Il Rosario e l'anima contemplativa di Maria
Data: Venerdi 9 Settembre 2016, alle ore 10:03:18
Argomento: Preghiere


Un articolo di P. Fiorenzo su La Madonna di Fontanellato, n. 2 - marzo/aprile, pp. 6-8.



Il mese di maggio ci porta in modo particolarmente vivo ad accostarci a Maria soprattutto attraverso questa popolare e profonda preghiera che è il santo rosario che, come ci ricordava il Santo Padre Giovanni Paolo II, sviluppatosi gradualmente nel secondo Millennio al soffio dello Spirito di Dio, è preghiera amata da numerosi Santi e incoraggiata dal Magistero. Il Rosario, infatti, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Recitare il Rosario, infatti, non è altro che contemplare con Maria il volto di Cristo. Il Rosario, proprio a partire dall’esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Per sua natura la recita del Rosario esige un ritmo tranquillo e quasi un indugio pensoso, che favoriscano nell’orante la meditazione dei misteri della vita del Signore, visti attraverso il Cuore di Colei che al Signore fu più vicina, e ne dischiudano le insondabili ricchezze. “Il Rosario è il ‘Credo’ che diventa preghiera”. Numerosi sono i frutti del Rosario portati dalla riscoperta della contemplazione con Maria del mistero della nostra salvezza. Questa pia pratica resta oggi, come ieri, come sempre e fin dalle sue origini, la preghiera della fede, con una sua caratteristica sintesi di fede incentrata sul mistero della salvezza. La specificità del Rosario, infatti, non sta tanto nell’essere una preghiera a Maria costituita in un certo modo, quanto nell’essere una preghiera con Maria. Se la grande dignità della preghiera liturgica sta nella sua unione con Cristo e la Chiesa, l’umile dignità del Rosario sta nella sua unione con Maria madre di Gesù. E allora non è questione né di cultura o di inculturazione di popolo o di clero, né di massa o di élites, né di liturgia o di devozione: il Rosario è la preghiera per chiunque – dotto oppure no, laico o religioso, liturgista o semplice devoto – voglia vivere qualche momento della giornata in amabile familiarità con la Madre del Signore, perché senza fine gli parli del Signore.

1. Nel Rosario è racchiuso tutto il mistero della salvezza

Il Rosario è come una parabola evangelica, tutta semplicità e candore all’esterno, ma dentro nasconde verità sublimi e immense; contiene tutto il mistero della salvezza come in sintesi. Rosario e fede: tra l’uno e l’altra c’è un legame vitale. La fede non è solo il contenuto di questa preghiera che è lode, invocazione e insieme riflessione con Maria sul Mistero, ma è anche il fine principale del suo sorgere e del suo esistere nella Chiesa. Anche la lode a Maria, anche la stessa presenza di Maria nel Rosario, tanto intensa e dolce, è ordinata a questo fine: la fede da confermare o da rigenerare incessantemente nel cuore dei fedeli. Sintesi della fede, il Rosario; ma non al modo di una formula di fede o della stessa ‘professione di fede’, cioè, in modo piuttosto espositivo e catechetico; esso è sintesi viva della fede e, meglio si potrebbe dire, uno strumento della fede “instrumentum fidei”, in quanto fa entrare le verità della fede nel dinamismo della grazia e della preghiera: non un ‘Credo’ che fissa alcune verità da credere, ma un ‘Credo’ che si fa preghiera e preghiera mariana e con Maria ci conduce a Gesù. Cerchiamo di penetrare semplicemente con uno sguardo d’amore nell’anima profondamente contemplativa di Maria: al momento dell’annunciazione, ai piedi della Croce, nel giorno della Pentecoste. Scopriremo colei che ascolta e accoglie la Parola, colei che offre generosamente al Padre il Figlio divenuto l’”uomo dei dolori”, colei che sente nascere nel proprio cuore silenzioso e povero la Chiesa della missione e della profezia. La contemplazione è essenziale nella vita della Vergine. Dio l’ha voluta donna fondamentalmente contemplativa, perché deve collaborare intimamente all’opera redentrice di Gesù. Non c’è redenzione senza sangue, perché è l’amore che si fa dono fino al sacrificio supremo (così ha disposto la volontà del Padre), e non c’è redenzione senza una profonda interiorità contemplativa. Cristo è l’apostolo (cioè l’inviato del Padre) contemplativo: la sua parola non è sua, ma di colui che l’ha mandato. Di qui le soste frequenti e prolungate nel deserto, la preghiera continua e solitaria: “Si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Mc 1,35); “…se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione” (Lc 6,12).

2. I poveri sono i veri contemplativi

Maria segue silenziosamente il cammino redentore e apostolico di Gesù. Quante ore di contemplazione dall’annunciazione alla Croce, dalla Croce alla Pentecoste, dalla Pentecoste alla gloriosa assunzione al Cielo! Tutto questo è riassunto nella semplice beatitudine pronunciata da Gesù a proposito di Maria: “Beati, piuttosto, coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” (Lc 11, 27).  Il frutto della sua serena e profonda contemplazione è il Magnificat, che ci svela il segreto della sua preghiera: un canto di gioia e di gratitudine alla fedeltà del Padre che opera meraviglie nei piccoli e nei poveri. Soltanto a partire dalla povertà di Maria si può pregare e contemplare così. Perché soltanto i poveri sono veramente contemplativi, così come soltanto i contemplativi possono comprendere veramente i poveri. C’è una connessione molto stretta tra povertà, contemplazione e speranza. Forse per questo gli autentici profeti della speranza, quelli di cui il mondo oggi ha tanto bisogno, sono sempre persone povere e profondamente contemplative. La contemplazione di Maria è fatta di Parola, di Croce, di Spirito Santo. Ogni vita contemplativa, nella Chiesa, nasce essenzialmente da una parola che lo Spirito genera nel cuore dell’uomo e fa maturare nella fecondità pasquale della Croce. Per questo una vita contemplativa autentica ha bisogno di tanto deserto, di tanta solitudine feconda nello Spirito, di tanta gioia di una vera penitenza. È nota l’affermazione del Cardinal Newman: il Rosario è il ‘Credo’ che diventa preghiera. Più che una definizione vera e propria, è un’intuizione che però coglie il senso più autentico, più originale e originario di questa devozione. Sotto lo scorrere delle Ave Maria passano in una luce viva di racconto e insieme di visione contemplativa le grandi verità della fede. Il rinnovamento della vita contemplativa esige una penetrazione più profonda e sapienziale della- Parola di Dio, una vera ricerca del deserto come luogo di presenza, di pienezza e di incontro, un’aspirazione serena alla conversione e alla penitenza, alla morte e alla croce, alla gioia e alla speranza della risurrezione. Nel Rosario ritroviamo la contemplazione della storia della salvezza – È importante ricordare, poi, che la figura contemplativa di Maria ci introduce profondamente nelle prospettive della redenzione. La contemplazione non è fine a se stessa: è un sereno adorare la Trinità che abita in noi, un gioioso incontro con il Signore che parla attraverso la Scrittura, che si offre a noi nell’Eucaristia e ci attende nel mistero della Chiesa e nella sofferenza dei fratelli.

3. Una capacità inesauribile di servizio

Maria, la contemplativa, è la Vergine della strada e del servizio nella visitazione; è la Vergine dell’offerta a Betlemme e ai piedi della Croce; è la Vergine presente a Cana di Galilea, attenta ai problemi di chi le sta intorno. Soltanto i contemplativi sanno scoprire con facilità i bisogni e le sofferenze degli altri; la contemplazione genera nell’uomo una capacità inesauribile di servizio. Tutto questo è importante per la Chiesa di oggi, particolarmente consapevole di dover essere la Chiesa dell’incarnazione, della profezia e del servizio. La Chiesa di Dio per gli uomini. La Chiesa della redenzione degli uomini per la gloria del Padre. Nel cuore di ogni vero contemplativo – come il Cristo adoratore del Padre, come Maria, la Vergine dell’annunciazione, della visitazione e di Betlemme, la Vergine di Cana, della Croce e della Pentecoste – è sempre viva la presenza degli uomini che aspettano “il conforto di Israele” (Lc 2, 25). Il contemplativo è sempre molto vicino, molto unito a ogni uomo che soffre: “Presso la croce di Gesù stava sua madre” (Gv 19, 25). Per questo nel cuore di ogni contemplativo è sempre presente il mistero della Chiesa “sacramento universale di salvezza”. È presente l’uomo creato a immagine di Dio e redento dal Cristo. È presente il mondo che soffre e spera. Sono presenti il dolore di questo mondo “che passa” e la luminosa certezza della “nuova creazione”. In ciascuno di noi, come in Maria, la contemplazione è opera dello Spirito Santo. Si nutre della Parola. Esige la sapienza del deserto. È profondamente inserita nella Chiesa e genera continuamente in essa la Parola che deve essere annunciata. Ed è sempre una gioiosa risposta, che scaturisce dal silenzio e dalla Croce pasquale, alle esigenze e alle attese, alla sofferenza e alla speranza del mondo in cui viviamo e che aspetta la manifestazione gloriosa del Signore e la definitiva “libertà dei figli di Dio” (Rm 8, 21).

 

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