Da un articolo di Giacomo Gambassi su Avvenire del 2 marzo 2017.
«Il Papa ha il dovere di proteggere la pietà popolare e la fede delle folle che si recano nella cittadina della Bosnia ed Erzegovina, di preservarle e di educarle. Tutto ciò è al centro dell’impegno dell’arcivescovo Hoser», spiega padre Salvatore Maria Perrella, preside della Pontificia Facoltà Teologica “Marianum” di Roma, commentando la nomina dell’arcivescovo Henryk Hoser, come inviato del Papa a Medjugorje, con un incarico esclusivamente pastorale. Sacerdote dell’Ordine dei Servi di Maria, docente di dogmatica e mariologia, il religioso è stato membro della Commissione internazionale istituita da Benedetto XVI per indagare su Medjugorje. Perrella non si esprime sulla vicenda che conosce fin troppo bene. «Per rispetto al segreto pontificio», tiene a precisare. Però chiarisce il ruolo che ha l’inviato di Bergoglio. «Coloro che giungono lì – afferma – non possono essere lasciati in balìa delle agenzie turistiche o anche dei desiderata di qualche uomo di Chiesa. A Francesco sta a cuore la dimensione pastorale del luogo» che ogni anno attrae due milioni di “pellegrini” da tutto il mondo. «Siamo di fronte a un fenomeno internazionale», osserva Perrella. Un caso che interroga anche per la sua complessità. «Con l’incarico all’arcivescovo polacco – prosegue il Servo di Maria – il Papa dice che l’aspetto pastorale non è secondario e vuole “tutelare” i credenti».
Con un bagaglio di studi in medicina alle spalle, Hoser – 74 anni e vescovo di Varsavia-Praga – è stato missionario in Africa e poi segretario aggiunto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. Il suo incarico a Medjugorje durerà fino all’estate. «In questi mesi – riflette Perrella – vedrà, ascolterà, annoterà su quanto accade. Poi affiderà tutto nelle mani del Papa. Il che non vorrà dire che Francesco si esprimerà fin da subito sulla veridicità o meno delle apparizioni. Già Benedetto XVI, volendo la Commissione d’inchiesta in seno alla Congregazione per la dottrina della fede, aveva chiarissimo il fatto che il fenomeno Medjugorie non potesse essere liquidato in modo semplicistico con un “sì” o con un “no”». E il religioso aggiunge: «Di fronte a un caso di così ampie proporzioni è bene che il vescovo locale sia supportato dalla sollecitudine del Santo Padre attraverso un suo inviato».
Mentre cominciava la missione di Hoser, il pastore di Mostar-Duvno – nel cui territorio si trova Medjugorje – Ratko Peric ha pubblicato sul sito diocesano un intervento a sua firma in cui riferisce che «non si tratta di vere apparizioni della Beata Vergine Maria». Il vescovo di Mostar-Duvno, Ratko Peric: nessuna visione soprannaturale; una «figura ambigua»; «segni ingannevoli»; «messaggi strani»; «profezie false»; «manipolazioni intenzionali». Sono alcune delle espressioni pesanti che utilizza il vescovo di Mostar-Duvno, Ratko Peric, nell’intervento a sua firma pubblicato nel sito diocesano in concomitanza con l’inizio della missione dell’inviato del Papa a Medjugorje. Un testo dove il presule afferma che «la Madonna non è apparsa» nella cittadina all’interno del territorio diocesano. Il vescovo spiega che si tratta della «posizione di questa Curia», anche se il “responso” finale sul caso non spetta alla Chiesa locale ma alla Congregazione per la dottrina della fede e in ultima istanza al Papa dopo che la vicenda è stata demandata alla Santa Sede dalla Conferenza episcopale della Bosnia ed Erzegovina. Peric sottolinea di aver rivelato, come il suo predecessore Pavao Zanic, «la non autenticità delle apparizioni che finora hanno raggiunto la cifra di 47.000». Il vescovo analizza le “apparizioni” dei primi sette giorni che risalgono al 1981. Il presule parla di una figura femminile che «si comporta in modo del tutto diverso dalla vera Madonna», che «di solito non parla per prima», che «obbedisce ai “veggenti” e al parroco che la fanno scendere dal colle in chiesa sebbene controvoglia». Poi continua evidenziando che nei primi giorni «non rilascia alcun messaggio specifico» e che dirà di apparire ancora solo «per tre giorni» mentre «poi cambia idea e appare tuttora da 37 anni». Peric pone l’accento anche su «storie di toccamenti del corpo della Madonna e della sua veste». E al termine cita quanto la Conferenza episcopale nazionale ha dichiarato a Zara del 1991: in base alle indagini fino ad allora condotte «non è possibile affermare che si tratti di rivelazioni soprannaturali».
«Le considerazioni di Peric sono opinioni personali. Autorevoli perché vengono dall’ordinario del luogo, ma comunque personali soprattutto se dobbiamo guardare al loro valore magisteriale, ossia a ciò che impegna i fedeli», avverte padre Gian Matteo Roggio, il Missionario di Nostra Signora de La Salette docente di mariologia al “Marianum” e di dogmatica all’Università Cattolica di Roma. Autore con padre Perrella del volume Apparizioni e mariofanie (San Paolo, pagine 192, euro 15), ricorda che «il giudizio su Medjugorie non spetta al vescovo diocesano o alla Conferenza episcopale nazionale, ma alla Congregazione per la dottrina della fede e in ultima istanza al Papa che è il garante della venerazione verso Maria nella Chiesa». Erano stati proprio i vescovi dell’ex Jugoslavia a chiedere l’intervento della Santa Sede che portò papa Ratzinger a istituire nel 2012 la Commissione di inchiesta. «All’interno dell’episcopato locale si era verificata una spaccatura – ripercorre Roggio –. Questo non deve meravigliare perché non si tratta di dimensioni fondamentali per la fede». L’organismo pontificio, presieduto dal cardinale Camillo Ruini e composto di 17 membri fra porporati, vescovi, teologi ed esperti, ha concluso la sua attività il 14 gennaio 2014 e, secondo le parole di papa Francesco, «ha fatto un buon lavoro».
Medjugorie sollecita: per i suoi frutti spirituali oppure per la vita “insolita” dei presunti veggenti, ad esempio. «Ereditiamo dalla storia un ideale di veggente che dopo le apparizioni si consacra completamente al Signore – nota il religioso –. Le norme su questi fenomeni pubblicate nel 2012 dalla Congregazione per la dottrina della fede non dicono nulla sullo stato di vita del presunto veggente: ciò che conta è che abbia una vita cristiana all’altezza del suo tempo». Più volte Francesco ha fatto riferimento a «veggenti» legati a presunte rivelazioni o alla Madonna “postina”. «Sono parole che erano parte di un discorso più ampio sull’identità del cristiano – afferma Roggio –. La fede non dipende dalle visioni, ma dalla scelta di Cristo». Da anni c’è un afflusso continuo nella cittadina bosniaca. «L’invio di Hoser testimonia come il Papa si fidi dell’esperienza del popolo cristiano – conclude il docente –. È quello che definiamo il sensus fidelium: si tratta della capacità del popolo di riconoscere quello che viene da Dio ma anche quello che non proviene dal Signore».