Dal libro di Ermanno Maria Toniolo, Raggi di Luce, Per una vita vissuta con Maria nella Chiesa, Centro di Cultura Mariana «Madre della Chiesa», Roma 2013, pp. 92-96.
"Servo" e "Servire" nella S. Scrittura
“Servo”, “serva”, “servire” hanno avuto e ancora conservano in diversi luoghi un significato di inferiorità rispetto al “padrone”, “signore” o “signora”. “Schiavo”, “schiava”, “schiavitù” hanno tuttora, almeno in molte culture, un senso peggiorativo, quasi di espropriazione di sé per appartenere ad altri, in tutto, senza alcun diritto personale. Questo per quanto riguarda la dipendenza o l’appartenenza di un uomo o di una donna da altri suoi simili. Non questo, però, è il significato che l’Antico e il Nuovo Testamento attribuiscono alla creatura, o a un intero popolo, nei rapporti col suo Dio. “Servo di Dio” e “servire il Signore” non è segno di inferiorità, ma di onore. Onore riconosciuto dagli uomini; onore e servizio riconosciuto da Dio stesso, tanto a singole persone da lui elette a speciale missione, quanto all’intero popolo di Israele entrato con lui in alleanza. Il primo servizio che una persona, o tutto il popolo, devono compiere, è quello di adorare il Signore come unico Dio, di essergli fedeli in tutto, di amarlo con tutte le forze; poi, di osservare i suoi precetti anche di amore verso il prossimo, verso l’intera comunità, e verso gli altri uomini. Tali sono stati detti da Dio e considerati suoi “servi” i patriarchi, come Abramo, e specialmente Mosè e Davide. Ma la figura più misteriosa del “servo del Signore” viene delineata dal profeta Isaia (Is 42, 44; 49, 52-53): egli è colui che viene a compiere il disegno divino della redenzione di Israele e del mondo.
Maria
Tra i nomi che la Chiesa applica a Maria – il nome anagrafico di “Miriam-Maria”, il nome biblico-ecclesiale di “vergine”, il nome “piena di grazia” col quale l’ha chiamata per mandato di Dio l’angelo Gabriele –, la Vergine Maria si è scelto come autodefinizione di sé e della sua disponibilità incondizionata a Dio quello di “serva del Signore”: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38); «Ha guardato l’umiltà della sua serva» (Lc 1,48). Nulla di più grande, umanamente, di questo nome: dirsi ed essere “serva del Signore”, l’Altissimo, il Potente, il Santo. Servire il Signore comportava per lei la perfetta osservanza della sua legge, oltre che il culto sacro a lui dovuto. E nel compimento della legge non c’era solo l’amore al Signore, amato con tutto il cuore, ma anche l’amore misericordioso e sollecito verso tutti i fratelli, specialmente il povero, l’orfano, la vedova e il forestiero, come aveva prescritto Dio nei libri sacri: servizio operoso, dono di sé e delle proprie cose a chi più ne aveva bisogno, soccorso amorevole agli infimi. Così operò Maria: di lei conosciamo appena qualche cenno indicativo nei vangeli: la Visitazione e le nozze di Cana. Ma quando rispondendo all’angelo si disse “serva del Signore”, ella intese donarsi incondizionatamente alla causa di Dio Salvatore e all’opera di salvezza che mediante il Figlio da lei generato avrebbe portato a compimento per Israele e per tutto il mondo. Così la descrive il Vaticano II: «In tal modo Maria, figlia di Adamo, acconsentendo alla parola divina, diventò madre di Gesù; e, abbracciando con tutto l’animo e senza peso alcuno di peccato, la volontà salvifica di Dio, consacrò totalmente se stessa quale serva del Signore alla persona e all’opera del Figlio suo, per servire sotto di lui e con lui al mistero della redenzione, con la grazia di Dio onnipotente » (LG 56). Tale si disse; così fece in tutta la sua vita sulla terra, non senza oscurità, incomprensioni e dolori, anche strazianti come al Calvario; tale è anche oggi nei cieli, dove la “gloria di servire” è il suo eterno onore davanti a Dio e all’intera famiglia umana.
Noi “come” Maria e “con” Maria
Noi – come Gesù e come Maria –, proprio perché resi figli di Dio nel battesimo, siamo “servi di Dio”, per servirlo con tutta la nostra vita, cantando le sue lodi, osservando i suoi comandi. Fra tutti i precetti del Signore, prevale il comandamento nuovo: quello di amarci gli uni gli altri come egli ci ha amato, e di fare secondo il suo esempio. Egli non ha dubitato di inginocchiarsi davanti ai suoi apostoli, per lavare loro i piedi: «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13, 14-15). Questo precetto del Signore è stato ripetuto tante volte negli scritti degli apostoli, ed è riproposto continuamente dalla Chiesa. Dobbiamo – scrive il papa Benedetto XVI – «essere attenti gli uni verso gli altri, non mostrarsi estranei, indifferenti alla sorte dei fratelli. Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la “sfera privata”. Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell’altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere “custodi” dei nostri fratelli (cfr. Gen 4, 9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell’altro e a tutto il suo bene» (Messaggio per la quaresima 2012). Come Maria e insieme con lei, il nostro servizio è duplice: per le necessità corporali e fisiche dei fratelli e sorelle della terra, e per i loro bisogni spirituali. Qui ognuno è invitato a “servire” gli altri secondo la propria vocazione nella Chiesa e nella società, con l’attenzione delicata verso ogni indigenza umana – là dove il Signore è ancora presente nei fratelli bisognosi di amore: i poveri, i malati, i carcerati, gli esuli, gli emarginati... Tutti come Maria e con lei – possiamo dedicarci al servizio spirituale dei nostri fratelli, con la preghiera, il sacrificio, l’impegno di una vita sempre più donata a Dio e perciò ai propri fratelli.
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