Dallo studio di Stefano De Fiores, Maria Immacolata e Assunta a partire dal Vaticano II, pp. 9-16.
1. CONDIZIONE DEL CORPO GLORIOSO DI MARIA
Un aspetto inedito della teologia post-conciliare è l’interesse per determinare la condizione celeste della Madre di Gesù in ragione della sua assunzione. Dopo gli accenni di autori come A. Bea, E. Neubert, A. Müller, G. Oggioni, L. Boff, troviamo la tesi di Angelo Pizzarelli, La presenza dinamica di Maria nella vita spirituale, difesa nella Pontificia università Gregoriana nel 198327, dove avanza e fonda la spiegazione pneumatologica del corpo glorificato della Vergine come l’unica capace di dare atto della maternità spirituale di lei e dell’esperienza che ne hanno fatto i mistici. Per illuminare la situazione celeste di Maria ci soccorre l’analogia con Cristo risorto e con i corpi risuscitati. Ora le apparizioni di Cristo risorto ai discepoli mostrano che la corporeità del Signore è sganciata dalle leggi della materia, dai condizionamenti del tempo e dello spazio: entra a porte chiuse nel cenacolo (Gv 20, 19), appare e scompare improvvisamente (Lc 24, 15. 31), non è subito riconoscibile (Lc 24, 37; Gv 20, 15; 21, 4). Carlo Maria Martini precisa che Cristo risorto ha del corpo «le qualità attive, in quanto può agire nel cosmo, ma non le passività, in quanto non è circoscrivibile, non può essere afferrato e chiuso dallo spazio e dal tempo»28. Questa nota di sganciamento dai condizionamenti con gli uomini, con il tempo e con lo spazio e soprattutto con il cuore dei discepoli del suo Figlio. Il secondo punto di riferimento per capire lo stato glorioso di Maria è la condizione dei corpi dopo la risurrezione, descritta da Paolo nel capitolo 15 della prima lettera ai Corinzi. Pur ammettendo una certa continuità tra il corpo mortale e quello risorto, l’apostolo insiste sulla loro diversità mediante quattro antitesi:
Si semina corruttibile e risorge incorruttibile,
si semina ignobile e risorge glorioso,
si semina debole e risorge pieno di forza,
si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale» (1Cor 15,42-44).
Applicando questa dottrina a Maria assunta, dobbiamo riconoscere al suo corpo quattro caratteristiche:
1) l’incorruzione, che indica vittoria sulla morte e sulla decomposizione nel sepolcro;
2) la gloria, che esprime sia lo splendore, al pari delle stelle (Dan 12,3), sia la presenza e azione salfivica nella storia (Gv 1,14; 2,11);
3) la potenza, che designa la forza dello Spirito, capace di comunicare la vita nuova e ci compiere opere efficaci e meravigliose (Rm 15,19; 1Cor 12, 4-11; Gal 3,5);
4) la spiritualità, che indica l’intera persona umana della Vergine sotto la piena sovranità trasformatrice dello Spirito.
Generalmente questa impostazione è accettata dai mariologi,29 anche se non sono risolti tutti i problemi suscitati dal tipo di presenza personale di Maria nella Chiesa e nel mondo. Perciò Giovanni Paolo II nella sua visita alla Pontificia Facoltà teologica Marianum (10 dicembre 1988) annoverava tra gli «argomenti gravi e delicati» da approfondire «la natura della molteplice presenza della Vergine nella vita della Chiesa».30 La Lettera della PAMI ai mariologi rincalza: «Spetta senza dubbio ai teologici precisare ulteriormente la natura della presenza della beata Vergine nella vita della Chiesa».31 Spetta a Salvatore M. Perrella il merito di aver tematizzato questa prospettiva presentando «l’assunzione: fondamento teologico delle apparizioni mariane»,32 in altre parole «Maria "appare" perché è assunta ed è nella comunione dei santi»: La Vergine assunta, come ci attestano i fatti mariofanici, appare, parla, prega, maternamente ammonisce, profetizza, esorta a tornare a Dio, è latrice di messaggi e visioni celesti e non, etc. La Vergine può e fa tutto questo per il semplice fatto che, dopo aver compiuto il suo cammino terreno ed essere molto probabilmente morta, è stata, per la volontà e la potenza di Dio, assunta in cielo in anima e corpo [...]33 Occorre proseguire con una trattazione a tutto campo, che tenga conto dell’esperienza dei veggenti delle varie mariofanie disseminate lungo i secoli cristiani, si confronti con la teoria dei sensi interni, specifichi il tipo di presenza della persona glorificata di Maria applicata al tempo e allo spazio. Resta il fatto evidenziato da T. Turi nel dizionario Mariologia che «la natura pneumatica della presenza di Maria è più intuita che teologizzata, è più percepita che argomentata». 34
2. ASSUNZIONE E ANTROPOLOGIA
La riflessione teologica post-conciliare si è soffermata sull’Assunta in rapporto alla condizione umana ed è pervenuta a sottolineare alcuni aspetti significativi.
2.1. L’Assunta paradigma dell’essere umano.
Per Salvatore Perrella il dogma dell’Assunzione esprime l’antropologia positiva del cattolicesimo, non essendo un privilegio esclusivo, ma un «caso paradigmatico» del destino preparato per tutti i fedeli. Maria, cioè, anticipa la sorte di tutti i giusti che perseverano nella fedeltà al Signore ed in tal modo rappresenta la «forma concreta della speranza cristiana». La Madre di Gesù è assunta perché partecipa alla risurrezione del Figlio, sicché anche per lei il paradiso è il luogo cristologico (cf. Fil 1,23). Pertanto rimane inspiegabile perché i tomi dedicati a Cristo risorto (come quelli recenti di Brambilla e di Kessler35) non accennino all’assunzione della Vergine. Quanto alla teoria che sostiene la risurrezione immediata per tutti i cristiani al momento della morte, essa va superata non solo perché svaluta il dogma dell’assunzione di Maria riducendolo nell’ambito della sorte normale dei cristiani, ma anche per i motivi biblici e antropologici ribaditi dalla Commissione teologica internazionale nel documento Problemi attuali di escatologia (1991)36. Per Michele Giulio Masciarelli l’Assunta rappresenta una cartina di tornasole in cui l’uomo si autocomprende sia nella sua relazionalità, sia nel suo destino finale. Per l’autore la parabola dell’età moderna parte dal magistero della ragione imperativa ed emancipatoria che trionfa nel sistema hegeliano, si converte in totalitarismo ideologico e finisce per cedere il posto al «pensiero debole» e al post-moderno nichilista che si esprime nella «caduta del senso». Il cristianesimo non si arrende al nichilismo, né all’uomo rinchiuso «nelle strette stive di una nave che solca un mare senza orizzonti lunghi», perché è fiducioso di scuoterlo con la sua profezia escatologica. Maria glorificata provoca al futuro l’uomo senza radici e senza promesse, invitandolo a non aver paura del futuro, ma ad assumerlo con serietà. Maria, dopo Cristo, è l’esempio più perfetto di antropologia cristiana realizzata. In lei si ha la realizzazione della meta finale della Chiesa pellegrinante tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio. L’escatologia è il punto di vista ottimale per sapere chi è Maria e chi è l’uomo nel suo cammino da Dio verso la storia (exitus) e dalla storia verso Dio (reditus). Avvolta nel mistero trinitario, Maria con l’assunzione riceve dal Padre la gloria meritatagli dal Figlio Risorto, ponendosi come permanente icona d’intimità con lo Spirito vivicante. Per i cristiano ella non è solo oggetto di contemplazione ma anche orizzonte di azione, «uno stimolo ed un punto di riferimento che lo impegna nella realizzazione del proprio cammino storico verso il perfezionamento escatologico finale» (S. Meo).37
2.2. La corporeità come relazionalità.
Un dato acquisito della cultura contemporanea è l’esistenza di un corpo relazionale, distinto dal corpo fisico, che s’imprime indelebilmente nell’anima e quindi sopravvive alla morte biologica. Interrogandosi sul significato del dogma dell’Assunzione, Cettina Militello opta per la prospettiva della corporeità e più precisamente dal corpo della donna. Il dogma, infatti, celebra un corpo esaltato, «glorificato» e si tratta di un corpo di donna.38 L’interesse per la corporeità come modo di essere della Madre di Gesù assunta in cielo supera la schizofrenia antropologica dell’ellenismo e tende a valorizzare il corpo come dono originario e pienezza espressiva di umanità. «Si tratta di rivendicare contro la reificazione del corpo femminile, il diritto a viverlo come espressione piena della propria soggettualità. Non più un corpo negato, offeso, umiliato». Questa rivalorizzazione del corpo femminile riceve una conferma e garanzia dal mistero dell’Assunzione che «celebra la carne di Maria; celebra l’evento grazie a cui questa donna, fatta di carne, accede alla gloria di Dio nella compiutezza immediata del suo corpo vissuto». La corporeità di Maria dice relazione alle persone ma anche al cosmo, in particolare dal momento in cui «il corpo di Maria assunto alla gloria ha anche la valenza di additarci, nella contiguità della carne d’uomo alla creazione tutta intera, il dato già attivo della nuova creazione». In definitiva «il dogma dell’Assunta chiama in causa assai più che il privilegio di Maria sotteso alla pienezza di grazia che le è stata donata. Piuttosto in lei ci si disvela il paradigma di una diversa e possibile declinazione del rapporto corpo oggetto/corpo proprio; corporeità personale e creaturalità cosmica; spazio/tempo individuale e spazio/tempo collettivi». Si supera così la mentalità del «privilegio» che sembra estraniare Maria dalla condizione o destino di tutte le donne, poiché se Maria è icona escatologica della Chiesa, ciò che in lei è compiuto è paradigma di ciò che attende tutti nell’eschaton. Per le teologhe brasiliane Bingemer e Gebara, la Munificentissimus Deus oltrepassa una antropologia dualista per porre al centro la «persona» di Maria, sicché la fede nell’assunzione è insieme professione del destino finale dell’umanità intera senza preclusione alcuna per le donne. Anzi la carica simbolica iscritta nella Madre del Signore, nella sua carne di donna, si declina come dimensione relazionale, vissuta innanzitutto nei confronti della «Alterità originaria e originante» e perseguita poi in ordine alla creazione rinnovata. La corporeità vissuta o l’essere/avere un corpo può divenire una chiave ermeneutica del mistero di Maria, del suo relazionarsi con Dio, con l’uomo e con il cosmo.39
2.3. L’Assunta risposta divina al dolore umano.
La riflessione di Sabino Palumbieri parte dal paradosso dell’esistenza in cui il mistero del male s’intreccia strettamente con la domanda sul significato della vita. Esso costituisce la sfida radicale ad ogni sistema costruito sulla ragione. In fondo è la percezione dell’essere e del non-essere della condizione umana, in quanto «l’angoscia rivela il niente» (M. Heidegger), la sofferenza è l’esperienza del male presente nell’uomo, avvertito come fallimento del proprio essere, e infine la morte male supremo dei mali segna il trionfo definitivo del non-essere sull’essere. Ogni giorno si fa l’esperienza dell’inciampare nell’area del male, come ostacolo (skándalon), che nasconde il volto della trascendenza. Per uscire da questa impasse – nota Palumbieri – ci viene incontro la rivelazione che ci pone di fronte alla sofferenza in Dio (con l’amore ferito con il tradimento dell’alleanza) e anche alla sofferenza di Dio, che con l’incarnazione assume la condizione umana culminante nella morte sul patibolo. La rivelazione ci mostra pure lo sbocco della vicenda discendente di Cristo con l’esaltazione indicata da Fil 2,6-7. L’evento della risurrezione è il segno inequivocabile che la storia non è consegnata all’assurdo né alle forze cieche del fato, ma costituisce la risposta piena al nostro anelito di liberazione dall’alienazione radicale e da tutte le altre forme di morte. Con l’evento della risurrezione, l’uomo ha la sicurezza che il non-essere può aver ragione dell’essere con la morte, ma questo non-essere viene poi sconfitto dalla pienezza dell’essere di Dio. Pertanto, se è vero che «la morte è il limite dell’uomo», è altrettanto vero che «Dio è il limite della morte dell’uomo» (K. Barth). Ma la pasqua di Cristo coinvolge ogni essere umano, che passa così a definirsi non più heideggerianamente essere-per-la-morte, ma essere-per-la-vita. Nella comunità cristiana si distingue la Vergine Maria, un creatura colmata di grazia e intessuta di collaborazione sacrificale con il Figlio. Al suo seguito ella diviene l’esperta del dolore e quindi l’esperta della gloria. Così, se Gesù è «la prolessi della natura umana risorta», Maria è «la prolessi della persona umana risorta». Ed entrambi sono gli emblemi della nuova umanità destinata alla risurrezione totale. Con la Pasqua di Cristo e di Maria il dolore umano – tutt’altro che negato o disintegrato come nell’idealismo ottimismo idealistico hegeliano, ma assunto nel suo spessore di dramma tinteggiato non di rado con i colori dell’assurdo – acquista la certezza che il suo sbocco non solo è possibile, ma è ormai realizzato, come in una primizia di primavera. […] L’immenso dolore dell’uomo resta come ricchezza eterna d’amore. Il soffrire passa. L’aver sofferto resta. E qui è di rigore il riferimento all’opera di Carl Gustav Jung, Risposta a Giobbe, dove assume una singolare posizione circa il dogma dell’Assunta. Lo rilegge in chiave psicoanalitica, come espressione storica dell’anelito primordiale della speranza, presente già nell’inconscio collettivo, in risposta al grido del dolore umano. Perciò Jung saluta l’evento della proclamazione del dogma come il più importante evento religioso dai tempi della Riforma. Si tratta di una pietra dello scandalo per una mente priva di sensibilità psicologica. […] Il nuovo dogma è l’espressione di una rinnovata speranza di adempimento dell’aspirazione, che si muove nel più profondo dell’animo, alla pace e all’equilibrio tra i contrari tesi e minacciosi.40 In conclusione, l’assunzione di Maria diventa la risposta alla domanda di senso della vita, perché l’Assunta è il sì di Dio agli aneliti più profondi dell’uomo, che non è una «passione inutile» (J.-P. Sartre) ma una passione d’amore che sfocia nella risurrezione.41
3. LA PROSPETTIVA ECUMENICA: UN DOGMA NON SEPARANTE
Rimandando ad altri studi esaurienti lo svolgersi del cammino ecumenico post-conciliare su Maria,42 ci limitiamo a puntualizzare brevemente alcune posizioni del protestantesimo, dell’ortodossia e dell’anglicanesimo. Un risultato notevole riguardo al dogma dell’assunzione di Maria è raggiunto dal Gruppo di Dombes. Le divergenze certo esistono, ma «non attentano alla nostra comunione in una stessa fede in Cristo». Poiché essi «non appartenevano all’espressione comune della fede al momento della separazione, non possono obbligare gli altri cristiani». I protestanti del gruppo riconoscono che «l’interpretazione di tali dogmi non comporta nulla che sia contrario all’annuncio evangelico. In questo senso questi dogmi non ingenerano divergenze separatrici». 43 Interessanti le osservazioni del Gruppo «per una migliore comprensione dell’assunzione»: È importante ricordare che la «resurrezione», in senso biblico, non deve essere concepita come la rianimazione di un cadavere, né come la semplice immortalità di un’anima privata di ogni carattere corporeo, né come forma di reincarnazione in un’altra esistenza che sarebbe ancora sottomessa ai limiti dello spazio e del tempo. È piuttosto «resurrezione della carne», come dice il Simbolo degli apostoli. La «carne» designa qui la persona nella sua unità e nella sua integrità, cioè tutto insieme il suo «spirito», la sua «anima» e il suo «corpo» - intendendo «corpo» non nel senso di componenti fisici destinati a perire, ma nel senso di una dimensione che non cessa di essere intimamente legata all’identità della persona - . [...] La «carne» che risorge è quindi tutto quel che porta il segno di un essere umano nel suo modo di rapportarsi a se stesso, al mondo, agli altri, a Dio».44 La Chiesa ortodossa fin dal VI secolo celebra il 15 agosto la Dormizione della Madre di Dio, una festa ricorda la morte di Maria che viene trasferita alla vita. Se identica è la fede nell’assunzione, il dogma cattolico fa difficoltà perché il Papa, primo patriarca, non ha consultato gli altri quattro della Pentarchia. Poiché si tratta di «difficoltà che non riguardano l’essenza dell’insegnamento della Chiesa, bensì degli aspetti alquanto formali e di metodologia teologica», il dialogo deve continuare. 45 La dichiarazione di Seattle (2004), Maria: grazia e speranza in Cristo, da parte della Commissione internazionale anglicana-cattolica romana, ricupera all’interno del modello biblico la verità dei dogmi dell’Immacolata e dell’Assunta, che non solo non contraddicono la verità centrale di Cristo salvatore ma sono in armonia con essa e rispondono al piano di Dio che rispettivamente avvolge i credenti con la grazia di Cristo fin dall’inizio dell’esistenza e anticipa l’escatologia per alcuni di essi.46
4. IL PROBLEMA DELLA MORTE DI MARIA
Già nel 1951 C. Colombo nota che la prima cosa che colpisce nella formula di definizione dell’Assunta è «l’assenza di ogni accenno alla morte e alla risurrezione di Maria».47 Egli aggiunge che si tratta di un «silenzio evidentemente intenzionale» non avendo voluto il papa influire sulla discussione tra mortalisti e immortalisti, scoppiata alla vigilia della definizione. I sostenitori della morte, capeggiati da p. Balię, pensavano che l’oggetto dell’assunzione in recto è la glorificazione del corpo vivente, ed ex obliquo la morte e la risurrezione.48 Gli immortalisti, guidati da p. Jugie, giudicavano secondaria e non dogmatica la morte di Maria e perciò non legata essenzialmente all’assunzione. Filograssi, mortalista, nota nel 1949 che «quelli che non vogliono sentire parlare di morte vanno sempre crescendo di numero, e non solo fra i sacerdoti, ma anche fra i laici colti».49 P. Roschini si sente autorizzato a profetizzare: «Io sono sicuro che a partire alla definizione dell’assunzione, il numero di coloro i quali si sono schierati a favore dell’immortalità di Maria ss. andrà sempre crescendo».50 I teologi più imparziali, come Colombo o Schmaus, ritengono che la questione della morte di Maria rimanga aperta. Sennonché nel 1997 Giovanni Paolo II in una delle sue catechesi mariane spezza una lancia a favore della morte di Maria. Egli sa che «alcuni teologi, in verità, hanno sostenuto l’esenzione della Vergine dalla morte e il suo passaggio diretto dalla vita terrena alla gloria celeste». Ciononostante, alla domanda: «è possible che Maria di Nazaret abbia sperimentato nella sua carne il dramma della morte?», risponde con circospezione appellandosi all’analogia con Cristo: Riflettendo sul destino di Maria e sul suo rapporto con il divin Figlio, sembra legittimo rispondere affermativamente: dal momento che Cristo è morto, sarebbe difficile sostenere il contrario per la Madre.51 Poi il papa scarta il legame tra immacolata concezione e immortalità, cui si appellavano gli immortalisti, dal fatto che esso non si realizza neppure in Cristo sofferente fino alla morte di croce per amore del genere umano. Maria vi partecipa con il suo patire e morire: è vero che nella rivelazione la morte è presentata come castigo del peccato. Tuttavia il fatto che la Chiesa proclami Maria liberata dal peccato originale per singolare privilegio divino non porta a concludere che ella abbia ricevuto anche l’immortalità corporale. La Madre non è superiore al Figlio, che ha assunto la morte, dandole nuovo significato e trasformandola in strumento di salvezza. Coinvolta nell’opera redentrice e associata all’offerta salvatrice di Cristo, Maria ha potuto condividere la sofferenza e la morte, invista della redenzione dell’umanità.52 In sostanza Giovanni Paolo II interpreta la morte di Maria come fatto biologico normale, la cui esperienza «ha arricchito la persona della Vergine» perché vissuto con amore. I trattati di mariologia post-conciliari affrontano la questione della morte o non morte di Maria. Generalmente essi si pronunciano a favore della morte «per la somiglianza con Cristo»53 o perché – come D. Fernández – giudicano che «todos los argumentos que se dan a favor de la immortalidad son puras especulaciones»54 o perché pensano che sia suffragata dalla tradizione della Chiesa.55 Permangono pochi immortalisti,56 mentre Calero sulla scia di Laurentin reputa verosimile la morte di Maria, mentre le modalità (perché, come e quando) «quedan ocultas bajo el velo de la ignorancia»57: «Ma si è in diritto di pensare, con Epifanio, che la fine di Maria resti un mistero, nascosto in Dio, e che bisogna che noi ci rassegniamo a ignorare quaggiù».58 Dissipare il velo dell’ignoranza mediante un serio lavoro teologico è compito della mariologia futura, chiamata sulla scia di Rahner ad investigare sul mistero della morte e sulla «morte di Maria come nucleo centrale dell’escatologia».59
NOTE
27 Tale tesi, rivista e aggiornata, è pubblicata con il titolo La presenza di Maria nella vita della Chiesa. Saggio d’interpretazione pneumatologica, Cinisello Balsamo 1990. Il tema è rivisitato da S. DE FIORES, La presenza di Maria nella vita della Chiesa alla luce dell’enciclica «Redemptoris Mater», in Marianum 51 (1989) 110-144.
28 C.M. MARTINI, «Risurrezione», in G. BARBAGLIO - S. DIANICH (ed.), Nuovo dizionario di teologia, Paoline, Roma 1977, 1317.
29 Cf. S. DE FIORES, Presenza, in Maria. Nuovissimo Dizionario, Dehoniane, Bologna 22008, 1365-1400; T. TURI, Presenza, in S. DE FIORES-V. FERRARI SCHIEFER-S. PERRELLA (ed.), Mariologia, Dizionari San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, 1002-1012.
30 GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Pontificia Facoltà teologica Marianum, 10 dicembre 1988, in Visita del papa Giovanni Paolo II alla Pontificia Facoltà teologica «Marianum», [s.d, s.l.], 26-27.
31 PAMI, La Madre del Signore. Memoria presenza speranza. Alcune questioni attuali sulla figura e la missione della b. Vergine Maria, Città del Vaticano 2000, n. 67.
32 S.M. PERRELLA, Le apparizioni mariane. «Dono» per la fede e «sfida» per la ragione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2007, 139.
33 S.M. PERRELLA, Le mariofanie. Per una teologia delle apparizioni, Messaggero, Padova 2009, 207-208.
34 T. TURI, Presenza, 1008.
35 F.G. BRAMBILLA, Il Crocifisso risorto. Risurrezione di Gesù e fede dei discepoli, Queriniana, Brescia 1988; H. KESSLER, La risurrezione di Gesù Cristo. Uno studio biblico, teologico-fondamentale e sistematico, , Queriniana, Brescia 1999.
36 S.M. PERRELLA, L’assunzione di Maria nella teologia post-conciliare: contesto, fatto, «nexus mysteriorum», significato, in L’Assunzione di Maria Madre di Dio, 72-167.
37 M.G. MASCIARELLI, Maria icona perfetta dell’umanità pervenuta per grazia al suo compimento, in L’Assunzione di Maria Madre di Dio, 377-431.
38 Cf. C. MILITELLO, Significato dell’Assunta nella gloria in corpo e anima nella cultura contemporanea, in Aa. Vv., L’Assunzione di Maria Madre di Dio, 263-306.
39 Cf. C. MILITELLO, «L’assunzione nella carne: un approccio con occhi di donna», in Ephemerides Mariologicae 50 (2000) 221-246.
40 C.G. JUNG, Risposta a Giobbe, in ID., Opere complete, IX, Bollati Boringhieri, Torino 1992, 444-445.
41 S. PALUMBIERI, Maria Assunta in cielo, risposta divina al dolore umano, in L’Assunzione di Maria Madre di Dio, 307-352. Cf. anche E. FIZZOTTI, Maria Assunta e il problema del dolore secondo Carl Gustav Jung, in Maria assunta segno di speranza per l’umanitą in cammino, 117-141.
42 Cf. G. BRUNI, Mariologia ecumenica. Approcci, documenti, prospettive, Dehoniane, Bologna 2009; ID., Ecumenismo, in S. DE FIORES-V. FERRARI SCHIEFER-S. PERRELLA (ed.), Mariologia, Dizionari San Paolo, Cinisello Balsamo 2009, 455-465; S.M. PERRELLA, «Non temere di prendere con te Maria» (Mt1,20). Maria e l'ecumenismo postmoderno. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004; ID., Anglicani e cattolici: «...Con Maria la Madre di Gesù» (At 1,14). Saggio di mariologia ecumenica, San Paolo, Cinisello Balsamo 2009.
43 GRUPPO DI DOMBES, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, Qiqajon, Magnano 1998, n. 326.
44 GRUPPO DI DOMBES, Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, n. 262.
45 I. IUVENALIE, Incontro circa Maria Assunta con l’oriente cristiano ortodosso, in L’Assunzione di Maria Madre di Dio, 439-444.
46 «Affermiamo insiele che l’insegnamento riguardo a Maria nelle due definizioni dell’assunzione e dell’immacolata concezione, comprese all’interno del modello bilbico dell’economia della speranza e della grazia, può dirsi consonante con l’insegnamento della Scrittura e le antiche tradizioni comuni» (Dichiarazione di Seattle Maria: grazia e speranza in Cristo, n. 78). Cf. J. BOARMAN, Prospettive anglicane sulla Madre di Gesù assunta in cielo, in L’Assunzione di Maria Madre di Dio, 445-448; S. VARNALIDIS, La celebrazione della dormizione della Theotokos nella Chiesa ortodossa e il dogma dell’assunzione nella Chiesa cattolico-romana, in CALÌ- CARVELLO- MARCUCCI (ed.), Maria Assunta segno di speranza per l’umanità in cammino, 47-69.
47 C. COLOMBO, La Costituzione dogmatica «Munificentissimus Deus» e la teologia, in La Scuola cattolica 79 (1951), 65.
48 BALIĘ, De definibilitate Assumptionis B. Virginis Mariae in caelum, 6.
49 G. FILOGRASSI, L’assunzione corporea al cielo di Maria ss. nel mondo attuale, in Tabor 4 (1949), 116.
50 G.M. ROSCHINI, Il problema della morte di Maria SS. dopo la costituzione dogmatica «Munificentissimus Deus», in Marianum 13 (1951), 163.
51 GIOVANNI PAOLO II, La Dormizione della Madre di Dio, 26 giugno 1997, in La catechesi mariana di Giovanni Paolo II, Città del Vaticano 1998, 181.
52 GIOVANNI PAOLO II, La Dormizione della Madre di Dio, 182.
53 A. CONTRI, Santa Maria scrigno dello Spirito Santo. La mariologia nel contesto della storia della salvezza, LDC, Leumann 2004, 232.
54 D. FERNANDEZ, María en la historia de la salvación. Ensayo de una mariología narrativa, Publicaciones claretianas, Madrid 1999, 383. Ugualmente G. DE BROGLIE, Le «principe fondamental» de la théologie mariale, in H. DU MANOIR (ed.), Maria. Études sur la sainte Vierge, Beauchesne, Paris 1961, VI, 338, attacca i «sofismi» degli immortalisti.
55 C.I. GONZÁLEZ, Mariologia. Maria Madre e discepola, Piemme, Casale Monferrato 1988, 223, nota 53.
56 Cf. C. FUNIATI, La donna che non ha visto la morte, Fuscaldo 1978; M. FORDERER, Königin ohne Tod in den Himmel aufgenommen, in Frankfurter allgemeine Zeitung, 15 aug. 1983, n. 187, 4.
57 A.M. CALERO, María en el misterio de Cristo y de la Iglesia, Editorial CCS, Madrid 1990, 286.
58 R. LAURENTIN, La Vergine Maria. Mariologia post-conciliare, Paoline, Roma 51983, 310.
59 Cf. l’interessante riassunto del pensiero di K. Rahner sulla morte in K.-H. HAUKE, Incarnato nel seno della Vergine Maria. Maria nella storia di Israele e nella Chiesa, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, 186-195.