nella liturgia. In genere i suoi versi mariani si rivelano ricchi di ispirazione e di fascino e testimoniano la sincera e profonda devozione dell'autore verso la Madre del Signore. In lei vede una creatura mirabile, che sta al centro dell'ammirazione degli uomini e delle creature celesti, e che appare come una visione nostalgica agli antichi profeti. Così in una delle strofe iniziali del poema In lode di santa Maria: «Questa Vergine fu cantata dal plettro del salmista, quando la melodia, la voce, la lira, le corde, il coro si profusero con arte: "Madre Sion, dirà un uomo; e quell'uomo nacque in essa; proprio quest'uomo nato in essa è colui che l'ha fondata" (Sal 86,5, nella versione dei Settanta). E aggiunge: "Lo stesso Altissimo l'ha fondata". Questa madre Sion è la Vergine Maria. Dal suo seno Cristo procede quale sposo dal talamo ed esulta come un gigante che percorre la sua via (cf. Sal 18,6). 0 talamo dell'utero, nuova unione realizzata in vista della salvezza; unione per cui Dio e la carne si sono onoratamente uniti in un nuovo matrimonio!».

Insigne e unico rimedio

Venanzio Fortunato tocca ovviamente i temi classici della verginità e della maternità divina, ma intuisce interessanti sviluppi a proposito della cooperazione di Maria alla salvezza: «O Vergine insigne e unico rimedio per noi, Dio ti ha riempito della ricchezza del mondo intero. Tu hai meritato di portare nel tuo seno il Creatore e di generare quel Dio che hai concepito nella fede. Con questo parto nuovo, tu stai per purificare il mondo dal peccato e per generare Dio con il tuo santo feto. O Vergine Maria, il Figlio tuo ha curato le sofferenze che Eva aveva procurato al genere umano. La cicatrice causata nella stirpe umana dal dardo del peccato non ha provocato nessuna piaga né si vedono i suoi segni. Infatti, il succo amaro che stilla dalla corteccia dell'albero proibito acquista un sapore dolce se cola dalla croce del Redentore. Allora, sotto forma di frutto, la morte pendette dalla fronda; ora il tuo seno è sia cibo che salvezza. Col tuo pio frutto hai rinnovato il sacro evolversi delle cose e il tempo brilla più luminoso grazie alla tua generazione. Dopo le tenebre, il tuo seno richiamò il sole nel mondo, quando il culmine della luce divina prese a splendere. Dio, luce del mondo, dimorando in te con la sua presenza infuocata, sfavillò più interiormente attraverso le tue membra...». Il poeta va in questo modo confermando quanto questa dottrina stesse maturando nella coscienza cristiana del tempo. In Maria Venanzio Fortunato ama cantare anche i tratti più propriamente umani, che egli esalta con accenti di tenerezza e di estatico lirismo.

In laudem sanctae Mariae, 203

O vergine eccellente, che superi le madri in tutto, la discendenza ti ha innalzato e Dio ti ha concesso cose eccelse; il tuo frutto è presente senza che il tuo fiore abbia perso il tuo onore; per il figlio tu sei la madre ma per te rimani vergine. Te felice che per il genere umano, caduto sotto il dominio dell'inferno, presso i cieli sei diventata la via, il carro. Tu sei la reggia di Dio, l'ornamento del paradiso, la gloria del regno, il rifugio della vita, il ponte per entrare nei cieli. Arca splendida e teca potente della spada a due tagli, tu sorgi quale altare di Dio ed elevato faro di luce; altissima al di sopra dei cedri e le vaste cime dei monti; sotto i tuoi piedi anche la ruota del sole compare. Nel ceto verginale, tu sei la prima guida fra il secondo sesso e la sola fanciulla preferita ai cori celesti. Tu sei l'argilla del vasaio più leggiadra di tutti i vasi e la fulgida materia di una nuova creazione. Sei il bel candelabro che contiene la lucerna del Verbo, la cui forma è stata scolpita da quell'artefice che sta al di sopra degli astri. Sei la sorprendente bellezza che orna la santa Gerusalemme, vaso posto di fronte al tempio in onore di Dio. Tu superi le porte di Sion con il tuo splendore abbagliante e, grazie al merito della tua fede, sei posta come gemma superba del trono. Tu emani luce dal volto; saetti raggi dalla fronte; fai ruotare dignitosamente la luce con i tuoi occhi folgoranti.
 







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