Il Magnificat, canto della liberazione messianica
Data: Giovedi 17 Settembre 2009, alle ore 0:08:49
Argomento: Società


Il significato liberatorio del Magnificat secondo Clodovis Maria Boff, Mariologia Sociale, Marianum, Roma 1999-2000.

Introduzione generale

Il Magnificat è il locus theotologicus per eccellenza, il testo centrale della mariologia socio - liberatrice ed esprime, per così dire, la teologia di Maria, una sua auto-teologia, il primo risultato delle riflessioni di Colei che serbava tutti gli eventi e li meditava nel suo cuore. Quello che ne esce è una sorprendente espressione di teologia della liberazione, per cui - secondo il Card. Ratzingher - la vera teologia della liberazione, è un eco fedele del Magnificat di Maria. Tutti gli autori, anche non cattolici, riconoscono la dimensione sociale e il potenziale libertario di questo inno, la Magna Carta dove comincia la dottrina sociale della Chiesa, dato che proclama il rovesciamento dei potenti dai troni e l’innalzamento degli umili, la consolazione dei poveri e l’umiliazione dei ricchi. Letture riduttive del Magnificat Vi sono alcune letture interpretative del Magnificat che devono essere scartate per non mortificare il suo completo significato. Esse sono: - la lettura "spiritualistica" per cui i potenti e i ricchi sono soltanto gli orgogliosi e i poveri e gli affamati sono gli umili. Padri e dottori della Chiesa vi hanno letto questo significato (Cirillo d’Alessandria, S. Bernardo, Ugo di S. Vittore ecc.), ma ridurlo solo a questo significa andare verso l’astoricismo di stampo agnostico. In questa visione non si leggono, infatti, le mediazioni storiche del maligno, come ad es. fa l’Apocalisse, cioè si interpreta il canto senza alcun significato per e nella storia e lo si rende socialmente insignificante; - la lettura "spiritualistica – moderata" che accetta il senso realista del Magnificat, ma lo mette in sordina, vanificandone il significato a favore dell’interpretazione spiritualistica; - la lettura "enragée" cioè quella che vede in Dio il "Signore degli eserciti" e della "guerra santa" e considera il Magnificat come l’invito ad una guerra santa, contrassegnata dallo spirito di odio e di violenza; - la lettura "enragée – moderata" che oltre a quanto detto sopra riconosce anche il significato religioso dell’inno, dandogli però un posto secondario. Doppia chiave di lettura Perché la lettura del Magnificat sia integrale, bisogna interpretare l’inno in una doppia luce: - alla luce dell’Esodo per rilevarne la dimensione etico – sociale e storica, dimensione che riguarda soprattutto Israele; - alla luce della Pasqua per rilevare la dimensione soteriologia ed escatologica della liberazione messianica, dimensione che riguarda soprattutto la Chiesa. Questa doppia lettura può essere graficamente raffigurata in questo modo: Esodo - MAGNIFICAT - Pasqua Il Magnificat appare dunque un canto messianico aperto e inclusivo, primieramente soteriologico, ma che richiede anche un "messianismo politico" come una sua dimensione interna. La dimensione sociale del Magnificat, non può essere quindi sottaciuta e la Chiesa deve riscoprire e valutare anche questa dimensione se vuole fare un discorso completo sui poveri e sugli oppressi. Magnificat: canto di sintesi tra fede e vita Secondo Hőring il Magnificat, incarna la sintesi tra lode di Dio e umile servizio del prossimo per cui nel suo carattere “sinfonico” esso è un punto di incontro tra diverse categorie di persone: liberali e carismatici, cattolici e protestanti, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti, uomini e donne ecc. Nel Magnificat echeggiano le attese fortemente terrestri e storiche tipiche dell’AT e la realizzazione della salvezza escatologica, inaugurata dalla Pasqua e della Pentecoste nel NT. La fede cristiana comprende, esprimendosi nel Magnificat, che la salvezza ultima deve e può realizzarsi anche nella società storica in termini di liberazione sociale e che questa liberazione è e deve essere protesa verso il traguardo escatologico. Il Magnificat è la sintesi tra l’escatologico e lo storico: le realtà ultime attraversano e superano allo stesso tempo le "realtà penultime". Contesto del Magnificat - Contesto remoto è lo sfondo sociale in cui si trovava a vivere Maria di Nazaret che si può riassumere in questi tratti: a) povertà socio – politica dovuta al sistema coloniale romano basato sul latifondo e il regime delle imposte; b) dominazione socio – politica da parte di un potere straniero e pagano sostenuto dalle sue legioni; c) oppressione ideologico – religiosa da opera del sistema farisaico; d) sommosse rivoluzionarie d parte degli zelati; e) attesa di una liberazione apocalittico – messianica da parte delle folle stanche e sfinite come pecore senza pastore. - Contesto immediato è l’episodio della Visitazione che narra un incontro che ha questi caratteri rilevanti: a) sono due donne ad incontrarsi, fatto che contesta fortemente la subordinazione della donna nella società patriarcale palestinese; b) sono due donne povere, ambedue disprezzate, l’una perché sterile e l’altra perché vergine; c) sono due donne incinte e quindi "benedette" perché portatrici della vita, delle quali una porta anzi la Vita per eccellenza. Origine letteraria del Magnificat L’ipotesi più probabile è questa: a partire da qualche frase di lode detta da Maria stessa nella Visitazione, la primitiva Chiesa giudeo – cristiana, forse anche una comunità di anawin convertiti, avrebbe ampliato questa breve dossologia in un salmo vero e proprio che cantava le meraviglie compiute da Dio in Gesù Cristo e che lo ringraziava per la salvezza manifestata nell’evento della resurrezione. Luca avrebbe ripreso questo canto e lo avrebbe rielaborato liberamente, facendo in esso riecheggiare anche il contesto di persecuzione politico – religiosa che la Chiesa in quel momento stava soffrendo e trasformando il Magnificat anche in un inno dei perseguitati e dei martiri (80 d.C. circa). Luca tuttavia pone questo inno sulle labbra di Maria, facendone la portatrice dei sentimenti dei sentimenti della Chiesa in un contesto di sofferenza. Perché? Perché Luca pensa a Maria come alla Serva del Signore, povera e perseguitata con e come suo Figlio. Si potrebbe concludere, quindi, che se anche il Magnificat non fosse stato composto da Lei, potrebbe in verità esserlo perché, secondo Luca, corrisponde perfettamente ai suoi sentimenti. La prima Chiesa ha sentito la Madre di Gesù come la figura più autorevole per pronunciare il Magnificat della Comunità povera e sofferente. Maria si eleva quindi a rappresentante privilegiata di tutti i poveri. Maria nel Magnificat: la Chiesa degli Anawin Al di là di questa interpretazione è certo che Maria emerge nel Magnificat come la personificazione o il tipo del Popolo di Dio di tutti i tempi, per cui i cristiani di oggi devono riprendere questo inno e riviverlo nella fede e nella pratica con la mens di Maria di Nazaret, secondo le parole di S. Agostino: "In ognuno di voi sia l’anima di Maria a magnificare il Signore; in tutti noi sia lo spirito di Maria a esultare in Dio". Il Magnificat si pone dunque tra passato, presente e futuro in questo doppio rapporto: Chiesa primitiva - MAGNIFICAT - Chiesa del III millennio Questa lettura non deve trascurare l’ottica dei poveri su cui il Magnificat è centrato, dato che è proclamato da una povera e dalla Chiesa dei poveri e perseguitati e questo per riscoprire tutta la sua potenza liberatrice nei confronti degli ultimi. Tutto il Magnificat, infatti, è risonante delle voci dell’AT e mostra una Maria-Chiesa impregnata di fede biblica, una fede fortemente messianica e liberatrice che guarda all’Esodo e all’avvento del Messia. Maria è l’Israele in cui si realizzano le promesse. Struttura del Magnificat Il Magnificat può essere suddiviso in tre parti, secondo la valida formula suggerita da J. Dupont: I Parte: discorso spirituale – religioso (vv. 46 – 50: da. "L’anima mia…" a "santo è il suo nome"). Questa parte è incentrata sulla serva (doúlee), e canta il Potente (Dynatós) che ha fatto grandi cose (megála) in favore della Vergine. Domina qui la misericordia di Dio (élios). II Parte: discorso politico – religioso (vv. 51-53): da: "ha spiegato la potenza…" fino a "mani vuote". Questa parte è centrata sugli umili (tapeinoús) e parla dei prepotenti (dynástas) contro i quali Dio ha fatto prodezze, rovesciandoli dai troni (katheîlen). Domina qui la potenza di Dio (krátos). III Parte: discorso etnico – religioso (vv.54-55): da: "ha soccorso" fino a "sua discendenza per sempre". Nell’ottica di una mariologia liberatrice con cui stiamo leggendo il Magnificat, la parte centrale del canto è costituita dai vv. 50 – 53 ed è costituita da tre antitesi: 1. contrapposizione tra i superbi che saranno dispersi da Dio ai timorati di lui, verso i quali egli stende invece la sua misericordia; 2. contrapposizione tra i potenti che saranno rovesciati e gli umili che saranno innalzati; 3. contrapposizione tra i ricchi che saranno svuotati e gli affamati che saranno invece ricolmati. Questa parte centrale è preceduta dalla prima parte dominata dalla figura di Maria ed è seguita dalla terza parte che pone in rilievo la figura di Israele. Le due figure, la prima e l’ultima si incontrano in quanto sia Maria che Israele sono "servi del Signore". In riferimento a Maria si parla della sua "umiliazione" a cui corrispondono le "grandi cose" operate da Dio in lei (aspetto religioso – soteriologico); in riferimento ad Israele si parla delle "promesse" che si stano compiendo definitivamente (aspetto etico – religioso).

Parte Prima: Discorso spirituale-religioso, incentrato su Maria (Lc 1, 46-50)

L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mi Salvatore (46-47) Il Magnificat è un canto estatico di esaltazione che mutua il suo linguaggio dalla Bibbia in cui Maria, senza perdere la propria identità e la propria coscienza di sé, parla di Dio alla cugina e al mondo. Questi due versetti iniziali ci donano il clima generale di esultanza che attraversa tutto l’inno ed esprimono un’attitudine spirituale, oltre che quella psicologica, segnata dal fervore e dalla sovrabbondanza dello Spirito. Alla base di questo fervore c’è un’esperienza: quella dello Spirito e della sua potenza di vita e di salvezza. La causa è "Dio Salvatore" arrivato nel suo grembo. E’ dunque la gioia della salvezza escatologica e cioè definitiva. Il Magnificat è dunque un canto messianico che ha come fondamento vivo e come ultimo traguardo la liberazione soteriologia. Il Dio che Maria canta ed ha nel suo grembo è essenzialmente un Dio "Salvatore". Perché ha guardato l’umiltà della sua serva (v.48a) SIGNIFICATO DI TAPEINOSIS Che significato ha il termine tapeínosis umiliazione – umità che è l’idea centrale di tutto il versetto? Questo termine ha due sensi basilari: - umiliazione reale, come afflizione, oppressione, disgrazia, bassa condizione sociale, insignificanza di fronte alla storia, anonimato, nullità, mancanza di influenza; - umiltà spirituale e quindi indica un atteggiamento del cuore di chi si sente piccolo davanti a Dio. Che senso ha il termine nel Magnificat? Gli studiosi si dividono per ragioni diverse: a) Significa "umiliazione" perché il termine è spesso in questa accezione usato nella Bibbia (A 8, 33; Fil 3,2 Gcm 1.10) e perché il NT per indicare "umiltà" usa un altro termine e cioè tapeinofrosyne (Mt 11,29). Per ragioni teologiche Maldonado (+ 1583) afferma che Maria non poteva dichiararsi "umile" perché sarebbe stato come un atto di orgoglio dichiararsi umile davanti a Dio, dato che solo Lui è in grado di discernere la vera umiltà dei suoi servi. b) Significa "umiltà"perché secondo il contesto degli ultimi libri dell’AT e nel pensiero del giudaismo extra biblico del II secolo a. C. fino al I s. d. C. i tapeínoi sono gli umili che assumono davanti a Dio un atteggiamento caratterizzato da pietà, abbandono ossequiente, fiducia, autoconsegna, sottomissione amorosa ecc. In realtà l’una interpretazione non esclude l’altra nel senso che Maria riconosce la propria umiliazione, in genere sociale ma anche antropologica e ne fa un atteggiamento coscientemente assunto in forma di timor di Dio e di consegna fiduciosa nelle sue mani. Questa sintesi fa parte che concetto tardo – giudaico di anawah. Anawim sono infatti allo stesso tempo gli oppressi e i timorati di Dio. QUALE UMILIAZIONE? In che cosa consiste concretamente l’umiliazione della Vergine? a) forse le dicerie di parenti e vicini sulla sua gravidanza misteriosa b) forse la sua stessa condizione di "vergine" che, nell’AT è considerata segno di povertà e di disprezzo c) forse la sua condizione generale di vita, senza rilievo sociale o d’importanza storica. Questa è l’interpretazione più ampia che può anche accogliere le altre due. Questa donna umiliata e poi resta feconda è assunta qui a simbolo di Israele, Popolo umiliato e resto fecondo nella storia e di tutta la Chiesa dei poveri, allora insignificante per la sua piccolezza e debolezza. "HA GUARDATO" Nella versione dei LXX è usato 40 volte e per 14 volte nel senso di "vedere". Il senso è chiaro: Dio si inchina sul misero, sta attento al debole, si pone dalla parte del povero. Il suo sguardo di misericordia e segno della sua sollecitudine liberatrice: "Ho visto la miseria del mio popolo……..e sono sceso per liberarlo" (Es 3, 7-8). Qui indica anche la scelta personale di Maria da parte di Dio, nella logica del suo scegliere salvifico: guarda agli umili, per riabilitarli e liberarli. SERVA "DOULEE" Nella Bibbia ha il duplice significato di un atteggiamento propriamente morale, ma anche di una missione particolare a beneficio degli altri. "Servo" è una categoria fondamentale per capire la storia della salvezza. Dio, infatti, usa i suoi servi per realizzare i suoi piani per cui essi sono come i suoi emissari o ambasciatori, gli esecutori della sua volontà. In tal senso "servo" è anzitutto una categoria di dignità e onore e vale per tutti i grandi servi di Dio della Bibbia: Abramo, Mosè, Giosuè, Davide, i Profeti e soprattutto il Servo di Jhwh. Però "servo" rimane anche un titolo di umiltà perché indica che si sta al servizio di un più alto di sé. Al quale si dovrà rendere conto della propria missione. D’ora in poi tutte le genti mi chiameranno beata (v. 48b) Abbiamo qui già un indicatore della venerazione delle prime comunità cristiane verso la Madre del Signore. Questa affermazione e il macarismo di Elisabetta: "Beata colei che ha creduto", sono in nuce una protomariologia.. Questa è la base neotestamentaria del culto alla Vergine da parte della Chiesa, ma anche della devozione o pietà mariana del popolo umile verso la Madre di Cristo. Basta constatare la devozione millenaria e universale verso Maria, particolarmente da parte del popolo degli umili. Già Maria è presentata qui non come oggetto di studio, ma come persona viva e estremamente significativa, che suscita stupore, ammirazione e amore. Sotto l’aspetto socio – mariologico, possiamo dire che Maria con questa affermazione, diventa l’espressione viva della prima beatitudine che pone un nesso inscindibile tra povertà e beatitudine: la beatitudine del regno che è ricchezza suprema ed è pura liberazione dalla povertà umiliante. Con questo Maria si pone nella schiera delle grandi donne liberatrici d’Israele, come Giuditta, ma sarà la Liberatrice suprema, quella che ha schiacciato la testa al serpente, quella che ha generato il vincitore del drago. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, e santo è il suo nome (v. 49) Il Magnificat è la memoria delle grandi cose compiute da Dio nella storia. L’avvento del Salvatore nel grembo di Maria è il culmine della storia magnifica e meravigliosa di Dio. Le "grandi cose" sono in realtà le grandi liberazioni di carattere collettivo, della storia del popolo di Dio: 1. La liberazione dall’Esodo egiziano e cioè l’uscita dalla oppressione e dalla schiavitù. Il Magnificat vi allude, usando il linguaggio dell’Esodo: "ha spiegato la potenza del suo braccio" (Es 3, 19-20) 2. La liberazione dall’Esilio babilonese e il ritorno nella Terra Santa. Il salmo 126, a tal proposito canta: "Grandi cose ha fatto il Signore per noi". 3. La liberazione messianico – escatologica, liberazione decisiva, operata dal Messia e che rimane aperta alla liberazione finale di tutto il cosmo dalla caducità e dalla schiavitù della corruzione (Rom 8, 19.21). Oltre a queste liberazioni collettive, ci sono nell’AT anche liberazioni individuali, soprattutto quella dalla sterilità, cosicché i concepimenti prodigiosi dell’AT erano sempre carichi di un senso salvifico – liberatore, come per Sara (Gn 12,3), per Lia (Gn 30,13) e per Anna (1 Sm 2,1ss). In tal senso Maria prolunga anche la tradizione liberatrice delle grandi madri di Israele. Esse sono tutte donne, non rinchiuse in casa ma inserite negli eventi e nella mischia, che innalzano con forza i loro canti di liberazione. Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono (v.50) L’idea centrale del versetto è la misericordia (éleos) che si rivolge verso i timorati di Dio (foboumeenois). Il termine greco traduce qui due concetti veterotestamentari: - hesed che significa amore di solidarietà, di reciprocità, di fedeltà; - rahamin nel senso di amore affettivo come quello della madre, quindi viscerale. Il termine usato dal Magnifica mostra quindi che il motivo ultimo dell’intervento divino nella storia non è il merito umano, ma la sola grazia e le libere promesse di Dio. Il Dio misericordioso opera le sue meraviglie in Maria in quanto essa è sua serva, che vive nell’umiliazione/umiltà; e nello stesso Israele, il servo che porta in sé le promesse messianiche. Alla misericordia di Dio fa riscontro al miseria dell’essere umano nel suo complesso morale, antropologico e ontologico. Tutta l’umanità è povera davanti a Dio e i poveri sono il segno e la memoria sociale di questa condizione esistenziale, comune a tutti. Maria e Israele rimangono come il sacramento e la memoria storica di questa verità: Dio è grazia, noi siamo peccato; Dio è promessa di fedeltà e noi infedeltà. Ma Maria dice anche che, nella condizione di radicale umiltà, l’uomo può aprirsi alla grazia e a Dio e accoglierlo nella sua pienezza salvatrice.


Parte seconda: Discorso politico-religioso incentrato sulla storia umana (Lc 1, 51-53)

Come detto questo è il nucleo centrale del discorso liberatore del Magnificat, il cui tono qui diventa energico e poderoso. Dal caso particolare di Maria, si passa agli eventi più generali che riguardano tutta la storia. Se nella prima parte regna il parallelismo, qui regnano sovrane le contrapposizioni che raggiungono il loro apice nei versetti 52-53. Dalla scansione lirica della prima parte, si passa ad uno stile epico con un cambiamento totale di tono, vocabolario e ritmo. Il clima è completamente diverso, la terminologia è di intonazione militare e particolarmente efficace. Il senso degli aoristi In questa sezione ci sono sei aoristi che possono essere interpretati in diversi sensi: - come aoristi "incoativi" o "ingressivi" e segnalerebbero che le promesse divine hanno cominciato a compiersi in Maria. Il Magnificat proclama quindi l’inaugurazione dell’era messianica, del nuovo ordine del mondo, il cui principio Maria porta nel suo grembo. Nella "serva" la rivoluzione promessa da Dio ha preso il suo avvio e coinvolgerà anche la liberazione da parte dei nemici. E’ questo il senso più pieno e più giusto che però non esclude i due seguenti significati; - come aoristi "gnomici" o "sapienziali" per cui essi indicano l’atteggiamento costante di Dio nella storia, nella logica abituale della sua azione, quella di porsi sempre dalla parte dei deboli e dei poveri. Egli dunque è sempre portatore nella storia di grazia e di liberazione; - come aoristi "profetici" che rimandano ad un futuro storico ed escatologico per cui il Magnificat parla di una liberazione il cui traguardo è un mondo futuro che incomincia però sacramentalmente nella storia. Non sfugge che il soggetto della seconda parte è Dio, protagonista della storia e definito come Onnipotente, Salvatore, Santo, Misericordioso. Gravi e profonde sono anche le antitesi: - superbi e timorati: antitesi matrice delle seguenti le quali costituiscono le sue concretizzazioni sociali e quindi ha un carattere generico ed è più spiccatamente religiosa. I "superbi", infatti, lo sono nei pensieri del loro cuore e i "timorati" lo sono nei riguardi di Dio; - potenti e umiliati: i potenti non sono semplicemente i governanti ma i tiranni della società umana, che sono le ipostasi socio – politiche dei superbi, mentre gli umiliati, sono i poveri e i deboli del popolo, ipostasi storica dei timorati; - ricchi e affamati: "ricchi" non solo soltanto gli accumulatori di ricchezza, ma anche gli egoisti chiusi nella loro ricchezza e nei loro beni, alieni ai poveri. Essi sono l’ipostasi storica dei "superbi"; "affamati" non sono solo coloro che hanno fame, ma anche e soprattutto quello che sono lasciati nella fame e sono la figura socioeconomica dei "timorati". Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore (v.51) Questo versetto ha una terminologia spiccatamente militare e in Maria torna ad agire il liberatore dell’Esodo, stendendo il suo braccio. Il "braccio" è chiaramente simbolo di potenza e mostra Dio come un guerriero che libera il povero dal potente e l’indigente dalle mani dello sfruttatore, perché esso è sempre funzionale al suo cuore misericordioso. HA DISPERSO Il termine indica la sconfitta dei nemici di Dio ed è anche questo un termine militare. Questa vittoria non è una vittoria che annienta il nemico come una distruzione, un massacro, un taglione rivoluzionario. Indica piuttosto un annullamento delle forze nemiche, una disgregazione delle sue schiere, la disarticolazione dei suoi progetti. Dio, insomma, anche quando vince e disperde, non vuole la morte del peccatore, anche se oppressore, ma che si converta e viva. NEI PENSIERI DEL LORO CUORE Dianoía cardías non significherebbe i "pensieri" ma piuttosto i propositi, i piani, i progetti o meglio ancora, le trame. Anche questo di stampo militare nel senso delle insidie che i superbi o prepotenti tramano contro i piccoli. Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote. Questi due versetti costituiscono un blocco particolare con una potente struttura simmetrica e incrociata. Disposti in forma chiastica, con una concentrazione eccezionale di antitesi, con versi essenziali, senza articoli, privi di preposizioni e congiunzioni, risultano estremamente vigorosi ed efficaci. Se la prima parte del Magnificat appartiene al genere del ringraziamento, questa è del genere dell’inno ad alto contenuto sociale. REALISMO DI MARIA: LA DENUNCIA PROFETICA CIRCA LE OPPRESSIONI DEGLI UMILI La Vergine vede le contraddizioni sociali, sa che nel mondo esistono potenti e oppressi, ricchi e affamati e denuncia la situazione, pone cioè a nudo gli antagonismi politici ed economici, dice la "verità" sociale, perché dalla verità soltanto può nascere la libertà. Non è quindi una denuncia che provoca il conflitto, ma essa riconosce che il conflitto è già in atto. Maria si presenta come una donna che ha coscienza critica, la prima che nella Chiesa mostra questa coscienza profetica. LA SPERANZA DI MARIA: L’ANNUNCIO UTOPICO DELLA RIVOLUZIONE DIVINA Maria vede la storia come un processo dinamico aperto in avanti, defatalizzato, proclama cioè che il corso della storia può cambiare. Parla infatti del rovesciamento dei potenti e della riabilitazione degli uomini, degli affamati ricolmati e dei ricchi svuotati, non però un cambiamento nel senso di una vendetta attuata nella violenza, ma bensì mediante la trasformazione delle situazioni globali. Il Dio di Maria, il Dio biblico, è un Dio rivoluzionario che sorprende con il suo atteggiamento travolgente nella storia. L’idea di sconvolgimento o capovolgimento delle situazioni inique appartiene al concetto del Dio rivelato. Pur non esplicitando il progetto storico di una società come Dio la vuole, Maria ci pone sulla direzione di un mondo senza oppressione e senza fame in una società di libertà e di giustizia. LA RIVOLUZIONE DI DIO Per Maria Dio non è neutrale davanti all’oppressione e alla fame dei poveri. Egli si schiera senza ambiguità dalla loro parte perché è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo. Compie cioè una vera rivoluzione. Nelle parole di Maria e nella rivoluzione di Dio non c’è però nessun’ombra di odio o vendetta. Anzi l’opera di rovesciamento è opera della misericordia divina. Il Magnificat che non parla di "nemici" o "avversari", come ad es, il cantico di Anna al quale pure si ispira, predica una rivoluzione pura, la rivoluzione della gioia, la rivoluzione della misericordia. Ha rovesciato… ha innalzato (v. 52) Il versetto ci situa ad un livello socio – politico. Non si parla di rovesciamento del potere in quanto tale, ma del potere-dominazione che sfrutta e opprime i poveri, i piccoli e gli affamati. Sono rovesciati quindi i potenti-oppressori e i ricchi-sfruttatori e riabilitati gli umili e viene restituita loro dignità e prosperità. Chi sono i potenti? Forse al tempo di Maria doveva essere popolare il caso del superbo Nabucodonosor che fu cacciato dal consorzio umano, mangiò l’erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla riguarda del cielo, come dice il Deuteronomio 4,30. Ristabilito nel suo potere egli riconobbe che Dio: "…può umiliare quelli che camminano nella superbia"(v. 34). Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote (v.53) Questo versetto ci situa in un livello socio – economico e proclama che il Messia porterà anche in questo un radicale cambiamento: gli affamati saranno ricolmati e i ricchi spogliati. Si parla certo di fame spirituale ma anche di quella reale causata dall’ingiustizia. I ricchi sono per il Magnificat gli epuloni di tutti i tempi: egoisti, godenti e sfruttatori ingiusti, persone che, secondo i profeti, hanno accumulato opprimendo e sfruttando i più deboli, creando una massa di affamati, di gente disorientata e priva di diritti. Maria proclama il rovesciamento delle sorti degli uni e degli altri. Molti obiettano a questa prospettiva: ma è proprio vero? Vedendo la realtà storia anche attuale non si direbbe. Dove sono, infatti i ricchi mandati a mani vuote e gli affamati saziati se il mondo è pieno di miseria? Il Magnificat proclama che i poveri possono sempre avere fiducia in Dio perché la sua giustizia finirà col trionfare sull’iniquità, se non nell’oggi contingente della storia, sicuro nell’escatologia. Questo non vuol dire che bisogna rassegnarsi a questa situazione. Maria proclama che è nella storia che bisogna sfamare gli affamati e il cristiano deve essere come un fermento di giustizia e di libertà che opera nella storia concreta perché si realizzi la giustizia e la libertà secondo la prospettiva di Dio.


Parte terza: Discorso etnico-religioso incentrato su Israele (Lc 1, 54-55)

Dopo la scansione epica e di grande valore appena chiarita, il cantico della Vergine si rasserena entro un ritmo più posato e si chiude in modo soave. La Vergine che inizia con le meraviglie operate da Dio in Lei e termina con le promesse fatte ad Israele, si situa tra la Chiesa ed Israele, come ponte che unisce i due Testamenti. Infatti proprio a partire dal suo popolo e portando in se l’inizio della Chiesa della Nuova Alleanza, Maria si sente inserita nel cuore della storia. Questo rapporto può essere così rappresentato: Israele - Maria - Chiesa Ha soccorso Israele suo servo La Serva richiama il Servo, la Vergine si sente solidale con il suo Popolo. Maria è l’Israele che sboccia nel compimento messianico – escatologico. Maria è dunque consapevole del suo inserimento in seno al suo popolo e si mette in cammino con esso verso il Messia. Ella si apre a tutta l’umanità, ma lo fa a partire dal suo popolo. In Maria e con Maria Dio si è rivolto nuovamente al suo popolo, in quanto la sua maternità è in favore di Israele ed estende la sua influenza salvifica poi su tutta l’umanità. La grazia della maternità fatta personalmente a Maria, ha quindi un indubbio risvolto sociale, anzi universale: il suo Figlio è il Messia di tutti i poveri, il Salvatore del mondo intero. Ricordandosi della sua misericordia (v. 54b) Il versetto è un chiaro eco dell’AT: "Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele" (Sl 98,3). L’intervento di Dio è pura grazia, sia per Israele che per Maria, ambedue suoi servi. Come aveva promesso ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre (v.55) Pur avendole fatte nella sua libertà come dono di grazia, Dio si sente impegnato nelle sue promesse e come vincolato ad esse. Oltre alla misericordia, ch’è anche la promessa che muove Dio ad agire nella storia. L’adempimento delle promesse fatte da Dio al suo poplo, passa attraverso Maria, la serva, mediatrice dei piani di Dio. Maria si erge qui come un ponte di collegamento tra Abramo, latore dell’antica promessa e Gesù, realizzatore massimo delle promesse di Dio: Abramo - MARIA - Gesù Il richiamo alla promessa fatta ai padri, ci richiama la resurrezione. Il Magnificat fu composto quando il messaggio del risorto si stava diffondendo per cui gli Atti affermano: "Noi vi annunciamo la Buona Novella, cioè, che la promessa fatta ai Padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, resuscitando Gesù". L’adempimento delle promesse cantato da Maria, trova quindi il suo compimento definitivo, escatologico, nella resurrezione di Gesù. Questa è la grande meraviglia, la "grande cosa" che in assoluto Dio ha compiuto nella storia. La luce pasquale illumina quindi tutto il canto della Vergine ed è in questa luce immortale del Cristo risorto che lei può esclamare che la misericordi di Dio si estende di generazione in generazione e che tutte le genti potranno proclamarla beata.







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