La Madre di Dio e la civiltà dell'amore in Paolo VI
Data: Giovedi 29 Dicembre 2016, alle ore 20:12:55
Argomento: Magistero


Aspetti socio - politici della solennità di Maria SS. Madre di Dio dal libro di Antonino Grasso, La Vergine Maria e la pace nel Magistero di Paolo VI (1963-1978), Pontificia Academia Mariana Internationalis, Città del Vaticano 2008, pp. 322-332.



 

La solennità di Maria SS. Madre di Dio, secondo il pensiero di Paolo VI, suscita anche altre indicazioni antropologiche e socio–politiche che si innestano perfettamente nei valori positivi su cui si fonda la costruzione e il progresso della pace. Tra la maternità divina e la pace, infatti, il Pontefice vede un legame profondo, attestato da tutto il patrimonio dogmatico, patristico, teologico, mistico e sociale della Chiesa e invocato a motivo della suprema irrazionalità e assurdità della guerra, della crescente delinquenza, della violenza civile eretta a sistema, tutti fenomeni che sollecitano la necessità del disarmo, della difesa della vita e della liberazione dalle situazioni disumanizzanti di una società desacralizzata, senz’anima e senz’amore, priva di ideali superiori che danno senso e valore alla vita della persona umana1. Per cui afferma il teologo Chenis: «La redenzione avvia l’era nuova della pace e Maria, la Madre di Gesù, ne diviene l’immagine significativa, intima e solenne. Che cosa parla di più di pace, che cosa ad essa chiama più efficacemente della “Donna” col bambino tra le braccia? La Madre di Gesù che con materna devozione sta ad indicare l’hodie del manifestarsi di Dio tra gli uomini, è “oasi di pace” nel deserto dei nostri crimini. […] Generando Gesù, dona al mondo il Principe della pace e si associa al suo pacifico annuncio di riconciliazione»2. Nell’omelia della solennità dell’Assunta del 15 agosto 1968, Papa Montini affermava che quando si celebrano le feste della Madre di Dio, le pagine che il Vangelo ci offre, ci fanno vedere e sentire Maria più vicino a noi: si tratta di incontri familiari che facilitano la nostra conversazione con Lei, una conversazione che si svolge con linguaggio umano, perché Ella è nostra, perché Ella è sorella della nostra umanità. I vari misteri riguardanti la persona e il servizio della Madonna, sono quadri di vita ai quali ci è facile l’accesso pur nella loro profondità, grandezza e sublimità3. 

La Madre di Dio e la realtà storica del “Figlio dell’uomo”

La Madre di Dio ci mostra, anzitutto, la realtà del Figlio di Dio che si inserisce con estrema naturalezza e concretezza nella storia, manifestandosi agli uomini, suoi fratelli, come un inerme bambino avvolto in fasce (Lc 2, 9), ma che è il “Figlio dell’uomo” che riceve da Dio signoria e gloria4. Il Salvatore Cristo Signore (Lc 2, 11), ora che è nato per tutto il popolo (Lc 2, 10.11) dalla Vergine, diventa pienamente compartecipe della vita dell’uomo. Sebbene Dio rivestito di luce (Sal 104,2), attorno a lui non brilla nessun alone di gloria ma, come qualsiasi altro bambino della famiglia umana, è segnanto da fragilità e bisogno. Colui che era presso Dio (Gv 9, 11), ora è diventato il figlio di Maria (Mc 6,3), il figlio del falegname (Mt 13,55), l’uomo che si chiama Gesù (Gv 9, 11). Come ogni uomo su questa terra, patirà gli stimoli della fame (Mt 4, 2; Lc 4,2) e della sete (Gv 4, 8); si stancherà (Gv 4,6); soffrirà per l’ingratitudine (Lc 17, 17 – 18); proverà compassione (Lc 7, 13); piangerà la morte di una persona cara (Gv 11, 35.38) e le sventure della città dell’uomo (Lc 19, 41). Egli sarà mite anche con chi lo rifiuterà (Lc 9, 51 – 56); gradirà il calore dell’amicizia (Lc 10, 38 – 41); chiederà compagnia e conforto nell’ora della prova (Mc 14, 34.27; Mt 27, 38.40); si farà aiutare nel portare il peso della croce (Mc 15, 21; Mt 27, 32; Lc 23, 26); morirà come tutti nella sofferenza, senza scendere dalla sua croce (Mc 15, 29 -32; Mt 27, 39 – 44; Lc 23, 35–37). L’anno liturgico della Chiesa, presenta e celebra l’evento della venuta e della permanenza salvifica nella storia dell’umanità del Figlio di Dio e del Figlio dell’uomo, nato da “Donna” nella “pienezza del tempo” (Gal 4,4). Tale ostensione di così benefica presenza teandrica è vivamente celebrata anche nel tempo di Natale che mostra Maria di Nazaret quale verginale Madre e “cristifera”. A tal proposito, nell’udienza generale del 21 dicembre 1966, Paolo VI affermava: «Se vogliamo entrare nello spirito del Natale, nel segno del Natale, nel godimento del Natale, dobbiamo avvicinarci a Maria, la cristifera, la portatrice di Cristo nel mondo. Dalla maternità verginale di Maria possiamo introdurci alla umanità di Cristo Uomo-Dio. Questa è la migliore stagione liturgica del culto alla Madonna»5. Nell’omelia della Messa di Natale del 1965, con la presenza tra l’altro del Corpo Diplomatico, lo stesso Pontefice affermava: «Dio si è fatto uomo! […] Dio, cioè, la grandezza, la potenza, la santità infinita; e l’uomo, cioè la piccolezza, la debolezza, la miseria. Tra questi due termini, la distanza sembra impossibile da ridurre e l’abisso impossibile a colmare. Ed ecco che nel Cristo questi due non sono che uno. La medesima persona vive contemporaneamente nella natura divina e nella natura umana. Il Padre celeste può dire: “Questi è il mio Figlio diletto” (Mt 17, 5), come lo può dire a sua volta la Vergine Maria rivolgendosi al Bambino della greppia che ha appena partorito»6. La gloria, quindi, dell’unigenito del Padre (Gv 1, 14) viene completamente celata dal velo dell’umanità, soggetta anch’essa alle piccolezze e alle angustie del tempo e della storia. La Madre di Dio ci invita ad accogliere questo suo Figlio nella nostra esistenza, come un vero e autentico fratello che, pur essendo di natura divina, non considerò come tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini, umiliando se stesso fino alla morte (Fil 2, 5–9), ma la morte è stata sconfitta dalla gloria pasquale del Cristo risorto, speranza escatologica delle genti7.  La Madre del Crocifisso risorto ci insegna a cercare Cristo nella sterilità del quotidiano, intessuta di gioia e pena, di luce e di ombra, amore e non–amore, sofferenza e morte, nella sicura speranza di scoprire in ogni essere creato il riflesso misterioso della luce nascosta del Verbo di Dio, che sempre avvolto nelle misere bende della condizione degli uomini, rimane senza sosta l’Emmanuele, il Dio con noi8. Nella già citata udienza generale del 21 dicembre 1966 Paolo VI si espresse così a questo riguardo: «Se noi ci chiediamo qual è la via centrale e diritta del nostro mondo terreno, che ci porta a quell’umanità di Cristo, nella quale troviamo la rivelazione di Dio e la nostra salvezza, la risposta è pronta e bellissima: è la Madre di Cristo, e perciò Madre di Dio e Madre nostra»9.

La Madre di Dio e il riscatto della maternità

La solennità del 1 gennaio, presenta la maternità divina di Maria, per la sua singolarità e la libertà del suo “Fiat”, realmente ed escatologicamente liberante, conforme alla dignità della donna chiamata a dare il suo libero assenso, sia in quanto sposa e sia in quanto madre10. Maria segna, quindi, l’avvenuta liberazione della donna da ogni maternità imposta, vissuta come conseguenza di un fatto contrario e di qualche colpa da pagare. È l’unica donna che esercita liberamente e totalitariamente il suo consenso e che conosce la sua maternità prima ancora che il miracolo della vita si realizzi nel suo seno. La riconquista della dignità della maternità, al di là delle maternità subite e l’ideale di una maternità frutto del consenso intelligente della persona alla donazione di sé, del proprio corpo e della propria vita, trovano nella figura di Maria madre il loro segno liberante11. Nell’Angelus del 16 agosto 1970, Papa Montini affermava: «Uno dei pensieri dominanti, che, pare a noi, dovremmo fare nostro e rendere fisso e luminoso, fra quelli sgorganti dalla beata visione di Maria, […] è quello della dignità della persona umana, non solo considerata nel suo elemento spirituale, ma altresì in quello fisico, corporale, che pure la compone»12. La Donna di Nazaret insegna che il corpo della donna, non è più un corpo negato, offeso, umiliato, ma un corpo vissuto, un corpo proprio con il riacquistato diritto a viverlo come espressione piena della propria soggettività. In Maria, la donna e il suo corpo, ritornano ad essere  “spazio” abitabile, accogliente, aperto e capace di trasmettere la vita, che ricorda il farsi carne e ossa di un Dio il quale conferma e santifica in tal modo la carne e le ossa di ciascuno di noi, orientandoci sull’umanità di Gesù, sulla sua vita, sul suo amore e sulla sua dedizione. Maria, madre glorificata, esprime la concretezza di un corpo di donna che ha accolto il Verbo fattosi persona umana, la sua rilevanza nel mistero corporeo della nostra salvezza, la sfida di riappropriarsi della corporeità, la gioia di una corporeità femminile esaltata, non più ripiegata su stereotipi di passività e di inazione13. La conseguenza logica è anche il rifiuto di ogni strumentalizzazione della sessualità al solo fine edonistico, senza il rispetto totale della persona umana14. Nella stesso Angelus sopra citato, Paolo VI sostiene come Maria aiuta a ricomporre l’armonia turbata dal peccato che ha deturpato l’estetica spirituale e fisica del nostro essere e denuncia il diffuso tentativo di fare del corpo il principio prioritario di determinazione e valutazione, degradando in tal modo la persona umana e privando la vita dell’uomo del suo autentico e completo significato. Maria ci prospetta quella visione cristiana della persona composta di anima e corpo, dove l’armonia spirituale e corporale riconduce all’esperienza della serenità e della bellezza di tutto l’essere umano e alla riconquista della sua dignità15.

La Madre di Dio e la presenza rigenerativa e benedicente di Dio

La maternità verginale di Maria è, ancora, il segno augurale e propiziatorio della presenza rigenerante e della benedizione del Dio vivente16 nella nostra storia. Essa, infatti, garantisce la capacità di rigenerare Dio tra gli uomini, quasi divinizzati da questa presenza. Tutti sono, quindi, chiamati ad essere  come la Madre di Dio, perché Cristo possa rinascere in mezzo agli uomini, ridicendo il loro personale “Fiat” alla sua chiamata e collaborando con lui a costruire quel singolare connubio cielo – terra che tende a realizzare un perfetto rapporto di reciprocità e causa il totale rinnovamento del cosmo, ricreato nella luce della salvezza17. La Vergine è, per Papa Montini, preludio, aurora, vigilia della  Redenzione, traguardo della profezia, chiave ermeneutica dei misteri del Regno18. Infatti nell’udienza generale dell’8 settembre 1965 affermava: «Maria è l’annuncio, Maria è il preludio, Maria e l’aurora, Maria è la vigilia, Maria è la preparazione immediata che corona e mette termine al secolare svolgimento del piano divino della redenzione; è il traguardo della profezia, è la chiave d’intelligenza dei misteriosi messaggi messianici, è il punto d’arrivo del pensiero di Dio, “termine fisso d’eterno consiglio”, come Dante si esprime. L’apparizione di Maria nella storia del mondo è come l’accensione di una luce in un ambiente scuro; una luce del mattino, ancora pallida e indiretta, ma soavissima, ma bellissima: la luce del mondo, Cristo sta per arrivare; il destino felice dell’umanità, la sua possibile salvezza, è ormai sicuro: Maria lo reca con sé»19. Il Figlio nasce da questo movimento che azzera la disuguaglianza, rendendo simile ciò che è inizialmente dissimile, frutto della storia d’amore tra il creatore e le sue creature, come un matrimonio tra disuguali per natura, resi uguali dall’amore20. Con la sua maternità divina, Maria rende sempre attuale la benedizione del Padre, origine e fonte di ogni benedizione. Ciò si realizza in lei benedetta in quanto madre (Lc 1,42-43), nella quale si adempì la Parola del Signore. E, in lei, il Padre, vedendo suo Figlio, benedice con ogni benedizione spirituale tutti noi (Ef 1,3). È la sua mediazione materna e verginale che addita a tutta l’umanità, per mezzo dell’umanità di Gesù, “l’ammirabile commercio” tra umanità e divinità, tra l’uomo bisognoso di salvezza e Dio provvido datore di ogni bene che si inserisce con pienezza e concretezza nella nostra storia21.

La Madre di Dio e la “Civiltà dell’amore”

Nella figura di Maria madre, risplende la creatura umana originariamente e strutturalmente chiamata ad amare, cioè si rivela la vera vocazione della persona, che è quella di partecipare alla sorgività dell’Amore. La creatura umana non è un essere amorfo e inattivo ma, nel progetto originario di Dio, è una persona chiamata a “dare”, a “rispondere”, ad “amare”, ad essere “madre della presenza divina” nella storia. La Vergine Madre testimonia questa ontologica vocazione ad amare e dimostra con la sua vita che la creatura umana tanto più è quanto più ama; che il suo essere è amore e che dove c’è pienezza d’amore c’è anche pienezza di essere e di vita. Maria ricorda all’uomo e alla donna che sono fatti per amare, perché sono amati dall’eternità da Dio–Amore, che fa sbocciare la vita. La “via dell’amore” è la via della piena realizzazione di sé. Indicando nell’uomo l’essere amato e l’essere che ama, Maria ne sottolinea anche la fondamentale libertà. Nel suo “Si” materno, l’essere umano chiamato ad amare, si scopre chiamato alla libertà e insieme gli viene manifestato che senza libertà non c’è amore, perché non c’è gratuità e gratitudine, perché non si riflette l’immagine piena di Dio che è Amore, l’Unico veramente libero, che ama ma non è costretto né necessitato ad amare22. Per Paolo VI, la Vergine è vera grammatica dell’amore cristiano, perché per prima è stata amata e per prima ha amato il “frutto benedetto” dell’Amore Trinitario. Infatti nella sua esortazione apostolica Signum magnum,  il Pontefice scriveva: «Possa il Cuore Immacolato di Maria risplendere dinanzi allo sguardo di tutti i cristiani quale modello di perfetto amore verso Dio e verso il prossimo; li induca esso alla frequenza dei santi sacramenti, per la cui gli animi sono mondati dalle macchie del peccato e da esse preservate; li stimoli inoltre a riparare le innumerevoli offese fatte alla divina Maestà; rifulga, infine, come vessillo di unità e sprone a perfezionare i vincoli di fratellanza tra tutti i cristiani in seno all’unica Chiesa di Gesù Cristo, la quale, edotta dallo Spirito Santo, con affetto di pietà filiale venera la Vergine Maria come Madre amatissima»23. E nell’enciclica Christi matri a lei elevava accorata la sua preghiera: «Guarda dunque con materna clemenza a tutti i tuoi figli, o Vergine santissima! Vedi l’ansietà dei sacri pastori, per il timore che i loro greggi siano agitati da un’orrida tempesta di mali; vedi l’angoscia di tanti uomini, padri e madri di famiglia, che, inquieti per la sorte propria e dei loro figli, sono turbati da acerbi affanni. Ammansisci l’animo dei belligeranti, e infondi loro "pensieri di pace"; fa’ che Dio, vindice di ogni ingiustizia, volgendosi a misericordia, restituisca i popoli alla tranquillità, e li conduca per lunga durata di tempi alla vera prosperità»24. Nell’omelia del 15 agosto 1964 il Pontefice, rilevando la bontà del Signore che ha posto l’umanità redenta dal Figlio sotto il segno dell’amore della Madre, quasi a suggello di quanto detto fin ora, affermava: «Come è buono il Signore che ha messo la vita dell’umanità redenta sotto il segno dell’amore materno di Maria! Amore che unifica, che non sopporta la divisione, i risentimenti, la lotta sterile tra i propri figli!»25.

La Madre di Dio e la cultura della vita e della solidarietà

La Madre di Dio, infine, sollecita i cristiani a incentivare una cultura della vita intrisa di virtù mariane e materne, come l’accoglienza e la difesa dei piccoli, dei deboli, degli stranieri, degli anziani, dei diversi (drogati, handicappati fisici e mentali, discriminati per razza, religione, sesso, condizione sociale, malattia). Maria si fa promotrice di una cultura della misericordia e della carità materna, per contrastare una cultura che diventa sempre più fredda, dura, spietata, promotrice di tensione, divisione, violenza, morte. Ella, che ha ispirato ordini e congregazioni religiose che hanno immesso nel tessuto sociale della storia le virtù mariane della fortezza, della solidarietà, dell’educazione dei piccoli, del sostegno degli abbandonati, della consolazione degli afflitti, del conforti ai disperati, aiuta i cristiani a immettere nella cultura umana relazioni di vita là dove sembra che imperversi il dolore, l’alienazione, la morte insensata. Maria è la Madre che offre al mondo Gesù, vita dell’uomo (Cfr. Gv 14,6) ed educa la Chiesa e gli uomini a prendere coscienza di questa vita e che questa vita è al centro di una immane lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Maria chiama e sospinge i cristiani a immettere nel mondo una trasformante e rivitalizzante linfa di vita evangelica, corredata da altissime qualità umane che, nella sua potenza evangelizzatrice, garantisce il definitivo trionfo del regno di Dio26. Maria è Madre di Cristo vita dell’uomo e si pone, così, davanti a noi come la Madre della vita. Nell’enciclica Mense maio del 29 aprile 1965, il Pontefice si augura, perciò, che la Madre di Dio, «che ha conosciuto le pene e le tribolazioni di quaggiù, la fatica del quotidiano lavoro, i disagi e le strettezze della povertà, i dolori del Calvario, soccorra adunque alle necessità della Chiesa e del mondo; ascolti benigna le invocazioni di pace che a lei si elevano da ogni parte della terra; illumini chi regge le sorti dei popoli; ottenga che Dio, il quale domina i venti e le tempeste, calmi anche le tempeste dei contrastanti cuori umani e ci dia la pace in questo nostro tempo, la pace vera, quella fondata sulle basi salde e durevoli della giustizia e dell’amore; giustizia resa al più debole non meno che al più forte; amore che tenga lontano i traviamenti dell’egoismo, in maniera che la salvaguardia dei diritti di ciascuno non degeneri in dimenticanza o negazione del diritto altrui»27.

NOTE

1Cfr. paolo vi, Omelia del 1 gennaio 1978 in Insegnamenti di Paolo VI, LEV 1978, vol. 16, 3–9.
2C. Chenis, Maria, beatitudine del quotidiano, op. cit., 97-98.
3Paolo VI, Omelia del 15 agosto 1968, in Insegnamenti di Paolo VI, TPV 1968, vol. 6, 1180-1186.
4L’appellativo “Figlio dell’uomo”, presente nell’Antico e nel Nuovo Testamento (Is 51,53; Dan 7,13 ss; Mt 8,20; Mc 9,31; Lc 6,22; Gv 12, 34…), fu adottato da Gesù stesso volendo così espremere la sua identità messianica (passione e trionfo), cioè che egli era umanamente debole e pure divinamente potente. Su tale titolo abbiamo un’abbondanza di pubblicazioni, specialmente a partire dagli anni ’40 del XX secolo (Cfr. F. J. Moloney, The johnnine son of man, LAS, Roma 1976; J. Mateos-F. Camacho, Il Figlio dell’uomo. Verso la pienezza umana, Cittadella Editrice, Assisi 2003; Dizionario enciclopedico della Bibbia, Borla-Città Nuova, Roma 1995, 555-557). A questo riguardo vale la pena annotare come un dato rivelatore della denominazione “Figlio dell’uomo” che gli evangelisti applicano a Gesù, è la frequenza con cui viene usata rispetto a quella di “Figlio di Dio”. In Matteo questa ricorre 12 volte contro le 31 di “Figlio dell’uomo”, in Marco 7 contro 14, in Luca 10 contro 26, in Giovanni 9 contro 12. La denominazione “Figlio dell’uomo” appare sempre sulla bocca di Gesù o in riferimento alle sue parole (Lc 24,7) eccetto in Gv 12,34, dove appare nella bocca della folla. “Figlio di Dio” è, invece, pronunciata da personaggi differenti, compresi demoni o indemoniati, che gli attribuiscono significati diversi. Nei Vangeli, pertanto, la denominazione “Figlio dell’uomo” è, dopo il nome proprio, quella principale di Gesù (Cfr. J. Mateos-F. Camacho, Il Figlio dell’uomo, op. cit., 6).
5Paolo VI, Udienza Generale del 21 dicembre 1966, in Insegnamenti di Paolo VI, LEV 1966, vol. 4, 643.
6Paolo VI, Omelia nella Messa della S. Notte per i rappresentanti dei popoli del 25 dicembre 1965, in  Insegnamenti di Paolo VI, LEV 1965, vol. 3, 810.
7Cfr. V. Battaglia, La signoria universale di Gesù Cristo. Una lettura in prospettiva escatologica, in AA. VV., Gesù Cristo figlio di Dio e Signore, EDB, Bologna 2004, 191-211.
8Cfr. A. Serra, Maria di Nazaret, op. cit., 21–30.
9Paolo VI, Udienza generale del 21 dicembre 1966, in Insegnamenti di Paolo VI, TPV 1966, vol. 4, 643.
10Cfr. R. Infante, Lo sposo e la sposa, op. cit., 141-150.
11Cfr. G. P. Di  Nicola, La maternità verginale di Maria, op. cit., 106-133.
12Paolo VI, Angelus del 16 agosto 1970, in  Insegnamenti di Paolo VI, TPV 1970, vol. 8, 796.
13Cfr. C. Militello, Significato dell’Assunta nella gloria in corpo e anima nella cultura contemporanea in AA. VV., L’Assunzione di Maria madre di Dio. Significato storico–salvifico a 50 anni dalla definizione, PAMI, Città del Vaticano 2001, 275-305.
14Sulla teologia del corpo cfr. la buona sintesi di F. G. Brambilla, Antropologia teologica, op. cit., 361-382.
15Cfr, Paolo VI, Angelus del 16 agosto 1970, in Insegnamenti di Paolo VI, 8, 796-797.
16Nella S. Scrittura, la benedizione è il chinarsi misericordioso di Dio sull’uomo per donargli la vita che, a sua volta, abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza, da quelle più comuni e materiali fino alle relazioni più profonde. Essa è forza aggregante che tende a creare legami con tutta la realtà, da quella cosmica a quella umana, a quella divina. Ma la relazione fondamentale, frutto della benedizione che qualifica la vita nella sua pienezza, è quella di “figli di Dio”. Questo dono è reso possibile dall’Incarnazione del Figlio e dall’invio dello Spirito che prega per noi (Rm 8,26), guarda i figli di Dio (Rm 8,14) e grida nei nostri cuori “Abba” (Rm 8,15). La benedizione divina genera nel grembo di Maria una vita che sarà il compimento delle benedizioni d’Israele (Lc 1, 32-33) e delle benedizioni di tutta l’umanità (Lc 2, 31-32°). A generare alla vita del corpo il Figlio santo (Lc 1, 33-35) è il medesimo Spirito che continuerà a generare alla vita della fede figli di Dio santi e immacolati (Ef 1, 4-5). Maria, la benedetta tra le donne, generando il frutto benedetto (Lc 1, 42), salvezza di tutti i popoli (Lc 2, 30-31), ha generato il fondamento della vita spirituale dell’umanità, il nuovo Adamo, nel quale l’intera umanità è benedetta (Rm 5, 12-21) (Cfr. V. Cottini, Benedizione e vita nello Spirito, in Theotokos, 2 (2000), 400-401).
17Cfr. A. M. Triaca, Teologia liturgica mariana a partire dal mistero dell’Incarnazione, in Theotokos,  2 (1995),  268.
18Su Maria chiave ermeneutica del mistero cristiano, si veda R. Laurentin, Maria chiave del mistero cristiano, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996. L’autore presenta la Madre di Dio come parte integrante della storia della salvezza e come paradigma dei valori fondamentali della fede.
19Paolo VI, Udienza Generale dell’8 settembre 1965, in Paolo VI, Encicliche e discorsi, 7, 55-58.
20Cfr. G. P. Di Nicola, La maternità verginale di Maria, op. cit., 106-133.
21Cfr. A. M. Triaca, Teologia liturgica mariana a partire dal mistero dell’Incarnazione, op. cit.,  268.
22Cfr. U. Casale, La maternità verginale di Maria e l’escatologia. Nexus mysteriorum, in AA.VV., Maria icona viva della Chiesa futura, op. cit., 107-108.
23Paolo VI, Signum magnum, in EV, 2,  nn. 1192–1193.
24Idem, Christi matri, in EdE,  7, n. 929.
25Idem, Omelia del 15 agosto 1964, in Insegnamenti di Paolo VI, 2, 1142-1148.
26Cfr. A. Amato, L’Incarnazione e l’inculturazione della fede, in Theotokos, 2 (1995), 381-382.
27Paolo VI, Mense maio, lettera  enciclica del 29 aprile 1965, in EdE
, EDB, Bologna 1994, vol. 7 (Giovanni XIII e Paolo VI, 1958–1978), nn. 843–844.







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